Corriere della sera 2 agosto 2001
ALESSANDRO PERUGINI

Il vicecapo della Digos: «Il calcio al manifestante? Ho la coscienza a posto»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - La foto di un ragazzo. Steso a terra, ferito, indifeso. E circondato da agenti, uno dei quali lo colpisce con un calcio. Una foto, diffusa su Internet nei siti del Genoa Social Forum, che diventa il simbolo della violenza dei giorni del G8. Lui, il poliziotto che ha sferrato il calcio, si è riconosciuto in quell’immagine. Ma quello che non riconosce è la premeditazione del gesto. Lui è Alessandro Perugini, il vicecapo della Digos di Genova. Più volte in questi giorni il numero due di Spartaco Mortola ha ripetuto ai colleghi, come agli ispettori del ministero dell’Interno, «di avere la coscienza a posto». Perché quel calcio «non era rivolto a colpire, in modo selvaggio, un manifestante inerme. Era la conseguenza di una situazione terribile». E perché, ha spiegato sempre alla commissione del Viminale, quella singola immagine «va inserita nel giusto contesto. L’episodio deve essere analizzato tenendo conto del clima che si era creato». La tensione, il caos, il desiderio che tutto finisca alla svelta. «È fin troppo facile giudicare e commentare il fatto a distanza di tempo e a mente fredda». Per questo il funzionario della questura ha evidenziato che «bisognava trovarsi lì, in quel momento, per comprendere e capire il singolo gesto, legato all’azione di un arresto. Di tanti arresti». Ma Alessandro Perugini era anche in servizio al reparto mobile di Bolzaneto, la caserma al centro del secondo filone dell’inchiesta aperta dai magistrati. Per le violenze e per gli abusi denunciati, «che io comunque non ho mai visto», ha dichiarato il vicecapo della Digos. «A Bolzaneto sono rimasto molte ore, per tutta la notte. La situazione era tesa e può anche darsi che ci sia stata anche qualche esagerazione», ha raccontato agli ispettori ministeriali. Aggiungendo «che se qualcuno ha esagerato è giusto che sia punito». Quello però che Perugini ha negato con forza sono «i pestaggi e i massacri di cui si continua a parlare. Abbiamo lavorato per giorni interi, abbiamo trascorso notti in bianco». E ora per il vicecapo della Digos «è avvilente e ingiusto che finisca così. Che tutti siano tratteggiati come violenti e picchiatori».
Da. Gor.