La Stampa
Gli agenti del VII mobile di Bologna minimizzano:
una goliardata per ricordare il G8
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Venerdì 3 Agosto 2001
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«Antiglobal zecche», maglietta in caserma
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Fabio Poletti
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inviato a BOLOGNA Le chiamano ricordini, souvenir. Come se dopo
la mattanza di Genova, ci volessero anche le magliette con la foto di gruppo degli agenti
del VII Reparto Mobile di Bologna, per ricordarsi che loro cerano. «Non è una
vendetta contro gli antiglobalizzatori, non è una ripicca, è solo una maglietta», si
giustifica Nando Nicoli, segretario regionale del sindacato Siap a Bologna, uno di quelli
che al G8 cera e che ha voluto mettere la sua faccia e la sua divisa sulla t-shirt.
«Loro ci fotografavano e ci mettevano su Internet. Noi li abbiamo fotografati e ce li
siamo messi sulle magliette», dice un altro agente - «Il nome no, meglio di no» - anche
lui in quel tranquillo week-end di paura.
Ma non ci sono solo le magliette. Ci sono i pensierini raccolti in un giornalino fatto in
caserma alla buona, che gira di mano in mano tra gli agenti. Dove gli antiglobalizzatori
sono definiti «zecche». Oppure «parassiti». Contro cui usare «il manganello che
scandisce il ritmo di marcia». Contro cui va bene anche lirruzione notturna alla
scuola Diaz di Bolzaneto: «Così capiranno, ora, che le cose sono cambiate».
E invece non è cambiato niente. Certe cose le hanno sempre pensate, magari non tutti.
Talvolta le hanno anche scritte. Come si può leggere su un numero della rivista Polizia
del sindacato Siap di tanti mesi fa, quando il G8 a Genova era lontano e Carlo Giuliani
vivo. Dove Pietro Gragnanin, segretario regionale Veneto del sindacato racconta dei
giovani dei centri sociali: «Un branco di autonomi adunati attorno ad un autoveicolo con
bardature carnascialesche, dal quale provenivano musiche di dubbia fattura e qualità. Il
personaggio più fine era tatuato come un mafioso cinese, sporco come un tombino, vestito
come un (!) spaventapasseri».
In Questura a Bologna fanno sapere che la cosa non li riguarda, perché il Reparto Celere
dipende direttamente dal ministero. Il comandante della caserma bolognese, Adriano Camuzzi
minimizza: «Sono solo magliette, non è vero come è stato detto che su una cè un
dimostrante a terra attorniato dagli agenti. Non alimentiamo polemiche dove non ci sono».
E poi difende i suoi uomini: «A Genova hanno fatto il loro dovere, adesso si sentono
messi alla gogna. Sono solo magliette ricordo. Non vedo perché dovrei farle
ritirare...».
I più imbarazzati sono quelli del Siap. In un comunicato dicono che il sindacato non centra
niente: «Si tratta di singoli poliziotti che sulle magliette acquistate al vertice del G8
a Genova, hanno fatto riprodurre sulle stesse, foto a loro piacimento». Lequivoco
nasce perché uno dei settanta agenti con la t-shirt è proprio il loro segretario
regionale bolognese Nando Vicoli. Che rivendica: «Confermo di essermi fatto stampare la
maglietta. Smentisco che centri il sindacato».
Alla tipografia di via Marsala il titolare Fausto Salirei ricorda gli agenti con la
maglietta bianca: «Hanno chiesto che ci stampassi sopra la data del G8, poi il nome di
Genova e bello in grande: io cero». E ancora: «Alcuni avevano una foto scattata
mentre erano in divisa e in posa a Genova, altri mi hanno portato la prima pagina del
Secolo XIX. Certo che ho capito che erano poliziotti, anche se non erano in divisa ho
capito subito...».
Sessanta, settanta magliette commissionate. Alcune anche di taglia small, per i bambini.
Uno scandalo, per una pattuglia di deputati bolognesi del centrosinistra che ha presentato
uninterrogazione parlamentare. Una cosa normale, per Nando Nicoli: «Abbiamo
rinunciato alle ferie per essere a Genova. Abbiamo fatto il nostro dovere e nessuno ci ha
difeso. Non vedo perché aver fatto una banalissima maglietta, abbia provocato tutto
questo trambusto. Noi non siamo come gli estremisti».
Sarà anche vero che cè una bella differenza tra essere poliziotto o
antiglobalizzatore. Però non basta la maglietta, per capirlo. Adesso che le hanno fatte
tutti, che anche i poliziotti hanno la loro cè il rischio di non distinguerli più.
Nando Nicoli replica: «Siamo amareggiati e molto delusi per tutto questo. Ogni
situazione, anche la più innocente, viene strumentalizzata a nostro danno. Io non ci vedo
niente di male in quello che abbiamo fatto. E solo un ricordino, è solo una
maglietta per non dimenticare».
Gli agenti che escono alla spicciolata dalla caserma a un passo dalla stazione non hanno
voglia di parlare. Dicono di non sapere nulla delle t-shirt, dello sfogo affidato a quelle
fotocopie che si passano lun laltro. Eppure se a Genova sono andati in 270,
uno su quattro ha la sua bella maglietta. E uno è magari questo ragazzone che scappa via
veloce, e dice appena: «Io a Genova cero. E non ho paura a dirlo».
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