La Repubblica 8 agosto 2001 Vertice
Nato, l'alleanza apre
"Si può fare a Bruxelles"
Ma Martino assicura: la sede resterà Napoli
MARCO ANSALDO
ROMA - Teniamolo a Napoli il vertice della Nato. Il ministro della Difesa, Antonio
Martino, non ha dubbi. «Io credo che si debba comunque tenere, non possiamo dichiarare
che non siamo in grado di fare questo tipo di incontri. Naturalmente la decisione finale
non spetta a me, ma al governo. Ne parleremo giovedì in consiglio dei ministri».
L'Italia non ha finora avanzato una proposta di trasferimento del summit. La Nato è
comunque giunta in soccorso e si dice pronta a organizzare tutto in casa propria. I
vertici dell'Alleanza atlantica hanno fatto sapere ieri di essere disponibili «se Roma lo
chiederà» a valutare richieste di cambiamenti. I problemi logistici che si verrebbero a
creare sarebbero enormi, ma in teoria, precisano fonti ufficiali, la Nato è tecnicamente
in grado di riorganizzare la riunione a Bruxelles nel giro di 48 ore.
La battaglia sui vertici continua. E il fronte appare quanto mai composito. Lo stesso
ministro Martino - il quale non ha escluso che in un futuro «non lontano» appuntamenti
di questo tipo possano svolgersi on line («perchè è certamente più economico, più
rapido, più sicuro e più efficace»), sostiene che il summit della Fao previsto a Roma
dal 5 al 9 novembre dovrebbe invece svolgersi in un paese in via di sviluppo. Mentre Rosa
Russo Jervolino, sindaco di Napoli, dice che se l'incontro fosse annullato, lei si
sentirebbe più tranquilla.
Sulle sedi italiane dei summit a rischio lo scontro fra centrodestra e opposizione è
aperto. Con maggioranza e governo orientati a voler spostare la riunione romana e a
mantenere quella della Nato, mentre dal centrosinistra giungono richieste esattamente
opposte: confermare l'incontro della Fao e cancellare quello di Napoli.
La partita sul vertice dell'organizzazione alimentare delle Nazioni Unite resta aperta. Ma
più i giorni passano e più l'orientamento di riconsiderare l'ipotesi Africa appare
prendere corpo. «Il dialogo con l'ambasciatore italiano presso la Fao, Raffaele
Berlenghi, continua», dice il portavoce dell'ente, Nick Parsons. Ma i tempi di una
decisione sull'ipotesi di trasferimento non possono essere «troppo lunghi». «Mancano
meno di tre mesi alla data prevista». In più, un eventuale trasferimento da Roma
comporterebbe uno slittamento nel tempo della data programmata. «Non sarebbe possibile
trasferire la conferenza e mantenere lo stesso calendario».
Ma c'è un altro fatto che emerge con chiarezza in questi giorni di consultazioni fra le
parti. E cioè che secondo l'accordo tra la Fao e l'Italia firmato a Washington nel 1950,
la decisione finale sulla conferenza spetta alla Fao. I punti dell'intesa sono molto
chiari in proposito. Per esempio l'articolo 7 sezione 15: "Il governo riconosce alla
Fao il diritto di convocare riunioni". Oppure l'articolo 18 punto c, che recita:
"Tutte le volte in cui il presente accordo si riferisca ad obblighi delle competenti
autorità italiane, il governo sarà responsabile dell'adempimento di tali obblighi".
Insomma, alla fine l'Italia si dovrà adeguare a quel che deciderà la Fao, che non pare
affatto intenzionata a buttare un anno di lavoro per sbaraccare tutta l'organizzazione
programmata per Roma, e portarla a Nairobi o nella pur amata Dakar del suo direttore
generale Jacques Diouf. |