Corriere della sera 8 agosto 2001

Da Genova a Napoli il cerchio si chiude

di STEFANO FOLLI

C’era una volta la politica estera cosiddetta «bipartisan». Convergente sui temi che investono il profilo dell’Italia nel rapporto con i suoi alleati. La Nato è stata per anni un caposaldo della linea «bipartisan», sullo sfondo di un’intesa in apparenza consolidata tra maggioranza e opposizione. Ma oggi il quadro si è fatto confuso. Il vertice dell’Alleanza a Napoli, un incontro di routine , sta diventando il nuovo caso G8. Dalle parti del centro-sinistra, il sindaco Iervolino in testa, si chiede di annullarlo o spostarlo. E l’argomento usato da qualcuno è insidioso: quel vertice, si dice, dovrà occuparsi dello «scudo spaziale». Quindi è giusto contestarlo, in nome della ripulsa verso l’egemonia americana e la sudditanza italiana. Così Napoli si salda a Genova e la polemica «anti global» esce dal generico, andando a colpire il cuore della politica estera. Vale a dire l’atlantismo, il rapporto tra Roma e Washington, la rete che Berlusconi sta tentando - a torto o a ragione - di tessere con l’amministrazione americana. E come a Genova la contestazione è a cerchi concentrici: la fascia più più interna è composta dai centri sociali e dalle tute bianche, propensi all’uso della violenza; la fascia intermedia appartiene all’estrema sinistra parlamentare (Rifondazione e verdi); la fascia più esterna ai Ds e ai gruppi cattolici, indecisi sul da farsi ma tentati a vario titolo di «stare nel movimento».
Nei fatti il tessuto «bipartisan» si sta strappando. Quello che non è accaduto con la guerra della Nato nel Kosovo, sostenuta da un presidente del Consiglio diessino che ebbe allora l’appoggio del centrodestra, rischia di accadere oggi con Berlusconi a Palazzo Chigi e lo scudo spaziale come tema in agenda. Con Bush riemerge il riflesso anti-americano che negli anni di Clinton si era assopito.
Ma c’è dell’altro. La tensione sulla Nato si mescola in forme inedite con gli strascichi velenosi di Genova e con le polemiche sull’altro vertice, quello della Fao, che il governo vorrebbe ancora spostare in Africa e l’opposizione viceversa vuole mantenere a Roma.
Ieri il ministro della Difesa Antonio Martino è stato esplicito al microfono di Radio Radicale : il vertice Nato si svolgerà senz’altro a Napoli perché tocca direttamente il ruolo dell’Italia rispetto ai suoi alleati politico-militari; invece l’incontro sulla fame nel mondo è meno vincolante e può essere spostato nella capitale di un Paese «povero» più idoneo a ospitarlo. Per la Fao, sembra di capire, vale la scelta fatta dalla Spagna di Aznar che ha trasferito nel Qatar il summit del Wto, l’organizzazione del commercio mondiale.
Inutile dire che la discussione è aspra anche a destra. Il Foglio di Ferrara, ad esempio, ritiene che Berlusconi non può abdicare alle sue responsabilità e offrire al mondo «una simile, gratuita prova di debolezza»: ergo, il governo deve tenere i due vertici a Napoli e a Roma come da programma.
D’altro canto, Francesco Cossiga regala all’esecutivo il suo «consiglio disinteressato» che consiste nel rinunciare al vertice Fao, e magari anche a quello Nato, per un motivo politico di fondo: perché «purtroppo non esiste oggi nel Paese un’unità delle forze politiche a difesa dell’ordine e della legalità contro l’utopia e la demagogia».
L’ex capo dello Stato si affida a un argomento drammatico che riporta esattamente al dato di una lacerazione in Parlamento del tessuto connettivo che definisce la politica internazionale. Se Cossiga ha ragione, non basterà l’auspicio del presidente della Camera («c’è un interesse nazionale da difendere»), dietro il quale non è difficile scorgere le inquietudini del Quirinale. Del resto, la commissione d’indagine sui fatti di Genova ha cominciato ieri i suoi lavori in un clima teso e di forte conflitto. Inoltre, dato ancora più rilevante, l’Italia continua a essere sotto accusa sulla stampa estera. Dopo i giornali tedeschi, oggi Le Monde dedica la sua prima pagina alla «brutalità della polizia italiana» e propone che l’Unione europea paghi le spese processuali dei ragazzi arrestati.
Non c’è dubbio. Berlusconi è finito in prima linea sul terreno più scomodo, quello che investe l’immagine dell’Italia e il rapporto con gli alleati. E i suoi avversari non molleranno la presa tanto facilmente.