Corriere della sera 9 agosto 2001

«Violenti coperti dal Genoa social forum»

Il capo della polizia accusa i leader anti-G8. «Agenti a rischio, ora dobbiamo proteggerli»

«E’ verosimile che le condizioni di guerriglia create da criminali violenti abbiano determinato in alcuni casi un eccessivo uso della forza a opera di alcuni reparti e, in altri casi, episodici e individuali comportamenti illeciti che saranno rigorosamente perseguiti. Sono in corso indagini avviate dagli ispettori e ulteriori accertamenti saranno necessari prima di trarre conclusioni. Una forza di polizia democratica può fare ricorso all’uso della forza o per vincere una resistenza o per impedire atti illegittimi. Ma deve rifuggire dalla violenza, che è una cosa diversa... Sui funzionari che sono stati più esposti coi loro nomi sui giornali in questi giorni devo dire che è stata attivata la tutela. Sulla perquisizione alla scuola Diaz nessuno informa il capo della polizia per una perquisizione: quella sera mi ha chiamato il questore di Genova non per informarmi ma per un’autorizzazione. Mi chiese se potevano essere utilizzati i carabinieri. Ho risposto di sì. Ma dell’esito della perquisizione ho appreso solo dopo.
Le scelte sono state sempre condivise a livello centrale. Il coordinamento è di competenza di questore e prefetto e non c’è alcuna dipendenza gerarchica dal capo della polizia. Mi assumo ogni responsabilità per le scelte fatte, ma non sui fatti per i quali non ho attribuzioni».
«Sul fronte esterno è stata attivata ogni forma di collaborazione con le polizie dei Paesi amici, al fine di potenziare ed adattare gli esistenti canali di scambio informativo alle specifiche esigenze di sicurezza e di prevenzione. Il coordinamento di tali iniziative era stato peraltro affidato fin dall’inizio al prefetto La Barbera, che aveva direttamente svolto attività necessaria a garantirlo recandosi di persona ad incontrare i suoi omologhi all’estero, scambiando con loro dati e informazioni, presiedendo le relative riunioni.
Gli obiettivi erano quelli di acquisire e analizzare tutte le possibili informazioni concernenti minacce; tentare di individuare per tempo le frange più violente e porre in essere le attività volte a neutralizzarle tempestivamente. L’attività di "intelligence" ha consentito di incentrare l’attenzione sul gruppo più pericoloso, il "blocco nero", valutato in circa 500 italiani e 2000 stranieri, per lo più tedeschi, spagnoli, greci, inglesi e statunitensi.
Per quanto riguarda i gruppi violenti occorre ammettere che i risultati dell’attività preventiva sono stati inferiori alle attese, sia per le oggettive difficoltà incontrate dagli organi di polizia esteri nell’attività di penetrazione informativa - trattandosi, il più delle volte, di gruppi che denotano mancanza di organizzazione strutturale, ma spiccate capacità di aggregarsi solo episodicamente - , sia per esigenze, più volte invocate, di rispetto delle legislazioni in materia di tutela della privacy.
Nonostante ciò si è potuto confezionare un elenco temporaneo di 1439 nominativi, utilizzato ai fini di prevenzione, mentre il ripristino dei controlli di frontiera ha consentito di effettuare oltre 140 mila controlli, di respingere alle frontiere più di 2000 persone.
L’impegno è stato massimo per garantire gli scopi che il Governo si era prefissato: svolgimento sereno del vertice, vivibilità della città, la tutela di manifestare nei modi leciti. E’ ingeneroso dire che gli sforzi per garantire la sicurezza della zona rossa abbiano lasciato in secondo piano le altre zone della città: 6800 unità di servizio sono state impiegate fuori dalla zona rossa.
Non c’è stata una modifica del piano di sicurezza generale fissato e condiviso da tutti i vertici di polizia. Sulla cosiddetta zona gialla c’è stata una valutazione tale da consentire la manifestazione in quell’area, senza abolirla».
«Passando ad analizzare i disordini di Genova appare assai verosimile che gli stessi segnino l’ulteriore affermazione ed espansione sulla scena internazionale di un nuovo soggetto. Un soggetto composito che, come si è visto a Genova e come era emerso anche nei precedenti incontri internazionali, tenta di far coesistere l’anima genuina e pacifista con alcune componenti di tipo estremista ed altre di tipo eversivo.
A Genova in particolare ad una situazione di per sé già complessa si è aggiunta da un lato la dichiarata volontà di alcuni gruppi di impedire il vertice e dall’altro un’azione particolarmente violenta di professionisti della guerriglia.
Tutto ciò fa apparire in modo sufficientemente chiaro che i disordini di Genova non possono essere attribuiti soltanto all’azione dei black bloc a prevalente connotazione anarchico-insurrezionalista, ma vedono direttamente coinvolto un elevato numero di manifestanti pronti ad uno scontro con le forze dell’ordine.
Emblematico è stato il massiccio attacco alla zona rossa portato il 20 luglio che ha visto come primo protagonista un forte gruppo anarchico-insurrezionalista a fianco però di altri spezzoni del movimento. I primi infatti hanno potuto giovarsi della massa d’urto di un affollato corteo non autorizzato e visibilmente predisposto ad affrontare la polizia per violare l’area protetta.
Le azioni di questi gruppi di violenti hanno ricreato un clima che sembrava essere completamente scomparso ormai da molti anni. Si sono riviste scene di guerriglia urbana e un’esposizione delle forze dell’ordine ad attacchi di gravità inusitata».
«Sui simpatizzanti e sugli appartenenti al cosiddetti black bloc appare opportuno effettuare alcune riflessioni. Esiste un’oggettiva difficoltà ad individuare preventivamente questi soggetti. Essi sono soliti spostarsi in forma anonima, comparire con i segni distintivi del movimento solo in occasione degli scontri di piazza.
Non sempre hanno una sede, non si incontrano abitualmente, ma si raccolgono in tutto il mondo solo in occasione di eventi significativi con una conoscenza perfetta oltre che del territorio anche delle tecniche di aggressione, favorita da una sorta di appoggio di altre frange di manifestanti all’apparenza meno oltranziste.
Il loro contrasto è reso altrettanto difficile dal ricorso a tecniche di guerriglia che non possono essere fronteggiate agevolmente con i reparti ordinariamente impiegati nei servizi di ordine pubblico.
Si ricorderà che analoghe tecniche, operate in piccoli gruppi estremamente mobili, spesso lontano dalle aree delle manifestazioni di massa, hanno contraddistinto un po’ la storia delle violenze di piazza degli anni ’70 e si ricorderà anche come solo attraverso meticolose indagini è stato possibile individuarne gli autori e metterli a disposizione della Giustizia».
«La linea del confronto sui temi della contestazione si è tradotta fisiologicamente in una sorta di dialogo. Ho personalmente partecipato a Genova, due volte, ad incontri tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso. In entrambe le occasioni ho ascoltato le loro richieste, ho spiegato le esigenze generali della sicurezza. A fronte di tale disponibilità istituzionale devo tuttavia rilevare che sono sempre state sfuggenti ed evasive le risposte sull’effettiva rappresentatività del Genoa Social Forum rispetto alla totalità dei manifestanti, così come imprecise sono state quelle sull’effettiva volontà di cooperare con le autorità per lo svolgimento pacifico delle manifestazioni. Traspariva una difficoltà a fornire un quadro di riferimento armonico e unitario, una precisa determinazione a non rivelare appieno i propri programmi o intendimenti, troppo spesso dissimulati dietro un generico riferimento ad un indefinito concetto di disobbedienza civile. Devo rilevare che anche le organizzazioni più moderate e pacifiste avevano dichiarato l’obiettivo di impedire o disturbare in qualunque modo lo svolgimento del vertice. Dal momento in cui è stata ideata e poi resa nota la realizzazione della zona rossa, questo proposito si è trasformato nell’intento di violare la stessa. Pur non rientrando nella mia competenza mi sono altresì adoperato affinchè fossero individuate soluzioni per l’ospitalità dei manifestanti compatibili con le esigenze di sicurezza».
(a cura di Marco Galluzzo)