La Stampa
«Diaz e Bolzaneto, un disastro organizzativo»
Giovedì 9 Agosto 2001

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Le accuse degli ispettori sul blitz nella scuola e il caos nella caserma

ROMA
SETTE
richieste di avvio di procedimento disciplinare per i fatti alla ex Diaz, due per Bolzaneto. Sono queste le prime conclusioni dei super-ispettori del Viminale inviati a Genova. La lettura delle due relazioni degli ispettori Micalizio e Montanaro, che omettono i nomi dei funzionari coinvolti, offre finalmente un quadro d’insieme realistico per capire cosa è successo nella notte tra sabato 21 e domenica 22 luglio nella scuola ex Diaz e fino alla tarda sera del sabato nella caserma di Bolzaneto.

PERQUISIZIONE ALLA DIAZ. Forse è utile partire proprio dalle valutazioni conclusive dell’ispettore Micalizio. «Sono convinto che si debba senz’altro escludere, come affermato dal signor ministro, che l’operazione di polizia in esame sia stata preordinata al fine di compiere una "rappresaglia" nei confronti di un gruppo di giovani manifestanti a seguito degli episodi di violenza di quelle giornate». Ne fa fede il contatto precedente alla perquisizione da parte della questura con un esponente del Gsf, per verificare se l’ex Diaz era gestito ancora da loro. L’interlocutore del Gsf ha risposto che non si «poteva escludere che si fossero insediati nella scuola elementi non conosciuti al Gsf». E nelle «modalità» della perquisizione «era assente l’intento persecutorio» tant’è che è stato escluso «l’impiego di sostanze lacrimogene all’interno della scuola».
Ma il resto, tutto quello che è stato ricostruito dal lavoro ispettivo, è una pagina nera da dimenticare. Il bilancio della perquisizione, annota la relazione, è «l’elevato numero - tra gli arrestati - di persone che hanno subìto lesioni. A 62 dei 93 arrestati (il 66%) sono state refertate prognosi variabili». E il bilancio sull’efficacia della perquisizione? «A fronte della richiesta del pm di convalida dell’arresto per tutti i soggetti, il Gip ha accolto l’istanza per 12 persone».
La relazione Micalizio fissa alle ore 22,30 l’avvio delle operazioni. Informata anche la procura è partita l’operazione di polizia giudiziaria. «Da una ricostruzione - a posteriori - della forza pubblica presente sul luogo dell’operazione, è risultato che il contingente del Reparto mobile di Roma era composto da 73 persone, quello del Reparto prevenzione crimine da 40 elementi, quello delle Squadre mobili e dello Sco 79 uomini e quello delle Digos da 23. L’apporto dei carabinieri è stato di 60 unità circa». L’ispettore Micalizio è critico nei confronti di «un siffatto dispositivo operativo», deciso, evidentemente, dal questore, che non ha saputo mettere in campo «un ottimale impiego delle risorse» e che non ha saputo valutare adeguatamente il «rapporto di forza esistente». E dunque il dispiegamento di tali forze, «forse era eccessivo in considerazione dei presunti 150 giovani asserragliatisi nella scuola "Diaz"». Ma anche una «carenza informativa ha originato il significativo "rapporto di forze" tra gli occupanti e le forze di polizia e sembra aver concorso a favorire le condizioni di confusione in cui si è operato».
Confusione, stanchezza, nervosismo: «La fase organizzativa è stata predisposta in maniera molto approssimativa e carente». Denuncia la relazione: «Nel corso del "briefing" non si è, peraltro, provveduto a designare il funzionario responsabile, in termini unitari, dell’intero servizio, ma, implicitamente, ognuno ha ritenuto di dover fare riferimento ai capi del proprio "comparto" (polizia criminale, polizia di prevenzione e Reparto mobile)». E ancora: «In tale contesto, ha sicuramente nuociuto la presenza sul posto di molti funzionari».
Nella più totale disorganizzazione - «non erano state previste neppure le modalità con cui trasportare gli eventuali arrestati» -, gli unici punti fermi sono stati: «Il Reparto mobile» doveva «penetrare per primo nell’edificio, superando le eventuali resistenze»; gli uomini dello Sco, delle Squadre Mobili e delle Digos, dovevano «seguire il personale del Reparto mobile e, una volta all’interno dell’edificio, curare gli aspetti di competenza»; gli uomini dei Reparti prevenzione crimine erano addetti «alla sorveglianza del perimetro esterno»; i carabinieri si dovevano occupare «della vigilanza delle vie di accesso all’area».
Per sottolineare i momenti di «estrema confusione» del momento, la relazione ricorda la perquisizione fatta anche nell’altro edificio scolastico, dove c’era il centro stampa del Gsf: «L’accesso, in tal caso, di fronte alla mancanza di episodi di violenza o resistenza, è stato effettuato senza alcuna conseguenza e il personale, non appena resosi conto dell’estraneità delle persone ivi presenti all’operazione in corso, ha subito interrotto l’attività di controllo».
A questo punto, Micalizio affronta le «incongruenze» e le responsabilità del comandante del Reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, che in un primo momento ha sostenuto che i suoi uomini sono entrati per primi nella scuola, e in seguito che quando sono entrati si sono trovati altri poliziotti che già «operavano». Quella di Micalizio è una stilettata: «Dall’esame della seconda relazione emerge, tra l’altro, che 15 uomini del Reparto mobile (dei 17 agenti che sono stati complessivamente refertati) sono rimasti contusi nel corso dell’operazione; tale circostanza sembra incongrua con l’affermazione che gli stessi non sono stati impiegati nelle prime posizioni all’atto dell’ingresso nell’edificio scolastico».
Oltre alle proposte di provvedimenti disciplinari, la relazione Micalizio suggerisce un intervento perché gli agenti o i funzionari che operano in situazioni come alla ex Diaz, siano identificabili. Chiede «trasparenza» e propone: «I caschi protettivi rechino elementi identificativi in ordine alla qualifica dell’operatore nonché, attraverso un apposito codice alfanumerico, alla stessa identità dell’agente e sarebbe utile riportare in termini sintetici sull’uniforme operativa dei reparti le generalità dell’agente operante».

CASERMA DI BOLZANETO. L’ispettore Montanaro si è dovuto arrendere all’impossibilità di accertare i pestaggi, in mancanza di denunce precise e dettagliate (queste verranno nei giorni seguenti all’ispezione). Scarna la relazione. I funzionari sentiti negano qualsiasi fatto di violenza fisica o psicologica, «fatta eccezione per qualche rudezza al momento delle perquisizioni personali». Ma questa ricognizione comunque porta l’ispettore Montanaro alla denuncia di «una grave carenza di direttive sia nel momento organizzativo che gestionale dell’emergenza». Le «omissioni» in questo caso sono gravi: non sono state prodotte relazioni di servizio e quelle fatte sono successive alle audizioni.
Dai resoconti dei funzionari si coglie «un’estrema indeterminatezza e imprecisione per quanto riguarda il momento della custodia e della vigilanza sui fermati, lasciata in pratica, per la mancanza di direttive, all’iniziativa dei singoli funzionari. Anche alla Bolzaneto come nel corso della perquisizione alla ex Diaz, «regnava una estrema confusione»: c’era «un continuo viavai di personale sia dei carabinieri sia della polizia penitenziaria che della polizia di stato».
Dopo aver spiegato come teoricamente doveva funzionare il centro di permanenza provvisorio della caserma di Bolzaneto, la relazione dell’ispettore Montanaro riassume: «Complessivamente nei giorni 20, 21 e 22 luglio risultano transitate per lo specifico ufficio 240 persone, di cui 184 in stato d’arresto, 5 in stato di fermo e 14 denunciate in stato di libertà. Mediamente i tempi di permanenza delle persone nella disponibilità della polizia di Stato sono stati, inizialmente, di due ore e mezza circa, per raggiungere valori assai elevati (15-17 ore) nel pomeriggio di sabato».