La Repubblica 9 agosto 2001

"A Genova ci furono eccessi"
De Gennaro si difende in Commissione, i Poli si dividono

SILVIO BUZZANCA


ROMA - Il tentativo di impedire l'arrivo a Genova dei violenti? Non ha dato i risultati sperati. Le violenze contro i manifestanti? Qualcuno fra le forze dell'ordine ha ecceduto nell'uso della forza. Responsabilità del vertice della Polizia? Mantenere l'ordine pubblico spetta al prefetto e al questore. Genova abbandonata a se stessa? Non è vero. Il Genova social forum? Erano «sfuggenti ed evasivi». Gianni De Gennaro, capo della polizia, ha fornito ieri queste risposte alla commissione d'indagine parlamentare sul G8. Sei ore per ammettere qualche responsabilità e qualche errore che però non impediscono a De Gennaro di concludere che «le forze dell'ordine escono a testa alta dalla commissione d'indagine sul G8».
Una manifestazione di fede che non ha convinto più di tanto i commissari che hanno tempestato di domande il capo della polizia, costretto a riempire ben 42 pagine di quesiti. Il quadro delineato da De Gennaro parte dall'ammissione che «per quanto riguarda i gruppi violenti stranieri i risultati dell'attività preventiva sono stati inferiori alle aspettative». Insomma, il filtro alle frontiere non ha funzionato. La seconda ammissione, un po' stemperata nella replica è che «è verosimile che le condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi abbiano determinato in alcuni casi un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri casi, episodici e individuali, comportamenti illeciti che saranno rigorosamente perseguiti». Tradotto vuol dire che le botte ai manifestanti ci sono state.
Un compito difficile gestire quei giorni, spiega però De Gennaro. Però, precisa, io avevo dato certe disposizioni, ma la gestione dell'ordine pubblico «spetta al Questore e al Prefetto, senza alcuna dipendenza dal capo della Polizia». Parole dure anche per il Gsf e parte dei manifestanti, accusati di essere stati conniventi con i violenti. Anzi violenti senza mezzi termini. E infine la questione dell'irruzione notturna alla caserma Diaz: sapevo della perquisizione perché mi fu chiesta l'autorizzazione ad usare i carabinieri. Ma delle violenze e degli arresti Di Gennaro ha saputo solo domenica mattina.
La presenza e le parole di De Gennaro hanno avuto immediate ripercussioni politiche. Fra i poli e nei poli. Si è assistito, infatti, ad una clamorosa divaricazione fra An e Forza Italia. Gli uomini di Fini hanno chiesto a De Gennaro di «assumersi tutte le sue responsabilità», invitandolo in pratica alle dimissioni. Molto più morbide le posizioni degli uomini di Berlusconi. Una frattura che ha costretto Renato Schifani, presidente dei senatori forzisti, a precipitarsi a Montecitorio e cercare di rimettere a posto i cocci. Operazioni tentata con un comunicato di An che faceva marcia indietro sulle "responsabilità" e le dimissioni di De Gennaro. E nel tentativo di "spostare" l'attenzione il gruppo di An ha prodotto un altro comunicato per sottolineare «la svolta a destra» di Luciano Violante. Il presidente dei deputati diessini, infatti, si è schierato in difesa del capo della polizia e ha chiesto di «non criminalizzare le forze dell'ordine».
Violante, seguito dal gruppo diessino, non vuole trarre soluzioni affrettare da queste prime audizioni e aspetta il governo al varco su altri temi: per esempio la presenza di Gianfranco Fini e di altri deputati di An nelle centrali operative dei carabinieri o le violenze alla Diaz. Nel frattempo i poli si scontrano sulle audizioni possibili: il centrodestra vuole sentire Giuliano Amato ed Enzo Bianco; il centrosinistra replica che si devono presentare Silvio Berlusconi, Claudio Scajola e Franco Frattini. Si deciderà oggi. Ieri sono state archiviate anche le audizioni dei generali Sergio Siracusa e Alberto Zignani, comandanti dei Carabinieri e della Finanza. Siracusa ha detto che a Genova non c'erano carabinieri infiltrati e che i suoi uomini non hanno preso parte alle vicende della scuola Diaz e di Bolzaneto. Ma soprattutto il generale ha affermato che il carabiniere Mario Placanica sparò contro Carlo Giuliani «per legittima difesa». E che anche un militare più esperto avrebbe fatto la stessa cosa per difendersi dal linciaggio