Corriere della sera 8 agosto 2001
La violenza verbale di certi no global

PAROLE SCAGLIATE CON LEGGEREZZA

di ENZO BIAGI

Come dice D’Annunzio? «Settembre, andiamo: è tempo di migrare». Già, ma dove? Se lo chiedono le autorità, dopo le tristi esperienze di Genova. Berlusconi si era preoccupato della messa in scena, le fioriere, gli intonaci, i balconi, aveva forse trascurato gli interpreti.
A novembre ci dovrebbe essere a Roma il vertice della Fao, preceduto da un summit della Nato a Napoli. Niente paura: non pensate, visti i risultati e le compagnie, all’Everest; siamo in mezza collina, ma dove c’è occasione di spettacolo, il dottor Agnoletto e i suoi vivaci pacifisti non si lasciano sfuggire l’occasione per un’esibizione. Li posso capire: anche i bambini, quando hanno paura del buio, cantano.
Pannella, invece, quando i giornali non lo prendono sul serio, si imbavaglia. Ma non si può sempre gridare: «Al lupo, al lupo»; i digiuni, quando sono sostenuti dai cappuccini, diventano una dieta.
Lo sapevate che c’è una «rete anti-global», nel Sud? Cosa avrà di diverso dai fratelli del Nord? Sicuri che gli aderenti sanno con chi debbono indignarsi? O si ripete il fenomeno di Pavlov, il famoso medico russo che suonava il campanello, e il suo cane, anche senza la razione di trippa, deglutiva? È già annunciata una «massiccia mobilitazione». Contro chi? Il destino degli uomini che vivono su questa terra è legato. Una volta si diceva: «Nessuno piange per la morte di un mandarino cinese». Poi la televisione ci ha fatto vedere in diretta, dopo l’uomo che andava a spasso sulla luna, i ragazzi dalla camicia bianca che affrontavano i carri armati in piazza Tienanmen.
«Spostiamo il convegno», suggerisce ovviamente Rosa Russo Jervolino, sindaco di Napoli. Si è già visto che non serve a niente blindare una città. Un tale Francesco Caruso, portavoce della «Rete no global» della città, pronuncia un minaccioso proclama: «Non ci faremo trovare disarmati, per fermarci dovranno spararci addosso».
Mai, come in questi casi, «le parole sono pietre» o magari estintori. E poi si proclamano «non violenti». È un gesto mite e gentile saltare su una «jeep» dei carabinieri con le evidenti intenzioni di darle fuoco? E quel giovanetto ucciso di chi è la vittima? Incitare alla ribellione è un reato o un esercizio di retorica? Ma il ministro Ruggiero è un grande diplomatico o un illuso, intendo essere gentile, quando pensa di aprire una discussione con chi si presenta al dialogo, per dar forza al ragionamento, con un coltello a serramanico? E certe iniziative delle Tute bianche non assomigliano a quelle della Camicie nere?
Mi sembra che la globalizzazione non sia uno stato d’animo, o fantapolitica, ma una realtà: la crisi del caffè brasiliano l’avvertono anche al Bar Sport. Si sono praticamente abolite le distanze: col «Concorde» Parigi-Washington meno di tre ore, il tempo di servire ai viaggiatori la colazione: cominciarono con le posate d’argento poi, visto il dilagare dei collezionisti, ripiegarono sulla plastica.
È bello e generoso che i giovani si preoccupino della salute del pianeta e della fame nel mondo, ma i Black Bloc che ribaltano le automobili e incendiano i negozi migliorano l’ambiente? In attesa di salvare l’umanità, non si potrebbe far qualcosa per il coinquilino del condominio, che magari è un pensionato, solo e malato? Diamo il pesce a chi ha lo stomaco vuoto, e poi insegniamogli a pescare.
Viva l’ecologia, ma anche abbasso il digiuno.