La Repubblica 9 agosto 2001

I RESPONSABILI DI GENOVA
di GIUSEPPE D'AVANZO


DUNQUE, finalmente a tre settimane dalla catastrofe organizzativa di Genova e dalle violenze e pestaggi che hanno coinvolto anche i pacifisti del movimento no global, c'è qualche punto fermo che, sollecitato dall'opinione pubblica, viene ora accettato anche dal capo della polizia, Gianni De Gennaro.
Vediamo. Il capo della polizia ammette che le forze dell'ordine si sono abbandonate, in qualche caso, ad "eccessi". Conferma che il lavoro dell'intelligence è stato modesto al punto da non sapere anticipare il numero dei Black bloc in arrivo in Liguria e soprattutto le loro intenzioni e mosse.
Gianni De Gennaro ripete che è pronto ad assumersi le sue responsabilità ma soltanto per la parte che lo riguarda direttamente e "non sui fatti per i quali non ha attribuzione da parte della legge". Non era il titolare dell'ordine pubblico a Genova - lo erano il questore e il prefetto - e non intende pagare il prezzo del disastro organizzativo in loro vece. Conclude che è ingiusto sostenere che polizia, carabinieri e guardia di finanza si sono dedicati soltanto alla difesa della "zona rossa" del summit perché 6.800 agenti erano dislocati in città per difenderla.
Come è ingiusto ripetere che tutte le forze di polizia, quasi ventimila uomini, hanno ceduto alla violenza e all'abuso perché i comportamenti illegali degli uomini in divisa coinvolgono un paio di centinaia di agenti e saranno duramente puniti. La relazione del capo della polizia - e i punti fermi che scandisce - ripropongono alcune questioni che questo giornale ha già sollevato e ne definiscono qualche altra del tutto inedita che vale la pena di affrontare.

Su tutte, appare di rilievo l'interrogativo che riguarda De Gennaro. Può continuare ad essere il capo della polizia? A petto della catastrofe che ha compromesso, e ancora compromette, l'immagine del nostro Paese nel mondo, in presenza di una violenza che minaccia il rapporto fiduciario tra la cittadinanza e le forze dell'ordine, il capo della polizia può rimpannucciarsi in leggi e regolamenti per sfuggire alla sua responsabilità tecnica? Ha ragione De Gennaro a dire che non era direttamente responsabile di quel che accadeva a Genova, ma è indiscutibile che la paternità del piano di sicurezza messo a punto per il G8 è stato ideato e organizzato dal suo ufficio.
Come può aggirare quest'obiezione? Nei giorni scorsi De Gennaro ha più volte affrontato il problema con i suoi collaboratori. Ha detto loro: «Sono un funzionario e un servitore dello Stato. L'incarico mi è stato affidato dal governo. Il governo, se non ha fiducia nel mio lavoro, può riprenderselo quando vuole senza nemmeno ascoltare la mia opinione. Fin quando questo non accadrà, io resterò al mio posto» .
E' una difesa ragionata che ha qualche fondamento perché, a tre settimane dagli scontri e dai pestaggi di Genova, ancora non si comprende che cosa davvero pensa il governo di questo affare. Berlusconi nelle prime ore è apparso soprattutto desideroso di valorizzare i risultati politici e diplomatici del vertice tacendo quasi quanto era accaduto nelle piazze di Genova.
Il ministro dell'Interno Claudio Scajola ha ricostruito in Parlamento i fatti con piglio notarile e burocratico omettendo l'aggressione a chi soggiornava la notte del 21 luglio nelle aule della Diaz e soprattutto gli scientifici pestaggi della caserma Bolzaneto, raccontati poi da Repubblica e da altri.
Dopo di allora nemmeno una parola. Ha parlato la maggioranza con toni e argomenti che hanno accentuato ancora di più l'ambiguità del silenzio dell'esecutivo. Può legittimamente Alleanza nazionale con il vestito nuovo di «partito di lotta e d governo» chiedere, come ha fatto ancora ieri, le dimissioni del capo della polizia senza affrontare con leale coerenza le responsabilità politiche del vicepresidente Gianfranco Fini? E' necessario ricordare e ripetere che nei giorni di Genova Gianfranco Fini, presente in prefettura e per alcune ore nella caserma dei carabinieri di Forte San Giuliano, è stato costantemente informato degli avvenimenti. E così il ministro di Grazia e Giustizia Castelli, in visita alla «Bolzaneto» fino a poco prima dell'inizio dei pestaggi. E così i parlamentari guidati da Filippo Ascierto (An) che stazionavano nella sala operativa delle forze dell'ordine.
Possono costoro dirsi estranei a quanto è accaduto? Possono Fini e Castelli pilatescamente lavarsene le mani? Può il ministro dell'Interno tacere ancora su De Gennaro: ha la sua fiducia o non ce l'ha? Il problema, adesso che la polizia recita il suo mea culpa, non è più «tecnico» ma politico. Hanno la forza governo e maggioranza di assumersi le proprie responsabilità sia per il passato sia per il presente, hanno intenzione di farlo nel prossimo futuro? Se non si scioglie quest'interrogativo è alquanto ozioso discutere se affrontare la riunione del ministri della Difesa della Nato a Napoli o l'appuntamento della Fao a Roma.