Corrriere della sera 8 agosto 2001
IL MOVIMENTO

Casarini: noi non c’entriamo. I Cobas: in piazza con i bastoni per difenderci

MILANO - Sconforto, rabbia, sarcasmo. Reagiscono così gli antiglobalizzatori di fronte all’ipotesi degli investigatori che i volantini firmati Br-Pcc siano collegati al movimento dei contestatori. Un nuovo elemento di tensione in un ambiente già caldo per le polemiche sugli scontri di Genova e per l’incombere del contestato vertice Nato di Napoli. Ma terrorismo a parte, rimane il problema di come presentarsi in piazza dopo Genova. La morte di Carlo Giuliani, le cariche delle forze dell’ordine sui manifestanti e le violenze dei Black Bloc hanno reso non più rimandabile la discussione tra le varie anime del Genoa Social Forum. L’ala radicale rivendica la necessità di prepararsi allo scontro fisico con agenti e militari. I Cobas chiedono che si torni ai servizi d’ordine nei cortei, come avveniva negli anni ’70. «Perché - spiega uno dei leader, Piero Bernocchi - dobbiamo pensare all’incolumità di chi viene in piazza con noi: forse, a Genova, con qualche bastone in più avremmo avuto qualche ferito in meno».

TERRORISMO - Luca Casarini, portavoce delle Tute bianche, se l’aspettava: «Attribuire quei volantini ad ambienti no global è un tentativo di criminalizzazione del movimento per coprire le responsabilità dei pestaggi di Genova». Casarini solo pochi giorni fa aveva paventato il rischio di derive armate del movimento, in mancanza di adeguate risposte politiche: «Ma è un terreno sul quale ci vuole spingere il governo, quando è invece chiaro che il movimento ha già scelto la sua strada, lontana anni luce da dinamiche di quel tipo». Sulla stessa linea il deputato verde Paolo Cento: «Ecco un’altra casella che si riempie con puntualità. Troppa puntualità. Ovviamente è un’ipotesi assurda, visto che nel codice genetico del movimento è chiarissimo il rifiuto di qualunque forma di violenza armata». Per Riccardo Germani, leoncavallino di Ya basta, «soltanto qualche disperato può pensare che la lotta armata sia la strada da seguire in questo momento. Peraltro bisognerebbe interrogarsi su chi c’è dietro i pacchi bomba e i presunti volantini firmati Br». E comunque, aggiunge Chiara Cassurino - Tuta bianca, del centro sociale «Terra di nessuno» - «accomunare in qualche modo il movimento con le Br è davvero un’eresia, una cosa che sconforta. Nulla è più lontano da noi della lotta armata, è persino assurdo doverlo ripetere».


NAPOLI - Annullare il vertice di Napoli. In subordine, tenere lontane le forze dell’ordine dai cortei. O, se proprio non si riescono a ottenere i primi due obiettivi, confrontarsi con agenti e militari disarmati. Sono le proposte degli antiglobal per il vertice di Napoli di novembre. «Il governo - spiega Casarini - sta tenendo un atteggiamento irresponsabile. Dovrebbe prendere atto della contestazione e annullare l’incontro. Invece sento che il vertice Nato di Napoli si deve fare a tutti i costi, mentre la Fao si può spostare. Come dire: chi se ne frega della fame del mondo, pensiamo piuttosto al riarmo atomico e agli affari delle multinazionali». Paolo Cento è convinto che le forze dell’ordine debbano stare a casa: «I manifestanti sono in grado di autogestire gli spazi del conflitto». Dopo i proclami battaglieri, intanto, il leader della rete No Global di Napoli Francesco Caruso, ha moderato i toni: «A Napoli saremo armati, ma soltanto di parole».


SERVIZI D’ORDINE - A Genova si sono scontrati con i Black Bloc che si volevano infiltrare e con le forze dell’ordine. «Ma già sabato noi dei Cobas ci siamo attrezzati e ho visto anche negli altri cortei alcuni portavoci del Gsf protetti da aste di bandiere e bastoni - spiega Bernocchi -. D’altronde gli scontri di marzo a Napoli ci avevano insegnato che le forze dell’ordine cercavano la mattanza. E prima del G8 di Genova, nel confronto con il Gsf, sembrava che fossimo noi i violenti solo perché proponevamo il servizio d’ordine. Si sono visti i risultati». «Nei cortei - aggiunge un altro esponente dei Cobas, Vincenzo Miliucci - ciascuno deve sapere chi gli sta a fianco. A dir la verità i bastoni non servono granché, è meglio che ci siano file compatte, controllate. Comunque bisogna essere preparati per difendersi da attacchi proditori e per eventuali corpo a corpo con la polizia». Decisamente contrario, invece, Cento: «Guai a tornare al passato. Negli anni Settanta i servizi d’ordine hanno militarizzato la politica. Con tutto quello che ne è seguito». Intanto, il centro sociale Vittoria di Milano critica i «pacifisti pacificati», invitati a organizzare «vacanze per turisti antagonisti». Ed El Paso di Torino, esterno al Gsf, alza il tiro: «Non ci possono essere mezze misure quando si lotta contro l’ingiustizia». Ma la maggioranza del movimento è orientata verso atteggiamenti diversi. «Tutto dipende da come agiranno governo e forze dell’ordine - spiega Germani -. Dobbiamo sapere se vogliono tornare alla spirale violenza-repressione e se in Italia ci sono ancora le condizioni per manifestare pacificamente. Perché non vogliamo fare un salto indietro di 30 anni e non vogliamo portare altri ragazzi al suicidio».
Alessandro Trocino