Manifesto 8 agosto 2001

Lo scudo dell'Alleanza
Dalla nuova Nato battezzata nel '99 all'ultimo progetto di Bush L'agenda di Napoli
TOMMASO DI FRANCESCO - MANLIO DINUCCI

Anche se la riunione dei ministri della difesa della Nato, in programma a Napoli il 26-27 settembre, viene diplomaticamente definita "informale", la sua agenda è in realtà più concreta e importante di quella dello stesso G8 svoltosi al Palazzo Ducale di Genova: al tavolo del Palazzo Reale di Napoli, il segretario Usa alla difesa, Donald H. Rumsfeld, cercherà infatti di ottenere dagli alleati ulteriori tangibili impegni all'applicazione del "nuovo concetto strategico" dell'Alleanza e, in particolare, al progetto dello "scudo spaziale" che gli Usa considerano una estensione di tale concetto. Temi piuttosto importanti, che non dovrebbero essere sommeersi da una discussione quasi esclusivamente incentrata sulle questioni dell'"ordine pubblico".

Il "nuovo concetto strategico"

La "nuova Nato" è frutto di un'operazione di ingegneria genetica, effettuata sul tavolo pentagonale attorno al quale si sedettero i capi di stato e di governo (per l'Italia Massimo D'Alema) dei 19 paesi membri, convenuti al summit svoltosi a Washington il 24-25 aprile 1999, mentre oltre mille aerei della Nato esercitavano il "diritto di ingerenza umanitaria" sganciando su Serbia e Kosovo decine di migliaia di bombe e missili.
Da alleanza che, in base all'articolo 5 del trattato del 4 aprile 1949, impegnava i paesi membri ad assistere il paese membro che fosse stato attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato veniva trasformata in alleanza che, in base al nuovo "concetto strategico", impegna i paesi membri anche a "condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza" (The Alliance's Strategic Concept, 24/4/1999; Defence Capabilities Initiative, 25/4/1999). E' così nata la Grande Nato che, scavalcando le Nazioni unite, si arroga il diritto di intervenire con la forza armata in qualsiasi parte del mondo sia necessaria, a suo insindacabile giudizio, una operazione di peace keeping o peace enforcing.
A fare da cavia al primo test del nuovo concetto strategico della Nato (ancor prima che venisse sancito ufficialmente), è stata proprio l'Europa, per di più con la partecipazione dei governi europei. Guidando la Nato nel primo intervento fuori del proprio territorio, in Bosnia, e soffiando quindi sul focolaio di tensione in Kosovo sino a far divampare un incendio, gli Stati uniti hanno portato una parte dell'Europa a combattere una guerra sul territorio europeo contro un'altra parte dell'Europa. In tal modo essi hanno ottenuto un duplice risultato. Da un lato, alimentando l'idea di una nuova "minaccia da est" (impersonificata dalla Jugoslavia) e spingendo la Nato a intervenire contro di essa, hanno evitato di perdere non solo la leadership nell'Alleanza ma l'Alleanza stessa, e quindi la propria influenza sull'Europa, una volta venuta meno la motivazione della vecchia "minaccia da Est" (impersonificata dall'Unione sovietica) che aveva mantenuto coesa la Nato sotto l'indiscussa leadership statunitense. Dall'altro, avendo un netto vantaggio sull'Europa sul piano militare, gli Stati Uniti hanno gettato la spada sul piatto della bilancia per controbilanciare il crescente peso economico dell'Europa occidentale.

Extra large, verso Est

Contemporaneamente, il summit di Washington ha deciso che "la porta dell'adesione di nuovi membri alla Nato resta aperta" (Membership Action Plan, 24/4/1999), dando via libera - dopo l'adesione di Polonia, Repubblica ceca e Ungheria - all'ulteriore, pericolosa espansione della Nato verso est. La Nato quindi non solo interviene ma si estende "fuori area", inglobando paesi un tempo facenti parte del Patto di Varsavia. In tal modo gli Stati uniti si sono assicurati una serie di strumenti militari ed economici, e quindi politici, per tenere questi paesi in posizione gregaria all'interno della Nato alle dirette dipendenze di Washington.
Tutto ciò fa parte di un unico disegno perseguito da Washington: quello di ridisegnare la carta geopolitica e geostrategica dell'intera regione europea, orientando i processi che avvengono al suo interno secondo gli interessi economici, politici e militari degli Stati uniti. Nel perseguire questo disegno, Washington ha avuto il sostanziale appoggio delle maggiori potenze europee che, al progetto di una Europa autonoma, hanno anteposto l'utile immediato della spartizione di aree di influenza in una regione europea dominata dalla Nato sotto la leadership statunitense.

A che cosa serve lo "Scudo"

Nello stesso disegno rientra il progetto dello "scudo spaziale", visto da Washington come ulteriore, potente strumento per dominare non solo sul piano militare ma su quello complessivo, in primo luogo nei settori dell'economia e dell'informazione a scapito degli stessi alleati. La "capacità di dominare lo spazio", di cui parla lo Us Space Command, riguarda infatti la sfera non solo militare ma anche civile. Lo conferma il fatto che, tra i programmi statunitensi per il "controllo dello spazio", vi è quello di poter "danneggiare o distruggere satelliti di altri, sia nazionali che commerciali" (Airforce, febbraio 2000) se si sospetta che essi possano essere usati per raccogliere informazioni contro la sicurezza statunitense.
In tal modo gli Stati uniti - che attraverso il sistema Echelon sono in grado di spiare chiunque e usare le informazioni (come hanno già fatto) anche per avvantaggiare i propri gruppi transnazionali nella competizione globale - intendono attuare la "superiorità nell'informazione", che il massimo organo militare, nel suo ultimo documento strategico, così definisce: "Capacità di raccogliere, elaborare e diffondere un flusso ininterrotto di informazioni, impedendo allo stesso tempo agli avversari di fare lo stesso" (Joint Chiefs of Staff, Joint Vision for 2020, June 2000).
Avendo necessità di finanziamenti e tecnologie, Washington cerca di coinvolgere gli alleati (come ha già fatto con l'Italia) nel progetto, avendo ben chiaro che, nella misura in cui essi vi aderiranno, crescerà il vantaggio statunitense nei loro confronti.

Cosa fare a Napoli?

Su questo sfondo, quale dovrà essere la risposta al vertice di Napoli e, soprattutto, chi la dovrà dare? In altre parole: si pensa che basti la mobilitazione del Social Forum per dire che, dopo tutto, qualche reazione c'è stata? Oppure si tratta di mettere in campo ben altre forze di quell'"Italia reale", che le vicende degli ultimi decenni hanno sempre più disgregato ma non eliminato? Certo i nodi da sciogliere sono complessi: non sarà facile, per esempio, per i Ds (se mai volessero) opporsi a quella Nato che i loro stessi dirigenti hanno contribuito a potenziare e legittimareù. Così come i sindacati troveranno non poche difficoltà nell'opporsi alla partecipazione italiana al folle e costoso progetto dello "scudo spaziale" senza prendere posizione contro il complesso militare industriale italiano.
E infine, come potranno scienziati e tecnici, lo stesso mondo della ricerca universitaria, opporsi allo "scudo" senza riportare in primo piano il dibattito sull'uso che si fa della scienza e tecnologia per creare strumenti di morte e non di vita?