Il nostro amico e collaboratore Gianni Moriani ha recentemente pubblicato con la
Marsilio un "Manuale di ecocompatibilità" (48.000 lire). Un bel libro, molto
utile, che aiuta a fare chiarezza non solo metodologica e terminologica, per comprendere i
problemi legati allo sviluppo distorto che sta uccidendo il pianeta in cui viviamo. Il
breve stralcio che pubblichiamo è tratto dal capitolo dedicato allo "sviluppo
sostenibile e agli indicatori di sostenibilità".
Itermini sviluppo sostenibile e crescita sostenibile
nell'ultimo decennio del XX secolo sono diventati di uso comune, mentre il loro
significato rimasto vago. Per fare un po' di chiarezza diventa necessario, prima di tutto,
precisare i significati di crescita e di sviluppo e lo faremo utilizzando l'approccio
concettuale di Daly (1997).
Crescere significa aumentare naturalmente di dimensione per aggiunta di materia,
per assimilazione o per aggregazione.
Svilupparsi vuol dire espandere o realizzare la potenzialità di portarsi
gradualmente a una condizione più completa, più grande o migliore.
In altre parole, la crescita è aumento quantitativo su scala fisica, mentre lo sviluppo
è miglioramento qualitativo o dispiegamento di potenzialità.
Un'economia può crescere senza svilupparsi o svilupparsi senza crescere, o fare entrambe
le cose o nessuna delle due.
Poiché l'economia umana è un sottoinsieme di un ecosistema complessivo limitato che non
cresce, anche se tuttavia si sviluppa, è chiaro che la crescita dell'economia non può
essere sostenibile sui lunghi periodi di tempo.
Il termine crescita sostenibile va quindi respinto perché contraddizione in
termini, pessimo ossimoro.
In un processo produttivo, un flusso di materia e di energia di origine naturale è
trasformato in un flusso di prodotti finali da parte di un certo numero di agenti di
trasformazione, ossia lavoro e capitale.
Capitale e lavoro sono sostituibili l'uno all'altro fino a un certo grado, perché la loro
funzione qualitativa è la stessa in un processo di produzione: essi sono entrambi agenti
di trasformazione del flusso di materia prima in prodotti finiti. Ma i ruoli qualitativi
di risorse e capitale sono totalmente differenti: la stessa differenza che c'è tra
trasformatore e trasformato, tra stock e flusso.
C'è anche una considerevole intercambiabilità tra differenti risorse: ad esempio, ferro
al posto di legno, o plastica al posto di alluminio, perché il loro ruolo nel processo è
qualitativamente analogo: entrambi sono materiali soggetti a un processo di
trasformazione. Ma l'intercambiabilità tra capitale e risorse è qualitativamente una
cosa molto differente e molto limitata.
E' qui utile rammentare che la materia trasformata e i mezzi di trasformazione
sono complementari, non sostituiti.
Un maggior numero di pescherecci non può sostituire un patrimonio ittico in diminuzione.
Alcuni altoforni in più non possono rimpiazzare le miniere di ferro esaurite.
Come il capitale naturale, fornitore di materia prima ed energia, è complementare al
capitale umano, allo stesso modo il capitale naturale, come "assorbitore" di
rifiuti, prodotti dall'attività di trasformazione, è complementare al capitale umano
generatore di rifiuti.
Affermata la complementarietà tra capitale naturale e umano, ne consegue che lo sviluppo
è limitato dal fattore che è presente in minor quantità.
Se nel periodo protoindustriale il capitale umano era il fattore limitante, ora è il
capitale naturale che si configura sempre più come nuovo fattore limitante. Perciò lo
sviluppo sostenibile richiede che il capitale naturale sia mantenuto intatto.
Abbiamo finora sempre parlato di limiti alla crescita e tutto ci contrasta con l'abitudine
corrente di associare la parola crescita all'aumento di ricchezza. Ma lo schema
concettuale sopra proposto ci dice che quando la crescita delle dimensioni fisiche
dell'economia umana si spinge oltre la scala ottimale della biosfera essa in realtà ci
rende più poveri: la crescita, che usualmente chiamiamo crescita economica finché
siamo al di sotto della dimensione ottimale, diviene crescita antieconomica una
volta che l'optimum sia stato oltrepassato, o in altri termini quando si sia
superata la capacità di carico.
Per quanto attiene alla tecnologia, il criterio di sviluppo sostenibile sollecita, per
dirla con Wachernagel e Rees (1996), una rivoluzione dell'efficienza. Ossia la promozione
di tecnologie in grado di accrescere la produttività delle risorse e l'ammontare di
valore estratto per unità di risorsa (sviluppo) anziché di quelle che accrescono la
risorsa per mezzo di se stessa (crescita).
Ricorrere a tecnologie più efficienti nella trasformazione di energia e materia dovrebbe
consentire a un ben definito territorio di riuscire a sostenere una determinata
popolazione la quale può godere di uno standard più elevato, ovvero a una popolazione
più numerosa di vivere con gli stessi standard. Così, diversamente da quanto possa
apparire, non si ha un aumento della capacità di carico, ma si mantiene il carico umano
entro i limiti della capacità di carico stessa.
Il miglioramento dell'efficienza va ricercato in ogni caso, indipendentemente dal fatto
che la risorsa sia rinnovabile o non rinnovabile. Ciò significa che la scala
dell'economia (popolazione per uso pro capite di risorse) deve stare all'interno della
capacità di carico del territorio, nel senso che la scala umana possa essere sostenuta
senza ricorrere al consumo di capitale naturale. Ci determina un limite alla scala totale
del flusso di risorse, che a sua volta pone limiti sull'interscambio tra dimensione della
popolazione e uso pro capite delle risorse nella regione (Daly 1997).