La Repubblica 9 agsto 2001

Polizie, terremoto a Genova
ora traballa anche il prefetto

Memoria difensiva del questore, trasferito Perugini
dopo
il g8

MASSIMO CALANDRI


GENOVA - Alessandro Perugini, vicequestore aggiunto, quello con la polo gialla ed i jeans ma soprattutto con i mocassini beige, quello che davanti a telecamere e fotografi prende a calci un manifestante di 15 anni, ha fatto le valigie. Lascia Genova destinazione Roma, aggregato ad un dipartimento della Direzione Generale per ragioni «di sicurezza ed opportunità», come scrive il ministero dell'Interno. Si parla di minacce di morte, alla questura del capoluogo ligure smentiscono seccamente. «Per me sarebbe stato comunque impossibile continuare a lavorare a Genova», ammette Perugini, fino a ieri numero 2 della Digos genovese e da oggi in ferie per qualche giorno. Un volto, il suo, che televisioni e giornali pubblicano da una decina di giorni e che ormai tutti hanno imparato a riconoscere. Trentotto anni, sposato con una collega, tre figli, ex segretario del Sap. Alla vigilia degli scontri era stato affrontato nella stessa strada da un gruppo di manifestanti, e preso a schiaffi forse per spregio. Dopo quell'episodio, gli amici se lo ricordano particolarmente teso: strano, lui che è sempre stato un freddo, un mediatore.
Adesso dicono che il suo nome sia segnato in rosso nella relazione dei superispettori. «Ma un video, una fotografia, non significano nulla: non stiamo commentando una partita alla televisione. Quelli erano giorni di follia collettiva. Provate a filmare la tensione e la paura, se vi riesce». Il procuratore aggiunto Francesco Lalla ha affidato alla Digos l'indagine sulle violenze di piazza: e il vicequestore aggiunto ha ripagato la fiducia consegnando rapporti, foto e video degli scontri. Compreso il suo.
Perugini è solo uno dei tanti funzionari genovesi travolti dalla bufera G8. Ieri Gianni De Gennaro ha tirato in ballo Antonio Di Giovine, «prima autorità di pubblica sicurezza a livello locale»: il nome del prefetto di Genova non era mai stato fatto, in questi giorni. Oggi Di Giovine sarà ascoltato dalla commissione parlamentare. Rischiano di pagare soprattutto i genovesi, che si erano opposti a quella maledetta irruzione nella scuola. Di sicuro paga il questore Francesco Colucci, che dal 3 agosto - giorno del siluramento - è ufficialmente consigliere ministeriale: sta preparando un memoriale, per il Viminale è in missione a Roma ma ieri mattina ha fatto capolino nel suo ormai vecchio ufficio, a raccogliere i documenti per la tesi difensiva che discuterà a fine mese. E pagheranno i suoi uomini, su cui potrebbero piovere presto i provvedimenti disciplinari invocati nei rapporti ministeriali. Sono in tre ad aver partecipato al blitz: Spartaco Mortola, vice questore aggiunto e responsabile della Digos, accusato di aver fornito notizie «imprecise» circa la presenza di Black Bloc nell'istituto scolastico. Mortola, che aveva espresso «forti perplessità» riguardo all'intervento, avrebbe comunque dovuto lasciare a settembre il capoluogo ligure. Poi c'è Giovanni Calesini, questore vicario, arrivato con qualche minuto di ritardo in via Battisti, che con la fascia tricolore si era subito prodigato nel mediare con gli antiglobalizzatori che contestavano la prova di forza della polizia. E Nando Dominici, vicequestore, capo della squadra mobile: anche lui nel blitz ha avuto un ruolo marginale. Anche lui lascerà Genova prima dell'autunno.