Manifesto 8 agosto 2001 Indagine
top secret
La commissione su Genova apre i lavori
secretando il rapporto degli ispettori. Sindaco e governatore si accusano a vicenda di
"aver legittimato il Gsf"
ANDREA COLOMBO
Alle 9.30 di questa mattina il capo della polizia Gianni De Gennaro
sarà di fronte alla commissione parlamentare che indaga sugli incidenti di Genova e che
ha inaugurato ieri i suoi lavori. Nel pomeriggio sarà il turno del comandante generale
della Guardia di Finanza Alberto Zignani, alle 15, e del comandante generale dei
carabinieri Sergio Siracusa, alle 17. Le audizioni dovrebbero essere pubbliche, come lo
sono state quelle di ieri del sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, della presidente della
provincia, Marta Vincenzi, e del presidente della regione, Sandro Biasotti. Non è affatto
escluso però che i vertici delle forze di polizia, in particolare De Gennaro, chiedano
che le loro audizioni vengano secretate, come sono stati secretati i rapporti dei tre
superispettori del Viminale.
I rapporti sono arrivati alla commissione soltanto ieri nel pomeriggio, ma sono stati
subito sotto sigillo. I commissari non ne hanno potuto prendere visione. Potranno
leggerli, senza avere una copia a loro disposizione, a partire dalle 8 di questa mattina,
a immediato ridosso dell'audizione del capo della polizia. E' opportuno ricordare che il
contenuto dei tre rapporti non è ancora mai stato reso noto per intero.
L'attività della commissione entrerà nel vivo solo con i lavori di oggi. Quelle di ieri
sono state schermaglie in cui i vertici degli enti locali genovesi e liguri si sono mossi
in perfetta omogeneità con la linea dei rispettivi schieramenti politici. I diessini
Pericu e Vincenzi hanno segnalato le responsabilità del governo Berlusconi, il forzista
Biasotti ha invece messo all'indice il governo precedente, quello guidato da Giuliano
Amato.
Al centro della "deposizione" più importante, quella del sindaco Pericu, c'è
stata l'accusa di aver reso "impenetrabile" la zona rossa, tralasciando la
sorveglianza del resto della città. "La sensazione - ha detto - fu che la stragrande
parte delle forze di polizia fosse impegnata a proteggere la zona rossa da supposti
assedianti, e che in realtà non ci fosse una presenza, da noi, ritenuta essenziale, in
altre parti della città".
Al secondo posto, nel j'accuse del sindaco, c'è l'estrema centralizzazione romana
dell'organizzazione del vertice: "Noi non avevamo potere decisorio. Il sistema era
violentemente accentrato". Di consgeuenza, prosegue Pericu, anche la questione del
permettere o meno manifestazioni contemporanee al vertice fu affrontata nella capitale:
"Noi partecipavamo al dibattito, ma le decisioni venivano prese in un luogo
diverso".La versione del presidente della regione è diversa. Biasotti racconta che
all'inizio lui e l'allora premier Amato avevano concordato sull'opportunità di non
permettere manifestazioni nei giorni del G8. "Poi - conclude il presidente della
Liguria - sotto la spinta dell'opinione pubblica e del governo, Amato decise di far
svolgere le manifestazioni. Il sindaco e la presidente della provincia, contrariamente a
quello che affermano, sono sempre stati per la contestualità delle manifestazioni".
In soldoni, il sindaco diessino e il governatore forzista si scambiano l'accusa di aver
favorito lo svolgersi delle manifestazioni, e, cosa ancor più incresciosa, maggioranza e
Ulivo si aaddebitano reciprocamente l'aver "accreditato il Gsf come
interlocutore". "Il Gsf - dice il sindaco - esisteva già prima della vittoria
del centrodestra, ma il governo Berlusconi ha legittimato il suo ruolo di
interlocutore". Gli risponde al termine dell'audizione il capo dei senatori forzisti
Schifani, che non fa parte della commissione ma, come tutti i parlamentari, può assistere
ai lavori senza intervenire: "Pericu si confonde. Sono stati i Ds a legittimare il
Gsf". In un clima simile non c'è da stupirsi se i commissari forzisti (Cicchitto) e
di An (l'ex carabiniere Ascerto) vanno all'attacco e dichiarano che starebbe emergendo la
"connivenza con i violenti" da parte del Gsf.
Marta Vincenzi ha segnalato soprattutto un episodio preciso: la sua denuncia, rimasta
inascoltata, della presenza del black bloc nella scuola di Quarto messa
disposizione dei Cobas, nella notte tra giovedì 19 e venerdì 20 luglio: "Abbiamo
telefonato al questore e al prefetto ogni ora ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Un
comportamento grave, perché se telefona la presidente di una istituzione non si può
pensare che si tratti di una donnetta allarmata". La presidente concorda con il
sindaco: i vertici locali furono del tutto esclusi dalla preparazione e gestione del
vertice.
Naturalmente, con Biasotti arriva puntuale la controaccusa: "Amato ha trascurato
questa manifestazione. Lo ho incontrato solo in occasione della presentazione del logo:
non si capiva più chi dovesse occuparsi dell'evento".
Per Schifani, che pure non dovrebbe avere voce in capitolo, ce ne è abbastanza per
profetizzare una possibile richiesta di convocare Amato da parte dei senatori forzisti in
commissione. Certa e confermata anche ieri è invece la richiesta del vicepresidente
diessino Bassanini di convocare Fini e il ministro della giustizia Castelli. Forza Italia
ha però già fatto sapere di non ritenere affatto necessarie le audizioni del vicepremier
e del guardasigilli. Ogni decisione in merito è rinviata giovedì sera, quando l'ufficio
di presidenza, dopo la prima tornata, dovrà decidere quali richieste di convocazione
accettare e quali no.
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