Corriere della sera 9 agosto 2001
Micalizio: gli agenti colpirono alla cieca L’irruzione nella scuola fu un vero caos

«Nessun intendimento persecutorio o di rappresaglia» nella perquisizione della scuola Diaz di Genova. In compenso il caos totale regnava tra le forze di Polizia: senza un capo cui fare riferimento, senza disposizioni sul che fare, in numero sproporzionato (275 tra agenti e carabinieri), rispetto alle persone da controllare. Conseguenza: «L’ingresso nella scuola è stato caotico, uomini sono entrati al buio e hanno colpito alla cieca». Né è stato possibile capire chi sia entrato per primo nell’istituto: agenti del reparto Mobile o altri operatori, «che li hanno scalzati» o «personale in uniforme atlantica», ovvero in divisa estiva per cui era impossibile distinguere gli appartenenti ai diversi reparti e corpi? Bilancio: «Delle 93 persone rintracciate, 62 (pari al 66%) sono state refertate con prognosi variabili da 5 a 40 giorni e il 5% dei feriti era con riserva di prognosi»». Conclusione: 7 procedimenti disciplinari richiesti e un suggerimento avanzato al Capo della Polizia. Quello di segnare, per il futuro, «i caschi dei poliziotti con elementi identificativi in ordine alla qualifica dell’operatore nonché, attraverso un apposito codice alfanumerico, alla identità dello stesso agente». E questo perché, «l’anonimato, causato dal necessario impiego di tale strumento di protezione - evidente ostacolo all’identificazione del soggetto - debba nei limite del possibile, essere evitato in modo da assicurare, in termini apprezzabili sotto molteplici profili, una maggiore "trasparenza"».
Il superispettore Pippo Micalizio, 58 anni, siciliano, nella sua relazione a Gianni De Gennaro conferma il disastro organizzativo nella notte di Genova, ma va oltre. Lascia perfino intendere che l’accaduto poteva essere evitato, perché si trattava, in fondo, di «un’operazione di Polizia giudiziaria volta a rintracciare armi ed eventualmente persone coinvolte in episodi di violenza». Illuminante è infatti questa frase: «Ometto qualsiasi valutazione sulla scelta di effettuare la perquisizione in quel contesto solo perché esula dall'incarico conferitomi». L’operazione è stata decisa - racconta Micalizio - dopo che «il 21 luglio, alle 22,30, quattro unità erano state aggredite da circa 200 dimostranti vestiti di nero mentre transitavano in via Cesare Battisti» e dopo che era stato accertato che erano presenti giovani con funzioni di vedette». A quel punto il dirigente della Digos, Spartaco Mortola, telefonò a «un rappresentante di primo piano del Gsf per verificare se la scuola fosse nelle disponibilità dell'organizzazione». Alla risposta imbarazzata che nella scuola potevano essersi insediati elementi estranei, l’intervento venne accelerato. E compiuto maldestramente. Al punto che non erano neppure state «previste le modalità con cui trasportare gli eventuali arrestati, con la conseguenza che, per accompagnarli, sono stati utilizzati i mezzi su cui erano giunte le unità del reparto Mobile, rimaste quindi impossibilitate a muoversi in caso di emergenza. Né era stato previsto l’intervento della Polizia scientifica, «il cui responsabile è intervenuto solo alle 00.30 per effettuare i rilievi fotosegnaletici, peraltro non più esperiti a causa dell’arrivo di numerose persone che contestavano l’operato della Polizia. In questa situazione, sicuramente aggravata dalle condizioni sanitarie di diversi giovani, è maturata la determinazione di arrestare tutti».