La Stampa
Domenica 24 Giugno 2001

Vita da reclusi a Genova dentro la «zona rossa»

inviato a GENOVA
SPOSARSI è vietato, ammalarsi è concesso ma senza esagerare, morire si può, però con discrezione. Abitare a Genova al tempo del G8 vuole anche dir questo, specie se si è «rossi»: non puoi andare in Comune per convolare a giuste nozze, i più importanti ospedali garantiscono solo le urgenze, ma senza spiegare con quale urgenza può districarsi un’ambulanza in una città assediata da 100 mila dimostranti. Quanto all’ultimo viaggio, in una realtà nella quale la parola corteo fa immediatamente correre mano alla pistola, c’è il rischio d’andarsene quasi da soli perché i dolenti fanno, comunque, assembramento e, magari, non hanno neppure il pass per accompagnarti. Duro essere «rossi». Il problema, ovviamente, non è di pelle o di bandiera, ma di residenza: perché ormai tutti i 20.000 cittadini che stanno nella famigerata zona rossa si definiscono con quest’aggettivo. Quelli che vivono nei quartieri a ridosso si presentano come «gialli». Gli altri non hanno nome: un tempo nelle mappa della loro terra avrebbero scritto «hic sunt leones».
Se sei tra i primi devi prenderla con filosofia e rassegnarti alla prigione per almeno quattro giorni, da giovedì 19 a domenica 22 luglio. Sperando che le frange oltranziste del popolo di Seattle non riescano a forzare il blocco degli uomini in divisa schierati oltre le reti in gomma flessibile con anima d’acciaio. E rassegnandoti a riempire un po’ di più il freezer perché il mercato ortofrutticolo sarà chiuso per tutta la durata del Vertice e quello del pesce verrà trasferito a Bolzaneto (i fornitori delle pescherie, come degli altri esercizi commerciali, saranno, però, autorizzati ad entrare nella Città Proibita per due ore, di prima mattina).
Li hanno schedati tutti, i 20 mila che popolano il centro storico più vasto d’Europa. E, a mano a mano che avanzava il censimento, dal «fortino» fluiva un ruscello di irregolari: quelli che si nascondono nei palazzi idropici delle strade care a De Andrè dove il sole non arriva «perché ha già troppi impegni per scaldar la gente d’altri paraggi». Tra qualche giorno il sole, proprio nei carrugi che scendono al mare - e, quindi, alla stazione marittima, sede «operativa» del summit - non filtrerà anche per altri impedimenti: ci si prepara ad allestire coperture in corrispondenza dei luoghi presidiati con cannoni ad acqua e idranti per evitare che qualche commando possa attaccare dai tetti. «Sulle nostre teste - sbuffa chi abita agli ultimi piani - c’è un trapestio continuo: tra le protezioni e i cecchini che cercano i punti migliori per appostarsi, non si vive più».
I 20.000 si preparano ad un vero coprifuoco: con gli aerei del 26° stormo Giove che volteggeranno sul loro cielo, i mille paracadutisti della Folgore che daranno man forte a polizia e carabinieri nelle loro strade. Covano preoccupazioni che, a volte, sfiorano la farsa. Racconta Sergio Di Paolo, responsabile del Team Comunicazione G8, struttura per l’informazione creata dagli enti pubblici: «Una delle richieste più recenti: "Mia suocera sta passando qualche giorno da noi a Voltri. Posso riportarla a casa sua nella zona rossa il 20 luglio anche se non ho il pass o mi tocca tenermela qui?". Oppure: "Io sono di Milano, i miei figli stanno con i nonni a Nervi e devo venirli a prendere. Se le autostrade sono chiuse, le strade pure, l’intero centro idem, me lo dice lei come faccio?». No, non può dirglielo nessuno. Neppure l’assessore al traffico Arcangelo Merella, alle prese con un altro accerchiamento, forse pericoloso quanto quello del popolo di Seattle: l’assedio delle auto. La sopraelevata e via Gramsci, in piena zona rossa, saranno chiuse: ciò significa mettere un tappo ad un flusso di 7000 veicoli all’ora in una città che, normalmente, è strangolata dalla circolazione. «Sa qual è l’unica alternativa se non si faranno correzioni? Deviare questo traffico a monte su una direttrice che a mala pena sopporta 800 veicoli all’ora».
La situazione esplosiva per eccesso d’auto fuori della zona rossa, lo è altrettanto, per l’esatto contrario, nella Città Proibita: «Qui - s’infuria un residente - non possiamo né circolare in auto né posteggiare. Le macchine dobbiamo portarle in capo al mondo, in parcheggi pubblici. E guardi che le parlo di 10 mila vetture, mica di una». Calma, può sempre prendere un taxi... «Ma quale taxi! La Questura all’interno di questo perimetro tollera solo mezzi militari e bus navetta». C’è chi sta peggio: i dipendenti dei negozi e delle aziende del centro storico che, mattina e sera, intaseranno i 16 check-point previsti per il passaggio, sempre che si abbia regolare visto. Si sopporta: «U travaggiu u l’è travaggiu». Mica tutti possono approfittare delle vacanze «a prezzo stracciato» che certe agenzie, fiutando il business da disperazione, offrono con lo slogan «Fuga dal G8».
I commercianti, appunto: chiudere, non chiudere? Il popolo delle partite Iva da un lato teme il popolo di Seattle, ma dall’altro guarda alla faccia mercantile della medaglia. Roberto Linke, titolare del mitico negozio d’abbigliamento maschile «Finollo» di via Roma, chiede ai colleghi di non abbassare le saracinesche: «Siamo nella zona paradossalmente più sicura. Il Vertice potrà essere vetrina importante, occasione di vendite. Ma comporta anche un dovere: restare aperti per rendere più vive strade che le ristrutturazioni hanno fatto diventare bellissime». Senza perdere di vista la sicurezza: Genova ha istituito una rete di telecamere che, piazzate negli esercizi commerciali o nelle vicinanze, possono essere manovrate segretamente dai gestori e fanno rimbalzare le immagini nelle sale operative di carabinieri e polizia. Una goccia in più per una città già cospicuamente cablata e che l’arrivo del G8 ha reso ancor più occhiuta: decine di nuove camere-spia, magari celate dentro semplici lampioni, improbabili turisti che s’aggirano con la cinepresa incollata all’occhio, ma anche ragazzi dei centri sociali che riprendono chi riprende. La guerriglia è già incominciata. Per ora è solo informatica: almeno non fa male.