Manifesto 24 giugno 2001 L'INTERVENTO
Schiavi di un modello
RAFFAELE K. SALINARI *
L' arroganza con cui il vero proconsole della globalizzazione
economico-finanziaria nel nostro paese - il presidente di Confindustria - ha affermato che
solo quel modello può garantire lo sviluppo dei paesi poveri, racchiude in sé tutta
l'agenda dei prossimi vertici multilaterali. Ma se questo non bastasse a far capire ai
dubbiosi la gravità della situazione basterebbe aggiungere le notizie, oramai ampiamente
confermate, sulla privatizzazione delle Nazioni unite che in un prossimo futuro potrebbero
essere finanziate non dai governi ma direttamente dalle multinazionali, quelle stesse che
attraverso l'Organizzazione Mondiale del Commercio vorrebbero impedire ai popoli del Sud
del mondo di produrre fuori brevetto le medicine salvavita.
Una chiara avvisaglia di questo "salto di qualità" della globalizzazione
realmente esistente l'abbiamo avuta qualche giorno fa in occasione di un evento che
rappresenta un termometro sensibile dei rapporti di forza che oggi esistono tra i
rappresentanti dei movimenti alternativi e quelli del pensiero unico. Si tratta della
seconda conferenza preparatoria dell'Ungass, la sezione speciale dell'Assemblea delle
Nazioni unite sull'infanzia che si è svolta a New York nei giorni scorsi.
Anche in quel caso, come a Genova o come a Göteborg, la posta in gioco è stata la stessa
e cioè la necessità di porre a fondamento del diritto internazionale i valori della
solidarietà e dell'eguaglianza contrapposti a quelli del privilegio e della conservazione
di uno sviluppo diseguale. Perché è questo oggi il reale significato della parola
globalizzazione. Analizziamola da vicino.
Nel caso dei minori provenienti da molti "Paesi in Via di Sviluppo",
l'affermazione del presidente di Confindustria ha preso la forma più intollerabile e
cioè quella dell'opposizione di alcuni stati ricchi, primi tra tutti gli Stati uniti ma
non solo, alla necessità che il traffico di bambini fosse considerato alla stregua di un
delitto contro l'umanità o che la pena di morte per i minori, ancora comminabile negli
Stati uniti, fosse abolita. Se questa è la globalizzazione di cui si parla le
affermazioni di D'Amato diventano non solo arroganti ma estremamente preoccupanti, almeno
per quanti di noi ritengono che "un altro mondo è possibile". I bambini schiavi
della nave Eriteno, che durante il periodo pasquale avevano commosso molti
cittadini italiani, non sono forse assimilabili, in questa visione totalizzante che viene
proposta, a lavoratori oramai pienamente flessibili e del tutto organici alle politiche di
espansione delle aziende che li sfruttano? Ed i bambini soldato della Sierra Leone, non
sono forse per la globalizzazione realmente operante i miglior consumatori delle armi
prodotte da noi? Se così non fosse, come spiegare la reticenza di tanti governi a
condannare l'evidenza che lo sfruttamento sessuale dei bambini alimenta un'industria
realmente globale e del tutto libera dalle pastoie del controllo sindacale?
Per capire il senso ultimo di una dichiarazione di questo tipo vale dunque la pena
guardare da vicino ai luoghi e alle persone che oggi rappresentano, purtroppo, la vera
punta avanzata di quel modello che si vorrebbe estendere a tutto il mondo. Ecco perché i
segnali di resistenza culturale e militante si moltiplicano, si organizzano, si parlano.
Tutti sappiamo che un G8 si prepara durante tutto l'anno, per molti di noi Genova non
sarà quindi che un nuovo inizio.
* pres. Terre Des Hommes Italia
|