La Stampa 30 maggio 2001
Lo scontro per il G8 genovese è iniziato con le «e-mail»

«Celerino, ti picchieremo col tuo manganello»


di Renato Rizzo
GENOVA Lo chiamano Forum, luogo virtuale dove dar vita ad un «antagonismo
propositivo». Ma a volte, protetto e mascherato dietro lo schermo del
computer, il confronto si trasforma in sgorgo di fiele, oltraggio
sanguinoso. Quasi a evocare una miserabile speranza o una sciagurata
profezia di violenza per quei giorni roventi che saranno cornice al summit
genovese degli otto Grandi, in luglio. La rissa mediatica s'impenna nel
sito che le tute bianche dei centri sociali hanno aperto ai commenti per
stabilire, in una sorta di referendum, se e quale uso della forza sia
tollerabile negli scontri con i tutori dell'ordine.
«Ciao, compagni di m...Non vedo l'ora che arrivi il G8 perchè sono un
poliziotto della Celere che sarà a Genova. E vi spaccherò il c..., brutti
figli di...Userò il manganello non dalla parte normale, ma da quella con il
gancio. Vi aspetterò a braccia aperte. Benito». Il tappo è saltato. Nè
basta a trattenerlo l'intervento d'un carabiniere: «Idiota d'un collega,
sei pagato per difendere i cittadini, non per godere delle sofferenze
altrui...».
La brutalità prende il largo. «Ma quale celerino, tu sei un frustrato di
m..., abituato a vivere all'ombra dei potenti. Ti schieri con il più forte,
come con la Germania nel '43, ma oggi come allora quel manganello che
sventoli te lo infileremo... senza guardarne il verso».
E Benito, di rimando: «Il fatto che veniamo pagati per manganellare teste
come le vostre è un onore e un piacere. Spacciandovi per pacifisti non
violenti andate in piazza con sassi, pugni di ferro, spranghe o, magari,
molotov...». Avanti così all'insegna dello «speriamo che vi massacrino».
O con l'augurio di Roma Fan che «i parà della Folgore o i San Marco vi
diano tante legnate che neanche vostra madre vi possa riconoscere. Almeno
la smettereste di rompere chi lavora». Considerazioni da «ricovero
psichiatrico» secondo Nea che getta benzina sul fuoco: chi parla così è un«
virus della società da eliminare».
Dialoghi di rabbia che, spesso, si rivoltano in cosiddette rivincite
politiche. Meo, irridente: «Sì, andate pure a farvi rompere le teste, tanto
ormai governiamo noi. Spaccate qualche negozio, l'opinione pubblica
indignata darà più forza a noi che siamo l'alternativa liberale. Vi rode...
tornate all'opposizione. E grazie Bertinotti: sei un grande».
Mario ribatte dalla sponda opposta: «Berlusconi sarebbe contentissimo se
spaccassimo vetrine e forzassimo la zona rossa». Davide schiuma
intransigenza: «L'impero deve cadere e se non cade con la forza non cadrà
più. Vi odio, violenza sarà per i diritti violati». Sbancor dispensa
consigli di guerriglia come un'incarnazione del Che: «Mai essere dove il
nemico vi aspetta; non attaccare se il rapporto non è almeno cinque a uno;
usare la potenza del nemico per sbilanciarlo; l'imprevisto è
rivoluzionario: il già visto, no».
Toni allarmati, inneschi di paure dopo la «dichiarazione di guerra al G8»
fatta sabato dalle Tute Bianche. All'interno del Genoa Social Forum, il
cartello che oltre agli stessi centri sociali riunisce 330 associazioni e
organizzazioni non governative, divampa il dibattito sui mezzi e sui
sistemi con cui graduare i livelli della contestazione. Per evitare che
diventi solo uno sterile atto di ribellismo.
Sono apprensioni, che, accanto alle baruffe verbali, emergono anche nel
Forum pur se il «referendum» sul possibile uso della violenza s'incanala
verso chiare indicazioni. Su 2600 contatti l'87 per cento ha risposto che
«è giusto praticare la disobbedienza civile», il 66,5 per cento che è
legittimo «esprimerla con l'invasione dei propri corpi nelle zone
off-limits», il 73,4 per cento che è doveroso «pensare a forme di
autodifesa se la polizia cercherà di massacrarci e violerà i diritti
umani».
Nel bosco delle e-mail ecco quella di Michele che si interroga se sia più
«antagonista» depositare i risparmi in Banca Etica o sfasciare una vetrina,
e quella di Guido che suggerisce alternative alla forzatura dei blocchi:
«Convincere i genovesi a evacuare la città per dimostrare quanto i G8 siano
isolati, occupare per tre giorni i comuni di tutta Italia».
Giuseppe Guastella: «Propongo un corteo a mani legate». Jacopo Fo va oltre:
invita a «sfilare nudi, così nessuno potrà dire che nascondiamo armi.
Raggiungiamo una piazza a cinquecento metri dalla polizia e mettiamoci a
fare sesso tantrico intonando meravigliosi mantra». Un «fate l'amore non la
guerra» in salsa indiana.
(30 maggio 2001)

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