La Repubblica 23 giugno 2001
L'allarme choc del Sisde "Poliziotti come scudi umani" Secondo
l'intelligence italiana l'ala "militare" dei contestatori preparerebbe il
sequestro di agenti
il retroscena
LIANA MILELLA
ROMA - È la minaccia più grave, e di sicuro anche la più inquietante, tra tutte quelle
che fino a oggi - e sono ormai moltissime -hanno riguardato Genova e il summit del G8 di
metà luglio. Non arriva dai servizi segreti stranieri, ma è di matrice esclusivamente
nostrana. L'hanno raccolta, elaborata e messa per iscritto, non senza una qualche
preoccupazione per le conseguenze psicologiche che potrebbe produrre in futuro, i nostri
agenti del Sisde, il servizio segreto civile. Ed è una "bomba". Gli 007
studiano le mosse del nemico "antagonista" e affermano: «Una delle più
pericolose azioni di contrasto al vertice degli otto Paesi potrebbe consistere nel
prendere in ostaggio alcuni agenti delle forze di polizia che stanno svolgendo, in quel
momento, un servizio di ordine pubblico». Il Sisde aggiunge un particolare preciso,
evidentemente appreso da una fonte di primo piano all'interno del movimento: «A essere
scelti sarebbero gli agenti che restano più isolati dagli altri». Quelli, in pratica,
che disubbidiscono a una regola imposta nelle scuole di addestramento della polizia e dei
carabinieri: restare uniti a ogni costo, legandosi materialmente l'uno all'altro proprio
per evitare la minaccia del sequestro lampo.
Stiamo parlando di "ostaggi umani", di "scudi umani", di poliziotti
catturati duranti una manifestazione e utilizzati per proteggersi dall'attacco, anche
questo militare, delle forze dell'ordine. Il Sisde, nel suo rapporto, aggiunge un
dettaglio che, all'apparenza, colpisce e appare singolare: le frange più dure del
movimento antagonista, quelli che perseguono lo scontro a tutti i costi, tutti coloro che
guardano a Genova come a un campo di battaglia, hanno deciso che «i prigionieri dovranno
essere scelti più tra gli agenti della polizia di Stato che tra gli ufficiali
dell'Arma». Perché? Gli spioni non sono in grado di fornire una spiegazione, si limitano
a diffondere una notizia. I "prigionieri" dovranno essere poliziotti e non
carabinieri. E in assenza di una motivazione, solo una supposizione può correre in aiuto:
è la polizia di Stato, in questi ultimi giorni, che starebbe lanciando "segnali di
guerra aperta" verso i duri del movimento. I servizi segreti hanno buone orecchie per
sentire che anche gli ultimi messaggi di dialogo lanciati dai nuovi ministri del governo
Berlusconi (Scajola dall'Interno, Frattini dal coordinamenti delle spie, Ruggero dagli
Esteri), vengono rivolti soprattutto all'ala -per così dire - "morbida" e
"trattativista" del Genoa social forum. Ma si risolvono in una ulteriore
marginalizzazione dell'ala oltranzista e dello "scontro a tutti i costi". L'ala
di Luca Casarini delle Tute bianche del Nord Est, per intenderci, quella che al
"dialogo" proposto da Claudio Scajola risponde: «Anche se fate il vertice sulla
luna verremo a fare casino anche lì».
E proprio Casarini finisce nei dossier delle spie: sarebbe un suo «strettissimo braccio
destro» quello che ha il compito di «addestrare militarmente i giovani di un centro
sociale veneziano, quello di Rivolta, con l'obiettivo strategico di far apprendere le
tecniche più sofisticate della più moderna guerriglia urbana». La guerra, insomma,
chiama guerra. E ai poliziotti e ai carabinieri che - lo pubblicizzano loro stessi ormai
da settimane - si preparano per reggere lo scontro fisico, rispondono i duri dei centri
sociali con la «guerriglia urbana».
Le regole del contrasto prevedono - come annotano gli analisti del Sisde - anche dei
consigli da dare ai militanti più agguerriti: «A Genova ognuno ha l'ordine di portare
fionde per lanciare biglie di ferro in modo da perforare gli scudi di sicurezza». E,
naturalmente, in tutto questo la fa da padrona una tecnica sofisticata di controllo del
territorio. Raccontano gli 007 civili che a Imperia - sì, proprio nella città natale e
di residenza del neoministro dell'Interno Scajola - si raccoglie una "rete" che
si è autodefinita "Imperia global forum action days": ne fanno parte gli
esponenti più oltranzisti del movimento che, ogni settimana, si riuniscono per
organizzarsi in vista del futuro summit mondiale.
Quella della "mappatura" di Genova, delle sue zone rosse e gialle, dei 241 punti
di possibile e, più o meno facile, penetrazione è diventata una specie di ossessione per
i gruppi inseriti nella black list: le ricognizioni, a quanto scrive il Sisde, sono
«continue». «Sopralluoghi minutissimi», «dettagliate analisi del territorio» per
evitare possibili avventure come quella di Napoli. Gli scontri avvenuti nello spazio tra
piazza San Carlo e il Maschio Angioino, la trappola in cui sono finiti i cortei del
movimento, questa volta deve essere accuratamente evitati. E gli strateghi della lotta di
strada si stanno preparando per questo.
Complessivamente, da quando è cominciato il tam tam delle minacce in vista di Genova, da
quando i servizi italiani e stranieri hanno accettato di sfidarsi sul terreno difficile e
(perché no?) anche scivoloso di chi segnala il pericolo più grave, il documento che
"Repubblica" anticipa rappresenta la soglia più alta e da brivido. Che
succederà, in piazza, quando una delle tute bianche o nere che siano avranno puntato il
poliziotto isolato, lo avranno circondato e alla fine abbrancato proteggendosi con il suo
corpo per sfondare la famosa linea rossa? L'interrogativo è denso di angosciose risposte:
i colleghi potrebbero arretrare, oppure potrebbero, a mano armata, aggredire i
"duri" per liberare a tutti i costi il loro compagno in ostaggio. Per il
momento, una sola cosa è certa: chi ha letto l'informativa dei servizi si è messo le
mani nei capelli ed è sbiancato in volto. |