Manifesto 27 giugno 2001 Storia
dei controvertici e del dissenso sulla globalizzazione
Negli anni '70-'90 nascono i movimenti di
ecologia sociale. Criticano il modello di sviluppo e danno battaglia contro la Banca
mondiale
GIUSEPPINA CIUFFREDA
Nel percorso del "movimento di movimenti", costellato di lotte
sociali-culturali e di controvertici, è possibile individuare tre fasi principali: 1) la
nascita dei movimenti ambientalisti e pacifisti (lo snodo è il neofemminismo), negli
anni'70-80; 2) il protagonismo degli ecologisti sociali con la critica al modello di
sviluppo, negli anni '80-'90; 3) la resistenza alla globalizzazione, all'Organizzazione
mondiale del commercio (Wto) e alle multinazionali dell'era del marchio di un ampio
schieramento social-ambientale, negli anni '90-2001.
Le associazioni ambientaliste più note e una miriade di altri gruppi nascono nei paesi
industrializzati quando si fanno visibili l'inquinamento e i danni alle piante e agli
animali, ed è evidente la pericolosità del nucleare. I "guerrieri
dell'arcobaleno" di Greenpeace esordiscono nel 1976 con una campagna contro gli
esperimenti nucleari e inaugurano un nuovo stile di militanza, aggressivo e capace di
impatto mediatico. Comincia così a formarsi nel mondo una nuova soggettività ribelle e
sempre più antagonista al modello dominante che non parte dalla sinistra e che attraverso
l'ecologia sociale porrà le basi di una nuova forza, quel "movimento dei
movimenti" soggetto storico antagonista ai poteri egemoni nel mondo. In Europa sarà
l'ala creativa dei movimenti del '68 e del '77, ma soprattutto il neo femminismo, a
fornire sostenitori e militanti all'ecologismo e al pacifismo. Negli anni '80 nasce
infatti il pacifismo nonviolento, cresciuto contro l'installazione dei missili Usa Cruise
a Comiso e degli Ss20 sovietici in Germania est. Ambientalismo e pacifismo mettono in
campo la società civile su obiettivi comuni: difendere la vita sul pianeta attraverso la
cooperazione con la natura e con gli altri esseri umani.
Il lavoro di The Ecologist, la rivista inglese fondata nel 1970 da Teddy Goldsmith,
con il suo pugno di pionieri sparsi nel mondo, da Vandana Shiva a Jeremy Rifkin a
Kirkpatrick Sale a Martin Khor, caratterizza bene la seconda fase dei movimenti, negli
anni Ottanta-Novanta, quando la critica di fondo è al modello di sviluppo e sotto tiro
sono la Banca mondiale con i suoi mega progetti, il neoliberismo in economia, sposato
all'inizio degli anni '80 da Ronald Reagan e Margaret Thatcher, e il debito ingiusto del
Terzo mondo.
I controvertici cominciano nel 1986 con l'Altro Summit, un meeting parallelo agli incontri
annuali del G7 e della Banca mondiale, inventato dall'Istituto per la nuova economia
diretto dall'inglese Paul Ekins e dal "Nobel alternativo", un'idea dello svedese
Jakob von Uexull, che premia persone e movimenti che contribuiscano a creare un giusto
modo di vivere per il maggior numero di persone. L'Altro Summit diventa uno spazio per
contestare le politiche mondiali di sviluppo basate sul Pil, unire i movimenti ed
elaborare alternative. Presenza costante sarà Susan George, co-direttrice del
Transnational Institute di Amsterdam e membro della direzione di Greenpeace, studiosa dei
meccanismi della fame e del debito.
Punto di svolta per i movimenti è il vertice della Banca mondiale e del Fondo monetario
sul debito del Terzo mondo che si tiene a Berlino nel 1988. Nella futura capitale della
Germania riunita, lo zoccolo duro della sinistra anticapitalistica extraparlamentare, gli
Autonomen, si scontra restando minoritario con la nuova rete di ambientalisti,
organizzazioni nongovernative, associazioni per i diritti dei popoli riuniti nella
campagna internazionale per la conversione del debito del Terzo mondo in un comune debito
ecologico Nord-Sud, appena lanciata dal verde italiano Alexander Langer. Idea forza di un
ampio lavoro internazionale ripreso in Italia negli ultimi anni dalla Campagna per riforma
Banca mondiale e dalla rete Lilliput.
La difesa delle foreste tropicali misura l'impegno sociale degli ecologisti dopo la morte
nel dicembre 1988 di Chico Mendes, il sindacalista ambientalista ideatore delle riserve
estrattive per cavare caucciù senza distruggere l'Amazzonia, assassinato da latifondisti.
In Brasile si forma l'Alleanza dei popoli della foresta che unisce indios, contadini senza
terra e operai della gomma. Al Nord lanciano campagne il Wwf e Friends of the Earth. Negli
Stati uniti sono attivissimi Rainforest Network e Amazon Watch. Nonostante l'intensità
delle lotte, le mobilitazioni ambientaliste e pacifiste non sono ancora comprese. Sono
considerate capricci di chi sta troppo bene e non lotta per i problemi veri:
l'ingiustizia, la fame, il lavoro. Ma sarà proprio il Terzo mondo a dimostrare il
contrario.
Sono gli anni infatti in cui il Sud del mondo entra nella storia che stiamo narrando e
dimostra che l'ecologia non è un lusso ma l'unica possibilità di sopravvivere per
milioni di persone. La mobilitazione principale è contro i megaprogetti Banca mondiale,
dal Gran Carajas, in Brasile, agli spostamenti forzati di popolazione in Indonesia. Sotto
accusa sono soprattutto le grandi dighe. The Ecologist pubblica tre volumi zeppi di
informazioni, tecniche e sociali, e con una lettera aperta di Teddy Goldsmith al direttore
Conable da inizio alla campagna mondiale contro la Banca culminata nel 1994, per i 50 anni
dell'organismo finanziario creato nel dopoguerra a Bretton Wood. Gruppi e reti partecipano
attivamente ovunque. Al Nord uno dei leader della protesta è Bruce Rich, ex manager della
Banca, direttore dell'Environmental Defence Fund di Washington.
Il Sud del mondo è percorso da movimenti in lotta contro Banca mondiale e Fondo
monetario. In India migliaia di tribali difendono il fiume Narmada e loro stessi da un
complesso di mega dighe. Li sostengono la sociologa Medha Paktar, il saggio hindu Baba
Amte e, negli ultimi anni, la scrittrice Arundhaty Roy. Un network li lega a gruppi del
Nord: Oxfam, l'Environmental Defence Fund, Survival International e l'International River
Network. Dalla fine degli anni '70 nel distretto di Tehri Garhwal, ai piedi dell'Himalaya,
nello stato indiano di Uttar Pradesh, il movimento Chipko difende gli alberi
abbracciandoli. Coinvolge migliaia di villaggi guidati da Suderlal Bahuguna, discepolo di
Gandhi, e da donne leader di comunità. Vandana Shiva lo farà conoscere nel mondo con il
suo libro Sopravvivere allo sviluppo.
In Africa il Greenbelt movement, fondato nel 1977 da Wangari Maathai, ambientalista e
leader per i diritti civili, riforesta per vivere. Ha piantato milioni di alberi in tutto
il continente creando cinture verdi attorno alle città.
Nel Terzo Mondo si è formata una specie intellettuale che si sente a suo agio con i
popoli, i contadini, gli indigeni, i senza casta, i poveri. Lottano con loro ed hanno dato
vita a giornali, riviste, radio. Scrivono libri, testi teatrali, musica. Sono loro i
leader veri dei loro paesi. In India Anil Agarwal dirige Down to Earth; in Malesia
Martin Khor fonda Third World Network, la rete di gente del Sud che informa sul Sud su
ambiente ed economia; in Bangladesh Mohamed Yunus crea Grameen Bank, la banca che presta
ai poveri; Badi Onimode e Ben Turok, direttori dell'Institute for African Alternatives,
contestano i piani di ristrutturazione del Fondo monetario per l'Africa; Eduardo Gudynas e
Gabriela Evian elaborano l'ecologia sociale in America latina; l'uruguaiano Roberto Bissio
pubblica la Guida al Terzo Mondo; le filippine danno vita a Isis international, un
centro di ricerca che edita testi di Susan George, Vandana Shiva e Maria Mies.
I network Nord-Sud si moltiplicano e diventano fondamentali. Gli incontri internazionali
diventano spazi in cui si scambiano informazioni e si definiscono strategie comuni. Come a
Managua nel 1989, in un convegno su ambiente e sviluppo, nell'ultimo anno dei sandinisti
al potere, dove troviamo molti protagonisti di Seattle 1999.
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