Corriere della sera 7 luglio 2001
L’INTERVISTA

«Io, suora, durante il vertice marcerò e digiunerò per i poveri»

DAL NOSTRO INVIATO
GENOVA - «Faremo preghiere e digiuni. Anche con queste armi si combatte il G8». Suor Patrizia Pasini, 60 anni, molti dei quali passati in Kenia a insegnare nelle bidonville, è passata all’attacco. Il 20 e il 21 luglio a Sant’Antonio di Boccadasse, cuore della Genova che conta, sarà lei a guidare la veglia dei religiosi anti-globalizzazione. Appartiene alle Missionarie della Consolata ed è una delle responsabili dell’Usmi, la sigla che rappresenta le oltre 100 mila suore italiane.
Ma non è l’unica a lavorare. Per l’occasione è stato messo su un comitato con decine di ordini femminili e maschili, dai salesiani ai domenicani, dai benedettini a tanti altri. Suore e religiosi di diverse tradizioni che si ritroveranno a centinaia, insieme a migliaia di laici, per contestare il summit con le «armi segrete» della preghiera. Ma pochi sanno che la protesta religiosa «contro chi affama» le popolazioni del Sud del mondo passerà anche dalla frontiera più nascosta dei monasteri di clausura: anche da lì giungeranno le invocazioni per la cancellazione del debito dei Paesi poveri. E poi, tutti insieme alla manifestazione del 21 luglio con il popolo di Seattle «perché con il Genoa Social Forum abbiamo molte cose da condividere». Tranne ovviamente la violenza di chi sarà violento.
Non c’è male come programma di battaglia. Ma non c’è contraddizione con la propria vocazione religiosa?
«Neanche per sogno. Perché prima di tutto faremo autocritica del nostro stile di vita. E poi perché il nostro impegno come missionari, oltre alla presenza nei Paesi più poveri del mondo, significa oggi anche denunciare le radici dell’ingiustizia».
E cosa non va in questo mondo globalizzato?
«Prendiamo a esempio il Fondo monetario internazionale: con l’imposizione dei suoi aggiustamenti strutturali ha peggiorato le condizioni di vita di numerosi Paesi africani. C’è poi il capitolo del debito: esigerlo è un fatto immorale che costringe il Sud del mondo a dare più soldi al Nord di quanti ne riceva. L’unica soluzione è quella di cancellarlo. Faremo pressione sul Fondo come anche sulla Banca Mondiale e tutti gli altri organismi internazionali che contano».
Dichiarazione di guerra?
«Guardi, in fondo non facciamo che ripetere le cose che dicono sia il cardinale Dionigi Tettamanzi che il Papa nei suoi discorsi».
Perché avete scelto proprio Boccadasse, nella Genova bene?
«Perché è una chiesa francescana e, in quanto tale, richiama a uno stile di vita essenziale. Ma anche perché scegliendo questo luogo, accanto al porticciolo più alla moda della città, faremo sentire ai ricchi il grido dei più poveri».
Che cosa farete il 20 e il 21 luglio?
«Pregheremo e digiuneremo, notte e giorno davanti all’immagine di un Cristo campesino che abbiamo fatto venire dal Cile. E penseremo in quel momento agli 800 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame. Ma con noi faranno la stessa cosa a distanza anche i monasteri di clausura: i temi anti-globalizzazione sono sentiti da tutti gli ordini religiosi».
Il corteo del popolo di Seattle vi passerà accanto.
«Certo, ma molti di noi parteciperanno a quella manifestazione. C’è ormai da tempo una collaborazione stretta con il Genoa Social Forum perché riconosciamo che questo organismo è riuscito, per la prima volta nella stora degli anti-globalizzatori, a proporsi come unico interlocutore riuscendo a mediare tra le diverse anime del popolo di Seattle e riducendo quindi il rischio di eventuali violenze. Ovviamente, se si verificheranno saremo i primi a condannarle. Del resto siamo anche noi contro il G8. Certo, non chiediamo come loro che venga cancellato l’attuale summit, ma riconosciamo che in futuro questi incontri dei cosiddetti Grandi della Terra vadano completamente rimessi in discussione».
Roberto Zuccolini