«Toxic» Bush, ostaggio della sua caricatura

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GÖTEBORG - Ha ragione il suo capo di gabinetto Andrew Card: non è raro che gli europei stereotipino o addirittura riducano a caricature i nuovi presidenti americani. Lo hanno fatto soprattutto con Bush, preceduto nella prima visita in Europa dalla fama di «gaffeur» e di nemico dell’ambiente. In un’intervista alla vigilia della sua partenza per Madrid, Bush ha chiamato il premier spagnolo «Anzar» anziché Aznar. E all’arrivo, Bush è stato accolto da una vignetta di giornale che lo raffigurava mentre diceva all’ospite: «Lieto di conoscerla, Generale Anzar!». E il suo no al protocollo di Kyoto contro le emissioni di gas gli è costato caro: il «popolo di Göteborg», ieri ha rispolverato il nomignolo «Toxic texan» (Texano tossico), coniato dai democratici di Gore in campagna elettorale.
Se a livello popolare il viaggio peggiorasse l’immagine di Bush, tuttavia, non sarebbe per colpa dei pregiudizi dell’Europa. Nei primi tre giorni, l’
entourage ha tenuto il presidente in vetrina, facendogli incontrare tre monarchi e oltre venti capi di Stato e di governo, ma gli ha permesso un unico contatto con il pubblico: un cioccolataio di Bruxelles. La scelta è dovuta alla volontà di proteggere Bush dalle proteste di massa contro la pena di morte, le guerre stellari, la politica ambientale. Ma come ha osservato lo storico Stephen Ambrose, «per un conservatore populista come lui è un errore, soprattutto se pensiamo che il suo modello è Reagan». Al debutto europeo all’inizio degli anni 80, Reagan venne aspramente contestato. Ma quando sfidò il leader sovietico a Berlino, davanti a una folla enorme: «Gorbaciov abbatti questo muro!», fu un trionfo.
«Consentite a Reagan di essere Reagan», come scrissero i media americani, è uno slogan applicabile a Bush. In privato, c’è chi attribuisce al presidente l’Oscar della simpatia. Tra questi vi sono i giornalisti della Casa Bianca, che dopo averlo trattato con sarcasmo hanno imparato ad apprezzarne l’affabilità. Bush sa ridere di se stesso. A Madrid, dopo essersi impappinato in spagnolo, tornò all’inglese: «Se continuo - ammise - assassinerò questa lingua». Dal cioccolataio di Bruxelles, neutralizzò le domande indiscrete rispondendo: «Non posso farvi rivelazioni, ma vi darò un cioccolatino». Re Juan Carlos di Spagna, amico di famiglia, è un suo fan: ha due doti, riferisce, la carica umana e l’umorismo.
Bush rischia di rimanere ostaggio della sua caricatura, un cowboy sprovveduto ma arrogante, che confonde la Slovenia con la Slovacchia, preservare con perseverare, e - come è accaduto ieri - dice «Nazione africana» invece di Africa. Finora, la visita ha suscitato critiche, non entusiasmi, cosa che non accadeva a un presidente americano da vent’anni. Ha avuto un tono regale, su cui il leader ceco Vaclav Havel, altro amico di famiglia, non ha nascosto di nutrire dubbi. Havel si augura che, per liberarlo, l’ entourage consenta a Bush di mescolarsi alla gente oggi in Polonia e domani in Slovenia, tappe finali del suo viaggio. Definisce il presidente «un apprendista stregone», che impara in fretta il proprio mestiere.
Dello stesso parere è l’ex ambasciatore Usa alla Nato Robert Hunter, un democratico. Hunter rileva che Bush ha stabilito un ottimo rapporto con tutti i leader incontrati, a cominciare dal britannico Blair, che pure è su posizioni politiche diverse. «A quattr’occhi - afferma - Bush è bene informato, persuasivo, l’opposto di quanto talora appaia in pubblico. Lo si vede anche nelle conferenze stampa, dove è sempre sicuro di sè». Hunter suggerisce che la Casa Bianca lasci a Bush il margine di manovra che ebbe Clinton, facendone una star popolare: «Il ruolo del presidente oggi va interpretato con più scioltezza». E’ quello che ha scritto il Washington Post , mettendo sotto accusa l’ entourage .
Secondo il quotidiano, la Casa Bianca spingerebbe Bush ad adottare lo stile del Ceo ( chief executive officer ), cioè del presidente di una grande compagnia, chiuso in una torre d’avorio, protetto dai suoi manager, e chiamato a rispondere a pochi grandi azionisti. Ma il presidente degli Stati Uniti, ammonisce il Washington Post , deve tenersi a contatto con la gente, perché i suoi azionisti sono tutti gli elettori.
Ennio Caretto