La Repubblica 8 luglio 2001

Una tuta verde per gli antiG8
ALBERTO ARBASINO


Attesi e pregustati con tanta genuina libido giovanile, i prossimi tafferugli di Genova avranno comunque il merito di riposizionare una città finora ignorata ed evitata per i turismi di culto. Anche Bologna, prima dimenticata, ritornò vent'anni fa sulla mappa dei gruppi e delle coppie, in seguito ai suoi gratificanti e appaganti disordini. E molto meglio così, ovviamente, che ai tempi delle guerre europee periodiche nei secoli andati, o nelle interminabili lotte fra città italiane vicine, con regolari spargimenti di sangue per la gioventù desiderosa di «menar le mani» e di crearsi un nemico. Oltre tutto, senza più il rischio di morir malamente sul campo e nelle trincee, questi eventi sono per la massa giovanile un'eccitante occasione di fare a botte e incontrar nuovi amori, anche più che in quei canonici riti di passaggio che sono le occupazioni autunnali delle scuole.
E l'emergenza fa benissimo alle carriere dei suoi animatori: una scorciatoia breve a una rendita di posizione vitalizia in quanto «leaderini», famosi per i loro slogan e interpellati sui memorabili fatti anche quarant'anni dopo. I Mille di Garibaldi, gli Arditi di D'Annunzio a Fiume, gli studenti volontari in Spagna, i «Faccetta nera» in Abissinia, gli «Easy riders» ai raduni rock californiani con vittime, il Maggio Francese, i vari Settantasette locali, perfino il Festival di Castelporziano...
Si resta invece un po' in dubbio circa il tema della manifestazione: la globalizzazione. Infatti, il culto del Che Guevara o di Papa Wojtyla e di vari cantanti mitici, anche morti già da parecchio, appare molto più globalizzante e globalizzato ed esteso e duraturo di qualunque griffe contestata nell'alimentazione o nell'abbigliamento. E i cantanti contestatori sono icone molto più globalizzate dei primi ministri che vanno e vengono: quale Clinton o Amato o D'Alema vi sembra più globalizzante dei rapper del momento?
C'è anche una curiosità religiosa: per i problemi concreti sia di fede calante sia di povertà crescente, i Vescovi fanno spesso invocazioni ai Potenti effimeri e transitori, mentre paiono in via di estinzione le implorazioni solenni e collettive a Gesù e ai suoi miracoli. Chi canta ancora sul serio i pani e i pesci e i vini di Cana, in pubblico?
Forse i veri antiglobalizzatori, oltre al mitico Bové, sono gli irlandesi che rifiutano l'integrazione europea, e i nostri leghisti? Sarà dunque curioso osservare che il colore degli uni e degli altri è il medesimo verde, come ben sa chiunque sia mai entrato in un pub gaelico. E allora, perché non fare un bel movimento di tute verdi?