Corriere della sera 31 maggio 2001

IL RETROSCENA

Fini: i vertici di polizia e carabinieri risponderanno per il G8

«Di fatto ereditiamo l’organizzazione messa in campo dal centrosinistra»

ROMA - «...Ed è quindi chiaro che se durante il G8 dovesse succedere qualcosa
di grave a Genova, a risponderne sarebbero chiamati il capo della Polizia, il
comandante dell’Arma dei Carabinieri e il prefetto della città». Non c’è ancora il
governo, non è ancora vice premier, epperò Gianfranco Fini si muove come fosse già a
palazzo Chigi, e il messaggio che invia ai vertici delle forze di sicurezza chiamate a
garantire l’ordine durante il vertice di fine luglio, è insieme un avvertimento e un
appello. Perché sarà pur vero - come dice Berlusconi - che «non siamo più nel ’94»,
che il centro-destra si prepara a entrare nella stanza dei bottoni avendo costruito negli
anni un rapporto con l’establishment, ma quei torridi giorni d’estate saranno il primo,
vero banco di prova del rapporto tra il nuovo esecutivo e gli apparati dello Stato. Ed è
come se Fini volesse anzitempo saggiare la bontà di quel rapporto di fiducia. Non c’è
ancora il governo, non è ancora vice premier, ma la scadenza del G8 è vicina, e
Berlusconi deve averlo informato approfonditamente dei suoi colloqui con Amato, «e
da quanto ci risulta esistono informative allarmanti dei servizi alleati che segnalano il
rischio altissimo di scontri e di vittime». Fini respinge la tesi secondo cui il nuovo
gabinetto voglia già mettere le mani avanti, «il fatto è che, dal nostro insediamento al
G8, avremo solo trenta giorni. E siccome un simile appuntamento non lo si prepara in
poche settimane, sotto l’aspetto organizzativo noi erediteremo l’organizzazione messa a
punto dal governo di centro-sinistra». È un modo per criticare ancora una volta la
sede scelta per il vertice, «ma non potevamo pensare di trasferirla, men che mai di
rinviarla. Avremmo compromesso l’immagine dell’Italia».
E dunque se il governo «eredita» strutture e logistica già decise, «eventuali problemi di
ordine pubblico non potrebbero essere scaricati sul prossimo ministro degli Interni».
Di qui l’avvertimento e l’appello che il futuro vice premier rivolge ai vertici della
sicurezza: «Ci sono un capo della Polizia, un comandante dell’Arma dei Carabinieri, e
un prefetto». E quando Fini ripete che «saranno loro a risponderne», per un verso fa
capire che potrebbero saltare in caso di eventi drammatici, per un altro è però teso a
costruire con l’alta burocrazia quel «rapporto di fiducia» che all’epoca del primo
governo Berlusconi non ci fu.
Non c’è ancora il governo, ma si sente già vice premier, e dal suo modo di ragionare è
evidente che Fini ormai lavora per «ritagliarsi - come spiega La Russa di An - il ruolo
non più di numero due della coalizione, ma di delfino di Berlusconi. Si candida ad
esserne il successore, anche se questa partita sarà lunga e tutta da giocare». Nulla è
scontato, competitori il leader della destra ne avrà tanti, ma il fatto che sia il vice
premier unico gli consegna un’importante occasione, «ed è ovvio - racconta lo stesso
Fini - che il mio ruolo dipenderà dal grado di consenso con il premier e dal grado di
autonomia che intenderò avere».
Ecco perché ha deciso di «non avere deleghe», perché intende fare «il battitore libero
nel governo», un ruolo politico ma anche tecnico, se è vero che dice di voler
«intervenire sugli argomenti che di volta in volta mi sembreranno meritevoli di
attenzione». Non è dato sapere se abbia già affrontato la questione con Berlusconi, lui
si limita a dire che «in un governo le decisioni sono collegiali. Non si è mai visto un
vice in contrasto con il numero uno». Piuttosto è geloso nel ritagliarsi il ruolo di capo
della delegazione di An, lo fa capire anticipando che «coordinerò il lavoro della
squadra proveniente dal mio partito. Saranno tre o quattro ministri, due ministri junior,
circa quindici sottosegretari. Insomma, sono un bel plotone da guidare: non potranno
certo andare in ordine sparso, anzi. Dovremo far risaltare le priorità di An, che non
riguardano solo la sicurezza ma anche le questioni sociali».
Non c’è ancora il governo, ma è come se già ci fosse. Fini vorrebbe quasi accelerarne
i tempi, consapevole che «non sarà facile», che gli appuntamenti incalzano, che «dopo
il G8 si dovrà immediatamente impostare la Finanziaria, dove andranno inseriti i primi
progetti». E forse vorrebbe dimenticare il «caso Fisichella», l’irritazione che ha
provato per quel comunicato con cui l’ideologo di An ha sbattuto la porta per non
esser stato candidato alla presidenza del Senato. Sperava non ci fosse questa
appendice, e con alcuni suoi parlamentari ha commentato amaramente la vicenda,
«perché abbiamo fatto più di quanto un partito possa fare per un suo dirigente. Ma la
politica ha le sue regole. Ora, siccome è lui che ha creato il problema, è lui che dovrà
risolverlo».

Francesco
Verderami