MA ORA ATTENTI AI  CACCIATORI DI GENI

di Marcello Buiatti
tratto da L'Unità giugno 2000

E così l'anno 2000 sarà anche ricordato come quello in cui è stato letto per
la prima volta tutto il corredo genetico di un essere umano. Letto, si badi
bene, ma compreso solo per una piccola parte. Leggere il Dna è infatti come
leggere la Bibbia in ebraico conoscendo le lettere ma non il loro
significato.
Il nostro genoma (l'insieme dei geni) contiene 3,3 miliardi di elementi di
cui solo il 7-8% è costituito dai cosiddetti geni. I geni sono sequenze di
elementi, ognuna delle quali, se presente in un organismo, lo rende capace
di costruirsi una proteina (uno strumento) che potrà poi svolgere una
funzione più o meno utile. Ad esempio, se un essere umano ha gli occhi neri
significa che è in grado di sintetizzare il pigmento scuro per ché possiede
la proteina e quindi il gene necessario per questo. In questo momento noi
conosciamo le proteine relative solo a 6-8000 geni e anche di queste non
sempre sappiamo la funzione.
Va anche detto che tutti gli esseri umani hanno tutti i centomila geni anche
se in diverse versioni, più o meno funzionanti e capaci di espri mersi in
termini di proteine con maggiore e minore intensità. L'intensità di
espressione dipende da molte cose fra cui i segnali che arri vano
dall'ambiente e la struttura del Dna non costituito da geni (oltre il 90%
appunto). Per questo, praticamente non esistono due corredi genetici umani
uguali, mentre noi pos sediamo ora la lettura di una sola versione.
Ho voluto, anche se schematicamente, sottolineare la enorme quantità di cose
che ancora non sap piamo, per mettere nella giusta luce il significato del
traguardo che una impresa privata (Celera) ed il progetto Genoma, costituito
da un grande numero di laboratori collegati in rete, hanno appena raggiunto.
Non c'è dubbio infatti che la strada è lunga ma la fine del processo di
lettura porterà ad una grande accelerazione nel la comprensione della
struttura-funzione dei nostri corredi genetici. Mano a mano infatti che
scopriamo cosa fa un gene, possiamo isolarlo, pro durre la proteina
corrispondente in grandi quantità, analizzarne le va rianti individuali,
comprenderne meglio la funzione, utilizzarla come farmaco per le persone che
ne fosse ro carenti, ecc.
Sia ben chiaro, il comportamento umano non è determinato che in piccola
parte dai geni, per cui nessuno mai troverà il gene per la bontà,
I'intelligenza, la povertà, la ricchezza. Tantomeno quello per la
omosessualità, come molti vorrebbero farci credere, come risulta chiaro dal
fatto che la stima di incidenza di questo comportamento è dell'8%, costante,
e gli omosessuali praticamente non si riproducono (non trasmettono loro geni
ad altri potenziali omosessuali).
I problemi relativi alla umanità dell'uomo quindi non saranno risolti dalla
genetica ma una parte di quelli che hanno a che fare con la salute sì. Il
potere che ha l'uomo di agire direttamente sulla vita dei propri simili è
enorme. Si tratta allora fin da ora di porsi alcuni problemi fondamentali.
Innanzitutto: di chi sono i geni umani? Una dichiarazione dell'Unesco del
1997 affermava che ogni gene umano è patrimonio di chi lo possiede e di
tutta l'umanità ma l'attuale legislazione brevettuale ne permette la
brevettazione dopo che sia stato isolato da un essere umano. A quel punto,
tutti i materiali in cui sia individuabile un gene brevettato sono coperti
da brevetto per venti anni. In altre parole, se io ho una variante di un
gene che mi impedisce di avere tumori, e qualcuno la isola, il gene viene
brevettato e da allora in poi io stesso (a questo punto il gene è
individuabile in me), i batteri produttori di un farmaco derivato, il gene
inserito in un ammalato per curarlo, ecc. sono tutti coperti dal brevetto.
Dato il processo estremamente accelerato di concentrazione delle imprese
biotecnologiche e farmaceutiche è facile prevedere chel molti geni umani
utili a tutti saranno fra poco in possesso di pochi e comunque oggetto di
mercato. Si tratta, allora di capire se nel mondo esiste ancora qualcosa su
cui devono poter decidere gli individui singoli e le collettività, o se
invece tutto sia comprabile e vendibile al miglior offerente. Se vogliamo,
va anche chiarito se gli esseri umani continuano ad essere considerati
soggetti, individui, o se invece si devono sempre di più considerare oggetti
in quanto privati anche della proprietà dei loro geni individuali.
Ancora, chi deciderà quali geni devono essere isolati? Se la decisione resta
a chi ha il potere economico mondiale non si cerche ranno senz'altro i geni
i cui prodotti potrebbero alleviare le malattie dei popoli del Sud del
Mondo, secondo la stessa logica che impedisce ora di studiare le malattie
prevalenti in Africa e che per lungo tempo ha rallentato lo studio e la cura
delle affezioni femminili.
C'è poi un secondo ordine di problemi che non deriva tanto dal possesso dei
geni quanto dalla conoscenza dei varianti individuali di questi da parte di
singole persone,organi di governo, imprese ecc. i pericoli in questo sono
tanti ed hanno a che fare direttamente con i diritti e le libertà
individuali. Innanzitutto, oguno di noi è portatore di geni completamente
funzionanti e altri che funzionano meno bene e questo può determinare una
maggiore o minore probabilità di malattia.
Finché questo fatto resta privato niente di male, anzi potrebbe portare alla
prevenzione della malattia e quindi a un miglioramento della salute. Se la
conoscenza è estesa però al datore di lavoro della persona in questione
questo potrà non assumerlo, pagarlo meno, non pagare il costo della
eventuale malattia se si ammala. Nella peggiore delle ipotesi la
collettività, il Governo, un dittatore, potrebbero decidere di non far ripro
durre i portatori di malattie o addirittura eliminarli. Ma anche senza di
questo, è ovvio che la conoscenza del patrimonio genetico dei cittadini
potrebbe facilitare grandemente la discriminazione.
I cacciatori di geni sono sul piede di guerra ma per ora tutto questo è
ancora controllabile e la decifrazione del genoma umano può ancora diventare
la base per un effettivo miglioramento della salute collettiva. Perché
questo succeda ci vogliono però scelte radicali che non possono non portare
alla introduzione di forti correttivi collettivi (modificazione della
legislazione brevettuale, rigide leggi sulla privacy, salva guardia dei
lavoratori ecc.) che cambierebbero il rapporto individuo-collettività-attori
economici in modo drastico.
Per questo è necessario il coraggio di riaffermare non a parole ma con atti
concreti e precisi, una serie di diritti individuali e di libertà e
collettive di cui sembriamo a volte esserci scordati.