MAI DIRE MAISmais

Ai consumatori resta la scelta, ma non la certezza, tra prodotti "bio" e   ogm  Le coltivazioni biologiche negli Usa subissate dall'industria delle sementi modificate

 

Tratto da "La Regione Ticino"  9 gennaio 2001

corrispondenza da Washington

Le coltivazioni biogenetiche si estendono ormai a vista d'occhio nelle sconfinate pianure americane. Sono 10 anni che negli Stati Uniti si coltiva a cielo aperto con sementi modificate geneticamente. Si produce di tutto: dalla soia al cotone, dalle fragole al mais. Nel 1998, dicono le statistiche, oltre il 44% dei campi a soia, mais e cotone era coltivato con sementi biogenetiche. I contadini si sono convertiti alla biogenetica nella speranza di ottenere raccolti più abbondanti, ma anche per risparmiare su erbicidi e insetticidi. Secondo Leonard Gianessi un esperto in pesticidi al Centro nazionale per la politica agricola e alimentare, i contadini che producono soia biogenetica risparmiano ogni anno 200 milioni di dollari di erbicidi. Dai sondaggi risulta che anche la maggioranza dell'opinione pubblica (70%) ha fiducia nell'ingegneria genetica. Il consumatore comunque non ha la possibilità di scegliere. Negli Stati Uniti, ogni volta che si acquista una scatola di fiocchi, un barattolo di latte o una lattina di coca cola si sa esattamente quante calorie, carboidrati, proteine, vitamine e sali minerali si portano a casa, ma non c'è nessuna indicazione sulla provenienza biogenetica o meno degli ingredienti. Si parla di introdurre un marchio "GM-free" (non modificato geneticamente), ma chissà quando arriverà.
Ai consumatori diffidenti non resta che scegliere "organic", vale a dire "bio". Come in Europa anche questo ramo alimentare è in piena espansione. L'anno scorso, il giro d'affari dell'industria "bio" è stato di 6 miliardi di dollari, pari al 2% delle vendite alimentari nazionali. Prima di lasciare la Casa Bianca, Bill Clinton ha deciso di dare una mano agli oltre 12 mila contadini "bio" sparsi sul territorio nazionale emettendo dei criteri omogenei nazionali per definire il marchio "bio". Garantisce che il prodotto che si acquista è esente da pesticidi e ormoni, ma anche che non si è ricorso all'ingegneria genetica e alle radiazioni. Grazie al nuovo marchio sarà più facile per gli americani esportare prodotti "bio", per esempio in Europa. Questo dovrebbe incrementare il giro d'affari. Katherine DiMatteo, direttore esecutivo dell'Organic Trade Association, l'associazione che commercializza i prodotti "bio", calcola che nei prossimi 10 anni il giro d'affari potrebbe più che duplicare.

Lo scandalo StarLink

Se per i contadini "bio" l'anno si chiude meglio del previsto, non altrettanto possono dire molti loro colleghi, alcuni dei quali in questi anni si sono convertiti alla biogenetica. Il 2000 per loro sarà un anno da dimenticare. I loro guai sono cominciati in settembre. In quelle settimane d'inizio autunno nei laboratori della Genetic ID a Fairfield, nell'Iowa, si scoprì che i "tacos" distribuiti tra l'altro dalla Kraft food e da importanti catene di supermercati contenevano un prodotto geneticamente modificato non autorizzato per l'alimentazione umana. Scoppiò così lo scandalo dello StarLink.
Quest'ultimo è un tipo di mais geneticamente modificato uscito dai laboratori della Aventis CropScience, la divisione agricola della Aventis corporation. Questo mais contiene un gene che produce la proteina Cry9C. Il granturco è stato autorizzato per foraggi, ma dopo analisi di laboratorio l'Environmental protection agency (l'ente per la protezione dell'ambiente) ha deciso di non estendere l'autorizzazione anche all'uomo perché teme che la proteina Cry9C possa provocare allergie.
La scoperta di StarLink in prodotti di largo consumo ha innescato una vasta rete di controlli e il ritiro di ben 300 prodotti americani, tra cui patatine e vari tipi di snack prodotti con farine di granturco. In ottobre, la ConAgra, la seconda più importante produttrice alimentare americana, ha ritirato quasi 600 tonnellate di farina di mais destinata a ristoranti e mense per la sospetta presenza di StarLink. Sempre in ottobre gli stabilimenti della ConAgra nel Kansas sono stati chiusi per una settimana per accertamenti e per depurarli dall'eventuale presenza dell'"ospite" indeside- rato.
Verso la fine di ottobre, il problema ha assunto una dimensione internazionale. La presenza di StarLink è stata individuata anche in prodotti alimentari giapponesi. Un problema questo di non secondaria importanza, perché in Giappone questo tipo di grano non è autorizzato neppure come foraggio. In Giappone poi gli oppositori alla biogenetica sono molto forti e quindi la pressione sulle autorità si è fatta subito sentire. Tokyo ha prontamente messo in atto un dispositivo di sicurezza e ha invitato le autorità americane ad agire affinché questo tipo d'incidente non si ripeta. Gli americani si sono subito dati da fare, anche perché il Giappone è un cliente molto importante: importa ogni anno 15,4 milioni di tonnellate di mais sborsando 1,5 miliardi di dollari. Sono così partiti controlli a tappeto su tutte le partite di mais messe in vendita. Si è cercato soprattutto di capire come il mais indesiderato sia finito nella catena alimentare umana. Si sono fatte le scoperte più disparate e talvolta sconcertanti. Si è constatato, per esempio, che lo StarLink era presente in partite di produttori che non avevano mai fatto uso di sementi biogenetiche. A fare questa scoperta sono stati per esempio i fratelli Steve e Bernie Gordon, che possiedono una vasta fattoria nell'Illinois. In novembre hanno ricevuto una lettera della Garst Seed Co. Li informava che chicchi di StarLink erano finiti nei sacchi di sementi che i fratelli Gordon avevano utilizzato la primavera scorsa in una parte dei loro appezzamenti.  Al momento del raccolto tutto il mais è stato mescolato e adesso la produzione, immagazzinata in 14 enormi silos, viene esaminata per accertare la presenza dei chicchi indesiderati. Morale della favola, quest'anno i due agricoltori pensano di subire una perdita di circa 40 mila dollari, perché non riusciranno a vendere il raccolto ai soliti acquirenti, ma dovranno trovare alternative. Lo scandalo dello StarLink ha spinto al ribasso il prezzo del mais.

I raccolti passati al setaccio

La situazione non è molto diversa per i loro colleghi del vicino Iowa. Alcuni di loro hanno seminato StarLink senza prevedere una fascia per separare le colture biogenetiche dalle altre. In questo modo contadini del vicinato hanno fatto l'amara scoperta di essere stati contaminati. é il caso di Keith Weller, un contadino dell'Iowa, il quale ammette che quello della contaminazione è un grosso problema. Ognuno naturalmente cerca di scaricare la responsabilità sugli altri e in particolare sui venditori di sementi, accusati di non aver adeguatamente informato sui rischi connessi alla produzione di mais autorizzato solo per il foraggio.
Anche i raccolti dell'Iowa sono passati al setaccio per individuare la possibile presenza di Cry9C. I risultati positivi non mancano. «La settimana scorsa abbiamo rinviato 15 camion» precisava recentemente al 'New York Times' Steven Philipps, un commerciante di grano della East Central Iowa Co-op a Hudson. L'Aventis ha promesso di risarcire i danni e di trovare acquirenti alternativi per i raccolti di quest'anno. Contemporaneamente ha chiesto alle autorità federali di autorizzare provvisoriamente lo StarLink anche per prodotti alimentari.
Gli esperti non si sono ancora pronunciati e stanno valutando alcune decine di casi di persone che si sospetta possano essere state colpite da allergie alimentari dopo aver mangiato prodotti contenenti farina di mais. Tutta questa storia potrebbe alla fine venire a costare svariati milioni di dollari, perché nel frattempo anche alcuni legali si sono messi all'opera con le loro richieste di indennizzi accusando produttori e venditori di sementi di negligenza. I venditori di sementi a loro volta stanno controllando tutte le partite destinate alla vendita per l'anno prossimo. Vogliono evitare di ripetere lo stesso errore. Tutto questo costa e riduce i margini di pro- fitto.
I contadini stanno già riflettendo su cosa fare in primavera. Lo StarLink non finirà più nei loro campi, perché l'anno prossimo non sarà più seminato. Molti contadini vogliono continuare con l'esperienza biogenetica, ma sono diventati più prudenti. Hanno capito che un seme non è necessariamente uguale all'altro e che è facile commettere errori con prodotti non omogenei, soprattutto nella fase d'immagazzinamento.
Molti dichiarano di voler optare solo per sementi che possono essere esportate senza problemi. In questi mesi hanno capito sulla loro pelle che la biogenetica implica dei rischi. Chi mette in guardia contro questi rischi ottiene adesso più eco e maggiore attenzione.