I 5 MARTIRI del 22 Marzo 1944 di Firenze Raddi Antonio nato il 20/5/1923 Tutti Fucilati il 22 marzo 1944 Sotto la Torre di Maratona dello stadio comunale di Firenze. Dall'originale trasmesso alla segreteria Stato del Vaticano e al C.T.L.N ..Per accontentarli, fui costretto a prendere ogni cosa, as-sicurandoli che avrei eseguito tutte le loro volontà. Segui-rono alcuni momenti di silenzio (come erano lunghi quegli istanti...) poi un suono lungo di campanello diede l'allarme: " Eccoli, vengono a prenderci ", dissero tutti impauriti e cominciarono a piangere disperatamente, correndo all'angolo op-posto della porta. Questa si aprì. Si affacciò un brigadiere dei carabinieri: momento terribile... Con le manette in mano si avvicinò a Raddi. Questo presentò i polsi e disse: " So che tu sei comandato e non ne hai colpa: io ho sempre voluto bene ai carabinieri, non stringere forte perché mi faresti male ".. A queste parole il carabiniere finse di cercare qualcosa, diede le manette ad un altro e uscì solo a piangere... Altri due carabinieri fecero lo stesso. A queste scene mi commossi pure io, e il Raddi vedendomi piangere disse; "Padre, non voglio che pianga, ci deve fare coraggio e starci vicino. Vede che io non piango? Quando sarò in Paradiso pregherò per lei, ma ora non ci deve abbandonare: stia vicino, ho bisogno di lei ". Un brigadiere finalmente riuscì a mettere le manette al Raddi e poi agli altri quattro.... Li aveva legati insieme, ma il Corona svenuto tirò a terra tutti gli altri... Allora ven-nero separati e, sorretti da me e da alcuni secondini e cara-binieri, tradotti nella macchina del cellulare. Il Corona ed il Santoni erano privi di sensi. Il Targetti era serio e taceva. Raddi pure era serio e chiedeva continuamente: dove ci por-tano? Corona si riebbe quasi subito e con Quiti cominciò a piangere e a gridare per tutto il tragitto: " Aiuto, pietà, ci fucilano, non avete la mamma, ci fucilano, il nostro sangue vi resterà sull'anima, griderà vendetta! ". Erano impazziti dal dolore. Ero seduto in mezzo a loro e non facevo che sorreggerli, accarezzarli e baciarli.. Giunti al Campo di Marte, vedrò le molte reclute schierate per assistere alla fucilazione. " Guarda - disse il Quiti - guarda quanta gente alla fucilazione ", e si na-scose la faccia in un angolo della macchina. Cercavo di nascondere loro tutti quei preparativi, ma da alcune fessure della macchina potevano vedere tutto! " Guarda le sedie con le bende! " " Guarda il plotone che ci deve fucilare! ", disse il Raddi e urlando chiamava alcuni del plotone che, schierati in dodici per parte dalla mac-china, udivano tutte quelle grida. Ci fecero aspettare nel cortiletto dello stadio per ben 24 minuti, che furono ore di spasimo. Il Quiti disse a uno del plotone; "Colpiscimi giusto e non farmi tanto soffrire! " Nel frattempo, una diecina di gerarchetti della federa-zione di Firenze in trenci e con la sigaretta in bocca gira-vano intorno alla macchina, curiosando e desiderosi di vedere le vittime. Appena il Quiti e il Raddi videro questi bor-ghesi, si misero nuovamente a gridare; " ... pietà, aiuto, ci fucilano, salvateci! " Un brutto ceffo di delinquente rispose loro digrignando i denti: " Ah! Adesso, pietà.. " Balzai allora dalla macchina e pieno di sdegno li cacciai investendoli di male parole e dissi loro; " Non è lecito, né umano oltraggiare così dei condannati a morte! ". " Chi sono? ", mi chiesero il Raddi e il Quiti. Ed io risposi: " Sono degli assassini ". Finalmente giunse il gerarca ed il papavero atteso. Don Giulio Roberti sollecitò affinché si portassero le po-vere vittime sul luogo dell'esecuzione e così fosse smessa quella tortura indicibile. Il luogo scelto fu la parte esterna dello stadio Berta, poco lontano dalla torre. Venne l'ordine di tradurre le vittime sul luogo del sup-plizio. Si udiva solo il pianto dei poveri condannati. Diedi loro l'ultima assoluzione. Aiutai, assieme all'altro Cappellano, a bendare gli occhi degl'infelici. Poi Raddi mi disse: " Cap-pellano, voglio darle un bacio ". Mi inchinai e mi baciò in fronte e per questo gli levai leggermente la benda. Allora tutti gli altri mi vollero baciare. Il capitano del Distretto Militare di Firenze, comandante del plotone di esecuzione, fremeva e con segnali vo-leva che mi sbrigassi. Quiti allora volle parlare col comandante del plotone di esecuzione; lo chiamai e gli chiese: " Ma perché ci fucilate? Sapete cosa vuol dire morire, man-dateci al fronte, ma noi siamo innocenti, nessuno ci può salvare? ". " Stai buono - rispose il comandante - non ti fac-ciamo niente ". E volle che si ribendasse subito. Ancora il Raddi mi vuol parlare e dice: " Cappellano, dica alla mia mamma che mi sono confessato e che lei mi è stato sempre vicino ". Anche gli altri dissero: " Si, anche alle nostre famiglie dica che ci ha assistito lei tutta la notte e faccia coraggio ai nostri cari ". Intanto un certo Paolo di Vicchio o forse meglio del Cistio, amico di Antonio Raddi venne a salutarlo e salutò pure gli altri. Passarono perciò alcuni secondi. Quiti cominciò a tremare. Voleva alzarsi e scappare, anche il Raddi e il Co-rona ebbero un momento di esasperazione. Con il Cappellano Don Giulio Roberti riuscii a quietarli, dicendo loro: " Pen-sate al Paradiso, il Signore vi aspetta, siete nelle mani di Dio e della Madonna, coraggio! Con queste e simili parole, ma specialmente mediante la grazia del Signore, che in questi momenti tutti sentivano potente ed efficace, si riuscì a far loro tornare un po' di calma. Allora feci un balzo indietro e subito avvenne la scarica del plotone. Targetti, Raddì e Santoni morirono subito. Non così il Quiti, che ancora vivo dopo la scarica del plotone, le-gato alla sedia si dimenava, gridando: " Mamma, mamma! ". Allora si avvicinò il comandante che gli scaricò in faccia a un metro di distanza sei colpi di rivoltella. Il disgraziato non era ancora morto e continuava a chiamare mamma, but-tando continuamente sangue. Questa scena impressionò assai. Uno che con me assisteva, si appoggiò a me dicendo " Che strazio! ". Alcune delle reclute che assistevano sven-nero. Si udì pure una voce: " Vigliacchi, perché li ucci-dete? ". Alcuni scapparono e ci volle la forza per trattenere altri che volevano fare lo stesso. Fu il maggiore Mario Carità, il famigerato comandante delle S.S, che dopo alcuni istanti intervenne e diede il colpo di grazia. Mentre somministravo l'Olio Santo> il Corona ripeté lui pure: " Mamma ". Allora pregai il Carità che desse il colpo di grazia a tutti. Regnava silenzio: stavano per andarsene, ma li feci fer-mare tutti e volli recitare ad alta voce il De Profundis. Il Ten. Cappellano Militare e dei Patrioti Don Angelo Beccherle copia fotostatica dell'ultima lettera di
Guido Targetti |