Antipsichiatria on-line.Auto/tutela. Denunce
Maltrattamenti e violenze presso il reparto psichiatrico di Siracusa La presente denuncia è stata presentata dalla sig.ra Angela R. in prima istanza, e su consiglio della locale sede del Tribunale dei Diritti del Malato, al Primario del Reparto di psichiatria di Siracusa. Non avendo ricevuto alcuna risposta la sig.ra si è rivolta al CCDU e al Telefono Viola di Catania. Il CCDU ha presentato un esposto alla Procura di Siracusa.
La sottoscritta R. Angela, nata a Siracusa il x/x/1955 ed ivi residente in via xxxxxx espone e denuncia alla S.V. quanto segue: la notte tra il 25/12/98 ed il 26/12/98, trovandosi ricoverata presso la struttura ospedaliera della quale Ella è funzionario responsabile (si riferisce al Primario a cui è indirizzata la lettera di denuncia), mi sono ritrovata legata ai polsi, alle caviglie, al petto e al basso ventre con legacci stretti e collegati ad un letto con sbarre laterali metalliche e squadrate. Del suddetto stato, che in ogni caso lede e mortifica la personalità umana, ricordo di aver preso coscienza a cose già fatte, pertanto ritengo di essere stata legata in stato di incoscienza o torpore e, quindi, di tranquillità psicomotoria. Il risveglio mi ha creato un forte stato di sofferenza fisica e morale e, conseguentemente, la necessità di invocare l'aiuto e l'intervento del personale sanitario al momento in servizio nel reparto. Sono accorsi, ma solo per profferire contro me rimproveri e ingiurie molto pesanti. Inoltre, uno degli operatori fumava ed alla mia richiesta di evitare il fumo perché ne soffro, mi rispondeva: "Io faccio quello che mi pare e tu, troia, cerca di finirla". Cercavo di individuare la persona chiedendogli il nome e questi mi rispondeva "A te non interessa chi sono io". Tali provocazioni, oltre alla sofferenza fisica su esposta, mi provocavano una certa agitazione che è stata sedata, probabilmente, con la somministrazione di qualche farmaco. Al nuovo risveglio sono riuscita a slegarmi e, ovviamente, riportata a "letto delle sevizie" con legacci ancora più stretti che, a tutt'oggi, hanno lasciato i loro segni sul mio corpo, oltre al dolore per i lividi determinati dalla compressione di braccia e caviglie contro i bordi metallici e squadrati della rete del letto (gli effetti su esposti ed ancora visibili sul mio corpo, sono stati da Ella verificati durante il colloquio in data odierna "28/12/98"). Non nascondo che ciò ha determinato in me un certo stato di agitazione che mi ha spinta a fare baccano come mia unica possibilità di sfogo e di reazione attuabile in quel momento, convinta che così, almeno, non avrei consentito loro di dormire. Questo tipo di "terapia" ricorda quella dei Lager nazisti e non credo sia indicata in alcun manuale sanitario di questa Nazione. Una persona che soffre è sempre una "persona" e, come tale, va trattata soprattutto da chi è stipendiata per tale servizio che, proprio per la sua natura, dovrebbe essere svolto con maggiore professionalità, coscienza, cuore, decoro e umanità. Tanto avevo da rappresentarLe affinché Ella possa individuare reati e responsabilità, individuali e/o collettivi e muovere a ciascuno gli addebiti di Legge. Con la precisazione che, se sarà il caso, adirò le vie legali per il riconoscimento dei danni morali e materiali. Nel ringraziarLa per la Sua cortese attenzione, Le porgo distinti saluti. P.S. comunico altresì che sono stata slegata dalla squadra di infermieri del turno successivo (mattino del 26/12/98)
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