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LE MADRI DI PIAZZA DI MAGGIO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA.

"PROCESSATE IL CARDINALE PIO LAGHI"

Maggio 1997

DOC-571. ROMA-ADISTA Omicidio volontario, sequestri seguiti da scomparsa e da morte, torture e stupri su oltre 30 mila cittadini. Questi i delitti di cui sono accusati i generali argentini durante la loro violenta dittatura dal 1974 al 1980. A questi delitti avrebbe partecipato, per complicità diretta o indiretta, sicuramente morale, anche l'allora Nunzio apostolico in Argentina, mons. Pio Laghi promosso subito dopo alla nunziatura apostolica degli Stati Uniti, poi elevato al rango cardinalizio da Giovanni Paolo II e oggi felicemente Prefetto del dicastero Vaticano dell'Educazione Cattolica.

Ad essere fermamente convinte di questa complicità sono le Madres de Plaza de Mayo, costituitesi in associazione con lo scopo di scoprire, denunciare e consegnare alla giustizia del loro Paese tutti i responsabili di quegli atroci delitti.

Essendo il card. Pio Laghi di nazionalità italiana, una denuncia contro di lui, promossa da cittadini di uno Stato estero, può essere inoltrata alla Procura della Repubblica solo attraverso il Ministero italiano di Grazia e Giustizia e solo se questo ne ravviserà la legittimità. A questo si aggiunge il fatto che il card. Pio Laghi gode di una particolare immunità in Italia per il suo rango cardinalizio e di dubbia perseguibilità perché come cittadino Vaticano gode del beneficio della extraterritorialità.

Tuttavia queste pur gravi complicazioni burocratiche non hanno scoraggiato le Madres de Plaza de Mayo che, il 19 maggio scorso, con il patrocinio legale del dott. Sergio Schoklender, hanno presentato regolare denuncia.

Secondo le Madri, nel corso della sua permanenza in Argentina con la carica di Nunzio apostolico, mons. Pio Laghi - così si legge nella denuncia - «collaborò attivamente con i membri sanguinari della dittatura militare e portò avanti personalmente una campagna volta ad occultare tanto verso l'interno quanto verso l'esterno del Paese l'orrore, la morte e la distruzione. Monsignor Pio Laghi lavorò attivamente smentendo le innumerevoli denunce dei familiari delle vittime del terrorismo di Stato e i rapporti di organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani».

Questa l'accusa principale e queste, secondo le Madri, le gravi responsabilità di mons. Laghi. Ma, scrivono nella loro denuncia, fu anche colpevole «di aver messo a tacere le denunce internazionali sulla sparizione di più di trenta sacerdoti e sulla morte di vescovi cattolici. Pio Laghi provvide, con i membri dell'episcopato argentino, alla nomina di cappellani militari, della polizia e delle carceri che garantissero il silenzio sulle esecuzioni, le torture e gli stupri cui assistevano. Questi cappellani avevano l'obbligo non solo di confortare spiritualmente gli autori dei genocidi e i torturatori, ma anche, tramite la confessione, di collaborare con l'esercito estorcendo informazioni ai detenuti».

Per dare forza alla loro accusa, le Madri riportano alcuni passaggi di una omelia del Nunzio, il 27 giugno 1976, tre mesi dopo il golpe militare: «Il Paese ha un'ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi di fronte ai germi, e nasce così la violenza. I soldati adempiono il loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d'Aquino, il quale insegna che in casi del genere l'amore per la Patria si equipara all'amore per Dio».

Per verificare la fondatezza e la riscontrabilità delle accuse, le Madri forniscono al Ministro di Grazia e Giustizia un elenco di persone che possono essere chiamate a testimoniare. Ecco i loro nomi e i loro ruoli, così come compaiono nella denuncia:

Padre Ludovic Rebillard, che lavorava come Segretario del CEFAL (Comitato Episcopale Francia - America Latina) durante il periodo 1970-1979. Padre Ludovic Rebillard partecipò in Argentina alla missione sacerdotale «Fidei Donum» nella stessa forma in cui vi partecipò padre Gabriel Longueville, che era stato assassinato il 21 settembre 1976 nella provincia argentina di La Rioja.

Padre Charles Plancot, che si trovava nella provincia argentina del Chaco, insieme alla religiosa Alice Dumont sequestrata dal capitano Astiz della Scuola di Meccanica della Marina. Attualmente p. Charles è parroco di Arleux, in Francia.

Monsignor Miguel Esteban Hesayne, attuale vescovo emerito di Azul, nella provincia di Buenos Aires della Repubblica Argentina.

María Ignacia Cercos de Delgado, moglie del giornalista Julián Delgado, scomparso nel giugno 1978, la quale ebbe vari incontri riservati con l'allora monsignor Pio Laghi.

Andrés Castillo, ex detenuto - scomparso, liberato e inviato all'estero attraverso le manovre di monsignor Grasselli (assistente del Vicario castrense Adolfo Segundo Tortolo, ndr).

Juana de Pargament, membro dell'Associazione Madres de Plaza de Mayo, che avviò innumerevoli pratiche presso la Nunziatura ed ebbe vari colloqui con Pio Laghi.

Evel Petrini membro dell'Associazione Madres de Plaza de Mayo.

Hebe de Bonafini presidente dell'Associazione Madres de Plaza de Mayo.

Eduardo Galeano, scrittore e giornalista, perseguitato politico.

Osvaldo Bayer, scrittore e giornalista, perseguitato politico, esiliato e sopravvissuto grazie all'intervento dell'ambasciata tedesca.

Fra' Antonio Puigiané, frate francescano, attualmente detenuto, conosciuto per la sua lunga militanza a favore dei diritti umani.

Rubén Drt ex sacerdote gesuita, scrittore e docente universitario.

La Madre Superiora Mary Joseph Catteau, superiora della Congregazione «Soeurs Missions Etrangères», delle scomparse Alice Dumont e Leonie Duquet.

Julio Saquero, laico e Piccolo Fratello del Vangelo, membro della Fraternità Charles de Foucauld, consulente del BID su etica e educazione.

Omar Dinelli, ex sacerdote del clero diocesano impegnato nella difesa degli impoveriti e nella lotta per i diritti umani.

Gerónimo Podestá, ex vescovo e sacerdote, di nota militanza nel campo dei diritti umani e nella difesa degli ex sacerdoti.

Carlos Rodríguez, giornalista investigativo, collaboratore di numerose pubblicazioni, specializzato in denunce sul terrorismo di Stato.

Horacio Verbitsky, giornalista investigativo e scrittore specializzato negli avvenimenti di questo periodo. ,

Padre Mario Grippo, Piccolo Fratello del Vangelo della Fraternità Charles de Foucauld, missionario in America Latina e responsabile della Fraternità all'epoca delle scomparse.

Padre François Vidil, responsabile in Francia della Fraternità del Vangelo all'epoca delle scomparse.

Da anni le Madri argentine rivolgono al card. Laghi le accuse ora formalizzate nella denuncia. Il cardinale si è sempre difeso in passato dichiarando che «in quell'epoca non immaginavo nemmeno l'entità di ciò che i militari argentini stavano facendo ai loro connazionali» (intervista all'Ansa, 29 aprile 1995, v. Adista 33/95) e «come potevo fare una denuncia pubblica se non sapevo?» (intervista a «Famiglia Cristiana», n. 22/95, v. Adista n. 41/95). È proprio il «non sapevo» che le Madri hanno sempre contestato. Non poteva non sapere, sostengono, ed è quanto intendono dimostrare con le testimonianze raccolte, e, giacché, sapeva, il non aver denunciato lo ha reso quanto meno complice.

Di fronte al testo della denuncia, ai fatti circostanziati che vi sono descritti, cosa risponde ora il cardinale, al di là dello scarno comunicato che ha inviato all'Ansa e in Sala Stampa vaticana (v. notizie successive)? Mossi da questa legittima "curiosità" e intendendo dare a Pio Laghi la possibilità di replicare anche punto per punto alle accuse, abbiamo telefonato al cardinale chiedendogli se era disposto a rilasciarci un'intervista. Un'attesa di tre, quattro giorni, poi la sua risposta: «No».

PIO LAGHI SAPEVA?

ECCO LE TESTIMOIANZE DELLE «MADRI» E LE CONFESSIONI DEI CARNEFICI

DOC-572. ROMA-ADISTA Le accuse contro il card. Pio Laghi, descritte dettagliatamente nella denuncia che le Madres de Plaza de Mayo hanno consegnato al ministro italiano di Grazia e Giustizia (v. notizia precedente), sono talmente gravi da sembrare incredibili. Per questo le Madri le hanno tutte corredate con sintesi di dichiarazioni rese da testimoni oculari e viventi, alcune anche davanti alla Commissione Nazionale sulla Scomparsa di Persone (CONADEP), lo stesso organismo che nel 1984 inserì il nome di mons. Pio Laghi in una lista di repressori. Adista le riporta testualmente dalla denuncia scritta che ora è, nelle mani del ministro Giovanni Maria Flik.

Il Nunzio apostolico Pio Laghi visitava i campi di concentramento e di tortura.

Testimonianze n. 1276 e n. 0440

È debitamente accreditata la presenza di Pio Laghi nei campi di concentramento e di sterminio dell'Argentina, mentre accompagnava gruppi di militari in ispezione e interrogava i reclusi.

Pio Laghi è stato menzionato in due testimonianze, n. 1276 e n. 0440, rese di fronte alla Commissione Nazionale sulla Scomparsa di Persone (Conadep, ndr).

Nel novembre 1984 il nome di Laghi fu inserito in una lista di repressori redatta dalla Conadep. A partire da lì si conobbe la testimonianza di Juan Martín, un sopravvissuto al campo di concentramento che fu impiantato nei locali dello zuccherificio Nueva Baviera di Tucumán.

Testimonianza di Juan Martín

Il reduce di questo campo, Juan Martín, informò la Commissione che lui ed altri compagni erano stati condotti dal Generale Domingo Antonio Bussi davanti al Nunzio Laghi e ad altri sacerdoti, all'interno del campo di concentramento.

Lì Laghi si era avvicinato al detenuto e gli aveva chiesto da quanto tempo si trovasse in quel luogo e se la sua famiglia fosse al corrente della sua reclusione. Juan Martín gli aveva risposto che era lì da diversi mesi e che la sua famiglia ignorava dove si trovasse. Il detenuto era stato selvaggiamente torturato dai militari responsabili del luogo.

Pio Laghi si era limitato ad abbracciarlo e a consegnargli una Bibbia, raccomandandogli di aver fede.

C'è chi ritiene che questo gesto magnanimo di Pio Laghi gli abbia salvato la vita, visto che Juan Martín fu uno dei pochi sopravvissuti di questo campo di sterminio. Però è certo che il Nunzio Apostolico non denunciò la situazione di Martín, non informò i familiari e sempre negò di essere a conoscenza dell'esistenza di questi campi di concentramento e di sterminio.

Il Nunzio apostolico era consultato sul destino che sarebbe stato riservato ai detenuti desaparecidos (scomparsi ndt). In alcuni casi raccomandò di mantenerli in vita.

Testimonianza di María Ignacia Cercos de Delgado

María Ignacia Cercos de Delgado, moglie del giornalista Julián Delgado, scomparso nel giugno 1978, ha affermato: «Il Nunzio apostolico Pio Laghi era a conoscenza di tutto quello che accadeva nella Scuola di Meccanica della Marina, poteva verificare i nomi dei sequestrati lì trattenuti e il comandante in capo della Marina, Armando Lambruschini, lo consultò se dovesse lasciare in vita un gruppo di 40 detenuti - scomparsi che aveva ricevuto, quando aveva assunto l'incarico, dal precedente Comandante della Marina, Emilio Eduardo Massera».

Il giornalista Horacio Verbitsky fu colui che raccolse queste testimonianze, pubblicate nella stampa argentina (dal quotidiano «Página 12») e allegate integralmente alla presente denuncia.

Tra settembre e ottobre del 1980, María Ignacia ebbe tre udienze riservate con l'ex rappresentante personale in Argentina dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.

María Ignacia Cercos, a partire dal sequestro di suo marito, prese contatto con diverse personalità laiche legate alla Chiesa. Una di queste combinò la prima udienza con Pio Laghi, che la attese nella sede della Nunziatura, nella Avenida Alvear. «Mi ricevette cordialmente. Fu la persona più aperta con cui parlai. Lo avevo conosciuto anni prima ad una cena cui avevo partecipato con mio marito, e fui stupita nel vedere che mi aveva riconosciuta». In questo incontro riservato, Laghi la informò che con il passaggio di consegne nella Marina nel settembre 1978, Massera aveva consegnato a Lambruschini un gruppo di 40 prigionieri ancora in vita. Aggiunse che il nuovo comandante in capo dell'esercito era un uomo di buoni sentimenti, che gli aveva chiesto consiglio su ciò che bisognava fare dei prigionieri. Laghi le disse che Lambruschini non si decideva a condannare questi detenuti - desaparecidos alla morte subìta da tutti gli altri che erano passati per la ESMA (Scuola di Meccanica della Marina, ndt), ma nemmeno a lasciarli in libertà, per timore che si ripetesse un episodio accaduto con un primo gruppo di persone rimesse in libertà. «Mi raccontò che avevano agito in modo molto sprovveduto. Li avevano lasciati uscire dal Paese sotto la minaccia che se avessero parlato avrebbero fatto qualcosa alla famiglia, ma qualcuno ruppe il silenzio. Credo che in Spagna una donna abbia mostrato il biglietto delle Aereolineas Argentinas con cui aveva lasciato il Paese. Dato il precedente - che Laghi descriveva alla signora come una imprudenza - Lambruschini chiese consiglio alla Chiesa su cosa doveva fare con queste persone».

Nella prima udienza che María Ignacia ebbe con Laghi, il Nunzio apostolico le disse che mentre la stava aspettando aveva cercato di fare mente locale circa il gruppo di 40 prigionieri che l'ex ammiraglio Massera aveva consegnato vivi al suo successore. «Credeva che Julián potesse essere uno di loro. Mi spiegò che molti in questo gruppo erano professionisti, che probabilmente non erano colpevoli e la loro detenzione poteva essere dovuta a errori». «Quando lo rividi, Laghi mi informò che Julián non era nella lista e mi chiese scusa per avermi fatto nutrire una speranza». «Questo vuol dire che Laghi aveva totale accesso alle informazioni».

Il Nunzio Apostolico collaborava alle decisioni riguardanti i detenuti scomparsi. In alcuni casi personalmente e in altri attraverso il Vicariato castrense.

Testimonianza di Graciela Beatriz Daleo

Graciela Beatriz Daleo fu la donna che svelò questa storia in Spagna. Fu sequestrata nel 1977 e riuscì ad uscire dal Paese il 20 aprile 1979 con un biglietto per il Venezuela, pagato alle Aerolineas Argentinas con un conto corrente della Marina. Arrivata in Spagna, Graciela Daleo denunciò il caso.

Testimonianza di Andrés Castillo

Andrés Castillo visse una situazione analoga. In entrambi i casi, i visti per uscire dall'Argentina furono consegnati da monsignor Emilio Grasselli, assistente del Vicario generale castrense Adolfo Servando Tortolo, che all'epoca del colpo di Stato del 1976 era inoltre presidente della Conferenza episcopale. Durante il processo ai comandanti in capo nel 1985, Castillo raccontò ai giudici che il Capitano di fregata Juan Carlos Rolón lo portò dalla ESMA alla sede della Curia di Buenos Aires, in località Suipacha tra Charcas e Santa Fe. «Rolón si presentò a Grasselli con il suo nome e grado e gli spiegò che io ero una delle persone che la Marina stava per rimettere in libertà, per la qual cosa gli chiedeva di consegnarmi il visto». Rolón lo portò anche in auto fino all'aeroporto di Ezeiza, dove gli tenne compagnia fìnché salì sull'aereo. «Lì mi disse che biglietto aveva il numero di conto corrente della Marina». Secondo la testimonianza di Castillo, Rol6n aggiunse: «Conservalo, ti servirà a tornare nel Paese, perché è la prova che la Marina non ha nulla contro di te».

Graciela Daleo e Andrés Castillo consegnarono i loro biglietti alla Camera Federale che condannò all'ergastolo gli ex dittatori Jorge Videla e Emilio Massera. La pena per Lambruschini fu di otto anni. Tutti beneficiarono nel 1990 dell'indulto concesso dal presidente Carlos Menem.

Testimonianza processuale di monsignor Grasselli.

Convocato nel processo agli ex Comandanti, monsignor Grasselli ammise di aver conosciuto molti sequestrati nell'ESMA. Di aver inoltrato, per alcuni, dei visti all'ambasciata del Venezuela. Spiegò che il Nunzio apostolico Laghi gli aveva facilitato i contatti con l'ambasciatore venezuelano Santander. Gli scomparsi arrivavano alla casa del monsignore scortati dai loro sequestratosi e dopo ogni riunione erano riportati al campo di concentramento. L'accusa gli mostrò una lettera inviata ad un sacerdote venezuelano in cui si raccomandavano gli scomparsi già 'rieducati' nella Scuola di Meccanica della Marina e Grasselli la riconobbe come propria.

Un'altra lettera scritta da Grasselli il 14 maggio 1979 alla vigilia della visita della Commissione Interamericana per i diritti umani dell'OEA (Organizzazione degli Stati Americani, ndt), mentre tra i militari si svolgeva un dibattito sulla opportunità di dare spiegazioni sugli scomparsi, fu pure inserita nell'incartamento giudiziario. In questa lettera, Grasselli sosteneva che i familiari che reclamavano notizie sugli scomparsi «non possono convincersi che sono state fatte cose irreversibili».

Durante il processo, monsignor Grasselli disse che il vicario castrense Tortolo gli aveva affidato il compito di redigere uno schedario con i nomi delle persone scomparse e di tenersi in contatto con il governo militare per mantenere aggiornate le informazioni.

Il Nunzio apostolico veniva consultato sulla forma di esecuzione pietosa e cristiana dei detenuti scomparsi.

Fascicolo 1560 della Conadep

Nel Fascicolo 1560 della Commissione Nazionale per la Scomparsa di Persone è depositato il fatto che monsignor Grasselli informò i familiari di uno degli scomparsi accorsi a cercare informazioni, che gli scomparsi stavano in luoghi di riabilitazione e che, a quelli che chiamo «irrecuperabili, è possibile che qualche persona pietosa faccia un'iniezione, e l'irrecuperabile si addormenti per sempre».

Il giornalista Horacio Verbitsky, che ha raccolto queste testimonianze, sostiene che il Vaticano gestiva direttamente i rapporti con il Vicariato castrense attraverso Pio Laghi, Vicariato in cui monsignor Grasselli svolgeva lavori di intelligence e conosceva in dettaglio ciò che stava succedendo.

Testimonianza di Adolfo Scilingo.

Nella sua confessione, il Capitano di corvetta Adolfo Scilingo disse che la decisione che i detenuti scomparsi fossero gettati vivi in mare da aerei della Marina fu comunicata ad una affollata riunione di ufficiali della Marina nella base navale di Puetro Belgrano, dall'ex Comandante delle Operazioni Navali, il viceammiraglio Luis María Mendía. Scilingo afferma che si era consultato con le autorità ecclesiastiche, le quali approvarono il metodo come «una forma cristiana di morte».

Ciò accadde sotto il comando dell'ex comandante in Capo Emilio Massera, amico intimo di Pio Laghi e suo compagno di partite mattutine a tennis.

Testimonianza dell'ammiraglio Horacio Zaratiegui

La profonda amicizia di Pio Laghi con l'ex ammiraglio Emilio Eduardo Massera, membro della Giunta militare, condannato in giudizio nel 1985, era nota in tutto l'ambiente politico. Ma è proprio l'ex Segretario generale della Marina, l'ammiraglio Horacio Zaratiegui, a confermare in un'udienza al processo che Laghi manteneva una stretta relazione di amicizia con Massera. «Sposò i suoi figli, battezzò i suoi nipoti, pranzavano insieme e giocavano molto spesso a tennis».

Nel corso di questi pranzi di lavoro si accordavano sui successivi passi militari e si decideva la sorte e la forma di esecuzione "cristiana e pietosa" dei detenuti - scomparsi.

Il Nunzio apostolico autorizza la cessione di un'isola di proprietà della Curia di Buenos Aires per destinarla come centro clandestino per detenuti - scomparsi.

Denuncia del giornalista Horacio Verbitsky

All'arrivo in Argentina della Commissione Interamericana per i Diritti Umani dell'OEA, i membri della Marina si ritrovarono una quantità di detenuti scomparsi ancora vivi da nascondere. A questo scopo, ricorsero ai buoni uffici di Pio Laghi.

Monsignor Grasselli cedette con autorizzazione del Nunzio apostolico un'isola nella località del Delta del Tigre chiamata «Il Silenzio» al gruppo operativo dell'ESMA, perché fosse utilizzata come Centro Transitorio di Concentramento di Detenuti. Quando vennero alla luce le scomparse, le torture e le atrocità commesse in questo campo di concentramento, monsignor Grasselli architettò una vendita ai componenti del contingente militare della Marina, usando come identità dell'acquirente i documenti di uno dei detenuti - scomparsi registrati nel suo archivio, di nome Marcelo Camilo Hernández.

In quest'isola si riunivano regolarmente per il barbecue di fine settimana il cardinale primate di Buenos Aires Juan Carlos Aramburu e il Nunzio apostolico Pio Laghi.

Il Nunzio apostolico occultò i crimini commessi contro sacerdoti e laici consacrati.

Testimonianza di Robert Cox

Durante il processo del 1985, il giornalista nordamericano Robert Cox, ex direttore del quotidiano «The Buenos Aires Herald», disse che Laghi non aveva dubbi circa il fatto che i responsabili dell'omicidio dei cinque sacerdoti Pallottini nella Basilica di San Patricio nel 1976 fossero forze del governo militare argentino.

Testimonianza di Ada D'Alessandro

La signora Ada D'Alessandro, membro attivo della Fraternità Charies de Foucauld - Fratelli del Vangelo, racconta che la Fraternità fu selvaggiamente perseguitata dai militari argentini, con piena approvazione e assenso di Pio Laghi. Che l'allora Nunzio apostolico ricevette ma passò sotto silenzio le denunce per le scomparse dei Fratelli, che accusava di «gravi deviazioni ideologiche».

La lista dei Piccoli Fratelli scomparsi include Nelio Rougier in Tucumán nel 1975, Marcos Cirio nel 1976, il presbitero Pablo María Gazzari che fu visto vivo nella ESMA, Carlos Bustos, Mauricio Kleber Silva Iribarnegaray, che fu visto nei locali militari di Campo de Mayo e torturato.

La scomparsa di tutte queste persone fu denunciata alla Nunziatura e si chiese a monsignor Pio Laghi di intervenire. Pio Laghi rifiutò di intervenire adducendo come pretesto che si trattava di persone infiltrate nella Chiesa e con ideologie pericolose.

Oltre alle persone scomparse, furono detenuti, torturati e espulsi dal Paese i Fratelli del Vangelo Rogelio Vedovaldi, Héctor Artola, Antonio Cara, Roger Gagnon, Henri de Solan, Patricio Rice.

Vennero anche rase al suolo le sedi della Fraternità nelle province di Córdoba, Tucumán, La Rioja, Entre Ríos e della Capitale federale.

La repressione si estese anche ai laici che collaboravano con le Fraternità e che dovettero partire per l'esilio.

Testimonianza della Madre Marie-Joseph Catteau

La Madre Marie-Joseph Catteau ricopriva il ruolo di Superiora delle religiose 'Soeurs Missions Etrangères'. A questa congregazione appartenevano le monache francesi scomparse, sequestrate dal personale della Scuola di Meccanica della Marina agli ordini del Capitano Astiz. Bisogna rilevare che questo distaccamento e i gruppi operativi che lì lavoravano dipendevano direttamente dal Comandante Emilio Massera, amico intimo di Pio Laghi, con cui faceva quotidiani pranzi di lavoro e partite di tennis.

Testimonianza del Padre Ludovic Rebillard

Padre Ludovie Rebillard svolse il ruolo di Segretario generale del CEFAL (Comitato Episcopale Francia - America Latina) dal 1970 al 1979, organismo, questo, che invia sacerdoti "Fidei Donum" al Terzo Mondo. Tra di essi venne in missione in Argentina p. Gabriel Longueville, assassinato nella provincia di La Rioja nel 1976 e il cui caso fu denunciato a Pio Laghi, cui venne chiesto di intervenire come nei casi già descritti.

Nella Curia di Buenos Aires era attivo un ufficio di intelligence dove agenti di intelligence in incognito interrogavano i famigliari degli scomparsi

Testimolnianza di Evel Petrini.

La Signora Evel Petrini, membro oggi della Associazione Madrès de Plaza de Mayo, si recò nel 1977 alla Nunziatura per un colloquio con Pio Laghi.

Suo figlio, sequestrato dai militari, lavorava nella Chiesa del quartiere, prestando opera di catechesi e alfabetizzazione. Quando la signora Evel Petrini si recò alla Nunziatura, ricevette un secco rifiuto, da parte del Segretario del Nunzio, ad essere ricevuta da quest'ultimo.

La signora Petrini insistette e avvertì che sarebbe rimasta lì tanti giorni quanti sarebbero stati necessari per essere ricevuta. Finalmente, dopo lunghe ore di attesa, Pio Laghi la ricevette e le chiese il motivo della visita. Lei gli spiegò che suo figlio, che lavorava nella Chiesa, era stato sequestrato dai militari e gli chiese di aiutarla a ritrovarlo.

Pio Laghi con disprezzo le rispose: «Perché crede che io sia obbligato a far qualcosa?». Lei contestò: «Mio figlio lavorava nella Chiesa, era catechista, lei deve difendere le persone che lavorano nella Chiesa». Al che Laghi rispose: «Che stia nella Chiesa non significa nulla, c'è gente infiltrata dappertutto».

Testimonianza di Juana de Pargament

Anche la signora Juana de Pargament, attuale membro dell'Associazione Madres de Plaza de Mayo, si recò varie volte alla Nunziatura per chiedere aiuto a Pio Laghi.

Durante il primo incontro, Pio Laghi le promise di fare accertamenti sulla sorte del figlio, sequestrato da membri delle Forze Armate.

Quando il numero delle Madri cominciò ad aumentare, Pio Laghi si rifiuto di riceverle adducendo a motivo che erano tutte bugiarde e che erano tutte false queste denunce sulla scomparsa di persone che le Madres de Plaza di Mayo facevano all'estero.

Dopo molti tentativi infruttuosi, alla fine Laghi le ricevette un'ultima volta. «Era inferocito, gridava e diceva che era una bugia la faccenda degli scomparsi, e cosa credevamo, e perché avrebbe dovuto fare qualcosa per questa gente coinvolta in chissà che».

Denuncia delle Madres de Plaza de Mayo sul funzionamento della Curia

Le Madres de Plaza de Mayo denunciarono l'operato di mons. Grasselli con la complicità di Pio Laghi, nel raggiro dei familiari degli scomparsi.

Mons. Grasselli chiedeva ai familiari che erano stati mandati dalla Nunziatura alla Curia che consegnassero tutti i dati al suo segretario, e che tutte le informazioni sarebbero passate attraverso di lui nell'ufficio che aveva nel sotterraneo.

Erano dei sacerdoti ad accompagnare le madri dalla Nunziatura fino alla Curia e da lì fin nell'ufficio sotterraneo, dove erano ricevute dal «segretario» di mons. Grasselli. Ingenuamente le madri degli scomparsi cominciarono un pellegrinaggio quotidiano verso questo luogo, alla ricerca di informazioni sui loro cari.

Il «segretario di Monsignore» le incoraggiava ad avere fede e chiedeva loro informazioni sul gruppo familiare, sui fratelli dei detenuti - scomparsi, attività politiche, amicizie, ecc. Vari mesi dopo, le madri scoprirono inorridite che il «segretario di Monsignore» era un agente dell'intelligence della Polizia Federale.

Centinaia di giovani scomparvero a causa degli accertamenti richiesti a questo «segretario di Monsignor Grasselli, cui erano inviate da Pio Laghi».

Testimonianza di Hebe de Bonafini

Nell'anno 1979 la signora Hebe de Bonafini, presidente dell'Associazione Madres de Plaza de Mayo, si recò alla Nunziatura per consegnare una cartella con della documentazione sulla repressione e gli scomparsi della Chiesa argentina. La signora de Bonafini vi andò insieme ad un'altra signora membro dell'Associazione, Aurora Fracaroli. Malgrado il sollecito di autorizzazione ad un colloquio col nunzio Pio Laghi fosse stato inviato con largo anticipo, al momento della visita fu negata loro l'autorizzazione per entrare nell'edificio e fu loro ordinato di attendere al portone che il Nunzio le autorizzasse a entrare.

L'ultima cosa che le Madres de Plaza de Mayo potevano pensare era che lo stesso Nunzio Apostolico ordinasse il loro arresto. Dopo cinque minuti di attesa, giunsero diverse pattuglie della polizia e con una misura di sicurezza inusitata si procedette all'arresto della signora Hebe de Bonafini.

La presidente dell'Associazione Madres de Plaza de Mayo cercava di resistere all'arresto, gridando e domandando aiuto ai sacerdoti e al personale della Nunziatura. I quali, lungi dall'intervenire, assistevano all'arresto con atteggiamento canzonatorio.

La signora de Bonafini fu sottoposta ad un interrogatorio di 5 ore da parte del personale dell'Intelligence Militare nei locali del Commissariato di polizia n. 15.

La presidente delle Madres de Plaza de Mayo si salvò per miracolo in questa occasione, perché quello che il Nunzio non sapeva era che altre Madri dell'Associazione si erano date appuntamento sulla porta della Nunziatura per conoscere l'esito dell'incontro con Pio Laghi. Arrivate sul posto e resesi conto di quanto era successo, si diressero al Commissariato e mobilitarono tutte le risorse disponìbili per ottenere la liberazione.

LAS MADRES DE PLAZA DE MAYO:

NON SIAMO LE SOLE A DENUNCIARE PIO LAGHI,

SIAMO LE SOLE A NON AVERE PAURA

DOC-573. ROMA-ADISTA La denuncia penale contro Pio Laghi, già annunciata dall'avvocato Sergio Schoklender il 20 marzo scorso (v. Adista n. 25/97), è stata presentata dall'Associazione delle Madri di Piazza di Maggio al Ministero di Grazia e Giustizia il 19 maggio, due giorni prima del 75.mo compleanno del cardinale che ha così raggiunto l'età del pensionamento obbligatorio. «Pio Laghi - ha dichiarato Schoklender alla conferenza stampa tenuta a Roma il 20 maggio da Hebe de Bonafini, presidente delle Madri, e Marta Badillo, entrambe firmatarie della denuncia - è cittadino italiano e come tale può essere processato penalmente in Italia per delitti commessi all'estero. Unico impedimento è dato dall'immunità di cui gode, come cardinale, in virtù del Concordato tra Italia e Santa Sede. Immunità che può essere sospesa o ritirata soltanto dal papa». È per questo che, ha reso noto l'avvocato, copia della denuncia è stata consegnata alla Segreteria privata del papa, con la richiesta di sospensione dell'immunità del card. Laghi, e alla Commissione Giustizia e Pace perché, «raccomandi al papa tale sospensione».

La denuncia, ha spiegato Schoklender, contiene un riassunto delle testimonianze contro l'allora nunzio apostolico, insieme a una lista di testimoni «che include non solo le Madri, ma anche sacerdoti, suore e laici consacrati delle differenti congregazioni che sono state perseguitate durante la dittatura». Tra loro anche il frate cappuccino Antonio Puigjané, noto per la sua lunga militanza a favore dei diritti umani, attualmente detenuto in un carcere di Buenos Aires con l'accusa di aver partecipato all'occupazione di una caserma promossa dal movimento politico «Tutti per la Patria». I testimoni presenti nella lista sono soltanto quelli che hanno dato la propria disponibilità a venire a Roma per prestare testimonianza. Altri si sono tirati indietro all'ultimo minuto, per paura.

«Se Laghi è un uomo decente - ha affermato Hebe de Bonafini - dovrebbe rinunciare volontariamente all'immunità». «L'ex nunzio è stato visto nei centri di detenzione clandestini, è stato consultato sul destino dei detenuti desaparecidos e sulla forma di esecuzione pietosa e cristiana degli stessi. Ha partecipato alla decisione sul trattamento da riservare alle donne incinte, a cui fu data la possibilità di scegliere tra tortura e stupro. Ha ordinato l'arresto della presidente delle Madri alla porta della nunziatura, a cui è seguito un interrogatorio di cinque ore da parte del personale dell'Intelligence militare».

«Noi Madri - ha affermato Hebe - abbiamo sofferto il disprezzo della Chiesa, dai cui vertici giunse la decisione, che dipendeva forse anche da Laghi, di non somministrarci la comunione "perché, eravamo piene di odio". In Argentina e in tutta l'America Latina esistono due Chiese: quella che lotta insieme al popolo e ai settori più poveri e quella aristocratica, diretta dall'Opus Dei, che stabilisce alleanze criminali con i dittatori di turno». La denuncia contro Laghi, ha aggiunto Hebe, «è dovere morale non solo delle Madri, ma di tutti i cattolici. Anche uomini della Chiesa appoggiano la nostra iniziativa perché, la considerano la maniera più sana di eliminare dalla Chiesa le persone non oneste».

«Quello che Pio Laghi e gli esponenti più reazionari della Chiesa devono capire - ha concluso Schoklender - è, che finché, una sola delle madri o uno solo dei figli dei desaparecidos resterà in vita, tenterà in tutti i modi di fare giustizia».

IL CARD. LAGHI RISPONDE E AVVERTE:

IL SUO OPERATO ERA NOTO AI VESCOVI E AL VATICANO

DOC-574. CITTÀ DEL VANCANO-ADISTA. Non si è fatta attendere la reazione del card. Pio laghi alla denuncia penale presentata contro di lui dalle Madri di Piazza di Maggio (v. notizie precedenti). In una dichiarazione riportata il 21 maggio sul bollettino della Sala Stampa vaticana, l'ex nunzio apostolico considera diffamatorie e prive di fondamento le affermazioni delle Madri, che, senza neanche nominare, il cardinale definisce «questo gruppo di donne argentine».

La risposta di Laghi, però, sembra dire anche altro, suonando come tentativo di chiamare in causa altre figure ed altri livelli. L'operato del nunzio, lascia intendere, era ben noto tanto ai vescovi argentini, quanto alla Segreteria di Stato: tutti sapevano, quindi, ma nessuno ha mai espresso alcuna obiezione. Come dire: o innocenti tutti o colpevoli tutti. Di seguito la dichiarazione di Laghi.

Le affermazioni di questo gruppo di donne argentine sono soltanto diffamatorie e prive di qualsiasi contenuto e fondamento, sia per quanto concerne i fatti, sia sul piano etico e giuridico.

Il mio operato come Nunzio Apostolico in Argentina dal l.mo Luglio 1974 alla fine di Dicembre del 1980 - è ben documentato tanto presso i Vescovi dell'Argentina quanto presso la Segreteria di Stato. I documenti sono tutti nelle loro mani.

In questo periodo ho ricevuto dai Vescovi dell'Argentina, dai Capi della Comunità Ebraica, da sacerdoti, religiosi e fedeli, un'infinità di attestazioni scritte di solidarietà e di riconoscimento per quanto ho potuto fare in quel periodo al fine di difendere - come loro stessi riferiscono - con grande responsabilità e dedizione, tutti i sofferenti incontrati nella mia lunga missione al servizio della Santa Sede in numerosi Paesi del mondo.

INTERVIENE «L'OSSERVATORE ROMANO».

TACE LA SEGRETERIA DI STATO

DOC-575. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA In difesa del card. Pio Laghi denunciato dalle Madri di Piazza di Maggio (v. notizie precedenti), scende in campo «L'Osservatore Romano». Lo fa riportando, sul numero del 22 maggio, sotto l'unico titolo «Un atto contro la giustizia, l'onestà e la verità storica», la dichiarazione integrale rilasciata da Laghi, il comunicato della Commissione esecutiva della Conferenza episcopale argentina (v. notizia successiva), e una nota non firmata con cui si respinge il tentativo di «gettare vergognose ombre sulla Chiesa e sulla persona del Nunzio Apostolico». Con un'aggiunta significativa sul metodo: secondo l'autore della nota, esso non farebbe onore «né a coloro che lo mettono in pratica, né, a quanti se ne fanno portavoce».

E infatti il quotidiano della CEI, «Avvenire», si guarda bene dal fare da «portavoce» alla denuncia che le Madri hanno consegnato alla stampa. Ai lettori di «Avvenire», quindi, non è dato di sapere da quali accuse il card. Pio Laghi si difende, limitandosi il quotidiano cattolico a far da «portavoce» soltanto alla dichiarazione del cardinale, al comunicato dei vescovi argentini e dell'ambasciata argentina presso la Santa Sede, alla "solidarietà" de «L'Osservatore Romano» e alle preghiere speciali indette da Madre Teresa di Calcutta per il cardinale accusato.

Di seguito la nota de «L'Osservatore Romano», con una annotazione previa: non risultano interventi a sostegno del cardinale da parte della Segreteria di Stato malgrado Laghi l'abbia chiamata in causa nel suo comunicato (v. notizia precedente).

La dichiarazione rilasciata da Sua Eminenza il Card. Pio Laghi chiarisce inequivocabilmente quanto altamente pastorale sia stata la sua delicata missione in Argentina. Una missione caratterizzata e scandita - come afferma in un Comunicato la Commissione Esecutiva della Conferenza Episcopale Argentina - da «continui sforzi per il bene, per la libertà e per la vita». Una missione, dunque, «per la vita».

Comprendiamo e condividiamo il dolore delle madri di «piazza di maggio», di qualsiasi altro gruppo e di ogni singola persona, ma riteniamo un atto contro la giustizia, contro l'onestà e contro la verità storica aggredire moralmente per inesistenti responsabilità l'allora Nunzio Apostolico. In questo modo si vogliono soltanto gettare vergognose ombre sulla Chiesa e sulla persona del Nunzio Apostolico, che ha innanzitutto il diritto di essere rispettato come uomo e come sacerdote.

Nell'esprimere a Sua Eminenza Reverendissima,il Card. Pio Laghi la nostra piena solidarietà, respingiamo con fermezza le accuse calunniose e il metodo usato: esso non fa onore né a coloro che lo mettono in pratica, né a quanti se ne fanno portavoce».

GLI SFORZI DI PIO LAGHI «PER LA LIBERTÀ E LA VITA»:

LA SOLIDARIETÀ DEI VESCOVI ARGENTINI


DOC-576. BUENOS AIRES -ADISTA Pieno appoggio al card. Pio Laghi è stato espresso dai vescovi argentini. Dai quei vescovi, cioè, che hanno impiegato un anno intero per elaborare una, peraltro molto "soft", richiesta di perdono per le responsabilità della Chiesa negli anni della dittatura militare. Quell'esame di coscienza promesso durante l'Assemblea di primavera del '95, in seguito alle confessioni dei militari coinvolti nei crimini della dittatura che tiravano in ballo le pesanti responsabilità degli uomini di Chiesa (una su tutte quella del capitano di corvetta Adolfo Scilingo relativa al sostegno spirituale dei cappellani ai militari assassini).

Di seguito pubblichiamo, in una nostra traduzione dallo spagnolo, il comunicato della Commissione esecutiva della Conferenza episcopale, firmato dal presidente mons. Estanislao Karlic, arcivescovo di Paraná, dai due vicepresidenti mons. Emilio Bianchi di Cárcano (vescovo di Azul) e mons. Eduardo Mirás (arcivescovo di Rosario) e dal segretario generale e vescovo ausiliare di Buenos Aires, mons. José Luis Mollaghan.

Dinanzi alle deplorevoli e dolorose dichiarazioni pubblicate a Roma, rese note dai mezzi di comunicazione che intendono infangare l'attività pastorale del Card. Pio Laghi nel nostro Paese, durante il tempo in cui operò in esso come Nunzio Apostolico, la Commissione Esecutiva della Conferenza Episcopale Argentina ribadisce quanto espresso da questa Commissione e dalla 69.ma Assemblea Plenaria dell'Episcopato (rispettivamente il 17 e il 25 aprile del 1995) ripudiando energicamente dette ingiuste accuse che feriscono la sua persona e tutta la Chiesa, e disconoscono i suoi continui sforzi per il bene, la libertà e la vita, nei tempi tanto difficili che ha vissuto il nostro Paese.


Articolo tratto dal periodico di informazione cattolico ADISTA, via Acciaioli 7, 00186 Roma
Numero 42, 31 maggio '97