- DOSSIER A CURA DI NIGRIZIA
- Sahara Occidentale
- Terra per un popolo
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- Missione Onu: il perché di un fallimento
- Una beffa lunga cinque anni
- di Luciano Ardesi
- Il Consiglio di sicurezza ha deciso, lo scorso maggio,
di ridimensionare gli effettivi e il ruolo della Minurso, la missione
Onu nel Sahara Occidentale operativa dal 1991. La mancata autodeterminazione
del popolo sahrawi ha precisi responsabili e non può essere
ascritta ad una generica impotenza delle Nazioni Unite. Hanno
avuto un peso determinante l'ostruzionismo del Marocco, l'astuzia
diplomatica di Hassan II, la mediazione non imparziale di due
segretari generali Onu, l'inconcludenza dell'Organizzazione dell'unità
africana, il disinteresse dell'Europa.
- Il momento della verità per il Sahara Occidentale
ha inizio nell'aprile del 1991, quando il Consiglio di sicurezza
Onu approva il piano di pace elaborato dall'allora segretario
generale P´rez de Cuéllar, a tre anni di distanza
dall'accordo tra il Marocco e il Fronte Polisario (Fronte popolare
per la liberazione del Saguiat el Hamra e Río de Oro),
il movimento di liberazione che da più di vent'anni si
batte per l'indipendenza dell'ex colonia spagnola occupata dall'esercito
di Rabat. Ed è proprio all'accordo del 1988 che bisogna
rifarsi per comprendere i meccanismi del fallimento.
| | Nell'agosto 1988 Marocco e Polisario, con la mediazione Onu, raggiungono un compromesso che apre la strada al referendum di autodeterminazione. Due sono le questioni più delicate e controverse sulle quali ciascuna delle due parti è obbligata a concedere qualcosa all'altra. La prima riguarda la presenza militare e amministrativa del Marocco nei territori del Sahara Occidentale. Contrariamente alla pregiudiziale fino ad allora avanzata, il Polisario accetta questa presenza e l'idea di una sua parziale riduzione nel corso del processo di pace.
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- La seconda questione concerne il corpo elettorale che dovrà
esprimersi, attraverso il referendum, sull'indipendenza del territorio
o sull'unione con il Marocco. Il governo di Rabat accetta che
il censimento effettuato dagli spagnoli nel 1974, due anni prima
di abbandonare la colonia, sia l'unica base di riferimento per
la compilazione delle liste degli elettori, con l'aggiunta di
un possibile aggiornamento che tenga conto solo dell'accrescimento
della popolazione.
Sulla base di questo accordo, il Consiglio di sicurezza dell'Onu
autorizza nel settembre 1988 Javier Pérez de Cuéllar
a formulare il piano di pace vero e proprio. Ci vorranno tre anni
di lavoro diplomatico perché si arrivi a formalizzare un
piano dettagliato. È un intervallo carico di incertezze,
di tensioni e di colpi di scena. Si capirà più tardi
che questi tre anni contengono tutte le ambiguità e le
contraddizioni che emergeranno poi nel piano.
Il Polisario punta sul dialogo diretto con il Marocco, cosa che
il governo marocchino ha sempre rifiutato. È perciò
con una certa sorpresa che il 4 e il 5 gennaio 1989 una delegazione
del Polisario incontra a Marrakech il re Hassan II. È il
primo contatto diretto ed ufficiale, al più alto livello.
Per il Polisario è l'avvio della trattativa diretta, per
il re si tratta di un'udienza concessa ai suoi "sudditi".
Nell'intento di dare una continuità al contatto, il Polisario
proclama una tregua unilaterale, ma l'atteso nuovo incontro non
avrà mai luogo. Il Polisario moltiplica i gesti di distensione,
tra questi la liberazione di 200 prigionieri di guerra, che il
Marocco rifiuta di accogliere (luglio '89). Appare evidente il
totale fallimento del tentativo di dialogare. In autunno il Fronte
riprende gli attacchi militari.
- Manipolazione delle liste elettorali
- Gli sforzi dell'Onu s'indirizzano sull'elemento fondamentale
del piano di pace: la lista degli elettori. In questa fase la
diplomazia marocchina riprende l'iniziativa, favorita anche dalla
situazione creata dall'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq
(agosto 1990) e dal pronto schierarsi di Hassan II accanto alla
coalizione occidentale guidata dagli Usa, malgrado le simpatie
della popolazione marocchina vadano all'Iraq. Il successo degli
occidentali nella guerra del Golfo, con la copertura della bandiera
dell'Onu, e la decolonizzazione della Namibia con le elezioni
del novembre '89 sempre sotto il controllo Onu, danno all'organizzazione
internazionale il prestigio necessario per impegnarsi direttamente
nella questione sahrawi. Il piano di pace preparato da Pérez
de Cuéllar è approvato dal Consiglio di sicurezza
nell'aprile 1991.
Il Polisario e i sahrawi esultano e si mobilitano per trasferire
nel Sahara Occidentale i rifugiati che vivono nei campi di Tindouf,
nel Sahara algerino. Il calendario del piano prevede infatti il
voto nel gennaio 1992.
Le difficoltà emergono subito, nell'indifferenza delle
cancellerie e dell'opinione pubblica internazionale. Il Marocco
oppone una serie di ostacoli che ritardano la compilazione delle
liste elettorali. La mossa è astuta poiché il piano
di pace prevede la pubblicazione delle liste tre mesi prima della
data del cessate il fuoco. Quando Pérez de Cuéllar
propone che il cessate il fuoco entri in vigore il 6 settembre,
la prima di una lunga serie di clausole del piano di pace viene
a cadere.
Il governo di Rabat attua allora una nuova manovra. All'inizio
di agosto '91, l'aviazione marocchina bombarda alcuni centri nelle
zone liberate, in modo da impedire che il Polisario possa rivendicare
l'installazione di seggi elettorali in quei luoghi e per provocare
la reazione dei guerriglieri sahrawi così da far fallire
il piano senza assumersene le responsabilità. Il Fronte
però non cade nella trappola.
Il governo marocchino si vede allora costretto a chiedere apertamente
il rinvio del cessate il fuoco. Pérez de Cuéllar
mantiene la data, che sarà rispettata da entrambe le parti,
ma in compenso accetta l'interpretazione marocchina del piano
di pace. Siccome non tutti gli adempimenti sono stati compiuti,
a cominciare dalla pubblicazione delle liste elettorali, Hassan
II ottiene che il cessate il fuoco non sia considerato come l'inizio
del progressivo disimpegno marocchino, come previsto dal piano.
Una sottigliezza, una delle tante, ma decisiva poiché significa
che il Sahara Occidentale continua ad essere amministrato dall'occupante
anziché dall'Onu. L'ostruzionismo marocchino è così
premiato, e Rabat potrà continuare la sua opera di intimidazione
nei confronti dei sahrawi nei territori occupati.
Inoltre Hassan II non perde di vista le liste elettorali perché
sa che i sahrawi che vivevano sotto l'occupazione spagnola, e
che furono bombardati dall'aviazione di Rabat al momento dell'invasione
marocchina del 1976, sono nella stragrande maggioranza favorevoli
all'indipendenza. Già il piano di pace aveva introdotto
criteri di revisione del censimento del 1974 che non erano presenti
nell'accordo tra Polisario e Marocco del 1988. Tuttavia il Polisario
aveva valutato molto positivamente il piano perché apriva
finalmente la strada al referendum. Inoltre non nascondeva di
essere disposto ad una integrazione del censimento, anche se in
misura modesta (10%).
- De Cuéllar e Boutros-Ghali: stessa politica
- Non contento di una prima accettazione delle proprie tesi,
Hassan II ottiene da Pérez de Cuéllar nuovi criteri
di aggiornamento, eccezionalmente ampi, delle liste elettorali.
Attorno alla proposta del segretario generale, presentata alla
fine del dicembre '91, si scatena una breve ma intensa battaglia
diplomatica che si rivelerà decisiva. Il Polisario è
nettamente contrario ai nuovi criteri, sostenuto dall'Organizzazione
dell'unità africana (Oua), ma bisogna far presto, visto
che alla fine dell'anno scade il mandato di Pérez de Cuéllar.
E proprio nell'ultimo giorno utile, il 31 dicembre, il Consiglio
di sicurezza approva la proposta del segretario generale.
Per la verità l'approvazione è formulata in modo
ambiguo, tanto che Marocco e Polisario ne danno una interpretazione
opposta, ma è chiaro che il principio di una sorta di rifacimento
del censimento dei sahrawi è consacrato dall'Onu. Lo stesso
Polisario non nasconde di sentirsi tradito dalle Nazioni Unite
oltre che da De Cuéllar. I sospetti del Fronte sulla parzialità
del suo operato sono confermati quando Pérez de Cuéllar
viene nominato vicepresidente di una società del gruppo
marocchino Ona, controllato da Hassan II in persona. Anche lo
svizzero Johannes Manz, rappresentante speciale del segretario
generale per il Sahara Occidentale, aveva dato le dimissioni per
protestare contro la condiscendenza di Pérez de Cuéllar
nei confronti delle pretese marocchine.
Il nuovo segretario generale dell'Onu Boutros-Ghali lancia immediatamente
segnali inequivocabili nominando al posto di Manz il pachistano
Yaqub-Khan, amico personale di Hassan II. Inoltre sembra deciso
ad accelerare i tempi, facendo balenare la possibilità
di "altre linee di azione", in pratica di prendere decisioni
anche senza il consenso di entrambe le parti, vale a dire del
Polisario. È con questo ricatto che Boutros-Ghali spinge
il Fronte ad ingoiare nuovi rospi, mentre Rabat avanza la pretesa
di far votare 100.000 persone in più di quelle censite
nel '74.
Il Consiglio di sicurezza accoglie le tesi di Boutros-Ghali minacciando
periodicamente di ritirare la Minurso e di bloccare il referendum.
Nel luglio '93 approva i criteri indicati dal segretario generale,
che ricalcano quelli di Pérez de Cuéllar. Il Marocco
esige da quel momento che siano considerate sahrawi tutte le tribù
censite dagli spagnoli. Un esame, anche superficiale, di quel
censimento fa emergere che vi sono incluse anche persone appartenenti
a tribù originarie del Senegal, della Mauritania, dell'Algeria
e del Marocco, evidentemente emigrate nel Sahara Occidentale.
Nell'agosto 1994 cominciano finalmente le operazioni di identificazione
degli aventi diritto al voto e il Marocco si precipita a presentare,
prima della scadenza dei termini, nuove candidature. Su un totale
di 242.000 domande, 183.000 sono state avanzate dal Marocco. Basti
pensare che il numero delle persone ancora in vita delle 74.000
recensite dagli spagnoli si è nel frattempo ridotto a 61.000,
e si coglie l'ampiezza della manipolazione che si vuole attuare.
Oltre la metà dei candidati presentati da Rabat vive in
Marocco pur essendo passati vent'anni dall'occupazione militare
del Sahara Occidentale.
Con queste premesse è evidente che il processo di identificazione
è continuamente sottoposto alle contestazioni delle due
parti. Ma Boutros-Ghali ha fretta, la sua strategia non si regge
più sull'osservanza scrupolosa del piano di pace originario,
ma sul compromesso. Nel gennaio '95 ottiene un rafforzamento della
Minurso per accelerare le operazioni con l'apertura di nuovi centri
di identificazione. Si ottiene qualche progresso, ma di poco conto.
Le operazioni di identificazione hanno interessato infatti quei
gruppi che non sollevavano particolari difficoltà.
- Il piano si affloscia
- I problemi veri sorgono quando cominciano ad essere esaminati
i casi più controversi, e quando il Polisario si rende
conto che i compromessi, cui è stato fino ad allora obbligato,
dimostrano una assoluta mancanza di imparzialità da parte
del segretario generale e di alcuni governi che siedono nel Consiglio
di sicurezza, a cominciare dalla Francia. Proseguire su questa
strada vuol dire accettare la falsificazione delle liste elettorali
e quindi del risultato del referendum.
La voce del Polisario peraltro non è sola. A denunciare
la mancanza di obiettività da parte dell'Onu e della Minurso
è un autorevole testimone: l'ambasciatore Frank Rudy, già
delegato americano per le operazioni di pace nel Sahara Occidentale,
che ha testimoniato davanti al Congresso americano le pressioni
esercitate dal Marocco nei confronti dei membri e dei compiti
della Minurso.
Il Polisario non vuole però prendersi la responsabilità
di far fallire il piano di pace e rilancia a più riprese
l'idea di negoziati diretti, tanto da indurre Boutros-Ghali a
introdurre questa ipotesi nei suoi rapporti periodici al Consiglio
di sicurezza. Rabat rifiuta tuttavia il dialogo e quando, nel
dicembre 1995 l'estenuante braccio di ferro diplomatico si arena
sull'indisponibilità delle due parti a fare nuove concessioni,
il lavoro di identificazione cessa definitivamente, nonostante
siano state registrate 62.000 persone.
Il Marocco pretende che siano esaminate tutte le domande da lui
presentate, il Polisario rifiuta facendo osservare che tra queste
vi sono 110.000 persone che costituiscono il 45% di tutti i richiedenti,
mentre nel censimento spagnolo le tribù cui appartenevano
rappresentavano solo il 14% dei sahrawi. Il Polisario si domanda
inoltre quali siano i criteri reali della Commissione di identificazione
della Minurso nel vagliare le candidature; per questo chiede ed
ottiene da Boutros-Ghali che sia resa pubblica la lista degli
aventi diritto al voto finora accertati. Il Marocco pone il veto
sulla pubblicazione, e su questo ulteriore motivo di dissenso
il processo si blocca.
Nel suo rapporto al Consiglio di sicurezza, all'inizio di maggio
1996, Boutros-Ghali conclude che le operazioni di identificazione
degli elettori devono essere sospese e che pertanto è necessario
ridurre gli effettivi della Minurso. Il 29 maggio il Consiglio
di sicurezza accoglie, con una propria risoluzione, le richieste
del segretario generale. Ciò significa un ritorno alla
situazione di cinque anni prima, quando il compito della Minurso
era esclusivamente militare e si limitava al controllo del cessate
il fuoco.
- L'Onu e il "regista" Hassan II
- I motivi di quello che per il momento appare un fallimento
del piano di pace sono molteplici. In primo luogo è evidente
che il Marocco è fermamente deciso a predeterminare il
risultato del referendum, facendo votare cittadini marocchini
di sicuro orientamento annessionista. Se si considera che il Marocco,
anche dopo l'accettazione del principio del referendum (agosto
1988) non ha smesso di affermare che il Sahara Occidentale è
parte integrante del proprio territorio, appare evidente che il
piano di pace è stato utilizzato come paravento: un atteggiamento
inaccettabile per il diritto internazionale.
La responsabilità della strumentalizzazione del piano di
pace incombe allora sull'Onu e in particolare su alcuni suoi organi.
Il primo e più diretto responsabile è il segretario
generale, al quale il Consiglio di sicurezza ha delegato l'attuazione
del referendum. La deriva pro marocchina di Pérez de Cuéllar
dimostra che perfino le più alte istituzioni dell'Onu possono
essere al di sotto di ogni sospetto.
Questa conclusione, ancorché amara, non deve stupire. La
strategia della corruzione è ormai ben documentata - anche
se il governo di Rabat fa di tutto per nasconderla - perché
il direttore d'orchestra di questa politica, che va dai fondi
neri al traffico di droga, è il re in persona. La verità
non solo farebbe male al paese, ma ne minaccerebbe la stessa esistenza,
tanto il destino del Marocco è legato a quello della monarchia.
Se i governi sono al corrente di questa situazione, e se Hassan
II perde regolarmente i processi, rarissimi, intentati contro
gli ancor più rari organi di informazione che strappano
il velo di silenzio sulla natura della monarchia marocchina, perché
l'omertà continua?
Per ciò che riguarda l'Onu e il Consiglio di sicurezza
bisogna sottolineare che il piano di pace è stato adottato
in un momento particolare della vita internazionale. La Namibia,
l'intervento nel Golfo, come già ricordato, il piano di
pace in Cambogia, l'intervento in Somalia, hanno dato all'inizio
degli anni '90 l'illusione che l'Onu potesse facilmente realizzare
i propri compiti di pace. Superficialità e improvvisazione
sono state messe al servizio di una grande campagna di immagine
dell'Onu e di alcune potenze che più di altre spingevano
verso l'interventismo. L'importante era appunto intervenire e
non la qualità dell'intervento. Si comprende così
la fretta di Boutros-Ghali nel Sahara Occidentale e l'assoluta
indifferenza per i princìpi del diritto internazionale
che invece dovrebbero essere alla base della politica onusiana.
I sahrawi sono dunque tra le vittime di questa politica internazionale
che si fonda sull'apparenza e nasconde le vere motivazioni.
Per ciò che riguarda il Marocco, il silenzio dei paesi
occidentali si spiega in gran parte con i loro interessi nell'area
mediterranea. Va riconosciuta ad Hassan II una grande intelligenza
nel legare la politica marocchina a quella dell'Europa e dell'Occidente
in generale, come del resto aveva fatto sul versante orientale
del mondo arabo la monarchia saudita. Non avendo petrolio da offrire,
Hassan II ha venduto la garanzia di un paese stabile, fedele e,
dopo l'esplosione fondamentalista in Egitto e Algeria, in grado
di controllare il fenomeno che più preoccupa l'Occidente.
In cambio di questa garanzia, Hassan II ha potuto fare quello
che ha voluto dentro i confini reali e immaginari del proprio
regno: dalla violazione sistematica dei diritti umani all'occupazione
militare del Sahara Occidentale. L'Europa, primo partner commerciale,
e i suoi singoli governi hanno una grande responsabilità
della situazione, ma non è l'unica. Una parte va attribuita
anche all'Africa e all'Oua. Formalmente l'organizzazione panafricana
ha fatto il suo dovere, accogliendo per prima il principio dell'autodeterminazione
del Sahara Occidentale e ammettendo nel suo seno la Repubblica
araba sahrawi democratica. Tuttavia il piano di pace che, ricordiamolo,
è un piano congiunto Onu-Oua, è stato lasciato interamente
nelle mani dell'Onu e dell'Occidente. Mancanza di mezzi, ma anche
di volontà politica hanno fatto della questione sahrawi
l'ennesimo episodio della crisi africana e dell'Oua in particolare.
- Rilanciare l'iniziativa internazionale
- Quanto al Polisario, è chiaro che i suoi dirigenti
hanno concesso eccessiva fiducia all'Onu e ad alcuni governi.
L'accettazione della politica del compromesso, portata avanti
da Pérez de Cuéllar e da Boutros-Ghali, si fondava
sulla convinzione che alla fine si sarebbe andati al fatto essenziale:
un referendum controllato dall'Onu e con garanzie di trasparenza.
Cinque anni di continui aggiustamenti hanno convinto infine i
dirigenti sahrawi che la direzione era esattamente opposta.
Va osservato che nello stesso periodo l'opinione pubblica ha potuto
esercitare uno scarso controllo su quanto avveniva. A differenza
di altri casi di autodeterminazione incompiuta - dalla Palestina
all'Irlanda del Nord, da Timor Est ai Paesi baschi - nel Sahara
Occidentale il principio del referendum di autodeterminazione
sembrava acquisito. Infatti tutta la disputa si è apparentemente
svolta su questioni marginali: quali tribù sono sahrawi;
chi può testimoniare; quali documenti possono essere considerati
validi, ecc. Si tratta di elementi decisivi nella pratica ma di
difficile digestione per il grande pubblico.
L'abilità del Marocco è stata d'impedire di fatto
il referendum senza negarne il principio, ma spostando l'attenzione
su questioni secondarie. Il gioco in difesa è stato probabilmente
l'errore più grande del Polisario.
Le prospettive che si aprono sono in ogni caso preoccupanti. Lo
statu quo avvantaggia il Marocco che continua la sua politica
. di integrazione demografica ed economica dei territori occupati.
Con altri vent'anni di occupazione il volto della società
sahrawi verrebbe profondamente trasformato. Nell'impossibilità
di ottenere, per il momento, un riconoscimento ufficiale, Hassan
II si accontenta di un'accondiscendenza di fatto nei confronti
della sua politica sahariana.
La scelta più difficile è per il Polisario. Al Fronte
va riconosciuta una grande coerenza politica: ha sempre scelto
gli strumenti più adatti per raggiungere il proprio fine
senza farsi tentare da scorciatoie, come ad esempio il terrorismo.
Il Polisario minaccia oggi la ripresa della lotta armata, ma si
può essere certi che, come in passato, questa non sostituirebbe
l'azione politica.
La riluttanza a riprendere le armi non sta tanto in una pretesa
indisponibilità dell'Algeria a sostenere su questo terreno
il Polisario, quanto nella preoccupazione di quest'ultimo di vedersi
attribuire la responsabilità del fallimento di un percorso
di pace sostenuto a parole anche dal Marocco. Né si può
parlare di una incapacità da parte del Polisario a condurre
una nuova fase della lotta armata. Non solo non gli mancherebbero
le armi, ma proprio la colonizzazione spinta dei territori occupati
potrebbe offrire ai guerriglieri sahrawi condizioni più
favorevoli per condurre azioni all'interno delle zone occupate.
L'effetto in questo caso sarebbe ancora più devastante,
e per questo motivo la minaccia del Polisario non può essere
ritenuta solo un bluff.
La ripresa della lotta armata può portare sia alla destabilizzazione
di un regno in preda a difficili problemi di successione sia ad
una sua momentanea ricomposizione autoritaria attorno alle pratiche
di sempre, e cioè violazione dei diritti umani, torture,
prigionieri politici, gente che scompare nel nulla.
In ogni caso tutto questo non può lasciare indifferenti.
Ecco perché è necessaria una nuova iniziativa internazionale,
ma questa volta nella trasparenza assoluta e nella fedeltà
ai principi del diritto internazionale.
Luciano Ardesi
- Date fondamentali
- 1884 La Spagna firma trattati con i capi locali per ottenere
la sovranità sulle loro terre.
1934 La Spagna occupa effettivamente il Sahara Occidentale. 1956
Il partito marocchino Istiqlal (Indipendenza) rivendica per il
Marocco il "Grande Maghreb".
1958 Operazione militare congiunta franco spagnola per mettere
fine alla lotta dei nazionalisti sahrawi.
1970 Manifestazione popolare a El Aiun contro il progetto di annessione.
1973 Costituzione del Fronte Polisario (10 maggio) e inizio della
lotta armata (20 maggio).
1975 La Corte di giustizia dell'Aia respinge le pretese del Marocco
e della Mauritania (16 ottobre). "Marcia verde" organizzata
dal governo di Rabat (6 novembre). Accordo di Madrid tra Spagna,
Marocco e Mauritania sulla spartizione del Sahara Occidentale
(14 novembre).
1976 La Spagna si ritira definitivamente dal Sahara Occidentale
(26 febbraio). Proclamazione da parte del Polisario della Repubblica
araba sahrawi democratica, Rasd (27 febbraio). Invasione militare
marocco-mauritana. Esodo dei profughi.
1979 La Mauritania firma la pace col Polisario (5 agosto) e abbandona
il Sahara Occidentale.
1982 La Rasd è ammessa nell'Organizzazione dell'unità
africana come 51° stato membro.
1986 Conversazioni indirette tra Polisario e Marocco (aprile).
1988 Marocco e Polisario danno il loro assenso di principio al
piano del segretario generale dell'Onu (30 agosto).
1989 Incontro tra il re Hassan II e il Polisario (4-5 gennaio).
1991 Il Consiglio di sicurezza Onu approva il piano di pace e
la costituzione di una missione di caschi blu, la Minurso (29
aprile). Bombardamenti marocchini nelle zone liberate prima del
cessate il fuoco (6 settembre).
1994 Inizio delle operazioni di identificazione degli elettori
(28 agosto).
1995 Sospensione di fatto delle operazioni di identificazione
(dicembre)
1996 Il Consiglio di sicurezza ordina la sospensione ufficiale
delle identificazioni e riduce gli effettivi della Minurso (29
maggio).
Web Sahara
Gli utenti di Internet possono tenersi al corrente della "lotta del popolo sahrawi per la sua autodeterminazione" digitando http://heiwww.unige.ch/arso/ ("Arso" sta per Associazione di sostegno a un referendum libero e regolare nel Sahara Occidentale). Sono pagine trilingui (inglese, francese e spagnolo) abbastanza "leggere" per essere consultate senza angosce, e abbastanza vive per non lasciare nel navigatore la sensazione di essere state "dimenticate" lì. Questo, grazie soprattutto ad un bollettino realmente settimanale.
Vi si trovano inoltre documenti vari, come quelli dell'Onu relativi alla questione, L'Echo du Polisario, El Karama, una rassegna stampa e i link ai "siti amici" in Europa. Quello italiano è mantenuto dall'associazione Al Awda di Catania: http://www.lineup.it/ospiti/sahar/home.html.
Articolo tratto da Nigrizia del SETTEMBRE '96, ospitata nel sito di Peacelink