NON ANDREMO IN KOSOVO
IL MOVIMENTO DI RENITENZA ALLA LEVA E DI DISERZIONE A KRUSEVAC, ALEKSANDROVAC, PROKUPLJE, RASKA. MAGGIO 1999. CRONOLOGIA DEGLI EVENTI.


maggio 2000, dal bollettino di discussione inglese "No war but the class war", traduzione di Andrea Speranza

 

Introduzione

[...] La seguente cronologia trae le informazioni da due fonti principali. La prima è il quotidiano montenegrino Vijesti ("Notizie"), che costituisce la fonte originale di quasi tutte le notizie apparse sulla stampa occidentale. Il suo sito, www.vijesti.cg.yu, contenente tutte le principali notizie e reportages, è soltanto in serbo-croato. La seconda fonte è il sito web "Free Serbia ­ altre voci dalla Serbia" (http://www.xs4all.nl/~freeserb/e-index.html), che è prodotto dagli oppositori democratici serbi. Essi sostengono di poter contare su un corrispondente a Krusevac; i loro resoconti sembrano corrispondere molto bene con quelli di Vijesti.
Gli articoli sono disponibili in serbo-croato ed in inglese. Alcune informazioni possono essere raccolte da quotidiani e pubblicazioni serbe che hanno dei siti web, in particolar modo Vreme (la conosciuta rivista settimanale dell'opposizione), di Belgrado e Nezavisna Svetlost, di Kragujevac. Le testimonianze dei media su questo movimento sembrano cessare il 25 maggio. Ciò significa che esso è stato completamente annientato dalla repressione di stato? È possibile?
Esistono alcune informazioni circa la repressione che ha seguito il movimento. Tre riservisti sono stati condannati a quattro anni di detenzione da un tribunale militare a Nis agli inizi di giugno. Più tardi, altri cinque sono stati condannati a tre anni. Tuttavia il malcontento tra i coscritti crebbe ancora dopo i bombardamenti della Nato. Mercoledì 23 giugno riservisti della 125esima brigata motorizzata bloccarono la strada principale tra Krusevac e Kraljevo, così come il ponte sul fiume Ibar vicino a Kraljevo, richiedendo il pagamento dei salari per il tempo trascorso in Kosovo. Nello stesso periodo un altro gruppo di riservisti bloccò la stessa strada in un altro punto. Quando alcuni ufficiali dell'esercito provarono a fare un sopralluogo, furono bersagliati da bottiglie di birra. A circa 50 km di distanza, qualche centinaia di riservisti stavano bloccando la strada Kragujevac-Belgrado. Il movimento iniziò ad espandersi ad altre città della Serbia centrale. Dopo tre giorni si esaurì, ma soltanto dopo che un'ingente quantità di denaro contante fu data dai generali ai riservisti in "agitazione".
Pochi giorni dopo, 500 riservisti di Raska lanciarono una protesta simile, che terminò il 2 giugno. Il movimento sembrava essere centrato in due città della Serbia centrale: Krusevac e la più piccola Aleksandrovac, distanti appena 20 km. In misura minore sembra che si sia esteso in una regione molto più grande. Le altre città coinvolte furono: Raska, Prokuplje, Kraljevo, Baljevac, Vranje, Vrnjacka Banja. Possiamo essere sicuri che ce ne furono altre; difficile è invece dire se ciò ebbe un impatto forte sulla classe lavoratrice nel resto della Serbia. Naturalmente, i media ufficiali nazionali serbi dissero molto poco sulle principali azioni del movimento, ma non poterono evitare di menzionare le diserzioni e le dimostrazioni contro la guerra. I principali partiti politici fecero anche dichiarazioni alla stampa su questi eventi. A Belgrado alcune persone avevano saputo direttamente ciò che stava accadendo ­ tramite telefonate con parenti ma soprattutto dai soldati in congedo ­ ma essi erano soltanto una piccola minoranza della popolazione. Non bisogna dimenticare che quando il ciclo di guerre iniziò in Jugoslavia nel 1991, nella regione della Serbia centrale ci furono molte rivolte collettive di soldati coscritti. La più grande, che coinvolse 7.000 riservisti che si rifiutarono di lasciare la loro caserma, si registrò a Kragujevac, che si trova a circa 50 km a nord-ovest di Krusevac. Questa costituisce anche una regione nella quale ci furono numerosi scioperi dei lavoratori delle industrie contro le condizioni di stretta economica portate dalla guerra, ai quali parteciparono anche lavoratori di fabbriche di munizioni e di altri settori dell'industria direttamente coinvolti nella produzione di guerra.
Durante il quasi continuo stato di guerra che è esistito in Serbia dal 1991, si è verificato un alto livello di renitenza alla leva e di insubordinazione da parte dei coscritti. Ciò spiega in parte il motivo per il quale Milosevic ha dovuto fare un così consistente uso dei mercenari, di milizie locali nazionaliste e di criminali o gangster (come Arkan) per le sue avventure militari, invece dell'esercito regolare jugoslavo (VJ). Questa è stata una delle ragioni principali della posizione "neutrale" presa dal governo del Montenegro durante l'attacco della NATO (secondo una risoluzione del parlamento del giugno 1998, lo stato del Montenegro ha l'obbligo di impedire l'uso del territorio montenegrino alla VJ nell'eventualità di "azioni militari della comunità internazionale"). Il livello di renitenza alla leva in Montenegro è stato anche maggiore che in Serbia. A Niksic, nel febbraio 1999, circa 600 uomini vennero chiamati alle armi nel giro di pochi giorni, ma soltanto in 5 o 6 risposero alla chiamata!
L'opposizione alla VJ si è spesso espressa pubblicamente. Nel febbraio 1999 la famiglia di un soldato ucciso in Kosovo mise un annuncio sul più diffuso quotidiano montenegrino, Pobjeda, denunciando "il fallimento politico" come "la ragione per la quale la famiglia Lazarevic sta pagando una tassa sanguinosa per la terza volta dal 1991".
Va detto, tuttavia, come la politica di neutralità dello stato del Montenegro ha avuto particolare successo nel neutralizzare l'opposizione all'esercito, creando una situazione nella quale le dimostrazioni contro la VJ hanno costituito simultaneamente delle manifestazioni in appoggio al governo montenegrino e alla sua polizia.
Anche in Serbia si è verificata una vasta opposizione alla coscrizione all'inizio dei bombardamenti NATO. In interviste rilasciate a giornali dell'opposizione e ad alcune radio, un gran numero di genitori dei riservisti espressero il loro sdegno per la mobilitazione che si stava mettendo in opera. Un genitore di Kragujevac dichiarò: "Non lasciate che Vuk Draskovic, Vojislav Seselj e gli altri incitino alla guerra, abbiamo avuto abbastanza guerre, siamo orfani. Chiamo tutti i genitori alla rivolta" (Radio B92, 18 marzo 1999). A Leskovac (30 km a sud di Nis) ci furono anche forme di protesta da parte di 100 riservisti che si rifiutarono di andare a combattere. Il malcontento fu molto più grande nella Serbia centrale e meridionale per il semplice motivo che per le autorità militari era più difficile coscrivere a Belgrado, dove non insistettero più di tanto.
Non è possibile dire se (e di quanto) la renitenza declinò all'avvio dell'azione della NATO. A questo proposito ci sono rapporti e voci contrastanti, tuttavia appare chiaro come una consistente percentuale della popolazione maschile non aveva intenzione di rispondere alle chiamate. Si verificarono certamente diserzioni su base individuale. In un'intervista rilasciata a giornalisti occidentali, un riservista descrisse come disertò dall'esercito jugoslavo alla fine di aprile attraversando a nuoto un fiume per giungere in Bosnia. Egli disse che quando fu chiamato alle armi, fu "sorpreso di sapere che non vi erano più di due o tre persone che pensavano che noi avremmo dovuto combattere" (Guardian, 3 giugno 1999). Nonostante l'alto livello di renitenza alla leva nel corso degli ultimi otto anni, esso ha preso prevalentemente la forma di scelte di vita individuali piuttosto che di un organizzato movimento e la recente renitenza sembra essere stata portata avanti nello stesso modo. I sostanziosi episodi di renitenza e di rifiuto della coscrizione da parte dei soldati e delle loro famiglie nella Serbia centrale, tuttavia, esprimono un reale progresso qualitativo in questa direzione.
A questo punto è importante fare una distinzione tra il proletariato, che ha esercitato un'azione diretta contro gli sforzi della guerra, e il tentativo di alcune frazioni della borghesia (locale? Nazionale? Internazionale? Non possiamo dirlo con certezza) di recuperare la lotta, raccogliendo la piccola borghesia liberale nel cosiddetto Parlamento dei Cittadini a Cacak (dove non sembra ci sia stata nessuna reale mobilitazione contro la guerra). Parte della stampa occidentale (in particolare The Indipendent nel Regno Unito) ha dato relativamente ampio spazio e copertura a questo gruppo. È possibile che se la Serbia continua ad essere in guerra in qualche modo e se un movimento anti-guerra si sviluppa di nuovo, o se ci sarà una qualche sorta di movimento insurrezionale contro il regime, gruppi come il Parlamento dei Cittadini saranno presentati come la leadership semi-ufficiale del movimento che esprime ciò che esso è in realtà. In questo modo i media occidentali, l'opposizione liberale serba e le forze della borghesia in generale, cercheranno di "deviare" questo movimento dal suo reale terreno proletario di azione diretta al cammino politico borghese di richieste di maggiore democrazia, minore corruzione, Draskovic invece di Milosevic, ecc...
In Serbia il blocco dei partiti di opposizione "Alleanza per il cambiamento" ha iniziato ad organizzare una serie di raduni di massa contro il regime quest'estate, chiedendo le dimissioni di Milosevic e libere e corrette elezioni sotto la supervisione dell'OSCE. Non fu un caso che la prima manifestazione fu organizzata a Cacak, dove diecimila persone dimostrarono nella piazza principale. Significativamente, la polizia cercò di impedire ai dimostranti di raggiungere Cacak, ma l'esercito appoggiò la protesta, fornendo autobus militari per portare i manifestanti da Kragujevac.
Secondo Vijesti, nessuno dei partiti politici di opposizione furono coinvolti nelle manifestazioni di Krusevac. Sicuramente nessuno di loro appoggiò ufficialmente il movimento. Il principale partito di opposizione, lo SPO (Movimento Serbo per il Rinnovamento) si spinse soltanto, in una dichiarazione del suo comitato di distretto di Krusevac, a dichiarare che "I cittadini di Krusevac non stanno protestando perché i loro figli stanno difendendo la Serbia, ma contro i politici e gli speculatori locali". Giusto per rendere le cose più chiare, il suo leader, Vuk Draskovic, più tardi disse: "Noi non siamo in opposizione alla Serbia, stiamo combattendo per la Serbia. Oggi siamo combattenti contro la NATO, domani combatteremo contro Milosevic". In modo simile, il periodico liberale Vreme, che ci si aspetta che normalmente prenda una ferma linea anti-Milosevic, condannò i manifestanti di Krusevac per avere indebolito la difesa nazionale. Ma ciò non significa che il movimento fosse troppo radicale per essere recuperato. Anche le più sovversive azioni del proletariato, anche l'insurrezione armata e il massacro di massa di uomini politici (come in Ungheria nel 1956 o in Irak nel 1991) possono essere rivendicate dalla borghesia come proprie. Dobbiamo chiarire che il tipo di politica liberale democratica messa in atto dal Parlamento dei Cittadini non ha niente in comune con l'azione diretta che il proletariato ha messo in pratica a Krusevac e ad Aleksandrovac e, come sempre, costituisce un loro nemico, così come le forze aeree di Clinton e di Blair e la politica militarista di Milosevic. Mentre i rispettabili cittadini della classe media del Parlamento dei Cittadini scrivevano una lettera a Milosevic, facendo un appello per "salvare le vite di tutti i cittadini della Jugoslavia", i proletari salvavano le loro vite disertando dal fronte! Il Parlamento dei Cittadini è stato creato dal sindaco di Cacak, mentre ad Aleksandrovac il sindaco è stato mandato all'ospedale da proletari arrabbiati! La maggior parte dei riservisti e dei coscritti di Cacak stavano servendo in Montenegro e il Parlamento dei Cittadini li esortò ad obbedire alle leggi militari. Ciò ha un duplice significato: da una parte, non prendete parte ad un illegale colpo di stato nell'interesse di Milosevic; dall'altra, non disertate!

 

CRONOLOGIA

Domenica 16 maggio 1999
Circa cento persone (per la maggior parte genitori di soldati in Kosovo) dimostrano di fronte al palazzo del municipio di Krusevac. Chiedono di sapere cosa ne è stato dei loro figli. La dimostrazione era stata originata dall'arrivo dei corpi di sette soldati morti, il 14 maggio 1999. In accordo con le leggi militari di emergenza, i nomi dei soldati caduti non sono stati pubblicati.

Lunedì 17 maggio 1999
Duemila persone (per la maggior parte parenti di soldati) dimostrano a Krusevac. Chiedono di avere un incontro con i funzionari municipali e militari allo scopo di rendere note le perdite in Kosovo. Alcuni di loro espongono cartelli con i certificati di morte dei loro parenti al fronte. Il sindaco, Miloje Mihajlovic, membro dell'SPS (Partito Socialista Serbo, il partito di Milosevic), fu contestato e fischiato quando disse alla folla che non avrebbe potuto aiutarli. I manifestanti ruppero le finestre della sede della TV locale, sebbene questa fosse protetta da un consistente schieramento di polizia. Mille persone si riunirono alla stazione degli autobus di Aleksandrovac, alla partenza per il Kosovo dei riservisti che erano stati a casa in licenza. "Alcuni di loro dissero ai soldati che non sarebbero dovuti tornare in Kosovo" (Vijesti) e la folla impedì all'autobus di partire. Il sindaco cercò di fare appello ai dimostranti, ma fu gettato a terra e preso a calci. Quando arrivò sul posto il boss locale della SPS fu anch'esso picchiato, nonostante avesse delle guardie del corpo; furono salvati da una squadra di polizia militare che era arrivata nel frattempo da Krusevac. Il sindaco fu costretto a nascondersi nel bagno di un negozio e fu in seguito ricoverato all'ospedale di Nis. I riservisti alla fine ritornarono in Kosovo.

Martedì 18 maggio 1999
Cinquemila persone, per la maggior parte donne, dimostrano a Krusevac. Finestre rotte in edifici militari e municipali, uova lanciate. La folla irrompe nella sede della TV locale.
Quella notte, più di mille riservisti di Aleksandrovac e Krusevac disertano dal Kosovo. Il comandante della guarnigione della VJ di Krusevac accusa gli organizzatori della protesta di "indebolire la difesa del paese" e di "diretta collaborazione con il nemico". Quando si dicono cose come queste su di noi bisogna fare qualcosa di giusto! "Parlamento dei Cittadini", creato a Cacak dal sindaco, Velimir Ilic: un centinaio di persone ("educate e professionali") si incontrano e chiedono la fine dei bombardamenti e il ritorno di tutti i profughi.

Mercoledì 19 maggio 1999
Mattino presto: mille riservisti si accampano in villaggi vicino a Krusevac e Aleksandrovac. Mezzogiorno: 400 riservisti arrivano ad Aleksandrovac e dichiarano che non torneranno in Kosovo. Sfilano lungo la strada principale "con le armi automatiche sollevate" e poi si dividono e tornano alle loro case. I riservisti di Krusevac sono ancora accampati. Il comandante della terza armata, Nebojsa Pavkovic, offre un compromesso: l'assenza dal fronte sarà considerata come una breve vacanza. I soldati rifiutano, chiedendo la fine della guerra.
A Krusevac, due autobus carichi di riservisti alla fine di una licenza devono partire per il Kosovo, ma soltanto uno lo farà. I riservisti dichiarano ai giornalisti di Vijesti che la due giorni di manifestazioni è stata la ragione principale della loro diserzione. Essi avevano avuto notizia della protesta da altri riservisti che erano ritornati dalla licenza, ed erano particolarmente irritati dalle minacce dei vertici dell'esercito nei confronti dei civili che avevano organizzato le dimostrazioni. Un riservista dichiarò ad un corrispondente della AIM (Alternative Information Network) a Belgrado: "Siamo riusciti ad andare a casa. Ci sono stati molti problemi lungo la strada. Hanno persino usato getti di acqua per impedirci di tornare a casa. Ci è stato chiesto di deporre le armi, noi abbiamo rifiutato di obbedire. Non era abbastanza che noi fossimo uccisi dalle bombe, stavano picchiando i nostri genitori. Non tornerò laggiù. Questa non è una guerra, è un delirio nel quale è difficile rimanere vivi o sani di mente. Non voglio perdere la ragione. Non voglio uccidere nessuno, e non voglio essere ucciso...".
A Krusevac e Aleksandrovac la polizia arrestò un gran numero di dimostranti (molti dei quali erano donne), alcuni dei quali furono accusati di attentato all'ordine pubblico e condannati a 20-30 giorni di detenzione con effetto immediato. La polizia fece irruzione nella casa del sindaco di Cacak, che non era presente e fu costretto a nascondersi.

Giovedì 20 maggio 1999
Nessuna protesta a Krusevac. I riservisti hanno accettato che la loro assenza dal fronte sia considerata una licenza ufficiale. Essi consegnano le armi alle autorità militari (sempre un grave errore!) e tornano alle loro case.

Venerdì 21 maggio 1999
Proteste a Krusevac di 300 riservisti, stazionati vicino a Krusevac negli ultimi due mesi e ora spinti a tornare in Kosovo. Essi rifiutano di tornare al fronte e chiedono il ritorno dal Kosovo di tutti gli altri soldati. Chiedono inoltre che siano i membri dell'SPS a sostenere il peso della guerra, non la gente comune. Il generale Pavkovic offre di concedere ai riservisti i permessi per tornare a casa.
Seconda riunione del Parlamento dei Cittadini di Cacak: cento persone si incontrano in un rifugio antiaereo. La riunione approva una lettera a Milosevic che chiede di "salvare la vita di tutti i cittadini di Jusoslavia". La maggior parte dei coscritti dell'area sta servendo in Montenegro e il Parlamento dei Cittadini li esorta ad obbedire alla legge militare.
Altre proteste, nelle quali si chiede il ritorno della truppe impegnate in Kosovo, si tengono a Kraljevo, Raska e Baljevac. A Baljevac la gente mostrò cartelloni con la scritta "Mentre una Serbia sta soffrendo, un'altra sta cantando". Il sindaco organizzò una petizione che richiedeva il ritorno dei soldati nelle successive 48 ore.

Sabato 22 maggio 1999
Riservisti di Krusevac che avevano disertato in Kosovo sono chiamati a riunirsi in assemblea al punto di mobilitazione per raggiungere le loro unità al fronte (dopo l'accordo fatto con il generale Pavkovic sono stati ancora richiamati alle armi!). L'ordine è trasmesso dalla televisione locale. Poche centinaia di riservisti, con base nei villaggi vicino a Krusevac, si sono rifiutati di sostituire quelli che avevano disertato in Kosovo. Alcuni di loro tennero un raduno di protesta a Krusevac e ripeterono che non sarebbero andati al fronte.

Domenica 23 maggio 1999
Più di mille persone protestano a Krusevac (per la maggior parte riservisti e loro parenti), chiedendo la fine della guerra e l'immediato ritorno di tutte le truppe dal Kosovo. Secondo alcuni partecipanti alla manifestazione, c'erano mille riservisti accampati nelle colline di Kopaonik, che avevano disertato dal Kosovo. I disertori dapprima si riunirono al punto di mobilitazione alle sette di mattina; altri li raggiunsero. Ci furono blocchi stradali della polizia militare ma nessun grosso incidente. Gli slogan: "Riportateci i nostri figli", "Non andremo in Kosovo", "Vogliamo la pace", "Non ci ingannerete più". I blocchi stradali della polizia impedirono la partecipazione di riservisti provenienti dai villaggi che circondano Krusevac. Nessuno delle autorità locali provò a parlare alla folla, ma un alto ufficiale dell'esercito, il "generale Stojimirovic di Nis", apparve accompagnato da un gran numero di guardie del corpo. Quando la folla lo minacciò fisicamente (trascinandolo insieme alle sue guardie al lato di una strada) disse che avrebbe acconsentito alle loro richieste ma che la gente avrebbe dovuto disperdersi e tornare a casa. Venne proposto di rimanere al centro di Krusevac fino al termine della guerra e fino al ritorno di tutti i soldati. La folla si sedette a fianco del monumento agli eroi del Kosovo (del 1389) e aspettò ulteriori notizie. Alcuni manifestanti si recarono al quartier generale militare: un ufficiale disse che l'ordine di ritornare in Kosovo si sarebbe applicato soltanto ai volontari. La folla gridò "basta menzogne" e "banditi rossi". Nonostante tutte le proteste c'era una considerevole presenza di truppe leali e di poliziotti per le strade.
I riservisti di Aleksandrovac che avevano rifiutato di andare in Kosovo cercarono di raggiungere Krusevac ma furono bloccati dalla polizia militare e da reparti dell'esercito. Essi ritornarono ad Aleksandrovac e presero parte ad una dimostrazione di più di mille persone che chiedeva la fine della guerra. Dimostrazioni di questo tipo si tennero anche a Raska e a Prokuplje.
La polizia impedì l'adunata di protesta a Cacak. Il Parlamento dei Cittadini mandò una lettera al presidente del Montenegro, appoggiando la sua posizione di opposizione a Milosevic e una lettera allo stesso Milosevic, che denunciava "la politica avventurista del governo, basata sull'ideologia del suicidio collettivo".

Lunedì 24 maggio 1999
Un centinaio di persone, per la maggior parte parenti dei soldati impegnati in Kosovo, dimostrano a Krusevac. Il comandante militare locale annuncia alla televisione locale che i riservisti che continueranno a disertare potranno essere perseguiti dai tribunali militari. Ogni tipo di raduno in luoghi pubblici viene vietato per tutta la durata dei bombardamenti; coloro che violeranno questo divieto saranno perseguiti dai tribunali militari.
Una sorta di manifestazione si tiene a Prokuplje.
A Cacak vengono arrestati sette membri del Parlamento dei Cittadini. Un grande numero di persone si raccoglie di fronte al tribunale per applaudire gli accusati. La composizione di classe del Parlamento dei Cittadini risulta evidente dalla professione degli arrestati: un dottore, due docenti universitari, un avvocato, un giornalista e due imprenditori. Una dichiarazione del Parlamento dei Cittadini sostiene ciò che ci si poteva aspettare da essa: "Nessun tipo di forza o misura repressiva che il regime attuale utilizza nei confronti dei cittadini potrà reprimere o spazzare via la coscienza democratica ed il desiderio di libertà del cittadino". Non si sa nulla riguardo a dove si trovi il sindaco di Cacak, che ha fondato il gruppo.

Martedì 25 maggio 1999
Krusevac viene isolata dalla polizia civile e militare, che blocca non soltanto le strade ma anche i traghetti e le chiatte sui fiumi.