GLI UFFICIALI SERBI RIVIVONO I MASSACRI
DA FONTI DEI SERVIZI INFORMATIVI DELL'ESERCITO JUGOSLAVO


maggio 2000, di Miroslav Filipovic, traduzione di Dino Aventaggiato

 

Questo articolo è tratto dal "Rapporto sulla crisi dei Balcani" dell' "Institute for war & Peace Reporting" n. 130, 4 aprile 2000. Il sito dell' "Institute for war & Peace Reporting" è: http://www.iwpr.net L'autore dell'articolo, Miroslav Filipovic, è corrispondente di "Danas" a Kraljevo e lavora per l'AFP e l'IWPR. E' stato arrestato l'8 maggio e rilasciato quattro giorni dopo, e successivamente di nuovo riarrestato sotto l'accusa di "aver raccolto informazioni importanti per la difesa del paese e di averle consegnate a organizzazioni straniere". Come prova dell'accusa sono stati prodotti i suoi articoli per l'IWPR.

Un rapporto dei Servizi Informativi dell'Esercito Jugoslavo (JNA) dà uno spaccato unico sull'ampiezza dei crimini di guerra che sono stati commessi nell'enclave del Kosovo nella scorsa primavera.

Finita la guerra, degli ufficiali serbi hanno parlato per la prima volta delle intollerabili atrocità commesse dall'esercito Jugoslavo nel Kosovo durante la campagna di bombardamenti aerei della NATO.
Un comandante ha ricordato di aver visto con orrore un soldato decapitare un bambino di tre anni davanti alla sua famiglia. Un altro ha descritto come i carri armati della sua unità aveva bombardato senza distinzione dei villaggi albanesi prima che la polizia paramilitare giungesse e ne massacrasse i sopravvissuti.
Queste scioccanti confessioni sono state fatte da certi ufficiali che hanno preso parte ad una inchiesta comandata dall'Unità informativa dell'Esercito, nei mesi di gennaio e febbraio di quest'anno.
Essi hanno dichiarato che questo rapporto interno dà per la prima volta una visione dell'ampiezza dei massacri in Kosovo, affermando d'essere scioccati dall'enormità dei crimini. Ciò che è particolarmente inquietante sono le testimonianze incrociate di ufficiali superiori che indicano nelle unità dell'Esercito Jugoslavo le responsabili della morte di almeno 800 bambini albanesi di meno di cinque anni.
Molti ufficiali intervistati per l'inchiesta hanno dichiarato all'IWPR che queste erano destinate a valutare il loro morale sullo sfondo delle crescenti tensioni tra Serbia e Montenegro.
I vecchi soldati hanno dichiarato di essere inorriditi all'idea di organizzare una campagna militare contro i loro cugini etnici. Essi affermano di essere stati traumatizzati per ciò che hanno visto nel Kosovo e certi tra loro per cercare di dimenticare hanno fatto ricorso all'alcool.
Drazen, un ufficiale che ha preso parte alla campagna del Kosovo ha dichiarato: "Ho visto con i miei propri occhi come un riservista ha allineato circa 30 donne e bambini albanesi contro un muro. Pensavo che volesse semplicemente fargli paura, ma lui s'è seduto dietro una mitragliatrice antiaerea e ha liberato il grilletto. Le pallottole da 1.3 cm hanno dilaniato i loro corpi. Sembrava una scena di un pessimo film, ma è successo realmente".
Drazen ha aggiunto: "Non so come potrò vivere con questi ricordi, come farò ad essere capace a crescere i miei figli. Non sono pronto ad accettare colpe collettive. Desidero che quelli che hanno commesso queste atrocità siano giudicati per i loro crimini".

"Mia nonna è montenegrina. Preferisco suicidarmi piuttosto che rivivere tutto ciò in Montenegro".

Per molti ufficiali la propaganda di Belgrado comincia ad incrinarsi. Il comandante di un'unità di carri armati ha rapidamente smentito le dichiarazioni serbe secondo le quali la campagna in Kosovo era destinata ad annientare i separatisti albanesi. "Durante tutto il periodo in cui sono stato in Kosovo, non ho mai visto un solo soldato nemico e la mia unità non ha mai sparato su obiettivi militari".
Ha parlato che dei carri armati ultramoderni erano stati inviati contro dei villagi albanesi indifesi. "Dei carri, che sono costati 2.5 milioni di dollari l'uno, sono stati utilizzati per massacrare dei bambini albanesi", ha dichiarato l'ufficiale. "Ho vergogna".

Un ufficiale di ricognizione che faceva parte di una brigata meccanica, ha dichiarato che i riservisti dell'esercito Jugoslavo nel Kosovo erano in preda ad una furiosa follia e che i loro comandanti non erano praticamente intervenuti per fermarli. "Durante una operazione di pulizia etnica in un villaggio del sud-est del Kosovo, abbiamo dato una mezza ora agli abitanti per abbandonare le loro case. Essi si tenevano in fila lungo la strada che usciva dal villaggio. Un riservista soprannominato Crni (Nero) s'è avvicinato ad un vecchio che portava un bambino di tre o quattro anni. Glielo ha strappato dalle braccia e chiesto un riscatto di 20.000 marchi tedeschi. L'albanese non possedeva altro che 5.000. Crni ha preso il bambino per i capelli, ed estratto un coltello gli ha tagliato la testa " '5.000 è troppo per il corpo' ha detto, poi è passato davanti agli altri abitanti tenendo la testa del bambino per i capelli".

Vladimir ha continuato: "Questo era successo davanti a decine di persone. Noi eravamo tutti sotto choc: alcuni soldati vomitavano, ed il nostro secondo tenente è svenuto di fronte al terribile spettacolo []".
"Più tardi, Crni è stato dichiarato folle, e libero è stato rimandato a casa. Ma oggi lui è libero di passeggiare per le vie, sebbene abbia commesso questo orribile crimine".

Un vecchio soldato reduce delle guerre in Bosnia e Croazia ha dichiarato che l'esercito Jugoslavo era stato responsabile della morte di un numero incalcolabile di bambini durante il decennio passato.
"Io sono stato formato nelle più prestigiose accademie militari ed ho comandato un'unità d'elite della fanteria" ha dichiarato. "Il Kosovo rappresenta il terzo paese in cui l'esercito è stato responsabile della morte di bambini. Non ho potuto vedere molto del Kosovo perché ero già vecchio all'epoca, ma ho combattuto sul fronte in Croazia ed ho visto cose orribili".

Durante i lavori della Conferenza Internazionale che si è svolta ad Ulcinj in Montenegro sul tema "Verità, Responsabilità e Riconciliazione", Baskim Hisari, che rappresenta la Fondazione per il Diritto Umanitario di Pristina, si è concentrato sui crimini di guerra che sarebbero stati commessi dall'esercito Jugoslavo.

"Dei membri della Polizia militare, dell'Esercito e di Unità paramilitari sono responsabili della morte di centinaia di ragazzi" ha dichiarato Hisari. "Molte famiglie hanno perduto tutti i loro parenti maschi".
"Nel solo villaggio di Bela Crkva, 64 persone sono state uccise mentre fuggivano davanti ai carri armati dell'esercito Jugoslavo. Un uomo, Sabri Popaj, gli ha seppelliti tutti, compresi i suoi due figli".
"83 abitanti del villaggio di Celina sono stati uccisi, mentre a Velika Krusa 206 persone sono state giustiziate e 117 altre sono tuttora scomparse. Oggi nel villaggio non resta altro che qualche osso annerito, di cui certi provengono da corpi di bambini".
"Certe famiglie hanno perso sino a sette bambini. Jovca Berisa, di Suva Reka, ha perso i suoi due bambini, così come 21 membri della sua famiglia".