LETTERA SUL CASO "ZASTAVA" A UN COMPAGNO DELLA SINISTRA SINDACALE


novembre 2000 di Andrea Ferrario

 

Riportiamo qui sotto una risposta a un compagno della sinistra sindacale data nell'ambito di uno scambio di opinioni scritte sui recenti avvenimenti in Serbia e in particolare sulle denunce circolate in Italia in merito a violenze contro i delegati del SSS, il sindacato "statale", della Zastava. Ricordiamo che il SSS è stato sempre la "cinghia di trasmissione" del regime serbo, garantendo in questi anni la passività dei lavoratori senza mai difenderne gli interessi. Il livello di connivenza di tale sindacato con il regime era tale che molti sindacalisti erano nei fatti co-dirigenti delle aziende, mentre altri hanno abbandonato il loro posto nel sindacato per diventare direttamente dirigenti d'azienda o addirittura ministri del regime di Milosevic. Questo naturalmente non deve fare dimenticare che anche alcuni sindacati "indipendenti" sono conninventi con il nuovo potere e che la DOS ha in numerosi casi manipolato, in altri tentato di manipolare senza successo, le giuste proteste dei lavoratori: è il caso della stessa Zastava, che il democristiano Vladan Batic, alto esponente della DOS, sta cercando di trasformare in un proprio feudo. Le modalità con le quali è stata portata avanti in Italia la campagna di denuncia sui fatti, tutti da verificare, riguardanti i sindacalisti SSS della Zastava, hanno tuttavia mancato completamente l'obiettivo di denunciare in maniera effettiva le manipolazioni della DOS e si sono purtroppo basate su una aperta delegittimazione delle lotte dei lavoratori serbi, con la contemporanea difesa delle strutture del regime di Milosevic. Poiché la lettera originariamente non era destinata alla pubblicazione, ma era solo parte di uno scambio di vedute personali tra compagni, la riproduciamo qui sotto senza riportare il nome del destinatario e con alcune modifiche redazionali per renderla più facilmente leggibile ai lettori di "Balkan".

Caro X,
critichi quanto ho scritto sui recenti avvenimenti in Serbia e in particolare mi accusi di avere passato sotto silenzio, o minimizzato, le denunce su violenze compiute contro delegati sindacali del SSS nella fabbrica Zastava durante le proteste successive al 5 ottobre, denunce fatte ampiamente circolare qui in Italia per mezzo di comunicati delle RSU, del Ponte per Belgrado in terra di Bari e da un articolo di Loris Campetti sul "Manifesto". Arrivi perfino a ipotizzare per analogia che se, in seguito alla probabile vittoria del Polo alle prossime elezioni, dei sindacalisti della Cisnal o "padani" cacciassero dalla tua azienda te e altri delegati a sprangate, io sarei subito pronto a giustificarli. Le tue critiche e le tue ipotesi, nei fatti accuse, sono fuori segno e immotivate. Come prima cosa, rispetto a quanto scrivi, va precisato che le stesse denunce fatte circolare in Italia in questi giorni dai soggetti che hanno contatti diretti con i sindacalisti della Zastava parlano, per essere precisi, della devastazione dell'ufficio del SSS, di "costrizione" a dimettersi e di minacce (senza ulteriori dettagli) e non di violenza fisica sulle persone, a parte l'articolo di Campetti, sul quale torno maggiormente nei particolari più avanti. Va inoltre detto che: 1) queste notizie non trovano alcun riscontro negli eventi di questi giorni; 2) sulle fonti che ne sono all'origine, cioè gli stessi sindacalisti del SSS che, non dimentichiamolo, è stato per anni il sindacato di regime, è più che lecito avere dei forti dubbi; 3) il momento in cui sono state fatte coincide con una precisa campagna politica interna alla Serbia, promossa dal SPS, cui per l'appunto il SSS è contiguo, oltre che da alcune forze dell'opposizione che fanno riferimento a Kostunica; 4) le denunce diffuse sono state oggetto di un'escalation "interna", visto che Campetti scrive di persone bastonate (senza dire chi, dove e quando), di cui RSU e Ponte per Belgrado in terra di Bari, che pure si richiamano alla medesima fonte, non parlano affatto. Mi permetto di entrare maggiormente nei dettagli più sotto su quanto avviene in Serbia e sulla questione Zastava - non sarò breve, ma mi sembra che valga la pena spenderci un po' di tempo a riflettere.

In Serbia il 5 ottobre sera, finite le manifestazioni di piazza, i sindacati indipendenti (ma anche il SSS, che come è norma si era agganciato all'ultimo allo sciopero, ma non alle manifestazioni, con il ruolo di "guastatore") hanno detto ai lavoratori: "E' finita, ora si torna a casa, domani si lavora". In realtà in molti luoghi le proteste sono continuate, come per esempio a Kolubara, con la richiesta di dimissioni degli interi settori dirigenziali, richiesta giustificata e saggia, visto che tali settori, in Serbia, costituiscono la vera struttura portante del potere, insieme a poliziotti e militari. Queste proteste sono quindi cresciute e si sono allargate, incontrando l'ostilità di SPS-JUL e radicali (tutti i dirigenti aziendali sono membri di tali partiti, in particolare dei primi due). L'urgenza di tali azioni di protesta non era dettata solo dal fatto che, se si volevano cambiamenti effettivi e non solo di facciata, era necessario rimuovere tali dirigenze e le strutture sulle quali si appoggiavano, cioè anche i dirigenti e i rappresentanti SSS, ma anche dal fatto che tutte le peggiori malversazioni del regime sono passate attraverso le casse di tali aziende ed esisteva (esiste) il rischio di un "furto di prove". Si tratta di cose note a tutti e denunciate dai sindacati indipendenti e sulle quali il SSS ha sempre osservato l'assoluto silenzio. Ho riportato tra l'altro come esempio le denunce dei sindacati (indipendenti - ancora una volta non il SSS) della Telekom serba, che, nonostante vi sia un grosso interesse italiano in tale azienda, come nel caso della Zastava, non hanno ivece ricevuto alcuna solidarietà, a quanto mi risulta. Le proteste dei lavo-ratori in tutta la Serbia sono state davvero pacifiche, soprattutto se si pensa che sono venute dopo 13 anni di governo da parte di un regime brutalmente violento, repressivo e sfruttatore. I fatti sono stati seguiti nei dettagli da una una vastissima quantità di fonti, da corrispondenti sul posto di agenzie, dai giornali serbi, italiani, francesi, di altri paesi balcanici ecc. La cacciata delle dirigenze è avvenuta nella stragrande maggioranza dei casi pacificamente, con voti in assemblee democratiche, in altri casi i dirigenti sono stati portati via di peso dai lavoratori, in altri ancora è stato loro impedito di entrare nelle fabbriche. In alcuni casi è intervenuta la polizia, ma non è stato registrato NEMMENO UN FERITO. E non si può certo dire che i media (decine e più di fonti diverse) tacciano la realtà, perché, per fare solo un esempio, le azioni violente avve-nute negli stessi giorni contro le sedi del partito socialista sono state segnalate e denunciate da tutti, così come le deturpazioni al monumento fatto costruire da Mira Markovic al popolo serbo per la resistenza alla NATO e altro ancora. Non solo, i giornalisti più vicini all'area filo-Kostunica non hanno per nulla sostenuto le proteste dei lavoratori, essendo contrari a ogni spontaneismo e preoccupati di giungere a compromessi con il regime. Che i sinda-alisti della Zastava siano stati cacciati dalle loro sedi è sicuramente vero, ma non si può tacere su chi siano stati questi sindacalisti per lunghi anni, cioè un ingranaggio fondamentale per le politiche del regime. Non rappresentavano certo i lavoratori, bensì il regime che nella Zastava aveva una sua roccaforte, tanto che Milosevic vi ha tenuto l'ultimo dei suoi unici due comizi elettorali - cosa che di sicuro non può essere avvenuta senza la collaborazione del SSS.

I testi dei comunicati delle RSU e del Ponte di Belgrado in terra di Bari, e l'articolo di Campetti, vanno comunque ben oltre la denuncia di violenze come la devastazione della sede e le minacce. Il Manifesto titola addirittura "Linciaggio alla Zastava" e nel pezzo di Campetti si leggono espressioni senza alcun riscontro nella realtà come "una sanguinosa resa dei conti", si parla del SSS come di un sindacato che "raccoglie il consenso di quasi la totalità dei lavoratori" senza spiegare come ciò sia avvenuto, e si afferma la falsità che esso "ha assunto una posizione autonoma sia da Belgrado che dall'opposizione", aggiungendo poi che i sindacali-sti SSS "vengono messi alla gogna da chi in passato non ha fatto nulla per difendere la comunità operaia di Kragujevac". Ho già sottolineato come Campetti chiaramente gonfi e distorca i fatti (è purtroppo una sua abitudine, come d'altronde è un abitudine della pagina esteri del Manifesto in tema Jugoslavia/Kosovo ecc.). C'è un altro particolare secondario, ma indicativo, che fa dubitare della buona fede di Campetti: egli fa un riferimento, tutto interno, alle dichiarazioni rilasciate dal leader dell'opposizione Micunovic in un altro articolo del "Manifesto" del 10 ottobre, sostenendo che confermerebbero le denunce di violenze contro i sindacalisti, ma se ti leggi l'articolo in questione, vedrai che Micunovic parla solo ed esclusivamente delle violenze contro le sedi del SPS, non di violenze contro i delegati SSS o da parte dei lavoratori che protestano. Nel comunicato del Ponte per Belgrado in terra di Bari si parla di "aggressioni squadristiche", "volte a distruggere tutte le organizzazioni politiche e sindacali che rifiutano le politiche neoliberiste e anticomuniste", si definiscono "partiti di sinistra" dei partiti reazionari, criminali o guidati da petrolieri, quali il SPS e la JUL. Usa una tale definizione anche il comunicato delle RSU, che parla inoltre di un "piano sistematico, volto a distruggere tutte le organizzazioni sindacali", si descrivono i sindacalisti del sindacato di regime come "interlocutori credibili e convinti [...] in completa [!] autonomia dal quadro politico e istituzionale della jugoslavia" e ancora come "persone in autonomia dagli schieramenti politici in campo". Si ribadisce con ancora maggiore precisione più sotto che "la posizione dei compagni del sindacato Zastava anche in occasione delle ultime vicende politiche in Jugoslavia, è stata capace di autonomia e coerenza col loro compito di rappresentanti di lavoratori impegnati sopratutto a sostenere e rivendicare impegni concreti per il lavoro e per il salario a tutte le forze politiche in campo". Di fronte agli scioperi e alle proteste di massa dei lavoratori in Serbia il comunicato delle RSU non trova null'altro da dire se non "le RSU denunciamo quanto sta avvenendo come un'attacco alla democrazia sindacale in Jugoslavia, un'attacco che sta assumendo forme anche peggiori di quelle che "l'umanitario" occidente ed il Sindacato Italiano denunciavano esistere nell'era Milosevic", cioè si arriva nei fatti a dire che con Milosevic, nonostante tutto, si stava meglio. Va detta infine una parola anche sulla tempistica con cui i sindacalisti del SSS hanno denunciato le (presunte) violenze nei loro confronti: lo hanno fatto il 10 ottobre, cioè esattamente quando nel Parlamento serbo il Partito Socialista stava cercando di alzare il tiro nelle trattative con l'opposizione per collocare suoi ministri nel nuovo esecutivo, e lo faceva proprio rivolgendo contro i lavoratori accuse di violenze nelle loro mobilitazioni, trovando subito al suo fianco Kostunica e riuscendo poi a incassare il controllo congiunto dei quattro ministeri più importanti.

Riassumendo, non ci si limita solo a denunciare violenze gonfiando, distorcendo o addirittura inventando i fatti, e tacendo al contempo sul contesto reale di quanto avviene, ma addirittura si delegittimizzano le lotte di decine di migliaia di lavoratori, mantenendo come proprio punto di riferimento chi per anni ha collaborato o, nel migliore dei casi, ha taciuto sull'oppressione esercitata contro gli stessi lavoratori.

La campagna per la Zastava ha avuto decisamente un buon successo nelle fabbriche italiane, e questo è senz'altro un segnale positivo dello spirito internazionalista dei lavoratori italiani. I bombardamenti NATO sulla Zastava sono stati un episodio criminale come lo è stata tutta la campagna di bombardamenti della NATO che io, con i compagni antimperialisti, ho costantemente condannato a chiare lettere. Ma appunto per questo non riesco a capire come mai gli operai della Zastava godono di grande autorità, e gli operai delle miniere in rivolta contro Milosevic no. E a questo proposito mi sono sempre domandato: perché, con tutte le fabbriche bombardate, è stata scelta quella che più di tutte era egemonizzata dal regime, grazie anche al SSS? Nelle cronache di questi giorni ci si dimentica troppo spesso che uno dei fattori determinanti che ha fatto la differenza tra la rivolta che ha spodestato Milosevic e le precedenti ondate di proteste finite nel nulla è stata proprio la mobilitazione dei lavoratori serbi. Ci si dimentica che uno dei segnali che ha fatto capire a molti che il regime era ormai finito è stata la determinazione con cui i minatori hanno risposto di no all'ordine del generale Pavkovic di smobilitare. Non mi riferisco qui tanto al tuo scritto, quanto piuttosto ai quotidiani come il "Manifesto" e "Liberazione" che dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori. Mi sembra del tutto naturale che la mobilitazione dei lavoratori (la cui ampiezza non è messa in discussione da alcun osservatore) sia proseguita sino a destituire gli uomini di Milosevic nelle fabbriche. Questo movimento che dovrebbe suscitare la solidarietà internazionale è stato invece messo in ombra nella sinistra antagonista italiana dalla campagna Zastava sulle violenze, tutte da verificare, verso i sindacalisti. Non metto in alcun dubbio la buona fede del Coordinamento RSU che svolge un più che positivo ruolo di critica nei confronti delle direzioni confederali, mi permetto di dire però che ha sbagliato completamente tempi, modi e analisi riguardo al movimento operaio serbo. Non sto certo affermando che quella in corso in Serbia è una rivoluzione operaia. Niente affatto. E' un cambiamento di regime politico, una semirivoluzione politica, con un mucchio di pericoli e di ambiguità. Ma il metro con cui deve essere valutata dal punto di vista degli interessi dei lavoratori non è certo il grado di tolleranza verso i rappresentanti del vecchio regime, ma il grado di autonomia di iniziativa che riusciranno a conquistarsi e mantenere i lavoratori serbi. Come delegato FIOM sei stato certamente eletto in maniera democratica per la tua RSU. Bene: perchè ciò non è mai avvenuto alla Zastava? Ti faccio alcune altre domande, rigirando i raffronti che fai tu: se domani con il Polo quattro sgherri padani e della CISNAL vi buttassero fuori dalla sede RSU non credi che COME MINIMO i tuoi compagni farebbero sciopero? Come mai non ti chiedi invece perchè gli operai della Zastava non abbiano scioperato per difendere i propri sindacalisti? Pensi che operai che non hanno avuto paura dei bombardamenti NATO abbiano paura di qualche minaccia di un regime che non è nemmeno un po' consolidato? Non pensi che, per fare l'esempio opposto, le probabilità per te di essere cacciato da sgherri padani sarebbero di gran lunga maggiori se la tua RSU non fosse mai stata votata democraticamente, se tu fossi pappa e ciccia con il tuo padrone, se in Italia ci fosse un regime poliziesco amico del tuo padrone e tu ti fossi sempre limitato a dire che non ci si deve "schierare politicamente"? Pensi anche tu che il ruolo del sindacato sia quello, in presenza di un regime oppressivo, di "non schierarsi politicamente"? Anche ammesso E NON CONCESSO che questi sindacalisti fossero "non schierati" (come dicono loro) nei confronti del regime, non ti pare che questo solo fatto, il non schierarsi, sarebbe una buona ragione come minimo per fare autocritica, anche alla luce dell'azione decisa dei lavoratori serbi, che invece si sono schierati? Per quel poco che conosco del Coordinamento RSU non ho dubbi sul fatto che in Italia sarebbe stato, in una situazione analoga, alla testa delle mobilitazioni antiregime. Perché, allora, due pesi e due misure? Credo che nella tua lettera manchi una domanda molto semplice: nella lotta politica che si è scatenata tra settembre e ottobre, i lavoratori serbi da che parte stavano? Dalla parte di Milosevic, SSS, SPS? Credo che una risposta sincera a questa domanda porti anche a comprendere perchè gli operai della Zastava se non hanno cacciato, certamente non hanno difeso i dirigenti e i sindacalisti della loro fabbrica.