LE CONSEGUENZE DELLA CADUTA DI MILOSEVIC
LA QUESTIONE NAZIONALE E LA CADUTA DI MILOSEVIC


novembre 2000 di Michael Karadjis, da Green Left Review, ottobre 2000, traduzione di D. Volante e A. Ferrario

 

La salita al potere di Kostunica in Serbia potrebbe avere degli effetti ironici nella regione.
I governi occidentali miravano ad un intrigo di "palazzo" contro il Presidente Slobodan Milosevic così da lasciare intatto quanto più possibile il regime, che rappresenta la gran parte della classe capitalista serba.
Il riassestamento del regime Serbo sotto un nazionalista meno corrotto come Kostunica fa sorgere molte domande circa l'orientamento della politica Occidentale verso i regimi della regione, regimi che l'Occidente ha utilizzato per far pressione sull'elite serba affinché rimuovesse Milosevic.
Il regime Montenegrino di Milo Djukanovic, e il suo Partito Democratico dei Socialisti, ha cercato il sostegno Occidentale per giungere ad un'ampia autonomia repubblicana all'interno della Federazione Jugoslava. Montenegro e Serbia sono, teoricamente, due repubbliche paritetiche all'interno della federazione Jugoslava. Pur sostenendo il partito di Djukanovic, i governi occidentali si oppongono apertamente all'indipendenza ed hanno lanciato ammonimenti a non procedere in tal senso.
Tuttavia attraverso un cambiamento costituzionale unilaterale, diversi mesi fa Milosevic ha cancellato, di fatto, la federazione. Nelle recenti elezioni, il presidente è stato eletto direttamente dall'intera popolazione Jugoslava e non scelto dal parlamento federale.
Come risultato, il Montenegro, con una popolazione numericamente inferiore rispetto alla Serbia, non ha avuto voce in capitolo nella scelta del presidente. (Le precedenti elezioni con un sistema parlamentare, assegnavano un numero prefissato di rappresentanti al Montenegro, e di conseguenza una rilevante voce in capitolo).

Boicottaggio

Da repubblica formalmente uguale nella federazione, il Montenegro è stato in tal modo trasformato in una provincia di uno stato unitario. Ciò ha suggerito alla coalizione di governo in Montenegro di boicottare le elezioni, un boicottaggio osservato dal 75% dell'elettorato, nonostante pressioni provenienti dagli USA e dall'opposizione serba di unirsi allo sforzo in atto per rimuovere Milosevic.
Comunque, dato che Milosevic non aveva cambiato la costituzione relativamente al voto per il parlamento federale, il boicottaggio montenegrino ha permesso ai partiti pro-Milosevic di prendere il controllo del parlamento: l'intero blocco dei seggi montenegrini (58 su 178) è stato automaticamente assegnato al partito montenegrino di opposizione, il Partito Socialista Nazionalista (PSN) di Momir Bulatovic (che ha ottenuto solo il 20% circa dei voti montenegrini).
Kostunica ha denunciato Djukanovic per il boicottaggio, definito come "egoismo e tradimento". Ancora nessuno dei leader dell'opposizione serba ha offerto qualcosa al Montenegro, ultimo fra tutti Kostunica che in quasi ogni discorso parla di "Stato unitario di Serbia e Montenegro".
In realtà, Kostunica ha dichiarato apertamente che se avesse vinto le elezioni, non si sarebbe alleato con gli autonomisti Montenegrini; egli intende offrire la carica di premier federale ad un membro del Partito Socialista Nazionalista. In altre parole, intende fare come Milosevic, che sostenne il PSN nel governo federale nonostante il partito di Bulatovic avesse perso le elezioni Montenegrine di tre anni fa.
Se il PSN raccoglierà l'offerta, Kostunica presiederà una più ampia ed unitaria coalizione, i lamenti del governo del piccolo e molto povero Montenegro potrebbero trasformarsi rapidamente, per i governi Occidentali, da "segnali di pericolo per la democrazia" in una mera seccatura.

Kosova

Ugualmente con il Kosova. Mentre i governi Occidentali mantengono una forte opposizione rispetto all'indipendenza kosovara, questi hanno avuto il problema di come forzare i kosovari a tornare sotto un regime che ha tentato di liquidarli fisicamente. Con Milosevic fuori gioco, questo compito diverrà più semplice: i kosovari dovranno semplicemente riconoscere la "legittimità internazionale". L'occasionale vago accenno dei leader Occidentali ad un'eventuale indipendenza del Kosova, fatto per fare pressioni su Milosevic, scomparirà dato che al potere vi è un regime nazionalista serbo supportato dall'Occidente. Kostunica, che deplorava la tattica di Milosevic, non ha mai differito dalla posizione del regime secondo cui il Kosova è una provincia serba, infatti ha auspicato il ritorno delle forze armate serbe nella provincia. La leadership della fzione più intransigente dei serbi del Kosova, coloro che hanno diviso a metà la città di Mitrovica, si è lealmente schierata con Kostunica. Le agevolazioni dell'ONU affinchè i serbi kosovari votassero alle elezioni Jugoslave, hanno reso chiaro che le Nazioni Unite vedono il Kosova come parte di tale stato.().
A giugno, le Nazioni Unite hanno concesso ai serbi il diritto di organizzare forze di sicurezza, su base etnica, all'interno delle aree in cui essi sono maggioritari. Forse questa è stata un'inevitabile conseguenza dell'incapacità dei leader kosovaro albanesi nel porre un argine alle vendette contro i serbi da parte di una popolazione traumatizzata, ma questo è tuttavia un passo verso una spartizione ove gli albanesi hanno molto da perdere. I serbi hanno rivevuto anche il diritto di organizzare governi locali nelle proprie enclaves: una buona cosa in se stessa, con l'eccezione che i governi locali organizzati dagli albanesi sono stati considerati dalle Nazioni Unite come illegali "istituzioni parallele" e non hanno ottenuto un riconoscimento ufficiale. Più verosimilmente, il risultato sarà un miscuglio. Le regioni serbe, in particolare il nord, saranno semplicemente unite alla Serbia. Mentre il resto del Kosova sarà costretto dalla "comunità internazionale" ad accettare formalmente di rimanere in Jugoslavia con una qualche nuova versione di impoverita "autonomia".

Bosnia

In fine, c'è la Bosnia, che è stata divisa in due repubbliche, ufficialmente ancora entro un immaginario stato Bosniaco, secondo gli accordi, sotto gli auspici degli USA, di Dayton del 1995.
Questo ha permesso che una repubblica Serba (Republica Srpska, RS) fosse fissata in metà della Bosnia da parte di Milosevic e dei suoi alleati Cetnici del Partito Serbo Democratico (PSD), espellendo brutalmente un milione di Musulmani e di Croati.
Il governo della RS ha subito una transizione nel 1997/98 simile a quella che, forse, ha luogo oggi in Serbia, la corrotta leadership del PSD di Karadzic è stata sostituita da nazionalisti più pragmatici. Prima Biliana Plavsic, la fedele luogotenente di Karadzic, ha compiuto un'acrobatica conversione da posizioni di estremismo sciovinista a "moderata", in seguito il nuovo regime di Milorand Dodic è stato insediato dagli USA e da Milosevic. In questo periodo, Milosevic era in conflitto con l'ultra destra, che considerava l'acquisizione di "solo" metà della Bosnia un tradimento. Dodic e Milosevic compresero che gli accordi di Dayton lavorano per loro, le economie di serbia e RS erano sempre più fuse, quindi non c'era necessità di correre verso i Cetnici ed i loro progetti per unire immediatamente Serbia e RS, cosa che avrebbe creato preoccupazioni a livello regionale. La rivolta in Kosova spinse Milosevic ad allearsi nuovamente con l'ultra destra, le cui orrende e destabilizzanti tattiche attuate in Kosova portarono all'aggressione della NATO nel 1999. Questo pose il regime di Dodic davanti ad un dilemma: in una mano le bombe della NATO, che radicalizzavano i nazionalisti Serbo-Bosniaci, ma nell'altra c'era la scarsa utilità di proseguire nella fusione economica con un paese borbardato e al quale erano negati gli aiuti per la ricostruzione. Comunque, se con mentalità simile i nazionalisti "riformatori" sono oggi al potere in entrambi i paesi () questa interruzione nel processo di fusione può terminare la naturale tendeza di Dayton () e di fatto la fusione di "Terre Serbe" etnicamente pure potrà riprendere.
Dodic è lontano dall'essere un integrazionista Bosniaco, recentemente si è opposto ad un tentativo Bosniaco di emendare Dayton, cosicché tutte e tre le nazioni Bosniache possano essere costitutive in ognuna delle parti in cui é divisa la Bosnia, preferendo l'attuale costituzione secondo cui solo i serbi sono considerati nazione costituente nella RS. Kostunica è sempre stato nel blocco che si opponeva da destra agli accordi di Dayton.
Il problema con Milosevic era che la "Grande Serbia" poteva essere creata unicamente trascinando la regione in un decennio di massacri etnici () Ironicamente, ora che Milosevic ha fatto il lavoro sporco per conto della sua classe, i "moderati" nuovi rappresentanti dei medesimi interessi, che sono rimasti inattivi ed hanno tenuto le proprie mani relativamente "pulite", possono trovarsi in una posizione migliore per completare il programma di Milosevic.

Dopo Milosevic, cambierà qualcosa?

Centinaia di migliaia, forse milioni di persone sono scese la settimana scorsa nelle strade della Serbia. Belgrado è stata bloccata da contingenti provenienti dall'intero paese: Cacak, Kraljevo, Kragujevac, Nis e altri centri della classe operaia che avevano guidato il sollevamento di massa abortito dell'anno scorso, dopo la guerra della NATO. L'edificio del parlamento è stato abbandonato dalla polizia al po-polo. L'emittente televisiva statale RTS è stata prima abbandonata e poi data alle fiamme. Tutti i negozi erano chiusi, con cartelli recanti la scritta "Chiuso per furto", un'allusione al tentativo dell'ex presidente Slobodan Milosevic di cercare di rubare i risultati delle elezioni nelle quali era stato battuto. Sulla strada proveniente da Cacak, quando la polizia ha rifiutato le richieste di spostare i propri veicoli che bloccavano la strada, i buldozzer li hanno spinti fuori dalla carreggiata. Si poteva sentire ovunque lo slogan del movimento studentesco "Otpor" (Resistenza): "E' finito". Il presidente eletto Vojislav Kostunica, che non è più amico della classe operaia di quanto non lo fosse Milosevic, ha esortato allo sciopero generale al fine di spingere Milosevic ad abbandonare la propria carica. Sembra che le adesioni siano andate oltre le sue stesse aspettative. Nelle aree minerarie a sud di Belgrado tutte le miniere sono state chiuse e migliaia di persone hanno viaggiato per chilometri per fornire aiuto alle linee di picchetto erette da migliaia di minatori in sciopero. Hanno respinto con facilità la polizia. I tentativi di Milosevic di fare affondare la vittoria dell'Opposizione Democratica della Serbia (DOS) alle elezioni presidenziali, parlamentari e municipali del 24 settembre gli si sono rivoltati contro in maniera bruciante. Osservatori indipendenti hanno assegnato alla DOS di Vojislav Kostunica circa il 56% dei voti, mentre la commissione elettorale di Milosevic le assegnava solo il 48,2%, e a Milosevic il 40,2%, cercando così di imporre un secondo turno. Questa distorsione dei numeri tuttavia non è stata accettata dal popolo serbo, che è sceso immediatamente nelle strade di tutto il paese in centinaia di migliaia. La portata del disastro elettorale del regime è enorme. A Belgrado la DOS ha vinto 102 seggi su 110 e il regime non è riuscito nemmeno a vincere tutti i seggi rimanenti. Il governo municipale di Belgrado era guidato dal Partito del Rinnovamento Serbo (SPO), la forza cetnico-moderata e pseudoppositrice guidata da Vuk Draskovic, che veniva mantenuta al potere grazie ai voti del Partito Socialista (SPS) di Milosevic e del partner di coalizione di quest'ultimo, il cetnico Partito Radicale Serbo (SRS) di Vojislav Seselj. Così, i tre partiti storici del nazionalismo serbo moderno sono riusciti a ottenere, insieme, solo il 7% dei seggi a Belgrado. In tutto il paese, i due partiti cetnici, visti come marionette del regime, hanno conservato solo cinque seggi in un parlamento che ne ha complessivamente 178.

L' "opposizione"

Tuttavia, il crollo delle forze che sono venute fuori dalla "rivoluzione burocratica" del 1988-89 guidata da Milosevic, è stato temperato dal fatto che la politica nazionalista serba di Kostunica è altrettanto virulenta di quella di Milosevic. L'adesione di Kostunica al nazionalismo serbo precede quella di Milosevic. Nel 1974 egli ha fatto parte di un gruppo di accademici espulsi dall'accademia serba per essersi opposto alla nuova costituzione jugoslava del presidente Tito che dava maggiori poteri alle varie repubbliche e province jugoslave, ivi incluso il Kosova. Quando Milosevic ha soffocato l'autonomia del Kosova e della Vojvodina nel 1988-89 Kostunica se ne è reallegrato insieme a lui. Nel 1990 ha contribuito alla creazione del Partito Democratico (DS), di tendenza liberale, ma successivamente lo ha abbandonato per creare il Partito Democratico della Serbia (DSS) perché riteneva il leader del DS, Zoran Djindjic non sufficientemente nazionalista. Nelle guerre di aggressione della Serbia in Croazia e in Bosnia, il DSS ha sostenuto l'obiettivo di una "Grande Serbia", distanziandosi allo stesso tempo dalla tattica di Milosevic, di Seselj e del cetnico Partito Democratico della Serbia in Bosnia. Nel 1993-98 Milosevic ha rotto con l'ultradestra cetnica, in conseguenza del fatto che gli spargimenti di sangue etnici avevano ormai distrutto con successo la solidarietà di classe in tutta la regione, e lo stesso Milosevic, insieme alla nascente classe capitalista serba, ha cominciato a diventare interessato ai piani occidentali di spartizione della Bosnia in zone a dominazione serba e croata. Questo processo è culminato negli Accordi di Dayton del 1996, ispirati dagli Stati Uniti e che hanno trasformato metà della Bosnia in una repubblica serba (Republika Srpska). Kostunica, tuttavia, ha fatto blocco con l'ultradestra per opporsi a questo "tradimento", convinto che la "storica gloriosa nazione serba" avesse diritto per natura a ben più della metà dello stato confinante e che tale parte della Bosnia dovesse essere annessa formalmente alla Serbia.

Il nazionalismo serbo

L'elezione di Kostunica rappresenta quindi un rinnovo, piuttosto che una sconfitta, del nazionalismo serbo? Il quadro che si presenta ha due lati diversi. La coalizione DOS è composta da 18 partiti e organizzazioni sindacali, molte delle quali non condividono la politica di Kostunica, oppure si oppogono attivamente al nazionalismo serbo. Queste forze hanno formato una coalizione convinte del fatto che un'opposizione unita fosse necessaria per sconfiggere il regime, e la sconfitta di un regime così trincerato era un primo passo necessario verso un'ulteriore rottura con la politica di Milosevic. Nell'effettuare la scelta di un candidato presidenziale dall'elenco di quelli sufficientemente noti da potere avere un impatto, la DOS aveva poche possibilità di scelta. Dieci anni di dominio da parte della versione locale del Ku Klux Klan hanno avuto il loro effetto su chi è in grado di ottenere ascolto: tutte le possibilità disponibili erano scioviniste. La loro scelta di Kostunica è stata dettata dal fatto che, nonostante il suo virulento nazionalismo, egli ha conservato un'immagine "pulita" rimanendo l'unico importante leader dell'opposizione che non ha mai collaborato con il regime. Draskovic era entrato a fare parte del regime nel 1999 durante la guerra del Kosova, e aveva un lungo curriculum di collaborazione: l'espulsione dei partner di coalizione in Zajedno dal consiglio municipale di Belgrado nel 1997 e il conseguente governo con i voti del SPS e del SRS, l'avere agito come principale "pompiere" nel corso dei sollevamenti di massa subito dopo la fine della guerra della NATO, e la presentazione di un proprio candidato presidenziale in queste ultime elezioni, al fine di dividere il voto dell'opposizione. Il SRS di Seselj è stato il partner di coalizione chiave di Milosevic nel 1991-93 e ancora a partire dal 1998, quando le sue politiche hanno in larga parte orientato la catastrofica strategia per il Kosova. Il criminale attacco NATO dell'anno scorso contro la Serbia, da parte sua, ha reso più profondo l'elemento nazionalista tra molte persone che precedentemente si stavano allontanando dall'ideologia dominante. La loro giustificata ripugnanza contro coloro che li bombardavano si è confusa, per alcuni, con lo sciovinismo del regime contro i popoli non serbi della regione. Le credenziali nazionaliste di Kostunica hanno convinto molte persone facenti parte di questo strato ad abbandonare il regime. Quando in agosto gli Stati Uniti hanno dichiarato il loro supporto alla candidatura di Kostunica, egli ha definito tale mossa "il bacio americano della morte" e "la più grossolana intromissione negli affari interni del nostro paese e un esempio drastico di aspirazioni egemoniche e coloniali". Egli si è energicamente opposto alla guerra della NATO l'anno scorso, rifiutando tuttavia di collaborare con il regime. Ciò lo ha messo in una posizione migliore rispetto agli oppositori come Djindjic, che avevano apertamente corteggiato il sostegno dell'Occidente nel loro tentativo di salire al potere durante i sollevamenti del dopoguerra. Kostunica ha subito reso chiaro che egli non consegnerà "mai" Milosevic al tribunale per i crimini di guerra. Se il nazionalismo serbo di Kostunica non è altro che una versione più morbida di quello di Milosevic, quale sarà la politica degli USA e dell'Europa nei confronti del nuovo regime? In realtà, una modificazione del regime, piuttosto che un suo smantellamento, è sempre stata l'obiettivo dell'imperialismo occidentale.

Dividere l'élite

L'imperialismo teme che la sua mancanza di controllo su un processo rivoluzionario popolare possa non portare a una remissività nei confronti dei suoi dettami economici. Ancora più fondamentale è che il nazionalismo serbo - la visione secondo cui tutti i serbi dovrebbero vivere in uno stato allargato e "ripulito" di tutti coloro che vi si frappongono - rimane l'ideologia dell'intera classe capitalista serba che è emersa dalle ceneri dell'ex Jugoslavia socialista e dalla sua ideologia formale di "fraternità e unità" della classe operaia di paesi diversi. Un tale stato con lingua e cultura uniformi darebbe il più ampio mercato dei Balcani al capitale serbo. E' un interesse chiave dell'Occidente che sulle ceneri del "comunismo" vengano costruiti regimi capitalisti stabili. Ne consegue che la spartizione della Bosnia sancita a Dayton non è stata tanto un compromesso dell'Occidente con il nazionalismo serbo e croato, quanto piuttosto un riconoscere da parte dell'Occidente chi sono i propri partner strategici a lungo termine. E' stata la tattica di Milosevic in Kosova, che ha minacciato di destabilizzare gli interi Balcani meridionali, e non lo spirito generale della sua politica, a costituire il problema che ha portato all'intervento NATO. Tuttavia, dopo che Milosevic è diventato il demonio con cui giustificare l'aggressione NATO, non era più possibile consentirgli di rimanere al potere e così la strategia occidentale si è concentrata sulla rimozione dell'individuo corrotto, con l'obiettivo di ripulire gli organi di potere della borghesia serba. A tale fine, il governo degli Stati Uniti ha ufficialmente incanalato $25 milioni alle forze di opposizione nel corso dell'anno fiscale appena terminato. Secondo il "New York Times", il denaro proveniente da Washington e dagli alleati europei, è stato dato "in alcune occasioni sotto forma di aiuti diretti, in altre in forma indiretta come computer e apparecchiature di trasmissione, altre volte ancora come valige piene di contante fatte passare attraverso il confine... Non si fanno molti sforzi per nascondere il fatto che il denaro dell'Occidente copre gran parte dei costi delle indagini d'opinione, della pubblicità, della stampa e quelli di altro tipo della campagna politica dell'opposizione". Le sanzioni imposte dall'Occidente contro la Serbia non sono mai state un vero blocco come quello che ha ucciso 1,5 milioni di iracheni nell'ultimo decennio. Si trattava invece di sanzioni a spizzichi mirate a dividere il regime. L'embargo sui voli aerei è stato abbandonato in silenzio a gennaio e l'embargo petrolifero è stato tolto dalle città governate dall'opposizione (petrolio e gas hanno continuato a provenire da fonti non UE e non USA). L'imposizione più criminale degli Stati Uniti, quella di non consentire la ricostruzione dei disastri prodotti dalla NATO fino a quando Milosevic non fosse caduto, è stata un invito aperto a un golpe di palazzo da parte dell'élite di governo e degli apparati statali. Tuttavia, la distruzione dei ponti sul Danubio ha costituito un problema più per il commercio europeo che per l'economia jugoslava; le rovine dei ponti distrutti hanno impedito alle merci degli 11 paesi europei di raggiungere il Mar Nero. Milosevic è stato così in grado di ottenere dall'UE un accordo per il finanziamento della ricostruzione dei ponti in cambio del permesso di accesso per ripulire il fiume dalle rovine dei ponti. In luglio, quindi, i ministri degli esteri dell'UE hanno convenuto che le sanzioni erano "inefficaci" e hanno stilato un elenco delle maggiori aziende serbe con cui era possibile effettuare scambi commerciali. Hanno lasciato fuori quelle dai legami più stretti con Milosevic, cercando così di dividere l'élite. All'incirca nello stesso periodo, il governo USA ha lasciato filtrare attraverso "New York Times" l'idea che se Milosevic avesse abbandonato volontariamente il potere e lasciato il paese, non ci sarebbe stato bisogno di giudicarlo all'Aia e avrebbe addirittura potuto conservare le proprie ricchezze. Le attuali voci sul fatto che Milosevic stia cercando rifugio in Russia tramite un'iniziativa greca sono un po' troppo forti per essere negate. Kostunica sembra quindi rappresentare una scelta ideale: una persona con credenziali nazionaliste per fare gravitare attorno a sé settori cruciali dell'élite, del regime, dell'esercito e addirittura del SPS. In agosto, l'alto funzionario del SPS Zoran Lilic ha abbandonato il partito e il regime, e una fazione del SPS sta attualmente chiedendo che Milosevic prenda atto della vittoria di Kostunica. Secondo l'International Crisis Group, una sezione importante dei medi quadri del SPS non ne poteva più del sempre maggiore controllo del governo che aveva assunto un altro partito satellite, guidato da Mira Markovic, la moglie di Milosevic, che sembra non avere avuto altra ragione di esistenza se non quella di promuovere il proprio circolo ristretto di amici intimi. Anche il capo di stato maggiore dell'esercito jugoslavo, Nebojsa Pavkovic, che Milosevic aveva installato due anni fa in sostituzione dell'esitante Momcilo Perisic (ora un esponente di primo piano dell'élite dell'opposizione), ha dichiarato che riconoscerà la vittoria di Kostunica e che l'esercito non si muoverà "mai" contro il popolo. Le capitali occientali non si devono preoccupare dell'impegno preso da Kostunica di "sospendere" l'ambizioso piano di Milosevic per la privatizzazione delle 75 maggiori imprese serbe. Dopo importanti successi, tra i quali quello della vendita della società telefonica della Serbia al capitale straniero, il programma è rimasto stagnante in conseguenza della crisi del Kosova. L'obiettivo di Kostunica è semplicemente quello di impedire alcuni dei peggiori accordi di privatizzazione "interni" tra amici che coinvolgono la cricca di Milosevic. Con la cancellazione delle rimanenti sanzioni, il programma potrà continuare a pieno ritmo. A livello regionale, gli effetti della ristrutturazione del regime sotto un nazionalista serbo meno impresentabile, sostenuta dall'Occidente, potrebbe significare, paradossalmente, che Kostunica sarà in grado di portare tranquillamente a termine il progetto di "Grande Serbia" di Milosevic, ora che quest'ultimo ha compiuto tutto il lavoro sporco, cosa per la quale sarebbe stato sconveniente ricompensarlo appieno.