I DIECI GIORNI CHE HANNO FATTO TREMARE LA SERBIA
MILOSEVIC E' FINALMENTE CADUTO: LE CONTRADDIZIONI CHE SI APRONO


novembre 2000 di Catherine Samary, da Rouge, 26 ottobre 2000, traduzione di A. Ferrario


"Votare contro Milosevic, festeggiare la sua caduta e il suo passaggio all'opposizione...": un ostacolo fondamentale è caduto il 5 ottobre per coloro che volevano costruire una vera "sinistra". La giornata intera è stata marcata più di ogni altra cosa dalla felicità piuttosto che da scontri: il dispositivo poliziesco, sia quello per sbarrare le strade, sia quello per "sorvegliare" il Parlamento o la televisione di stato presa d'assalto, era irrisorio rispetto a quanto è normale vedere a Parigi nei giorni di manifestazioni "normali" o ancora rispetto a quello dispiegato a Praga alcuni giorni prima per proteggere il FMI e la Banca Mondiale dai manifestanti! Lo stesso vale per i dieci giorni che erano passati dall'annuncio di un secondo turno all'indomani delle elezioni, il 25 settembre, fino a quel 5 ottobre, con mezzo milione di persone nelle vie di Belgrado: le manifestazioni quotidiane e festanti, marcate dallo slogan corrosivo "Gotov je!" (E' finito) del movimento dei giovani, Otpor ("resistenza") e dal loro badge con il pugno alzato, entrambi utili a superare le paure, si sono svolte in una capitale senza polizia visibile. Questi dieci giorni che hanno fatto tremare la Serbia hanno quindi stupefatto il mondo - e i serbi stessi: nessuno si immaginava l'ammissione da parte dell'uomo forte di Belgrado della propria sconfitta, senza guerra civile. Perché Slobodan Milosevic era un uomo di potere, ma di sicuro non era né Hitler né Mussolini. Le descrizioni dominanti e generalmente miopi di questa "democratura" si incentrano per gli uni sui suoi tratti di dittatura, sulle forze paramilitari utilizzati nelle pulizie etniche, sul logoramento dei media, sulla messa al passo delle università e della magistratura, sui crimini impuniti, sull'alleanza con l'estrema destra - per gli altri invece sull'antimperialismo, sul pluralismo effettivo che tollerava, sull'esistenza di una stampa indipendente, su un'opposizione che aveva conquistato - fatto essenziale - la maggior parte delle grandi città, tra le quali Belgrado dopo l'inverno 1996-97. Il fatto è che quest'ultimo fattore ha consentito un controllo molto sistematico da parte dell'opposizione in più del 90% delle circoscrizioni, rendendo la frode quasi impossibile. Ma non esistevano le condizioni per un "voto di classe puro" in queste elezioni - e nessun candidato marginale avrebbe potuto risolvere tale problema. Vi è stato piuttosto una sorta di plebiscito a ritroso, con tutte le classi confuse, analogo a quello che nel 1987 aveva portato Milosevic al potere. L'Opposizione Democratica Serba (DOS) si presentava essa stessa come una "coalizione tecnica" - molto eterogenea, che andava dal nazionalismo liberale alla socialdemocrazia, passando per l'ultraliberismo - mirata a battere Milosevic. Ma solo la personalità di Vojislav Kostunica ha consentito di mobilitare la grande massa di coloro che, fino all'estate, non avrebbero votato né per Milosevic né per l'opposizione - così come era, senza Kostunica (quest'ultimo, e il suo partito, marginale, erano rimasti fuori dagli intrighi). Ed è per questo che Milosevic si era assunto il rischio di confrontarsi con un voto generale. Né con Milosevic, né con la NATO e contro la corruzione, indipendentemente dal fatto che quest'ultima venga dal potere o dagli Stati Uniti - con la speranza di uscire dall'isolamento in Europa: è stato questo il profilo del candidato vincente, messo in evidenza dai sondaggi prima ancora che la DOS lo sollecitasse. La campagna del potere, che ha assimilato ogni oppositore a un agente della NATO, non aveva dunque alcuna presa su Kostunica. Essa ha inoltre perso efficacia quando, mentre rinfacciava all'opposizione di prendere soldi dall'Occidente, la mafia di regime al potere se ne rimpinzava in misura uguale le tasche alle spalle della popolazione. La parte di quest'ultima in età più avanzata e quella più povera delle zone rurali ha votato ancora (in misura di circa il 40%) per Milosevic; ma la grande massa dei giovani e dei lavoratori ha votato contro. Il 4 novembre, i minatori di Kolubara sono stati sostenuti dall'opposizione quando il potere inviava le proprie forze d'élite contro il comitato di sciopero. Le fraternizzazioni che hanno avuto luogo quel giorno con le forze di polizia, e che hanno liberato le miniere, erano un'espressione di quanto accadeva in profondità nell'insieme delle unità di repressione: un'oscillazione, che spiega la debolezza del dispositivo poliziesco il giorno dopo... Ma i minatori che si erano mobilitati prima di tutto affinché il loro voto fosse riconosciuto, si rivolgono ora, come in molte altre imprese, contro i direttori corrotti e arroganti che formavano la clientela del potere. La DOS si trova quindi ormai di fronte a una grande contraddizione: l'appellarsi ai diritti di autogestione (per cercare così di insediare i propri uomini), mentre il suo programma economico si incentra sulle privatizzazioni accelerate... Le questioni sociali e nazionali della Federazione rimangono intatte. Per quanto riguarda i crimini commessi, essi dovranno essere giudicati, in primo luogo dai serbi stessi. Tutto ciò richiederà del tempo e non sarà realmente possibile se non nel quadro di una messa in luce sistematica di tutti i crimini commessi nello spazio jugoslavo.