LKCK: LIBERTA' O MORTE
DOPO LE ELEZIONI MUNICIPALI DEL 28 OTTOBRE 2000


novembre 2000, intervista a Driton Avdiu e Osman Shahini, a cura di Andrea Speranza

 

Driton Avdiu è redattore di "Clirimi" (Liberazione), organo della LKCK (Levizja Kombetare per Clirimin e Kosoves - Movimento Nazionale per la Liberazione del Kosova). Osman Shahini fa parte della direzione della LKCK

Prishtine, 18 novembre 2000

L'incontro con Driton Avdiu, giovane redattore di "Clirimi", membro della LKCK a partire dall'anno di fondazione del partito, il 1993, è stato un'occasione unica per analizzare il percorso del movimento, a partire dagli anni della clandestinità fino alla scelta attuale di schierarsi all'interno della coalizione dell'AAK (Aleanca per Ardhmerime e Kosoves ­ Alleanza per il Futuro del Kosova), guidata da Ramush Haradinaj.
"Liri a vdekje", libertà o morte, è lo slogan di questa formazione politica, tra le prime a sostenere la necessità di prepararsi alla lotta armata nei confronti del regime oppressore di Belgrado.
Ci parli della storia di "Clirimi".
Clirimi è nata con la LKCK, nel 1993, ed è sempre stato l'organo ufficiale del Partito. Pubblicato illegalmente per tutti gli anni '90, stampato in uno scantinato a Prishtine, il primo numero fu confiscato dalla polizia serba, che riuscì ad impadronirsi di 600 copie. Negli anni di clandestinità gli attivisti della LKCK riuscirono a fare circolare clandestinamente circa 2000 copie di Clirimi a Prishtina e 5000 in tutta la Kosova.
Nel 1997, anno delle prime azioni armate, le forze serbe inasprirono la repressione, furono arrestati parecchi attivisti della LKCK e redattori di Clirimi.

Come nacque la LKCK?
La LKCK nacque nel giugno 1993, fondata da un gruppo di attivisti provenienti in gran parte dalla LPK (Levizia Popullore e Kosoves ­ Movimento del Popolo del Kosovo), formazione nata nel 1982, già illegale negli anni '80, che ha sempre rivendicato la resistenza armata nei confronti del regime di Belgrado.
I membri fondatori della LKCK sono stati Bahri Fazliu, ucciso nel 1998 in battaglia, Avni Klinaku (nel carcere di Nis dal 1997), Raif Cela (in carcere dal 1993), Agron Rrahmani (ucciso nel 1998 a Prishtine), Sabit Gashi, attuale Presidente del Partito.

Ci parli della posizione della LKCK negli anni '90, dei rapporti con l'UCK, negli anni dell'inizio della resistenza armata.
A differenza dell'UCK (molti dei cui leader provengono anche loro dalla LPK), che aveva deciso di iniziare con azioni armate nei confronti di caserme e poliziotti serbi in Kosova la fase della lotta armata, la nostra formazione era impegnata nel preparare il terreno per raccogliere consenso da parte del popolo della Kosova, in definitiva non ritenevamo che fosse arrivato il momento di passare alla lotta armata, in quanto non esisteva il consenso di massa necessario per portare avanti un'azione che avesse qualche possibilità di successo.
Nel marzo 1998 fu siglato un accordo politico-militare con i leader dell'UCK, col quale abbiamo accettato di sottoporci alla loro struttura militare. Siamo stati l'unico partito politico ad unire le proprie forze a quelle dell'UCK, tutti noi abbiamo combattuto in Kosova per tutta la durata della guerra. La parte politica dell'accordo prevedeva la formazione di un "Governo provvisorio di guerra", al quale noi avremmo dovuto partecipare. Questa parte dell'accordo nei fatti non è mai stata rispettata dall'UCK, che in questo modo ha voluto avere l'assoluta leadership politica, oltre che militare, del movimento armato, nonostante i nostri appelli a Thaci. Tuttavia la collaborazione sul piano militare dei nostri uomini con i comandanti dell'UCK è stata completa.

Qual era la vostra posizione nei confronti della LDK e della sua politica negli anni '90?
La politica di Rugova non ha portato alla Kosova alcun risultato. I continui appelli al mondo occidentale sono stati ignorati, noi ci siamo sempre opposti al tipo di resistenza passiva organizzata dalla LDK e abbiamo subito, fin dalla nostra nascita, iniziato a propagandare tra la popolazione della Kosova la necessità di prepararsi alla lotta armata.

Come vi siete posti rispetto alle manifestazioni studentesche organizzate dalla UPSUP (Unione Studenti Indipendenti, guidata da Albin Kurti e Bujar Dugolli) di fine 1997?
Abbiamo appoggiato attivamente la grande manifestazione del 1 ottobre 1997 a Pristina, che ha segnato una svolta rispetto alla politica passiva perseguita dalla LDK. E' stato un grande successo, purtroppo in seguito i leader studenteschi si sono fatti manipolare dall'amministrazione americana. Invitati a Washington, si sono fatti convincere che la strada dell'escalation di proteste pacifiche di strada fosse pericolosa per la stabilità del Kosovo. In questo modo non si è proceduto ad una progressiva fase di mobilitazione di massa, come hanno dimostrato le successive manifestazioni studentesche di piazza, che infatti noi non abbiamo appoggiato e alle quali non abbiamo partecipato.

Quale è stata le vostra posizione nei confronti degli accordi di Rambouillet?
Ci siamo opposti alla firma degli accordi, insieme alla LPK e a leader come Adem Demaci, che a quel tempo costituiva una figura di riferimento per noi.
Gli accordi di Rambouillet non garantivano l'indipendenza della Kosova e soprattutto avallavano e garantivano la presenza delle forze militari e di polizia serbe sul territorio, fatto per noi inaccettabile. Se i serbi avessero firmato quegli accordi, noi avremmo comunque continuato la lotta armata. Nonostante le divergenze con la leadership dell'UCK, che firmò gli accordi, i rapporti continuarono ad essere di completa collaborazione militare nel corso dei tre mesi di guerra successivi.

Qual è il vostro orientamento politico e quali sono i punti fondamentali del vostro programma?
Non possiamo dire di avere un orientamento politico che si ispiri a valori e a ideologie di sinistra o di destra. Negli anni passati ed ancora in questa fase ci sono emergenze ed obiettivi che vanno al di sopra della connotazione politica del nostro movimento. Prima la lotta armata per la libertà, ora in Kosova la situazione economica non è ancora definita, non ci sono le condizioni, le basi economiche per potersi schierare con una determinata classe sociale. E' un discorso ancora prematuro.
Nella fase attuale il nostro programma si può definire "nazionalista", nel senso che rivendichiamo un coinvolgimento completo del popolo della Kosova alla creazione delle istituzioni politiche, giudiziarie, amministrative della regione. I cittadini devono attivarsi in prima persona, per proseguire il cammino verso l'autogoverno. Questo è anche il punto fondamentale del programma dell'AAK di Ramush.
La LKCK sta lavorando per l'altro grande obiettivo futuro : il referendum per l'unificazione della Kosova con l'Albania, altro punto fondamentale del nostro programma politico. Il referendum dovrà proporre agli elettori due scelte : rimanere sotto il governo di Belgrado, oppure unirsi allo stato di Albania. L'opzione dell'indipendenza della Kosova non è quindi nel nostro programma.
L'unificazione con l'Albania per noi costituisce la soluzione migliore per una stabilità duratura nella regione balcanica. In questo modo infatti ci sarebbe un maggiore equilibrio tra Serbia, Grecia, Albania con la Kosova e gli altri stati dell'area.

Come giudicate l'operato della Nato durante la Guerra?
Siamo soddisfatti di come la Nato ha portato avanti la campagna aerea nei confronti delle forze serbe. Non siamo invece soddisfatti del comportamento delle cancellerie occidentali e americana prima e dopo il conflitto che ha coinvolto la Nato.
La risoluzione delle Nazioni Unite n. 1244, sulla quale si è basato l'accordo tecnico-militare di Kumanovo, ha avuto il merito di obbligare le forze serbe a lasciare la Kosova, ma allo stesso tempo prevede, in un non precisato futuro, il ritorno di un numero simbolico di soldati e poliziotti da Belgrado per sorvegliare i siti religiosi in Kosova e i confini della regione. Questo è inaccettabile per la LKCK.

Ci parli di come la LKCK si è posta all'interno delle correnti politiche albanesi dopo la fine della guerra.
Abbiamo fatto parte del Governo Provvisorio della Kosova, presieduto da Hashim Thaci, nel quale abbiamo avuto tuttavia una rappresentanza limitata: un ministro (Sabit Gashi, Ministro della Cultura) e 4 viceministri (ai ministeri dell'Informazione, Economia, Ricostruzione e Interni).
Siamo usciti da questo governo il 13 dicembre 1999, due giorni prima della formazione del Joint Interim Council, il governo tripartito Thaci-Qosia-Rugova, presieduto da Bernard Kouchner. Ciò per protestare nei confronti di Thaci, che a quel tempo aveva già fondato il suo partito, il PPDK, e ha voluto formalmente rappresentare nel governo tutti i partiti che avevano aderito al Governo Provvisorio, ma che tuttavia faceva soltanto gli interessi del suo nuovo partito. Gli altri partner, come noi, non sono stati neanche consultati sulla decisione di aderire alla nuova entità politica.
Per questi motivi siamo usciti dal Governo Provvisorio.

Come è nata la decisione di Ramush Haradjnaj di aderire all'AAK?
Crediamo nell'idea di Ramush, quella di formare una coalizione di partiti che hanno lottato, distinta dal partito di Thaci, e che porti avanti un progetto per il futuro della Kosova, basato sulla partecipazione, come ho detto prima, di tutti i cittadini in prima persona alla costruzione delle istituzioni democratiche del paese. Si tratta di costruire le fondamenta del futuro di questo paese. Per questo abbiamo deciso di aderire all'Alleanza nell'aprile 2000.
Accettiamo Ramush come leader; è stato un grande in battaglia, ha il carisma e la leadership per guidare il movimento.

Quali sono le posizioni degli altri partiti presenti nell'AAK nei confronti del vostro programma?
Nel programma dell'AAK non esiste la parola "indipendenza". Tuttavia si tratta di un paradosso soltanto in apparenza: Ramush non la ha mai chiesta esplicitamente, la filosofia è quella di preparare il terreno, di portare avanti un cammino che abbia come obiettivo finale l'indipendenza.
Il PPK (Partia Parlamentare e Kosoves ­ Partito Parlamentare del Kosovo) e la UshDK (Unioni Shqiptare DemoKristiane - Unione dei Cristiano Democratici Albanesi), membri dell'AAK, hanno l'indipendenza come punto fondamentale del loro programma politico.
Noi, insieme alla LPK e all'UNIKOMB (Partia e Unitet Kombetar Shqiptar ­ Partito dell'Unificazione Albanese), puntiamo all'unificazione con l'Albania.
Siamo fiduciosi che in futuro potremo portare anche Ramush e gli altri membri dell'Alleanza sulle nostre posizioni.

Come giudicate il risultato dell'AAK nelle scorse elezioni municipali?
Le elezioni del 28 ottobre hanno legittimato l'Alleanza come la terza forza politica della Kosova, dopo la LDK e il PDK e questo è un ottimo risultato. In realtà ci saremmo aspettati un risultato migliore, tuttavia ci conforta la consapevolezza di costituire un punto di riferimento per molti cittadini. Abbiamo cercato di presentarci come una forza alternativa al PDK di Thaci; anche noi veniamo da un passato di lotte, il carisma di Ramush è stato senza dubbio molto importante. Tuttavia paghiamo nei confronti della gente il tipo di approccio dominante, vale a dire che una persona come Ramush, che ha combattuto eroicamente per tutta la durata della guerra, non sarebbe in grado di governare perché non ha una laurea o comunque non è un cosiddetto "intellettuale". In questo senso la strategia della LDK pare abbia avuto gli effetti cui mirava. Pensiamo che tra la gente ci sia molta simpatia per Ramush e per l'Alleanza, ma che questo sentimento positivo non si sia concretizzato in voti per questo motivo. A questo punto dobbiamo dimostrare, dove siamo stati eletti, di sapere lavorare bene per guadagnare, oltre alla simpatia, anche il voto dei cittadini. Comunque Ramush è la persona giusta per guidare l'AAK e la nostra fiducia in lui rimane intatta.

L'intervista prosegue con Osman Shahini, membro della LKCK, anche lui proveniente dal LPK (fin dal 1986).

Quali sono i rapporti di forza all'interno dell'AAK?
Ci piace sentirci parte di una coalizione, camminare insieme. Tuttavia, se volete avere un'idea, dei 71 seggi conquistati in totale dall'AAK nelle varie municipalità, in Kosova, ben 26 sono andate ad e-sponenti della LKCK. Al PPK sono state assegnati 15 seggi, 2 a LPK e a UshDK, 4 all'UNIKOMB, il resto a candidati indipendenti.
Senza l'apporto della LKCK, la coalizione perderebbe gran parte della sua forza. Per questo siamo fiduciosi che in futuro le posizioni e il programma del nostro partito possano diventare le posizioni dell'Alleanza. Mi riferisco soprattutto all'eventuale futura unificazione con l'Albania.

Sappiamo che la Nato nei mesi passati ha confi-scato copie di un numero di "Clirimi". Ci parli di questo episodio.
Abbiamo sempre parlato chiaramente, senza paura di nessuno. Nel luglio-agosto 1999, Clirimi uscì con un titolo che dichiarava : "La Nato tollera i criminali serbi e arresta gli albanesi". Si riferiva alla politica della Kfor, reticente e non ferma abbastanza per quanto riguarda l'arresto di criminali di guerra ancora presenti in Kosova. Nella zona di Gjlane, il contingente americano ha confiscato alcune centinaia di copie. Anche il quotidiano "Dita" (vicino al PDK) ha avuto problemi con la Nato : ha pubblicato in prima pagina la foto e il nome di un criminale di guerra serbo ancora presente in Kosova che aveva cambiato identità per sfuggire alla giustizia. La polizia dell'UNMIK decise di ignorare la cosa, dopo una settimana questa persona fu uccisa e il quotidiano fu accusato di avere incitato all'omicidio etnico e fu multato.

Come giudicate il comportamento del governo UNMIK in Kosova?
Kouchner potrebbe fare molto di più per il popolo albanese, e ha commesso anche dei gravi errori. Il principale è quello di non aver cercato una vera e propria giustizia nei confronti dei criminali di guerra serbi, giustificandosi con il fatto che anche tra noi albanesi ci sarebbero persone che avrebbero commesso crimini e che sono ancora in libertà. Anche nei confronti della questione dei prigionieri albanesi nelle carceri serbe non si è assolutamente fatto abbastanza per fare pressioni su Belgrado. Un altro fatto inaccettabile è che il popolo albanese sia ancora oggi privo per la maggior parte di documenti, la cui cosa impedisce la loro libera circolazione fuori dal Kosova. Per questi motivi siamo molto critici nei confronti dell'UNMIK.

Pensate che possa cambiare qualcosa con il cambio di potere a Belgrado?
Sappiamo che Kostunica, come tutti i leader serbi di ogni epoca, ha la stessa opinione per quanto riguarda il Kosova ed il popolo albanese. Il fatto che la comunità internazionale lo consideri un "democratico", che si sia affrettata a riammettere la Jugoslavia nella comunità internazionale costituisce un grave errore. Tutto questo va a nostro detrimento. Un fatto positivo è che ora tutte le forze politiche albanesi, a cominciare dalla LDK, sono consapevoli di questo rischio. Anche Rugova si è fermamente espresso per l'indipendenza e ora deve mantenere le promesse al 65% dei cittadini kosovari che hanno votato per il suo partito. Gli albanesi non potranno più essere manipolati dall'Occidente come è successo in passato.

Come vedete il futuro del Kosova per quanto riguarda il rapporto con la comunità serba?
In Kosova i serbi hanno il diritto di rimanere, questa è anche la loro terra. Prima di tutto bisogna garantire giustizia per tutti i crimini che sono stati commessi durante gli anni scorsi. Detto questo, lavorare per costruire un Kosova democratico, nel quale i diritti di tutte le minoranze siano garantiti, costituisce un obiettivo fondamentale per la LKCK e per tutta l'AAK. Nella futura costituzione dovranno essere contenute leggi che possano garantire la loro sicurezza. La comunità serba, rinchiusa nelle enclaves, sta soffrendo molto; è necessario lavorare insieme, in vista di una loro futura completa integrazione nel paese. A loro dovranno essere garantiti tutti i diritti, come alle altre minoranze presenti in Kosova.

Tra le varie ipotesi per il futuro status della Kosova, si parla anche si una eventuale spartizione, con le regioni settentrionali, abitate da serbi, che sarebbero annesse alla Repubblica Serba. Come vi ponete rispetto a questo scenario?
La cosa è per noi inaccettabile. È ancora presto per parlare con i serbi di Leposaviq [la municipalità più settentrionale del Kosova, abitata interamente da serbi - NdR], ma in futuro una loro eventuale annessione alla Serbia sarà tollerata soltanto se verrà data agli albanesi delle regioni di Presevo, Medveva e Bujanovac (regioni della Serbia meridionale, a maggioranza albanese) la possibilità di unirsi a loro volta alla Kosova. In questo modo si tornerebbe alla situazione pre-1964, quando Belgrado decise di annettere alla Kosova la zona di Leposaviq e di escludere invece le regioni che ho citato prima, abitate da albanesi, per bilanciare etnicamente la provincia.

Se doveste assistere al ritorno di forze serbe in Kosova, come previsto dalla risoluzione 1244 dell'ONU, per sorvegliare i siti religiosi ortodossi e i posti di frontiera, come vi porreste?
Noi non possiamo in alcun modo accettare la presenza di forze militari o di polizia serbe in Kosova. La LKCK è pronta in ogni momento a rientrare in clandestinità e a ricominciare la lotta armata e siamo sicuri che in questo caso tutto il popolo albanese sarà pronto a seguirci.

Come giudicate la presenza della Kfor e qual'è il vostro pensiero sulla sua futura permanenza in Kosova?
La presenza della Kfor in questo momento è necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini. Per il futuro contiamo di potere formare un esercito integrato con quello di Albania. Certo che le forze occidentali non possono pensare di rimanere qui a oltranza, anche se è chiaro che gli Stati Uniti hanno ormai stabilito una loro presenza massiccia in questa regione. Gli USA non vogliono la stabilità dei Balcani, anzi sono qui per fomentare l'instabilità; a loro servono le guerre nei Balcani, anche per contrastare l'integrazione militare dell'Europa. Noi pensiamo comunque che verrà il momento in cui la Kfor dovrà andarsene.

 

 

"Clirimi" ha un indirizzo e-mail : cliri-mi@yahoo.com