LA MUSICA POP-FOLK IN SERBIA E IN BULGARIA
INTRODUZIONE: RITMI IBRIDI E POLITICA


aprile 2001, di Andrea Ferrario

 

Uno dei fenomeni più diffusi nello spazio musicale dei Balcani degli ultimi dieci anni è quello del pop-folk. Questa miscela di ritmi e intonazioni moderne (dance music) e di tonalità folcloriche tradizionali è uno dei generi più ascoltati nella maggior parte della penisola balcanica, a partire dalla Serbia, fino alla Bosnia, alla Bulgaria, alla Croazia, alla Macedonia, alla Grecia e anche alla Turchia. In ciascuno di questi paesi tale genere musicale ha nomi e caratteristiche differenti, legati alle diverse tradizioni e al diverso contesto sociale e politico. In alcuni di essi, in particolare quelli della ex Jugoslavia, questo generale musicale, e tutta la grande industria mediatica che ha alle spalle, ha infatti avuto un ruolo politico e sociale non indifferente. Nella serie di documenti che proponiamo in questo numero cercheremo di approfondire in particolare proprio gli aspetti sociali, scegliendo come campioni rappresentativi i casi della Serbia e della Bulgaria.

La ex Jugoslavia, e in particolare la Serbia, è stato il paese di origine della nuova musica pop-folk, diffusasi poi in tutti i Balcani. La maggiore libertà di iniziativa economica, da una parte, e l'esistenza di un pubblico di emigrati o ex emigrati nell'Europa occidentale sono due delle condizioni che hanno portato nel tempo alla nascita in questo paese del genere della musica "neokomponovana" ("neocomposta"), cioè di una musica che riformulava i moduli della musica tradizionale secondo canoni più moderni. Il ben più aggressivo "turbofolk" (detto anche "neofolk") ha fatto la sua comparsa sulla scena musicale jugoslava a cavallo tra la fine degli anni '80 e i primissimi anni '90, con l'apertura dei mercati e con il contemporaneo afflusso su questi ultimi dei capitali dei profittatori di guerra, in cerca di investimenti redditizi. Il turbofolk si è subito rivelato, oltre che un grande business per l'establishment politico, anche una potente arma di intrattenimento e distrazione delle masse in una Jugoslavia impoverita dalla guerra e dall'isolamento internazionale. Della parabola di questo genere musicale nella Serbia degli anni '90 dà un resoconto dettagliato l'articolo di Ivana Kronja intitolato "Lo splendore letale".

Il caso della Bulgaria è invece diverso. In questo paese, l'assenza di un mercato mediatico e il più rigido controllo della censura hanno contribuito a mantenere fino al 1990 una rigida distinzione tra la musica tradizionale e quella pop, rigorosamente confinata quest'ultima nei canoni della musica leggera e del rock tradizionale. A livello popolare, tuttavia, la musica "novokomponovana" serba, così come quella rom e/o turca, hanno sempre avuto una larga diffusione "semiclandestina" attraverso il commercio illegale di cassette pirata. Verso la metà degli anni '90, con la stabilizzazione della situazione politica e con il contemporaneo formarsi di una classe capitalista più stabile in cerca di attività in cui investire i propri capitali provenienti da attività illecite, l'industria musicale bulgara ha avuto una forte crescita. Il turbofolk serbo è stato rapidamente sorpassato, a livello di difussione nel paese, da una produzione locale estremamente ibrida, che ha fatto propri, mischiandoli, i canoni della tradizione folk bulgara, quelli della musica "neokomponovana" serba, quelli della musica rom e, in parte, anche quelli della musica pop turca e greca. Il folk-pop bulgaro si distingue da quello dell'ex Jugoslavia per l'assenza del culto della violenza e di legami diretti con l'establishment politico, mentre ne condivide la cultura fortemente maschilista. Verso la fine degli anni '90 si è imposto sul mercato bulgaro, diventando popolarissimo, un sottogenere del folk-pop: la chalga. Quest'ultima è caratterizzata in particolare da testi particolarmente volgari e spesso demenziali, che hanno incontrato grande favore presso il pubblico. Riguardo alla chalga proponiamo in questo mini-dossier un articolo della musicologa bulgara Kler Levi, che analizza l'imbarazzato atteggiamento della élite intellettuale della Bulgaria rispetto a questo fenomeno musicale (nonché i metodi sbrigativi della polizia a "tutela dell'educazione del popolo"...).

[NOTA: Nel lavorare a questa serie di materiali, curioso di avere riscontri sul tema "chalga" da parte di bulgari e italiani che si interessano alla Bulgaria, sono intervenuto nel forum di discussione dell'ottimo sito web "Bulgaria-Italia" (http://www.bulgaria-italia.com), chiedendo di esprimere pareri sull'argomento. Ne è nata un'interessante discussione, non ancora terminata nel momento in cui chiudiamo il numero, che potete leggere a: http://www.bulgaria-italia.com/bg/forum/reply.asp?message=403&all=True]