BOSNIA: LA QUESTIONE DELL'AUTONOMIA CROATA
CONFLITTO TRA COMUNITA' INTERNAZIONALE E AUTONOMISTI CROATI


marzo 2001, di Lazar Lovrenovic, da Ferald Tribune del 10 marzo 2001, apparso in "Le Courrier des Balkans", tradotto dal francese da Dino Aventaggiato

 

La destituzione di Ante Jelavic e di tre dignitari della "autonomia croata" ( Ivo Andric, Mirko Tokic e Zdravko Batinic ) è stato nel passato, più volte annunciato dallo stesso Jelavic. I puri di spirito possono allora pensare che lui è masochista.

Sembrerebbe che i dirigenti dell'HDZ abbiano spinto Wolfang Petrish a dimissionarli, e ciò contro la sua volontà. Non ci sarebbe altra risposta. Petrisch giustifica la sua decisione enumerando l'insieme delle misure prese da Jelavic e dall'HDZ per ostacolare i progressi in ambito politico ed economico. L'amministratore internazionale della Bosnia-Erzegovina (BIH) informa il popolo croato della Bosnia che Jelavic e i suoi compagni hanno attivato, il 3 marzo a Mostar, "una struttura parallela e illegale". Le loro motivazioni non sono, come loro pretendono, d'ordine patriottico. Essi sono guidati essenzialmente da interessi personali. Petrisch ha citato l'esistenza di "elementi criminali" nel partito lasciando l'incarico alla giustizia indipendente, alla quale accorda tutta la sua fiducia, e la responsabilità di fare il proprio lavoro.

Sembrerebbe che gli osservatori internazionali a Sarajevo abbiano finalmente deciso di colpire i veri obiettivi. La destituzione da parte di Petrisch di d'Edhem Bicakcic, direttore di "Elektroprivreda" (compagnia pubblica d'elettricità) e numero due del SDA, ne è la prova. E' stato dimissionato dalle sue funzioni in ragione delle malversazioni compiute a vantaggio del suo partito, all'epoca del suo mandato di Primo ministro della Federazione.

Intimidazione nazionalista

Le strutture parallele gestite dai due partiti, hanno deciso, sino ad ora, del destino del popolo e avevano le mani sulla finanza, il potere politico ed economico.

Tuttavia, c'era una terza entità, quella organizzata intorno all'esercito e all'amministrazione (distribuzione d'elettricità, acque e foreste, impiantistica, dogane e imposte, poste e telecomunicazioni ). Jelacic, l'ha tra l'altro apertamente detto durante una manifestazione che precedeva la riunione di Sabor. Rivolgendosi al pubblico domandava:" Potete voi immaginare questi nuovi poteri gestire il nostro HVO (Consiglio croato di difesa) e la nostra Elektroprivreda"?
I laici non comprendono come i Croati ed i Bosniaci abbiano potuto creare, col pretesto di rappresentare gli interessi del popolo, due "terze entità" (una ciascuna) nella Federazione. Il loro smantellamento è una condizione essenziale per l'avvenire del paese.

Nel frattempo, il conflitto che oppone la comunità internazionale e gli interessi difesi da Jelavic, concernenti la messa in opera di una "assemblea nazionale croata", non può essere solo risolta con la destituzione degli alti responsabili.

Dopo il referendum illegale organizzato dall'HDZ nel novembre 2000, si attende la creazione d'una struttura politica parallela. Da molti anni Jelavic cerca d'imporre l'HDZ come il partito leader di una assemblea croata che resta da creare. Le elezioni municipali della primavera 2000, caratterizzate da un forte tasso d'astensionismo, hanno visto nel frattempo una diminuzione del voto HDZ.

Tuttavia, grazie ad una politica nazionalista accompagnata da tentativi d'intimidazioni, l'HDZ ha approfittato del referendum e delle elezioni di novembre per riunire di nuovo gli elettori croati.
Le cose, da allora, si sviluppano in funzione d'un piano d'azione precisamente elaborato che comprende la fondazione di un cosiddetto Consiglio nazionale e l'adozione d'una dichiarazione sui diritti del popolo croato in Bosnia-Erzegovina. Le tensioni con la comunità internazionale non hanno cessato d'aumentare ed il livore anti-bosniaco, scomparsa nel 1993/94, riappare. Questo piano, sapientemente organizzato, ha condotto alla proclamazione della "autogestione", il 3 marzo a Mostar.

Un progetto ipocrita

Se si analizza lo scenario che conduce alla riunione di Mostar, e che ci riporta un po' nel passato, le cose divengono più chiare. Il personaggio principale a Mostar, non era né Jelavic né i suoi colleghi di partito, né gli invitati di Zagabria, ma Ratko Peric, vescovo di Mostar. Attraverso un discorso a carattere politico, ha sottolineato le ragioni dell'assemblea nazionale croata. Lui ha legittimato, con il tenore delle sue proposte, l'insieme degli elementi che dovranno condurre all'autogestione croata (decisione che, tra l'altro, sarà in seguito adottata dalla "assemblea"). Seguendo l'esempio dei promotori dell'autogestione, come Mate Boban e Ante Jelavic, non è stato discusso il problema dell'estensione territoriale della "entità croata". Il progetto sembra inutile per i due cantoni dove i Croati sono ampiamente maggioritari. Non hanno bisogno di un'autonomia politica per sentirsi nella loro casa. Nel frattempo, il resto del territorio popolato da Croati, che sia nella Federazione o nella Repubblica Srpska, è, anche dopo le terribili pulizie etniche, oggi abitato da Bosniaci e Serbi. In queste regioni, i Croati non avranno nessun appoggio al loro progetto di "autogestione nazionale". Rischiano, al contrario, di perdere i loro domini. Potrebbero pienamente far valere i loro diritti nel quadro di un progetto radicalmente diverso, che dovrebbe avere come obiettivo il riconoscimento del diritto e dell'identità di ognuno nell'insieme della regione.

La prova la più evidente dell'ipocrisia e dell'egoismo dell'HDZ, fortemente sostenuto dal vescovo di Mostar, è costituito dal fatto d'aver da tempo respinto il principio di statuto costitutivo. Dopo la sua adozione ufficiale, l'HDZ non ha cessato d'ostacolarne la sua messa in opera.

Ratko Peric non ha fatto che manipolare la linea della Chiesa in Erzegovina. Si ritrova la stessa ideologia nelle proposte degli altri preti del territorio. Le loro dichiarazioni assomigliano a degli ordini di voto. Il comunicato di Luka Pavlovic, vicario generale dell'episcopato di Mostar, chiedeva agli elettori croati di non votare per " quelli con orientamento che s'iscriveva nello spirito del materialismo, dell'ultra-liberismo, della massoneria, e dell'agnosticismo". La stessa mentalità arcaica presente presso i francescani della regione.

Questa tendenza esprime la volontà di finirla con la Bosnia. L'estrema soluzione proposta sarebbe l'esplosione e la divisione del paese.

Emissari in azione

Si è potuto ricordare che il cardinale Pujic non ha assistito all'assemblea, e anche se non ha fornito alcun commento sul caso, si è pronunciato contro la creazione di terza entità. Molte persone interpretano ciò come un disaccordo drammatico tra le Chiese cattoliche di Bosnia e di Erzegovina. Nel frattempo però, si è impegnato personalmente impegnato a fianco di Jelavic durante la fondazione dell'assemblea e l'adozione della dichiarazione di Travnik concernente l'autogestione croata. Delle voci corrono ugualmente su delle visite rese da "emissari" di Jelavic, alla vigilia delle elezioni a preti della regione. Jelavic vi avrebbe fatto pervenire importanti somme di denaro al fine di assicurarsi il loro voto. L'ufficio di Jelavic ha promesso di pronunciarsi su ciò ma non l'ha ancora fatto.

La destituzione di Jelavic non costituirebbe un elemento sufficiente per risolvere il conflitto che oppone l'HDZ e Petrisch. Questo conflitto prende la forma di un conflitto disperato tra un'oligarchia che desidera conservare il potere ed un popolo che aspira al cambiamento.

Il problema è che al piccolo gioco di menzogna e verità, la menzogna finisce sempre per trionfare poichè riceve tutti i mezzi, politici, religiosi o altri. L'esempio del vescovo Peric ha già dimostrato che il cambiamento di persone conta poco. Lui ha effettivamente desiderato che "questa assemblea resti una istituzione politica e sociale stabile e duratura, anche se i partiti politici cambino o fossero eliminati con la forza. Ha dichiarato che la volontà politica del popolo croato era di avere delle istituzioni che gli corrispondano".