CROAZIA: RAPINA SOTTO LA COPERTURA DELLA TRANSIZIONE
IL SACCHEGGIO DELLA CROAZIA, IL VERO "MIRACOLO DEL SIGNORE CROATO"


gennaio 2001, di Igor Lasic, da "Monitor" del 5 gennaio 2001, tradotto dalla versione francese, apparsa in "Courrier des Balkans", da Dino Aventaggiato

 

Tentare di fare una breve analisi del processo e dei risultati della transizione economica nei paesi dell'ex Yugoslavia equivale in qualche modo al lavoro di Henry Dunant sul campo di battaglia di Solferino dopo che la calma era ritornata, ma con due grandi differenze. Primo, c'è ora molta più gente che sottrae gli orologi agli sventurati e ruba loro i risparmi e secondo, il grande mattatoio della nostra epoca e nei fatti servito ­ finalmente ciò è più che chiaro ­ alla più ordinaria delle rapine.

Le maniere volgari e la gestione dispotica della transizione danno una idea convincente dello stato attuale dell'economia in Croazia. Nel frattempo, l'entusiasmo a correre in aiuto ai sopravvissuti ed alle potenziali future vittime richiederà, in questa occasione, delle dimensioni non minori di quelle che aveva manifestato il celebre fondatore dell'organizzazione della Croce Rossa.

La Croazia occupa una superficie di 56.538 km2, con una popolazione di 4.8 milioni di abitanti dopo il censimento del 1991. Malgrado qualche desiderio politico e sociale, all'esterno e all'interno, la superficie nel frattempo non è stata né ridotta né aumentata ed il nuovo censimento del 2001 dimostrerà che il numero di abitanti è un po' diminuito soprattutto a causa dei grandi movimenti migratori del decennio passato.

Nel 1991, i cinque milioni (circa) di cittadini croati crearono un po' più di 18 miliardi di dollari americani come prodotto nazionale lordo (PNB), che tuttavia rappresenta i tre quarti del PNB dell'anno precedente di quello menzionato, ma tre miliardi e mezzo di meno d'oggi. Ora dunque, si viveva meglio nell'anno di crisi '91 che oggi..

In primo luogo, occorre ricordare che il numero dei disoccupati di dieci anni fa, quando la Croazia non era ancora formalmente indipendente ma non era più all'interno della RFY (un po' come il Montenegro d'oggi in rapporto alla RF di Yugoslavia), era due volte meno elevato che oggi: 170.000 contro 360.000.

Le importazioni di quell'anno ammontavano a 3.9 miliardi di dollari e le esportazioni a 3.3 miliardi, in questo modo la copertura delle importazioni con le esportazioni era dell'85%. Oggi le importazioni sono a 8.4 miliardi, e le esportazioni a un po' più di 4.5 miliardi, ciò vuol dire che la copertura è caduta al disotto del 55%. Il segreto di un tale "miracolo del signore croato", come amava dire Franjo Tudjman da vivo e durante il suo potere per la sua alchimia economica, si maschera per il semplice fatto che la considerevole crescita dei disoccupati è stato generato prima nei settori della produzione. E si produce sempre meno. Ad esempio, la Croazia oggi importa frutta e verdura, carne e pesce, abbigliamento e mobili , senza parlare del materiale tecnico.

L'indice del volume della produzione industriale ci dice che dopo il '91 s'è abbassato del 40%. Le autorità ufficiali croate giustificano ciò come conseguenza dei danni della guerra, ma la maggior parte di questi danni non riguarda i territori della Croazia, anche se per molti anni furono sotto occupazione o esposti al fuoco dei cannoni della prima linea del fronte. La direzione politico-economica croata è la sola responsabile d'una situazione così disastrosa, condotta dalle sue idee sulla transizione passando dalla proprietà sociale alla proprietà pubblica, e successivamente privata. Ne testimoniano altri parametri economici.

Il confronto tra i salari medi di quel periodo e quelli d'oggi causerebbe una grande confusione in quanto dopo il 1991 in Croazia sono state introdotte tre monete differenti ( dal dinaro yugoslavo, al dinaro croato, poi la kuna ). Dopo la messa in corso del dinaro croato , segue un periodo d'iper inflazione fino al 1993, ed infine un rapporto stabile, ma assai dubbioso, tra la kuna ed il marco tedesco di cui il rapporto medio attuale si situa tra 3.85 e 3.90 kune per un marco tedesco.

Attualmente il salario mensile in Croazia è di circa 3.000 kune (un po' meno di 800 DM ), e la media delle pensioni, su circa 1.100.000 pensionati, è di 1300 kune al mese ( circa 340 DM). Quanto al paniere dei risparmi , è difficile definirlo per la sua composizione, in quanto l'origine degli articoli non è standardizzato da nessuna istituzione, di conseguenza, non si può esprimere il loro rapporto in cifre affidabili .Tuttavia, si può rilevare che il paniere continua a svuotarsi, in quanto il numero dei disoccupati aumenta e la produzione cala .

Ma ciò è iniziato già nel 1991, dalle prime distruzioni della guerra, alla riduzione del mercato al dettaglio a un po' più dei due terzi del territorio croato. Le frontiere dopo sono rimaste chiuse con la RF di Yugoslavia. Il mercato in Bosnia Erzegovina era sparito, così come la vita in generale in questo paese, il contrabbando era l'unico commercio, ma per il fabbisogno di benzina e di munizioni. Questi scambi sono continuati anche nei periodi più aspri dei combattimenti in Croazia o in Bosnia Erzegovina. Importanti fabbriche di produzioni sono state allora distrutte causando la scomparsa delle principali attività economiche nella maggior parte della Croazia.

Oltre alla situazione oggettiva di perdita dei mercati e di enormi risorse investite per la difesa armata del paese, la Croazia nello stesso tempo è stata oggetto di una vasta epurazione dei quadri politici ed economici. Ben inteso, della vecchia guardia dell'autogestione socialista sono rimasti solo quelli pronti a sottomettersi ai dictat del nuovo potere. A loro bisogna ritornare in quanto organizzeranno la parte più importante della rapina, e cioè la trasformazione della proprietà pubblica in proprietà privata. Agli inizi, tutti i beni del settore sociale sono stati trasformati in beni pubblici, poi rimessi all'Agenzia per la Privatizzazione, in seguito al Ministero con lo stesso nome ed infine al Fondo croato per la privatizzazione (HFP). Essi disponevano d'una enorme fortuna da vendere che potevano valutare a loro discrezione, ma i lavoratori delle società sarebbero stati regolati prima.

I lavoratori avevano la possibilità di comprare delle azioni, in funzione dei loro anni di lavoro, fino ad un valore di 20.000 DM, con un periodo di rimborso di cinque anni. Una parte della proprietà è stata presa dal Fondo delle pensioni e di Invalidità (MOI) e un'altra parte dalle banche nazionali sulla base di una rivalutazione dei crediti già rimborsati. Ciò rappresenta la prima tappa, essenziale, della rapina, come lo era quella della purga dei quadri.

Circa 600.000 lavoratori hanno utilizzato il loro diritto d'iscrizione delle azioni, con il l'unico scopo di difendere il loro impiego e con un'idea molto vaga del loro futuro ruolo di proprietari gestionari e di piccoli azionisti. In questo momento compaiono i primi "magnati", degli uomini d'affari anonimi con dei misteriosi capitali che iniziano a rastrellare dei grossi pacchetti azionari, prima del HFP e MOI, poi delle banche, in quanto esse avevano ottenuto la loro parte di proprietà per delle vie politico-criminali al fine di poterle utilizzare con gli eletti della casta governativa.

L'acquisto delle azioni del HFP da parte dei magnati è avvenuto in circostanze non determinate e, con la proprietà acquisita attraverso il rastrellamento, essi sono passati alla seconda fase della rapina. Ora i direttori delle ex società sociali tentano di sotto-stimare le società di cui la trasformazione era in corso, di distruggere la produzione, esternalizzare le attività verso industrie private parallele, e di sovraccaricarle di crediti al di là di ogni ragionevole interesse economico. Si trattava del più semplice parassitismo, i magnati hanno continuato più tardi in una maniera ancora più violenta sino al fallimento e liquidazione della società ed alla disperazione dei lavoratori licenziati. I magnati sono entrati nelle società con una procedura che corrisponde più alla fantasia letteraria di un "magico realismo" latino-americano che ad una competizione di mercato dove il capitale cambia la proprietà secondo una dinamica sorvegliata dalla legge.

L'ultima fase dell'acquisizione delle proprietà dai magnati è stata l'acquisto delle azioni detenute dai piccoli azionisti: nelle corti e nelle hall delle società rovinate hanno iniziato ad apparire dei "profittatori" che offrivano di comprare le azioni ad un valore dieci volte inferiori del loro valore nominale. Nella società tessile del gigante "Vartex" si comprava il pacchetto azionario allo 0.75 del loro valore e uno dei più grandi "profittatori" tra i magnati in generale è Josip Gucic, che è oggi ricercato nel mondo dall'Interpol.

In questo modo Gucic ha acquisito una grossa fortuna nei magazzini di tessuti della società tessile NIK, di cui non ne aveva mai comprato azioni prima della valutazione dell'HFP. I lavoratori hanno massicciamente venduto la loro parte di proprietà, spaventati sia dai risultati negativi della loro società che e soprattutto per le minacce della nuova proprietà, secondo la quale sarebbero stati velocemente licenziati i piccoli azionisti disobbedienti. In vari anni, tre quarti d'essi hanno venduto le loro azioni. I magnati hanno continuato la loro rapina senza essere disturbati dalla polizia finanziaria o da altri ostacoli, per scoprire successivamente che in un gran numero di casi i proprietari delle società riconquistate non erano nemmeno maggioritari, gli era sufficiente avere meno della metà delle partecipazioni ed un sostegno politico.

Di fatto, dopo che il governo ebbe stimato che la procedura di rapina era stata efficacemente condotta a buon fine , si passa, con acrobatico coraggio, all'abrogazione della normativa concernente la gestione delle società privatizzate e la ripartizione dei profitti. Secondo la nuova procedura, per partecipare alla gestione della società e alla distribuzione dei profitti, era sufficiente iscriversi per l'acquisto di azioni, questa volta con un termine prolungato a 20 anni (!), e quindi di iniziare a realizzare i suoi diritti di proprietari. Dopo un certo periodo i magnati hanno molto semplicemente iniziato a restituire allo Stato delle società completamente distrutte. Alcuni d'essi, come Josip Gucic o Miroslav Kutle, sono oggi sotto inchiesta giudiziaria, ma la maggior parte dei principali colpevoli della distruzione del valore materiale e dell'esistenza umana non saranno mai puniti - e questa è una valutazione assolutamente veritiera. Almeno non in questo mondo.

Nel frattempo, lo Stato conserva oggi il 70% della vecchia proprietà del settore sociale, espressa in valore reale. Così anche nelle telecomunicazioni pubbliche, madre di tutte le grandi risorse per i Croati, un po' più di un terzo è stato venduto sino ad ora ed il resto viene tenuto per i momenti peggiori, ciò significa che ce ne potrebbe ancora servire.

Le banche sono già state vendute agli stranieri, gli acquirenti conosciuti in generale Italiani ed Austriaci. I capitali stranieri sono affluiti in Croazia unicamente per l'acquisizione di banche e per il commercio, con qualche compratore che rischiando si è lanciato nelle acque di produzione. Le condizioni legali qui sono molto favorevoli agli stranieri, ma non quelle di gestione.

Il mercato finanziario non è sviluppato, con pochi affari economici trattati ed in generale esso è percepito come fattore di trascinamento e non come un serio fattore economico. Quanto al circo intorno ai fondi d'investimento e di privatizzazione (PIF) del 1997, nessuno se ne assume la responsabilità, sebbene attraverso i loro intermediari molte persone sono state danneggiate, in particolare i buoni per acquisire la proprietà sono stati venduti a decine di migliaia tra i feriti e reduci di guerra.

In effetti, questi fondi sono stati creati in Croazia sotto la pressione della Banca Mondiale, ma lo Stato gli ha destinato solo delle pessime società, niente che delle merci avariate, in certi casi anche fittizie, unicamente sulla carta. In virtù della quantità e della natura della criminalità conosciuta, che esigerebbe la scrittura di una mediocre biblioteca con analisi e commenti, la Croazia oggi non è presente né nell'Unione Europea, né nella CEFTA, tant'è che l'adesione al WTO non risulta all'ordine del giorno. Non più che piccole misure del nuovo governo croato, lento ed indeciso d'una maniera che i cittadini croati non possono permetterselo.

Con l'eccezione di qualche criminale economico detenuto, non si vede che futuro ci possano offrire per giustificare il loro mandato. Nel corso di quest'anno 2001 il tasso d'incremento industriale del 3% sarà insufficiente, il PNB aumenterà appena sino a là, la disoccupazione aumenterà enormemente, con i salari che aumenteranno troppo poco o per nulla.

In altri termini, noi resteremo nel migliore dei casi là dove siamo ora, ciò significa che, anche senza un contesto europeo più ampio, quest'anno sarà peggiore del precedente.