IL REGIME DI MILOSEVIC SENZA MILOSEVIC


ottobre 2001, di Michael Karadjis da Green Left Review. Traduzione di Andrea Ferrario

 

Con un'ipocrisia che lascia senza fiato, un tribunale controllato dal Patto Atlantico ha messo sotto processo per crimini di guerra l'ex leader di un paese contro il quale la stessa NATO ha commesso crimini di guerra.

Nessun leader statunitense od occidentale è sotto processo all'Aia per avere ridotto la Jugoslavia in macerie, per avere fatto cadere bombe a grappolo nei pressi di ospedali o per avere avvelenato il terreno con uranio impoverito. Loro, naturalmente, sono stati i vincitori delle guerre balcaniche; solo i perdenti vengono processati per crimini di guerra.

Pochi spargeranno lacrime per Slobodan Milosevic, l'ex leader jugoslavo che ha scatenato l'ultranazionalismo serbo, che ha distrutto la Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia e che ha orchestrato un attacco genocida contro i musulmani di Bosnia - i quali hanno delle ragioni quando dicono che un processo in Jugoslavia difficilmente consentirebbe loro di testimoniare in un ambiente non viziato da pregiudizi.

L'affermazione dei sostenitori di Milosevic secondo cui il Tribunale dell'Aia ha un atteggiamento particolarmente pregiudizievole nei confronti dei serbi è falsa. Circa il 70% degli indiziati sono serbi, la maggior parte dei rimanenti sono croati e meno del 10% musulmani bosniaci - un buon riassunto della proporzione dei crimini di guerra commessi da ciascuno.

In Serbia vi sono state dimostrazioni contro l'arresto di Milosevic e il relativo processo, dimostrazioni alle quali hanno partecipato membri del Partito Socialista (SPS) di Milosevic e dei tre principali partiti di estrema destra, il Partito Radicale Serbo, il Partito del Rinnovamento Serbo e il Partito dell'Unità Serba.

Vi sono state ampie dimostrazioni anche nella confinante Croazia, organizzate dalla HDZ del defunto presidente Franjo Tudjman e dagli ustascia, che protestavano contro l'incriminazione di leader militari croati. Scandivano gli stessi slogan "antimperialisti" dei dimostranti che in Serbia difendevano Milosevic.

Eppure, un evento così grave come la consegna dell'ex leader a un tribunale straniero ha portato sulle piazze solo alcune decine di migliaia di dimostranti.

RICATTO OCCIDENTALE?
A parte questo indebolimento dell'opposizione nazionalista, rimane poco chiaro perché il primo ministro serbo Zoran Djindjic ha avuto una fretta tale, nel provvedere all'estradizione di Milosevic, da scuotere le fondamenta stesse della Federazione Jugoslava, prevaricando la corte costituzionale e mettendo in un angolo il parlamento federale jugoslavo e il presidente Vojislav Kostunica.

Le pressioni degli Stati Uniti hanno convinto Kostunica a esercitare pressioni per fare passare le modifiche costituzionali che consentivano l'estradizione di cittadini jugoslavi. Nondimeno, il presidente ha insistito per passare attraverso tutte le procedure legali e per fare sì che si svolgesse comunque innanzitutto un processo in Jugoslavia, con l'obiettivo di logorare l'opposizione di stampo nazionalista a un'estradizione mediante la rivelazione a livello interno dei crimini e della corruzione di Milosevic.

Cosa, allora, non ha funzionato? La spiegazione standard è che quando la corte costituzionale ha richiesto un rinvio dell'estradizione di Milosevic il 27 giugno, Djindjic è stato costretto ad annullare tale decisione perché per il 30 giugno era prevista la "conferenza dei donatori" e gli Stati Uniti avevano minacciato che i soldi non sarebbero giunti se la Jugoslavia non avesse collaborato.

Djindjic, un uomo d'affari che ha prosperato sotto il regime di Milosevic, non poteva certo ritenere grande problema l'effettuazione di una transazione finanziaria da $1,28 miliardi in cambio dell'ex leader. Tuttavia, in realtà, tutto questo spiega molto poco.

Gli Stati Uniti hanno minacciato di non partecipare alla conferenza a meno che la procedura di estradizione non fosse in corso - ma la procedura era in corso e gli Stati Uniti stavano già partecipando.

Poi gli Stati Uniti hanno affermato che i soldi avrebbero potuto anche essere trattenuti fino a quando Milosevic non fosse stato consegnato - ma non che non sarebbero stati stanziati.

Una differenza di alcune settimane o mesi non era il vero problema - soprattutto se si tiene conto che il contributo degli Stati Uniti era solo di $110 milioni sul totale dei $1,28 miliardi stanziati. La parte più consistente era stata stanziata dall'Unione Europea e dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, che non aveva posto tali condizioni.

Il procuratore capo dell'Aia, Carla Del Ponte, si è sentita recentemente dichiarare da funzionari francesi che gli aiuti economici alla Serbia non sarebbero stati "condizionati" al livello di collaborazione di Belgrado.

Più che la conseguenza di un ricatto finanziario, l'estradizione dell'ex leader del paese è la conseguenza dei meccanismi della soluzione per il dopo-Milosevic energicamente sostenuta dagli Stati Uniti e dall'UE, cioè quella del "regime di Milosevic senza Milosevic".

Il regime capitalista stabile desiderato dall'Occidente ha bisogno di una classe capitalista serba - e l'unica esistente è quella dei gangster capitalisti "amici di famiglia" che hanno ammassato ricchezze sotto il loro ex leader.

Poiché il loro ex leader rappresenta ora una zavorra, egli è stato consegnato come simbolo, in modo tale che il resto di loro potesse evitare di essere smascherato. La NATO ha ottenuto un trofeo e tutti possono proseguire la loro strada.

PROCESSO IN JUGOSLAVIA
Un processo in Jugoslavia avrebbe fatto emergere la copertura di cui hanno goduto molti attuali leader di stato. Non sorprende proprio che sia stato Djindjic, il leader più favorevole all'Aia, a costituire il riparo dietro cui la maggior parte dei disonesti ha trovato rifugio.

Tra la sconfitta alle elezioni jugoslave in ottobre e quella alle elezioni serbe in dicembre, il SPS di Milosevic ha condiviso il potere e la maggior parte dei ministeri in serbia con l'Opposizione Democratica della Serbia (DOS) del presidente eletto Kostunica. Tuttavia, il ministero dell'economia e della privatizzazione delle proprietà era rimasto unicamente nelle mani del SPS.

Durante questo periodo di tempo, il SPS ha privatizzato 217 preziose imprese statali, il 50% in più dei primi dieci mesi del 2000. Tali società sono state svendute ai loro ex manager con la tessera del SPS o del partito fantoccio "Sinistra Unita" (JUL) della moglie di Milosevic (che ha ottenuto meno dell'1% dei voti).

Prima che ciò avvenisse, questi "manager" non avevano completamente privatizzato tali aziende, prché saccheggiarle, e saccheggiare i lavoratori ai quali venivano consegnate azioni prive di valore, era un affare davvero buono e facile da realizzare.

Ora ai dipendenti andrà un numero ancora maggiore di "azioni gratuite" andranno ai dipendenti, la maggior parte delle quali verranno acquistate dai nuovi direttori-proprietari, come è accaduto nel precedente decennio. L'economista della DOS Milan Kovacevic ha escluso la possibilità di annullare tali privatizzazioni perché una cosa del genere "non accade nei paesi democratici".

Una storia di tipo simile si è verificata nel corso del "rimpasto" della polizia serba da parte di Djindjic. Il capo della polizia del ministero degli interni serbo (MUP), Rade Markovic, è stato sostituito da Goran Petrovic. Petrovic e svariati altri alti funzionari di nuova nomina erano stati estromessi nel 1998-1999 insieme al loro boss, l'ex capo della polizia di Milosevic, Jovica Stanisic.

Milosevic aveva preso di mira Stanisic nel 1998 dopo divergenze per questioni d'affari. Prima di ciò, Stanisic aveva guidato per anni la temuta polizia del MUP, periodo durante il quale erano state formate le forze paramilitari che hanno commesso massacri in tutta la regione. Ora è particolarmente vicino a Djindjic, motivo per il quale i suoi amici sono stati rinominati ai vertici della polizia.

Colui che è stato per lungo tempo in questi anni il ministro degli interni di Milosevic, Dusan Mihajlovic, ha mantenuto anch'egli il suo incarico ed è ora uno dei fedeli di Djindjic.

Djindjic ha inoltre nominato il generale Sreten Lukic a capo del dipartimento di pubblica sicurezza del MUP. Lukic è stato comandante delle forze di polizia in Kosova durante l'aggressione NATO, quando metà della popolazione albanese è stata deportata con la forza. Eppure sono proprio queste deportazioni che costituiscono il principale capo d'accusa contro Milosevic - e si sono verificate dopo che la NATO aveva lanciato la sua guerra-lampo.

Due mesi fa, il settimanale di Belgrado "Vreme", ha rivelato che i corpi di 86 albanesi, provenienti da un camion frigorifero che era affondato nel Danubio durante la guerra del Kosova, era stati sepolti nei terreni di un centro di addestramento "antiterrorismo" della polizia. Poi in giugno è stata scoperta un'altra fossa contenente circa 30 albanesi presso un altro centro di addestramento della polizia.

Queste rivelazioni potrebbero portare alla luce il destino di migliaia di kosovari che risultano ancora scomparsi dal 1999. Ma, più pertinentemente, hanno messo in luce come il gangster Djindjic stesse promuovendo un giro di vite.

Il ministro degli interni Mihajlovic ha reagito con accuse all'esercito, controllato dal governo federale di Kostunica, affermando che esso aveva la "reponsabilità complessiva" per le operazioni in Kosova.

Tuttavia, moltissime prove, ivi incluse quelle raccolte da albanesi, suggeriscono che la polizia e i paramilitari sotto il loro controllo fossero responsabiliti della grande maggior parte del macello. Inoltre, l'esercito ha incriminato 193 dei suoi membri per atti criminali, mentre il MUP non ne ha incriminato nemmeno uno.

Se dare la colpa all'esercito non funziona, meglio consegnare Milosevic all'Aia il più presto possibile, sia per evitare un processo in Jugoslavia, sia per distogliere l'attenzione da qualsiasi ulteriore scoperta poco gradita che potrebbe essere fatta.

UN'ELITE CORROTTA
C'è stato un altro motivo per il quale l'élite serba è stata entusiasta di consegnare Milosevic all'Aia. Il processo in Jugoslavia sarebbe stato incentrato sulla corruzione, oltre che sui crimini di guerra e, anche da questo punto di vista, maggio non è stato un buon mese per Djindjic.

Nel corso del mese di maggio, una serie di articoli sull'ex cittadino jugoslavo Stanko Subotic è improvvisamente apparsa sul settimanale "Nacional" in Croazia, sostenendo che egli era a capo di un giro di contrabbando di sigarette per un valore di miliardi di dollari, del quale facevano parte alti funzionari di alcuni stati e in paricolare Djindjic, l'ex capo della polizia Stanisic e Milo Djukanovic, il presidente montenegrino.

Il principale canale di contrabbando rivale era guidato da Marko Milosevic, il figlio dell'ex presidente. Nel 1998, la gang di Marko ha deciso di distruggere la concorrenza - ed è per questo che Stanisic, che aveva la competenza per le dogane, è stato rimosso dal suo incarico.

Subotic è fuggito e gli è stato emesso un passaporto croato. Djukanovic ha quindi spinto il suo confronto con Milosevic, creando un proprio servizio doganale, al fine di sostituire Stanisic.

Tutte diffamazioni? Forse, anche se svariati aspetti coincidono perfettamente con fatti ampiamente noti. Un processo per corruzione in Jugoslavia non avrebbe recato vantaggi a nessuno.

Nel frattempo, il ministro degli interni Mihajlovic è riuscito a entrare nel team anticorruzione creato quest'anno per indagare sulle ricchezze accumulate sotto Milosevic e il suo ruolo specifico era quello di indagare il commercio di sigarette, petrolio e alcool. Lo stesso Mihajlovic, tuttavia, gestisce un'impresa che commercia in petrolio e che ha realizzato notevoli profitti durante l'era di Milosevic. Il capo del team anticorruzione, Vuk Obradovic, ha da allora cominciato ad affermare che Mihajlovic e alcuni membri del suo team hanno ostruito il suo lavoro.

Obradovic ha presentato una proposta di legge per tassare i profitti e le proprietà di coloro che hanno acquisito le loro favolose ricchezze durante l'era di Milosevic attraverso il commercio illegale di valuta, gli abusi relativi al processo privatizzazione e il saccheggio dei "fondi di solidarietà". Egli ha promesso di pubblicare i nomi di 7.000 società eleggibili per la tassa, che includevano le 200 persone e società più ricche. L'aliquota di questa tassa doveva arrivare fino al 90%, consentendo di riscuotere fino a 5 miliardi di marchi.

Obradovic è stato sollevato dal suo incarico di capo del team l'11 maggio, su iniziativa di Djindjic. A quanto sembra, la sua iniziativa anticorruzione avrebbe potuto arrivare troppo vicino all'osso.

La rimozione di Obradovic e l'affrettata estradizione di Milosevic sono state così le due facce della stessa moneta - erano entrambi modi per proteggere gli interessi degli stessi vecchi gangster capitalisti "amici di famiglia" che ora si sono riuniti sotto l'ombrello del loro nuovo padrone, Djindjic.