SERBIA: IL "PADRE DELLO
STATO" IN VIAGGIO D'AFFARI
ottobre
2001 di Sonja Drobac , da Monitor del
6 luglio 2001, traduzione di Dino Aventaggiato
Con la polvere sollevata dall'elicottero che portava Slobodan Milosevic a Tuzla, quindi all'Aia, il vento ha spazzato via tutte le speranze dei cittadini serbi di non vivere più in una repubblica delle banane. Perché, quando il primo ministro dichiara di aver preparato alcune trappole per ostacolare l'esercito nel caso in cui tentasse d'impedire l'estradizione dell'ex capo di stato verso l'Aia e quando ancora l'attuale presidente di questo stesso stato afferma di non sapere che il suo predecessore era stato consegnato al tribunale che giudica i crimini di guerra in ex Yugoslavia, allora qualificare questo stato come una repubblica delle banane è quasi un eufemismo...
Ciò che è stato fatto dal governo di Zoran Djindjic giovedì scorso quando ha deciso l'estradizione di Milosevic sarebbe definito come un colpo di stato in paesi detti normali. Nonostante la decisione della Corte costituzionale federale di sopprimere il decreto sulla collaborazione con il tribunale dell'Aia, nonostante una clausola della costituzione che impedisce l'estradizione di cittadini serbi, alla vigilia della conferenza dei donatori, la decisione di trasferire Milosevic verso l'Aia è stata presa così rapidamente dal governo che né il tribunale né i suoi avvocati lo sapevano.
D'altra parte, occorrerebbe essere un po' maliziosi per respingere la dichiarazione di Zoran Djindjic che assicura questa decisione essere presa "non soltanto a causa nostra, non per i nostri genitori, ma soprattutto per il futuro dei nostri figli". Inoltre, la decisione della Corte costituzionale federale ordinante soltanto 24 ore prima della conferenza dei donatori la non applicazione del decreto sulla collaborazione con il TPI, non ha di fatto lasciato margini di manovra a Djindjic. Se Milosevic non fosse giunto all'Aia alla vigilia della conferenza dei donatori, la Serbia non avrebbe ottenuto i 1,28 miliardi di dollari indispensabili alla sua sopravvivenza.
Spiegando la decisione presa dal governo, Djindjic ha annunciato la nascita della "Serbia terrestre": "Esattamente 12 anni fa, giorno dopo giorno, mentre si celebra Vidovdan, una delle più grandi feste serbe, Slobodan Milosevic ha chiamato il popolo a realizzare ciò che lui chiamava gli ideali della Serbia celeste." Questo ha comportato 12 anni di guerra, di catastrofi e di distruzioni per il nostro paese. Il governo della repubblica della Serbia si è impegnato oggi a realizzare gli ideali della Serbia terrestre ", ha dichiarato il primo ministro."
Ma, se la maggioranza ha digerito la pillola di questa violazione dei regolamenti per ragioni di profitto, non occorre tuttavia chiudere gli occhi - come lo fanno la maggior parte dei giuristi del paese - senza chiedersi dove si trova il limite: in futuro chi potrà fermare il Primo ministro ed il governo, e in quale maniera, se vogliono nuovamente violare le leggi credendo che sia vantaggioso.
"Questo può essere interpretato come una minaccia seria per l'ordine costituzionale del paese." Lo stato di diritto non può costruirsi su uno stato di non diritto. Dall'arsenale della politica di Milosevic, che in verità è stata fatale per lo stato ed il popolo, sono ora precisamente ripresi e riattivati i suoi elementi più antidemocratici: l'anarchia e le azioni umilianti effettuate velocemente ", ha dichiarato Kostunica." Ma ciò non ha impedito al presidente della Yugoslavia di rifarsi alla decisione della Corte costituzionale federale, che era presieduta dall'uomo che aveva frodato le "elezioni" del 1996. Tuttavia, avrebbe dovuto essere sensibile al fatto che, sebbene installato nella poltrona del presidente della Yugoslavia, egli non abbia detto nulla dell'estradizione di Milosevic.
Se Djindjic ha corso il rischio giovedì scorso di perdere il potere per il futuro dei "nostri bambini", se Kostunica si è impegnato per un governo del diritto al rischio di vedere il diritto superare la giustizia, allora Zoran Zizic dando le sue dimissione al suo posto di Primo ministro federale ha rischiato meno e ha così tentato di conservare il più possibile di elettori del Partito popolare socialista (SNP).
"La questione della collaborazione con il TPI ha rovesciato le relazioni di coalizione nell'ambito del governo federale e mi ha indotto a prendere la decisione di dimettermi", ha spiegato Zoran Zizic. Il meno che si possa dire è che la dichiarazione dell'ex Primo ministro è sembrata un po' fuori luogo, soprattutto il giorno in cui si è scoperto che nel 'furgone-carniere 'del Danubio otto bambini erano stati sgozzati.
Le ultime parole sarcastiche pronunciate da Milosevic sul suolo serbo sono state: "Fratelli serbi, avanti !" Ciao! Ricevete tutte le mie congratulazioni per il lavoro ben fatto ".
" Il lavoro è stato realmente fatto come occorre? Poiché lo Stato federale è attualmente in "rianimazione", mentre la coalizione del DOS si trova al servizio "ortopedico". Prima che il Parlamento ratifichi la caduta del governo Zizic, Kostunica ha iniziato le sue consultazioni per nominare il nuovo Primo ministro. La costituzione lo costringe a farlo entro un termine massimo di tre mesi, altrimenti il Parlamento sarà automaticamente sciolto.
A giudicare dagli avvisi provenienti dal gabinetto presidenziale, ciò non sarà necessario poiché si dovrebbe presto conoscere il nome del nuovo Primo ministro. Si sa già che sarà nuovamente un Montenegrino, poiché il presidente dello Stato è Serbo. E è chiaro che sarà qualcuno della coalizione "Insieme per la Yugoslavia", poiché non verrebbe a nessuno altro in Montenegro l'idea di accettare questa funzione.
Le prime voci fanno, tra gli altri, il nome del presidente del consiglio esecutivo del Parte popolare, Predrag Drecun. La popolarità di cui beneficia è conseguenza delle numerose analisi e dichiarazioni sul futuro della Yugoslavia: "la coalizione " Insieme per la Yugoslavia "ha una grande legittimità politica poiché abbiamo ottenuto il 41% delle voci alle ultime elezioni in Montenegro, cioè per l'un cento in meno della coalizione di Milo Djukanovic." Il nuovo governo federale e il suo Primo ministro devono unire il più grande numero possibile di forze politiche in Montenegro ed in Serbia. Dovrà essere un governo politicamente eterogeneo affinché possa collaborare tanto con la Comunità internazionale, il governo della Serbia e il governo del Montenegro ", ha dichiarato Drecun."
Di conseguenza, gli ambienti ben informati ritengono che sia comunque il SNP che avrà la precedenza e che non bisogna escludere la possibilità che il suo capo, Predrag Bulatovic, divenga il nuovo Primo ministro.
Le consultazioni presso Kostunica devono concludersi entro la fine della settimana. In occasione della formazione del nuovo governo Montenegrino, il nuovo e vecchio Primo ministro Filip Vujanovic ha rinnovato il suo appello perché i governi serbi e montenegrini si mettano d'accordo per il ristabilimento delle loro relazioni nello Stato. A questo riguardo Djindjic ha detto poco dopo: che occorreva alla fine dei conti intendersi o separarsi. Se la dichiarazione del Primo ministro non è interpretata nello spirito "Alan Ford" ("se hai l'intenzione di vincere, non devi perdere"), allora le sue parole si potrebbero interpretare come un ravvicinamento delle posizioni di Milo Djukanovic, cioè che è giunto il momento per una separazione in forma amichevole con frontiere aperte, senza passaporto né visto."
Nel frattempo, sul "terreno della DOS" i raggruppamenti sono iniziati, confermando che questa coalizione subisce scossoni a seguito della separazione del club dei deputati della coalizione della Partito democratico della Serbia (DSS) e del resto della coalizione (17 partiti condotti dal Partito democratico (DS) di Djindjic. Dfatto la DSS di Kostunica ha formato, al di fuori del DOS, il suo proprio club dei deputati nel Parlamento della Serbia chiedendo il rimpasto nei due governi: federale e repubblicano. Il Capo del club dei deputati della DS, Dejan Mihajlov ha dichiarato ai giornalisti che per il momento il Partito non parla di elezioni, così come che non abbandonerà il governo, ma ne chiede il rimpasto. Le voci affermano che la DSS chiede altri quattro portafogli ministeriali.
Ma, Djindjic gli ha immediatamente risposto che potranno partecipare al lavoro del governo soltanto se presentano delle proposte di leggi, quanto ai nuovi portafogli, non è in discussione.
Resta che il conflitto tra Djindjic e Kostunica influisce sulla marcia verso la democrazia, in realtà abbastanza cattiva. Di conseguenza, il futuro della Serbia potrebbe essere disastroso se, per una ragione qualunque, uno di loro uscisse dal gioco. Ciò significherebbe la distruzione "della coalizione éco/democratica".
D'altra parte, la "flora e la fauna" della giungla politica serba si è arricchita con la simbiosi tra l'estrema sinistra l'ultra destra. I socialisti ed i radicali si sono ritrovati per manifestare nelle strade contro l'estradizione di Milosevic, approfittano della crisi della coalizione governativa per garantirsi nuovi spazi e regolare i conflitti nell'ambito dei partiti. Si potrebbe, di colpo, ottenere una nuova forma di vegetazione fiorita dai semi dell'SPS: l'ibrido sarebbe social democratico, se le lotte di potere saranno vinte da Ivica Dasic o Branislav Ivkovic, o neo- comunista se la supremazia ritorna a Zivadin Jovanovic o Zoran Andjelkovic. La prima comparsa di Milosevic dinanzi al TPI, il 3 luglio scorso, ha portato l'acqua al mulino di questi due ultimi.
E quale è dunque l'influenza di tutto ciò sulla sopravvivenza della Yugoslavia? Ufficialmente, tutti i partner federali della coalizione dicono che lo Stato federale è "più forte e più importante" che l'individuo, che esisterà anche dopo la partenza di Milosevic poiché "la sfida è l'interesse comune". Ma in pratica, ciò sarà molto più difficile: la SNP di Bulatovic si è ritirata dal governo federale precisamente a causa del "caso Milosevic" e senza loro non ci può essere un nuovo governo. Resta dunque l'alternativa seguente: o il nuovo/vecchio governo federale viene riformato, il che significherebbe che la SNP si sarà accontentata di giocare sulla rabbia e l'insoddisfazione fino a che "la tempesta attorno all'Aia" passi, o si organizzano delle nuove elezioni federali che, nuovamente, saranno boicottate dalla DPS di Djukanovic e che riporteranno alla stessa situazione... È un circolo vizioso dove gli attori, essi stessi non possono dare risposte: con l'estradizione di Milosevic verso il TPI, la Repubblica federale della Yugoslavia è simbolicamente sepolta, come l 'aveva già concepita il comandante serbo?'