IL MASSACRO DI RACAK



aprile 1999, Comitato di solidarietà con il Kosova


Il massacro compiuto nel villaggio di Racak (Recak in albanese) il 15 gennaio del 1999 è stato uno degli atti pi barbari della guerra in Kosovo. Le modalità della sua esecuzione sono state successivamente oggetto di una campagna di disinformazione di vasta portata, che ha coinvolto le autorità serbe, giornalisti occidentali anonimi, osservatori OSCE e perfino la stessa Unione Europea. Si tratta di un evento che riassume in sé molte delle caratteristiche di questa guerra e che è avvenuto in un momento cruciale dell'evolversi della situazione sul terreno.

I fatti

Nelle prime ore del pomeriggio di venerdì 15 gennaio 1999, il Media Center di Pristina, un'agenzia di informazioni controllata dalle autorità serbe, cita fonti del Ministero degli Interni serbo secondo cui nel corso di un'operazione "di arresto" condotta nel villaggio di Racak sono stati uccisi 15 terroristi albanesi e sequestrati ingenti quantitativi di armi. Nei giorni precedenti, le autorità serbe e jugoslave avevano sferrato nuovi attacchi e dispiegato sul terreno nuove unità in tutto il Kosovo, ma in particolare lungo il confine con l'Albania e nell'area orientale, lungo un asse nord-sud che corre parallelamente alla linea ferroviaria e stradale Belgrado-Skopje e che per i serbi segna grosso modo il confine tra quello che chiamano il Kosovo propriamente detto e la Metohija (Dukadjin). Una linea che non a caso, secondo il progetto di alcuni accademici serbi vicini al governo, potrebbe costituire il confine per un'eventuale futura spartizione del Kosovo con l'attribuzione alla Serbia della parte piricca e strategicamente importante a est. Il villaggio di Racak, nei pressi della città di Stimlje, si trova proprio sulla parte sud di questo confine segnato da rilievi, non lontano dalla Macedonia. Intorno all'8-9 gennaio in questa zona, sulla strada tra Pristina e Suva Reka, che attraversa prima Stimlje e poi un passo che solca i rilievi sui quali si trova Racak, vi erano stati ingenti movimenti di forze armate serbe, con attacchi contro alcuni villaggi. Il massacro di Racak non è stato quindi un evento isolato e improvviso.

La scoperta della vera portata del massacro avverrà solo il giorno seguente, il 16 gennaio: svariati cadaveri vengono trovati in diversi punti del villaggio (posto sul pendio di un monte), uno di essi mutilato, ma il gruppo pi consistente verrà trovato in un canalone sito 500 metri sopra il villaggio stesso: 27 uomini, alcuni dei quali anziani, giacevano massacrati lungo in una macabra fila lunga svariati metri. I corpi sono stati ritrovati da verificatori della missione OSCE, chiamati dal comandante del non nutrito gruppo UCK che aveva cercato senza successo di contrastare l'offensiva serba. In realtà, verificatori OSCE e giornalisti avevano già osservato a distanza l'offensiva del giorno prima, su diretto invito delle autorità serbe. Su questo particolare ritorneremo pi avanti nella parte riguardante la successiva operazione di disinformazione.

Gli abitanti del villaggio raccontano che forze della polizia sono penetrate nel villaggio all'alba, hanno costretto donne e bambini a rinchiudersi nelle cantine e hanno portato via un gruppo di uomini affermando che li avrebbero trasferiti nella vicina città di Urosevac. La versione che darà il ministero degli interni serbo, il 16 gennaio, a massacro scoperto, è la seguente: la polizia serba si è recata a Racak per arrestare i responsabili dell'omicidio di un poliziotto, avvenuto qualche giorno prima, ed è stata oggetto di un "feroce attacco" da parte dei "terroristi" dell'UCK (tanto feroce che sono morti 45 "terroristi", mentre le forze serbe lamentano solo un ferito lieve). Si tratta di una spiegazione che viene addottata in quel periodo regolarmente dalle autorità serbe per i massacri compiuti, come avverrà per esempio successivamente a Rogovo, dove in una "operazione di arresto" dei presunti uccisori di un poliziotto serbo, verranno uccisi 24 albanesi, mentre i serbi lamenteranno solo una vittima.

Due giorni dopo il massacro di Racak, Belgrado esporrà la sua interpretazione "teorica" dei fatti: gli albanesi sarebbero rimasti uccisi durante gli scontri tra la polizia stessa e forze dell'UCK e nella notte, uomini dell'UCK avrebbero tolto le divise ai 45 uomini, uno per uno, rivestendoli con abiti civili per dare l'impressione di un massacro compiuto contro tranquilli abitanti del villaggio. Belgrado, tuttavia, non spiegherà mai perché, in tal caso, i propri uomini, dopo avere ottenuto una tale vittoria schiacciante contro l'UCK, se ne siano andati tranquillamente a casa, senza mantenere il controllo del villaggio. Il fatto pi importante da notare, tuttavia, è che le autorità serbe non hanno mai negato la sostanza dei fatti di quanto è avvenuto a Racak, cioè il massacro di 45 albanesi.

Il dramma di Racak, tuttavia, non finisce così. Subito dopo la scoperta del massacro, il 17 gennaio, le forze serbe hanno ripreso gli attacchi contro Racak (dove era stata organizzata la camera ardente per le vittime) con mezzi corazzati e cannoni, costringendo i pochissimi albanesi rimasti e i verificatori OSCE a un fuggi-fuggi generale. Il 19 gennaio, il quotidiano serbo "Dnevni Telegraf" riferisce che "sulla cresta dei colli al di sopra di Racak sembra siano in corso "operazioni simultanee in tre o quattro villaggi della regione. Non lo sappiamo ancora con precisione, ma sembra che stia accadendo. Sembra trattarsi di un piano per passare sistematicamente da un villaggio all'altro". Nella stessa giornata, e per il secondo giorno di seguito, i poliziotti serbi hanno eseguito nuovi assalti contro Racak per portare via i corpi dei 45 albanesi uccisi, conseguendo alla fine il loro obiettivo. Sempre il "Dnevni Telegraf" pubblica una notizia dell'agenzia Beta che ha del clamoroso e che dà un'idea del comportamento della missione dei verificatori OSCE: il portavoce dell'OSCE Sandy Blyth ha infatti dichiarato che i verificatori hanno presenziato al momento in cui i poliziotti hanno prelevato i corpi, ma ha aggiunto di non sapere ancora se essi avevano anche accompagnato la polizia lungo l'intero tragitto fino a Pristina. Alla domanda se si cercherà di fare in modo che i corpi vengano restituiti ai parenti, Blyth ha detto di non saperlo e che tutto dipende dagli accordi tra i parenti delle vittime e le autorità jugoslave.

I funerali avverranno poi molti giorni dopo, successivamente a crudeli ed estenuanti trattative tra i famigliari e le autorità serbe. Infine, a pi di due mesi di distanza, il massacro di Racak avrà un altro, cinico, risvolto. Con notevole ritardo, e dopo che le autorità serbe avevano proceduto per loro conto a un'autopsia dei cadaveri in collaborazione con medici bielorussi, è giunta in Kosovo un équipe di medici finlandesi, scelti di comune accordo tra l'UE e il governo di Belgrado, con la mediazione del sottosegretario agli esteri italiano Ranieri. Passeranno lunghissime settimane prima che tale équipe svolga il suo lavoro e metta a punto le proprie conclusioni. Ma quando queste ultime sono pronte (siamo a metà marzo e sono in corso i negoziati di Parigi per un accordo di pace, dopo che quelli di Rambouillet erano falliti) la Germania, che ha la presidenza di turno dell'UE, decide di secretarle. La spiegazione dei responsabili europei, citata dal "Washington Post" del 17 marzo, è la seguente: "a causa della estrema delicatezza del caso, l'UE chiede ai patologi di non rendere pubblici i particolari pi incendiari, per non polarizzare le due parti delle trattative in corso e non impedire così un'accettazione [dell'accordo] da parte dei serbi". La responsabile dell'équipe, Helena Ranta, rilascerà solo uno scarno riassunto delle autopsie, esprimendo unicamente la propria convinzione che le vittime sono civili.

La disinformazione sul massacro di Racak

Lunedì 18 gennaio, due giorni dopo che il massacro è stato scoperto, a Bruxelles si concludeva con un nulla di fatto la riunione della NATO che, causa le evidenti divisioni interne, decideva di prendere tempo prima di adottare una propria linea. In particolare il corrispondente a Bruxelles del quotidiano "Nova Makedonija" riferisce della decisione da parte della NATO di attendere l'esito della missione dei suoi due inviati a Belgrado, nonché i risultati di un'indagine del Tribunale dell'Aja. Il quotidiano scrive inoltre che "la NATO vuole essere sicura di cosa sia veramente accaduto a Racak prima di attribuire la colpa solo a una parte del conflitto, come ha fatto l'OSCE, e prima di impegnarsi nuovamente con un'azione militare" ("Nova Makedonija", 19 gennaio).

A ventiquattro ore di distanza da questa riunione, puntualmente, vengono annunciate imminenti rivelazioni che getterebbero una nuova luce sul massacro di Racak. Queste rivelazioni si basano su fonti anonime citate dalla France Presse, secondo cui intorno alle 17 del 15 gennaio, osservatori OSCE, a distanza pi o meno di un'ora dal termine dell'assalto delle forze al villaggio, sono entrati nel villaggio e non hanno visto né osservato nulla. In realtà il fatto era noto, anche se é stato comunicato dall'OSCE in ritardo: gli osservatori, entrati nel villaggio a operazioni concluse, hanno parlato con un paio di abitanti, hanno visto un morto e alcuni feriti, ma se ne sono andati via quasi subito perche' stava calando l'oscurità (ai verificatori OSCE è vietato muoversi al buio perche' il rischio di "incidenti" aumenta troppo).

I corpi delle persone uccise sono stati trovati successivamente, come abbiamo visto, in un canalone, nascosto da cespugli e situato a cinquecento metri di distanza, al di sopra del villaggio, su un terreno montagnoso. Secondo le testimonianze date dallo stesso "Le Monde" alcuni giorni prima (19 gennaio), un abitante del villaggio ha raccontato (e gli stessi particolari sono stati confermati in maniera identica da numerosissimi altri testimoni) che la mattina di venerdì le forze speciali serbe, dopo un giorno di cannoneggiamenti a distanza nell'area, sono "entrate nel villaggio. Sono andate di casa in casa. Hanno chiuso le donne nelle cantine. Dal granaio dove mi ero nascosto, li ho visti costringere gli uomini a seguirli, con un'arma sulle tempie. Non sono uscito che quando é calata la notte, quando i poliziotti se ne erano andati". Gli abitanti del villaggio, terrorizzati da 24 ore di bombardamenti prima e poi dall'irrompere delle forze speciali della polizia, andatesene via solo poco piu' di un'ora prima del calare dell'oscurità, o sono rimasti nascosti o, in piccolo numero, sono usciti quando sono arrivati i verificatori OSCE. Le forze serbe sono sempre rimaste nei pressi di Racak e nel giro di pochi minuti avrebbero potuto tornare. Inoltre, gli abitanti hanno visto i loro parenti essere portati via dalla polizia ufficialmente per essere interrogati nella vicina città di Urosevac. Non vi era motivo, dopo che la polizia aveva comunque già ucciso e ferito alcune persone nel villaggio e rimaneva comunque nei pressi, pronta a intervenire, perché degli abitanti tagliati da 48 ore fuori dal mondo si mettessero a ricercare al buio sui pendii circostanti i corpi di persone che tutti avevano visto portare via come arrestate.

Ma mentre fino a qui abbiamo solo speculazioni che accusano gli abitanti di un villaggio coinvolto in un'offensiva durata due giorni di non essersi messi a sangue freddo a fare gli Sherlock Holmes al buio e con i cannoni serbi a poca distanza, mentre non sapevano nulla del destino dei loro parenti, la stampa francese riporta dei "fatti" che, analizzati per intero, squalificano immediatamente l'intera operazione propagandistica. Ecco questi presunti fatti, come li raccontano "Le Monde" del 21 gennaio e "Le Figaro" del 20 e del 21 gennaio, i giornali che hanno lanciato i "retroscena" della strage.

Due giornalisti della televisione dell'Associated Press (APTV) sarebbero entrati nel villaggio a fianco delle forze serbe, accompagnati da due cameramen serbi che avrebbero filmato un villaggio vuoto e una "normale" operazione di guerra. Una delle fonti francesi ("Le Monde", 21 gennaio), pi in particolare scrive: i due giornalisti "alle 10 del mattino entrano nella località nella scia di un veicolo blindato della polizia. Il villaggio era quasi deserto. Procedono nelle vie del villaggio sotto il fuoco dei tiratori dell'UCK, nascosti nei boschi che dominano il villaggio", ma poco piu' sotto specifica: "la mattina dell'attacco, una fonte della polizia telefona all'APTV: 'Venite a Racak, sta succedendo qualche cosa'. Dalle 10 [del mattino] l'equipe é sul posto; effettua prima dei filmati da un rilievo al di sopra del villaggio [un particolare, molto importante, in aperta contraddizione con quanto appena scritto sopra, secondo cui alle 10 i giornalisti entrano nella localita', non a caso un termine ambiguo, e ne percorrono le vie!] e successivamente nelle strade nella scia di un veicolo blindato". Infine, "alle 15.30 la polizia abbandona il posto sotto i tiri sporadici di un pugno di combattenti dell'UCK. [...] Un'ora dopo la loro partenza, cala l'oscurità". Questo racconto, che come abbiamo visto contiene una palese contraddizione, non rivela assolutamente nulla di rilevante. Infatti, lo stesso "Figaro" (20 gennaio) scrive che l'operazione era cominciata all'alba (la tattica normalmente adottata in questi casi ed anche la piu' logica), un particolare confermato dal rapporto dell'OSCE, secondo il quale gli abitanti del villaggio hanno dichiarato che l'operazione é cominciata alle ore 7.00 ("New York Times", 22 gennaio) con i poliziotti che hanno terrorizzato la popolazione, facendola chiudere nelle cantine e portando via i maschi adulti. I due giornalisti sono stati chiamati per telefono dalla polizia serba alle 8.30 e sono giunti nei pressi del villaggio alle 10, cioé quando tutto quello che e' stato raccontato dagli abitanti locali si era potuto compiere comodamente. Le "rivelazioni", pertanto, non hanno alcuna rilevanza fattuale. Inoltre, alle 10 i cameramen serbi messi a disposizione dei due giornalisti hanno fatto filmati solo da lontano, mentre sono entrati nel villaggio solo a un'ora e per una durata che non a caso non precisano. E non é tutto: come conferma lo stesso "Le Monde", tra il ritiro della polizia e il calo dell'oscurità é passata appena un'ora, vale a dire un periodo comunque assolutamente insufficiente per effettuare una ricerca dei corpi sul territorio montagnoso intorno al villaggio, sempre tenendo presente che nessuno pensava ci fossero dei corpi da cercare.

Sempre "Le Monde" specula in maniera odiosa sulle tragedie degli abitanti di Racak, affermando che il villaggio non é che una piazza d'armi dell'UCK: "La quasi totalità degli abitanti che sono fuggiti da Racak durante la terribile offensiva serba dell'estate del 1998 con qualche eccezione, non sono tornati". Non solo si dice la "quasi totalità", un termine vago che vuol dire che comunque degli abitanti c'erano ancora, ma non si capisce come tutto questo quadri con il numero di 2.000 profughi che tutte le fonti, UNHCR compresa, riferiscono essersi rifugiati sulle colline al di sopra di Racak e che un altro quotidiano francese, "Liberation", ha visitato alcuni giorni dopo, rilevando che donne e bambini passano le loro notti all'aperto con 10 gradi sotto zero ("Liberation", 23 gennaio). Inoltre, la vasta offensiva con mezzi pesanti operata dall'esercito jugoslavo e dalla polizia serba, ha colpito anche i villaggi contigui a Racak e molte persone nella tremenda confusione degli attacchi condotti da piu' lati sono fuggite da un villaggio all'altro.

Ma non é tutto: a questo punto chi legge forse pensa che almeno siano disponibili dei filmati girati da due giornalisti con nome e cognome. Non é assolutamente così. I nomi di questi due giornalisti non sono stati resi noti, il filmato non é stato reso pubblico, l'AP ha aperto un'inchiesta e finora non si é pronunciata ("Figaro", 21 gennaio). Non si può non rilevare che l'operazione é stata organizzata dalla polizia serba, che ha chiamato i giornalisti all'ultimo momento, secondo i tempi che evidentemente le convenivano. I giornalisti che si sono prestati a questa operazione, hanno accettato di muoversi nel villaggio "nella scia" dei blindati serbi senza quindi potersi muovere liberamente. Non sono entrati nelle case e se hanno visto qualcosa, hanno visto unicamente quello che la polizia serba voleva far loro vedere e nel momento in cui lo voleva. Ancora una volta, però, non é tutto: le immagini sono state girate il 15 gennaio, il 16 i media di tutto il mondo sono puntati su Racak, ma i giornalisti non rivelano nulla. Le loro rivelazioni avvengono solo tra il 18 e il 19 gennaio, quando, come abbiamo visto, la NATO (e, come sanno tutti, in particolare i suoi membri europei e la Francia in primo luogo) ha bisogno di prendere tempo e che insorgano dei dubbi in merito. Queste persone anonime, perché tali rimangono fino a oggi, non mostrano il filmato in pubblico, non lo vendono ad alto prezzo affinché venga reso pubblico con un'operazione che li renderebbe famosi in tutto il mondo, ma lo fanno visionare solo ad alcuni giornalisti francesi selezionati. Questo e non altro sono le "rivelazioni", lanciate in contemporanea alle disgustose insinuazioni sulle "mancate" indagini da parte delle vittime dell'attacco serbo, di cui abbiamo visto sopra la sostanza.

I giornalisti francesi, sulla base di quanto sopra, procedono a tutta una serie di domande che avallano implicitamente l'ipotesi (che comunque non regge, come avevamo già visto in "Notizie Est" #148) di una messinscena da parte dell'UCK. Oltre a quanto abbiamo rilevato sopra, ci poniamo anche noi alcune domande: perché le forze serbe hanno diffuso in tutto il mondo il giorno di venerdì la notizia dell'uccisione di almeno una quindicina di guerriglieri albanesi a Racak, ma nelle testimonianze dei giornalisti della APTV non ve ne é traccia, nonostante stessero lavorando in collaborazione proprio con la polizia serba, cioé la fonte di tale notizia? Perche' questa operazione, ufficialmente mirata ad arrestare i colpevoli dell'omicidio di un poliziotto, lascia sul campo ben 45 albanesi uccisi (cosa che nessuno nega) e solo un soldato serbo ferito? Perche' nonostante questo successo le forze serbe hanno abbandonato il villaggio, senza arrestare nessuno e senza mantenere la posizione conquistata per poi tentare ancora di effettuare gli arresti, visto che per questo si era mossa con artiglieria pesante e ingenti forze per ben due giorni consecutivi? Perche' l'OSCE (che in quel settore é a comando italiano) non ha denunciato energicamente e subito la massiccia offensiva portata contro vari villaggi con intensi bombardamenti, in atto già almeno 24 ore prima del massacro e che ha provocato migliaia di profughi, dopo che da giorni erano in corso grandi manovre serbe con altri attacchi, limitandosi invece a segnalare solamente spostamenti di mezzi e generici scontri?

Esattamente una settimana prima, un'imboscata dell'UCK contro una colonna di corazzati serbi che si stavano ridispiegando sul terreno a qualche chilometro di distanza da Racak, in palese violazione degli accordi e in preparazione della violenta offensiva, aveva provocato tre morti. Ebbene, in quell'occasione i verificatori OSCE si erano recati seduta stante sul posto, avevano immediatamente fatto rapporto alle loro cancellerie e nel giro di alcune ore tutte le capitali mondiali avevano attaccato duramente l'UCK per la sua "provocazione" (AFP e Reuters, 8 gennaio). Nel caso di Racak, invece, tutti questi meccanismi si sono mossi con 48 ore di ritardo e questo nonostante la polizia serba avesse essa stessa avvisato i verificatori, costringendoli comunque a fare da testimoni. E infine, non meno importante, se anche le ipotesi di una "messinscena" da parte dell'UCK fossero vere, ci dovremmo trovare di fronte a una situazione in cui assolutamente tutti mentono: mente l'UCK, mentono gli abitanti del villaggio, mente l'OSCE, mentono i giornalisti (compresi quelli della APTV, come abbiamo visto), ma, soprattutto, mentono le autorità di Belgrado e i loro giornali. Infatti, le dichiarazioni ufficiali riportate in merito alla dinamica dell'evento da parte del ministero degli interni serbo e quelle, da considerarsi assolutamente ufficiali, del presidente della repubblica serbo Milutinovic, sono in aperta contraddizione con questa ipotesi: per Belgrado, infatti, le proprie forze sono state oggetto di una "feroce imboscata terroristica" (come abbiamo già fatto notare, talmente feroce che 45 guerriglieri muoiono, mentre i serbi lamentano solo un ferito), di cui nelle "rivelazioni" di questi giorni non c'e' assolutamente traccia (il villaggio e' vuoto e pacifico e non reca alcun segno di combattimenti o razzie, i guerriglieri si limitano a sparare dai boschi sulle cime sovrastanti - "Le Monde", 21 gennaio; "Le Figaro", 21 gennaio), cosi' come non ve ne é traccia in alcun altro resoconto.
"Le Figaro" (21 gennaio) scrive che é "particolarmente inquietante che la polizia serba non abbia mai cercato di nascondere la propria operazione. "Le Monde" (21 gennaio), commentando il coinvolgimento sul posto dei due giornalisti della APTV e dei verificatori dell'OSCE rileva il fatto evidente che "la pubblicità fatta dalla polizia serba in merito a questa operazione é intensa".

Detto tutto questo, non si può non ricordare che il massacro c'é stato e che ciò non viene negato da nessuno, nemmeno da Belgrado. Anche l'intero contesto viene confermato in maniera identica da tutte le parti, senza eccezioni: attacchi su vasta scala, contro interi villaggi, condotti con mezzi corazzati e artiglieria pesante, in corso per due giorni interi; pi di 5.000 profughi in tutta l'area che stanno vivendo in condizioni inumane; le forze pesanti serbe che rimangono nell'area e proseguono gli attacchi nei giorni successivi al massacro. é questo il quadro, che per mesi è stato il quadro normale di una guerra condotta ininterrottamente da un regime violento e autoritario contro un'intera popolazione insorta dopo lunghi anni di continue repressioni e di resistenza pacifica. Le disquisizioni (come abbiamo visto, prive di fondamento) sulle presunte messe in scena dovrebbero quindi tutt'al pi interessare qualche burocrate dell'OSCE e delle cancellerie occidentali per i propri giochi diplomatici.


[Per una estesa documentazione sul massacro di Racak, con i testi integrali degli articoli di "Le Figaro", "Le Monde" e altro ancora, si può consultare lo speciale sul massacro di Racak pubblicato da "Notizie Est" in 6 numeri tra il 21 e il 28 gennaio, archiviato in: http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/kosovindex.htm]