COS'E' L'UCK?



aprile 1999, di Michael Karadjis, da "Green Left Weekly", dal sito del Comitato di Solidarietà con il Kosova


Parte del nucleo dell'Esercito di Liberazione del Kosova (UCK) proviene dalle forze di resistenza kosovare "marxiste-leniniste" che hanno combattuto il dominio repressivo di Belgrado negli anni '80 e che avevano collegamenti con il regime stalinista dell'Albania. In particolare, secondo le testimonianze, l'UCK aveva collegamenti con il Movimento Popolare del Kosova, che è stato fondato nel 1982. La sua improvvisa fama negli ultimi mesi del 1997 è stata una conseguenza della liberazione di centinaia di migliaia di armi durante l'insurrezione rivoluzionaria svoltasi precedentemente nello stesso anno. Molte delle armi hanno passato il confine verso il Kosova e sono state prese a piene mani dagli albanesi dei villaggi che vivevano da decenni sotto la brutale repressione dell'esercito "jugoslavo" e dei paramilitari serbi. Volontari, armi e denaro sono venuti anche dai 600.000 albanesi che lavorano in Germania e in Svizzera. Tra coloro che guidano la resistenza vi sono molti ex ufficiali che facevano parte dell'Esercito Popolare Jugoslavo e delle Forze di Difesa Territoriali del Kosovo nel periodo precedente al 1989. All'interno della leadership politica kosovara di Pristina il senso di frustrazione è costantemente cresciuto lungo i sette anni della strategia "gandhiana" messa in atto dalla Lega Democratica del Kosova, guidata da Ibrahim Rugova.

DIBATTITI SULLA STRATEGIA

Mentre il sistema di "istituzioni parallele" metteva a disposizione degli albanesi i servizi fondamentali che venivano loro negati dallo stato serbo, continuava a crescere la sensazione che questa politica non facesse altro che perpetrare le politiche di apartheid della Serbia, pagate con una doppia tassazione delle masse albanesi. La strategia, che mirava a ottenere il supporto occidentale dando prova di moderazione, si è rivelata un completo fallimento: i leader occidentail non hanno mai menzionato nemmeno il ripristino dell'autonomia del Kosova illegalmente abolita da Milosevic nel 1989, per non parlare dell'obiettivo dell'indipendenza condiviso da tutti i kosovari. Nel 1996, una parte della leadership politica, guidata da Adem Demaqi, che aveva passato 28 anni in una prigione serba, ha cominciato a chiedere un cambiamento di strategia. Per Demaqi e il suo Partito Parlamentare del Kosova, l'impegno con le vere forze di opposizione serbe era pi importante dell'obiettivo senza speranze di ottenere l'attenzione dell'occidente. Si trattava di una posizione ostacolata dal fatto che la maggior parte delle forze borghesi serbe di opposizione avevano posizioni sul Kosova identiche o pi estreme di quelle di Milosevic. Tuttavia, nell'ambito di un dialogo "serbo-albanese" organizzato nel 1997 dal Comitato Helsinki per i Diritti Umani serbo, molti antinazionalisti serbi hanno espresso il proprio sostegno per l'idea di Demaqi che una Repubblica del Kosova, dopo avere ottenuto l'autodeterminazione, avrebbe potuto entrare a fare parte di una nuova ed equa federazione con la Serbia e il Montenegro. Egli ha dato alla sua idea il nome di "Ballkania". Si trattava di un modo per fare appello alla nostalgia per la Jugoslavia, ormai defunta da lungo, che perdurava tra molti serbi non nazionalisti. Secondo Demaqi, "lo stesso meccanismo che mantiene in cattività con la pura violenza sia gli albanesi che altri popoli ha ostacolato la democratizzazione della Serbia per 100 anni". Il regime di Milosevic, l'opposizione borghese serba e i governi occidentali hanno tutti ignorato queste idee. Verso la metà del 1998, l'UCK ha scelto il partito di Demaqi come la propria leadership politica, in opposizione alla linea di Rugova. Sezioni del suo partito si sono fuse in tutto il Kosova con l'UCK. Pur provenendo da diverse esperienze passate, queste forze condividono l'opinione che i kosovari debbano fare affidamento sulle proprie forze. Se l'UCK avesse o meno la forza per avere la meglio sulla macchina del terrore di Milosevic all'inizio del 1998 è un'ipotesi che dovrà essere esaminata con maggiore attenzione. Sembra evidente che non vi fosse il livello necessario di comando generale, con diverse sezioni che spesso operavano sulla base di piani propri. Vi sono ben pochi dubbi, tuttavia, sul fatto che l'UCK corrispondesse allora ai sentimenti della massa dei kosovari e migliaia di abitanti dei villaggi si sono uniti a esso al fine di esercitare il diritto all'autodifesa dalla polizia e dall'esercito. "Non vi è dubbio che questi gruppi avessero il pieno appoggio della popolazione locale", secondo quanto ha scritto il giornalista albanese Fehim Rexhepi. Verso la metà del 1998, l'UCK aveva preso il controllo di parti sostanziali del Kosova centrale. Tuttavia, in assenza di maggiori forniture di armi, molte di queste conquiste sono state cancellate dalle forze di occupazione entro il mese di ottobre. Gli Stati Uniti hanno reagito con ostilità alla comparsa dell'UCK. "Gli aiuti musulmani agli albanesi sono una minaccia per la pace", titolava il Sydney Morning Herald, citando alti consulenti politici degli Stati Uniti, i quali temevano che cià avrebbe potuto trasformare l'UCK in "una forza militare maggiormente pericolosa". Sono state addirittura fatte girare nozie secondo cui Osam Bin Laden operava nella regione! Nelle prime fasi dell'offensiva, il portavoce del Dipartimento di Stato USA James Jolly affermava che la sempre maggiore presenza dell'esercito serbo sul confine albanese era "legale e legittima", mentre Richard Holbrooke parlava dei suoi timori di un "sentiero di Ho Chi Minh" per le armi dall'Albania al Kosova. A Belgrado, l'inviato speciale degli Stati Uniti Robert Gelbard definiva l'UCK un'"organizzazione terroristica".

IL PIANO DEGLI STATI UNITI

Dopo le vittorie serbe, gli Stati Uniti hanno presentato un piano per l'autonomia limitata, che è stato rifiutato dall'UCK come "nemmeno degno di discussione". Era ben lontano addirittura dal livello di autonomia di cui il Kosova godeva sotto la Jugoslavia di Tito. Nei primi mesi del 1999 gli Stati Uniti hanno rilanciato i propri sforzi per costringere i kosovari ad accettare il piano. Data la naturale sfiducia degli albanesi nel fatto di potersi sentire sicuri all'interno della Serbia, senza delle proprie forze armate e con l'UCK disarmato, gli Stati Uniti ora offrivano una forza NATO "di mantenimento della pace" come forza di polizia per sorvegliare gli accordi. Demaqi e altri hanno esercitato pressioni affinchÈ la delegazione kosovara rifiutasse questo tentativo di "convincere gli albanesi ad accettare la capitolazione, lanciando illusioni e promesse vuote". Sia l'UCK che la Serbia hanno rifiutato i principi di Rambouillet. Tuttavia, sotto massicce pressioni da parte delle forze albanesi filoccidentali, l'ala che guida l'UCK ha infine capitolato. Demaqi si è dimesso dalla propria carica di leader. Molte notizie pubblicate dai media hanno sostenuto che la NATO "nei fatti" è intervenuta a favore dell'UCK. Si tratta di un'affermazione che capovolge i fatti della realtà. La capitolazione totale dell'UCK - che ha abbandonato le proprie richieste di autodeterminazione e ha accettato di disarmare le proprie forze - è stata voluta dalla NATO come condizione per "aiutare" gli albanesi contro Milosevic. La richiesta di una forza NATO, tuttavia, ha consentito a Milosevic di fare finta di accettare l'autonomia, rifiutando allo stesso tempo una forza di intervento sul "suo" territorio. Questo rifiuto ha consentito alla NATO di attaccare la Jugoslavia, creando le condizioni politiche e militari perchÈ la Serbia schiacciasse l'UCK mettendo in atto quello che è il sogno dei pi radicali tra i nazionalisti serbi: la deportazione dal Kosova di metà della sua popolazione albanese. Le "illusioni" di cui parlava Demaqi hanno portato a una catastrofe per l'UCK e per il Kosova. Come ha detto il soldato dell'UCK Shrem Dragobia al giornalista albanese Fron Nazi, la NATO ha tradito i kosovari. "Quando abbiamo firmato l'accordo di Rambouillet, siamo stati portati a credere che la NATO e gli Stati Uniti avrebbero aiutato gli albanesi. CosÏ abbiamo smesso di armarci e di mobilitarci". L'UCK è stato sottoposto a pressioni per ridurre le proprie attività militari, in preparazione del pieno disarmo in conformità alle clausole dell'accordo. "In nessun caso, è stato loro detto, l'UCK dovrà approfittare delle azioni della NATO per avviare un'offensiva per conto proprio". L'UCK ha mantenuto la parola data, ma "la NATO non ha tenuto fede alla sua parte della besa", una parola albanese che significa giuramento. Ora, secondo Dragobia, se la NATO non può difendere le vittime kosovare del genocidio, "il nostro desiderio è che ci lascino in pace a risolvere problemi che sono nostri. Siamo convinti di potere affrontare i serbi per nostro conto", a condizione di potere ottenere le armi necessarie.

ULTRANAZIONALISTI?

Molti di coloro che si oppongono sia all'aggressione della NATO che al genocidio della Serbia contro i kosovari si sono tirati indietro di fronte alla richiesta di armare l'UCK come alternativa. Questa opposizione trova origine nell'opinione che l'UCK sia un'organizzazione ultranazionalista e antiserba e che essa attacchi la popolazione civile serba. Le dichiarazioni politiche dell'UCK, tuttavia, non danno alcuna prova di ultranazionalismo. L'organizzazione chiede un "Kosova indipendente e democratico". Se la richiesta di indipendenza e il rifiuto di "ogni soluzione a breve termine che possa lasciare il Kosova sotto o all'interno della Serbia" sono "ultranazionalisti", allora lo sono anche il Fretilin e la maggior parte degli altri movimenti di liberazione nazionale. In realtà, il cedimento riguardo all'accettazione di un'autonomia all'interno della Serbia, voluta dagli USA, rende assurdo continuare a chiamare l'UCK ultranazionalista. Tuttavia, l'UCK non fa alcuna menzione della minoranza serba, se non per dire che è nell'interesse della "pace nei Balcani, sia per i serbi sia per gli albanesi", che l'occupazione del Kosova cessi. Mentre le affermazioni infondate dei media, secondo cui esso punterebbe a scacciare i serbi, non sono basate su altro se non sulla fantasia degli stessi reporter, la posizione dell'UCK è certamente un tirarsi indietro politicamente e aiuta la propaganda degli sciovinisti serbi. In generale, l'UCK esprime ben poco in senso ideologico, come quando lo scorso settembre ha affermato "non lottiamo per un partito o per interessi politici, come fanno i partiti politici nel Kosova e in Albania". Ciò riflette una tendenza "militaristica" a rifiutare la lotta politica, identificando le politiche fallimentari di Rugova con la politica in generale. Tuttavia, l'UCK aveva già adottato la leadership politica del gruppo di Demaqi, un passo avanti importante. Demaqi ha chiesto che l'UCK accettasse il suo progetto della "Ballkania", che per definizione implicava negoziati con i serbi antinazionalisti. Demaqi sottolineava che "coloro che stanno combattendo devono rendersi conto che la libertà non può essere ottenuta solo con le armi, cosÏ come abbiamo potuto vedere che non può essere ottenuta solo con la politica". In pratica, sotto la leadership di Demaqi, è stata avviata una lotta politica, in particolare durante il periodo di "autocontenimento" durato da ottobre a gennaio sotto gli auspici della Missione di Verifica in Kosovo. Durante tale periodo, l'UCK ha sospeso gli attacchi contro i militari serbi, consentendo una notevole consolidazione delle posizioni serbe. In particolare, è stata la fazione p "moderata" di Demaqi che ha rifiutato la capitolazione sull'autonomia, mentre l'ala pi "militarista" la ha accettata - mettendo in evidenza i limiti di una lotta militare senza una chiara ideologia. Gli obiettivi dell'UCK sono stati in maniera schiacciante le forze armate del regime di occupazione serbo. La maggior parte dei suoi obiettivi non militari non sono stati i serbi, ma gli albanesi che esso accusa di "collaborare". Tuttavia, vi sono state anche vittime civili, indipendentemente dal fatto che gli aggressori fossero dell'UCK o meno. L'UCK nega ogni coinvolgimento in attacchi contro civili, ma in condizioni di guerra, di anni di oppressione, di pulizia etnica massiccia è inevitabile che in alcune aree, albanesi desiderosi di vendetta, senza il potere di combattere le autorità occupanti, abbiano intrapreso azioni contro gli obiettivi pi facili. I numeri, tuttavia, sono nell'ordine delle decine, rispetto ai 2.000 albanesi uccisi nel corso dell'anno passato. Quando le armi sono arrivate dall'Albania nel 1997, alcune sono state ottenute da criminali organizzati, che hanno terrorizzato in maniera uguale gli albanesi e i serbi locali, soprattutto nelle aree di confine. Gli abitanti della zona sono convinti che in condizioni in cui la polizia serba controlla tutto, questi racket criminali abbiano avuto una connivenza con la polizia. Le condizioni di guerra hanno sicuramente danneggiato i serbi, e molti hanno abbandonato le aree di pesanti combattimenti o a intensa concentrazione albanese, anche se si parla di alcune centinaia, rispetto ai 200.000 albanesi espulsi ancora prima che i pi recenti attacchi fossero cominciati. Dopo anni di rapimenti e scomparse illegali di albanesi, molti serbi l'anno scorso sono stati rapidi da uomini armati. Lo scopo principale di tali azioni sembra essere stato quello di uno scambio di ostaggi. L'UCK afferma di avere liberato tutti coloro che erano stati rapiti. Alla fine del mese di agosto, le autorità serbe hanno sostenuto di avere trovato una fossa comune di 22 serbi nel villaggio di Klecka, dopo che era stato conquistato dall'esercito. I resti erano completamente carbonizzati, fatto che rendeva impossibile identificarli e stabilire la nazionalità dei cadaveri e gli unici "testimoni" erano due albanesi che hanno rilasciato confessioni contraddittorie alla televisione di stato. Bardhyl Mahmuti, dell'UCK, ha detto che "l'UCK non ha mai ucciso civili serbi" e ha dichiarato che i due albanesi erano "collaborazionisti e contrabbandieri" che non erano mai stati membri dell'UCK. Successivamente è emerso che erano stati arrestati dalla polizia serba un mese prima per furto. L'UCK ha ripetutamente chiesto che questo e altri crimini fossero oggetto d'indagini da parte di esperti internazionali. "Se questi crimini sono stati commessi dall'Esercito di Liberazione del Kosova, perchÈ il regime di Belgrado ha rifiutato un visto alle organizzazioni internazionali specializzate?", ha chiesto l'UCK nella sua Ottava dichiarazione politica. Anche se ogni attacco contro civili va condannato, ci sono ben poche prove dei crimini che vengono attribuiti all'UCK. Quello che bisogna affrontare è se il popolo kosovaro, sottoposto a un attacco brutale da parte delle forze di occupazione serbe, abbia o meno il diritto a un'autodifesa armata. Se avessero avuto le armi, le migliaia di villaggi ora svuotati e bruciati, avrebbero avuto una possibilità di resistere ai loro aggressori paramilitari.