LA QUESTIONE NAZIONALE E LA GENESI E LO SVILUPPO DEL SOCIALISMO NELL'IMPERO OTTOMANO: IL CASO DELLA MACEDONIA


ottobre 2001 di Fikret Adanïr, pubblicato in Socialism and Nationalism in the Ottoman Empire 1876-1923, edited by Mete Tunçay and Erik Jan Zürcher, London, 1994. Traduzione di Ilario Salucci

 

La storia dei movimenti di liberazione nazionale nei Balcani ottomani è ben conosciuta. Negli ultimi decenni anche le linee generali della storia del movimento operaio in questa regione sono diventate più chiare. Quanto influì il nazionalismo sulla strategia e sulle tattiche del movimento socialista è invece un tema ancora da elaborare.
La letteratura disponibile dà un quadro abbastanza definito. Di norma si afferma che i socialdemocratici dei paesi balcanici, soprattutto i socialisti marxisti dell'ala sinistra come gli "Stretti" del Partito socialdemocratico operaio bulgaro (BSDOB), erano internazionalisti e quindi oppositori del nazionalismo borghese. Invece di investire energie per rafforzare gli stati nazione esistenti, che dividevano e indebolivano il movimento operaio, propagandavano la necessità di creare una Repubblica Federativa Balcanica, il cui maggior sostegno doveva essere il proletariato. Da questa posizione apparentemente inattaccabile, gli "stretti" socialisti, sotto la leadership di Dimitar Blagoev in Bulgaria, attaccarono quei socialdemocratici che erano disposti a cooperare con gruppi democratici borghesi. Gli "Stretti", marxisti ortodossi, estesero questo atteggiamento critico anche ai socialisti che si impegnarono nel movimento di liberazione nazionale macedone e che, dopo la rivoluzione dei Giovani Turchi del 1908, appoggiarono le politiche del Comitato dell'Unione e del Progresso (CUP).
E' accettabile questo quadro del rapporto tra marxisti ortodossi e nazionalismo nei Balcani? Per me è sospetto, non da ultimo perché deriva dall'autoritratto del Partito. Due problemi riguardo alle posizioni delle varie fazioni socialiste sulla questione macedone sono degne di attenzione particolare: il concetto specifico di nazione che fu alla base della proposta dei socialisti; e la valutazione delle prospettive aperte dalla rivoluzione dei Giovani Turchi.
Di conseguenza, mi concentrerò in primo luogo su alcune delle caratteristiche dello sviluppo socio-economico e politico della Macedonia ottomana. Poi fornirò alcuni esempi del coinvolgimento socialista nella lotta nazionalista in Macedonia. Infine, discuterò la questione cruciale delle relazioni tra Giovani Turchi, Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone (ORIM) e socialisti balcanici nel periodo del dopo 1908.

Condizioni sociali ed economiche della Macedonia ottomana
L'antico concetto geografico di Macedonia ha conosciuto un revival nell'epoca del moderno nazionalismo, e corrisponde ad un territorio che è variabile a seconda dei periodi storici. Per esempio, la provincia eponima del nono secolo era localizzata nella parte orientale dei Balcani ed aveva quindi ben poco in comune con la Macedonia odierna. Per i regni medievali bulgaro e serbo il termine era praticamente senza senso. Né ebbe un posto nel vocabolario amministrativo dell'impero ottomano. Ma dall'inizio del XX secolo Macedonia aveva conquistato i titoli della stampa europea, e con esso si intendeva più o meno l'insieme dei tre vilâyet di Tessalonicco, Bitola (in turco: Monastir) e Kosovo.
In termini geografici, economici e demografici questa regione costituiva un'unità ancor meno di quanto lo sia oggi. Le montagne lo dividevano in valli isolate, con condizioni ecologiche diverse e diversi modelli storici di insediamento. La popolazione era caratterizzata da una straordinaria mescolanza di popoli di discendenza tracia, illirica, greca, romana, slava, turca o ebraica, con pochi contatti tra loro.
Come è ben noto, l'origine etnica era praticamente ignorata nel multinazionale Impero Ottomano, e le statistiche ufficiali registravano i soggetti in primo luogo secondo la loro affiliazione religiosa. Questo approccio portava a una netta maggioranza musulmana nel tre vilâyet macedoni (si v. Tabella 1). I cristiani erano divisi per lo più in aderenti al Patriarcato Ortodosso greco e aderenti all'Esarcato bulgaro.

 

Tabella 1: Popolazione della Macedonia 1906-1907

Vilâyet
Musulmani

Greci

Bulgari

Valacchi

Ebrei

Altri

 Totale
 Selânik

 419.604

 263.881

 155.710

 20.486

 52.395

 9.283

 921.359
 Monastir*  204.587  203.976  185.566  2.356  4.583  1.315  602.383
 Kosovo**  113.603  8.604  144.545    1.198  778  268.728
 Totale  737.794  476.461  485.821  22.842  58.176  11.376  1.792.470

* E' stato considerato solo il dato relativo alla prefettura di Üsküb (Skopje).
** Esclusi i distretti di Görice (Korçe) e Elbasan, situati in Albania.

(Fonte: Kemal H. Karpat, Ottoman Population, 1830-1914. Demographic and Social Characteristics, Madison, WI, 1985, pp. 166-169)

 

Non furono solo i protagonisti dei movimenti nazionali balcanici ad insistere che il criterio decisivo per determinare l'affiliazione nazionale era la lingua e non la religione, ma anche gli etnografi europei, ispirati dal romanticismo tedesco. Dal loro punto di vista il sistema di registrazione ottomana era una reliquia dei tempi medievali, totalmente inadatto alle condizioni moderne che rendono la religione praticamente superflua nella società: gli aderenti al Patriarcato greco e i musulmani di discendenza slava, in quanto slavofoni, dovevano essere considerati come bulgari o serbi, indipendentemente dalla loro preferenza personale. Su questa base furono prodotte nuove statistiche che indicavano che i Bulgari avevano una maggioranza di poco superiore al 50% in Macedonia (si v. Tabella 2).

 

Tabella 2: Composizione etnica e confessionale della popolazione di Macedonia all'inizio del ventesimo secolo.

 Gruppo etnico  Cristiani  Musulmani  Ebrei  Totale  in %
 Bulgari  1.032.533  148.803  -  1.181.336  52,31
 Turchi  4.240  494.964  -  499.204  22,11
 Greci  214.329  14.373  -  228.702  10,13
 Albanesi  9.510  119.201  -  128.711  5,70
 Valacchi  77.267  3.500  -  80.767  3,58
 Ebrei   -   -  67.840  67.840  3,00
 Zingari  19.500  35.057  -  54.557  2,42
 Altri  13.570  3.337  -  16.907  0,75
 Totale  1.370.949  819.235  67.840  2.258.024  100,00


(Fonte: V. Künãov (1900) Makedonija: etnografija i statistica (Sofia, 1900), ristampato nel suo Iz brani proizvedenija (Sofia, 1970), vol. II, p. 590)

 

La popolazione della regione nel primo decennio del XX secolo era poco più di due milioni, dei quali circa il 30% viveva in città con status municipale. Tessalonicco, con più di 120.000 abitanti, era la più grande città della penisola balcanica. Importante porto sull'Egeo fin dall'antichità, fu collegata per ferrovia a Skopje nel 1874 e da qui all'Europa centrale (via Belgrado) nel 1888. Dagli anni '890 furono costruite nuove linee che collegavano Tessalonicco con Bitola e Istanbul.
La struttura della popolazione dei maggiori centri commerciali come Tessalonicco e Kaválla fu un ostacolo allo sviluppo di una coscienza nazionale bulgara o macedone-slava. L'import-export era dominato dai mercanti ebrei e greci delle città costiere, e per il loro tramite le capitali europee potevano assumere il controllo sul sistema creditizio anche dell'interno. Vi era un'industrializzazione su scala molto modesta nei centri relativamente sviluppati, come Tessalonicco, Kaválla, Gevgeli o Vodena. Molte delle manifatture ­ alcuni mulini moderni, fabbriche di birra, manifatture tessili, cantieri per la riparazione delle navi ­ erano proprietà di imprenditori ebrei, mentre le fabbriche di lavorazione del tabacco, che hanno uno speciale posto nella storia del movimento operaio in questa parte dei Balcani, erano controllati dal capitale straniero.
La maggioranza della popolazione viveva in campagna, in condizioni di vita che sono una questione molto controversa nella storiografia balcanica. La nostra conoscenza della storia sociale della Turchia europea è limitata e non ci permette di rispondere a una serie di interrogativi, impedendoci di arrivare ad alcune conclusioni sul carattere degli sviluppi nazionali in questa società. La letteratura abbonda di generalizzazioni indiscriminate, per es. riguardo alla predominanza dell'agricoltura commerciale su larga scala del tipo çiftlik. Poiché ho affrontato altrove questo soggetto, mi limito a sottolineare che all'inizio del XX secolo solo circa il 10% delle famiglie contadine in Macedonia erano impegnate come mezzadri su proprietà çiftlik, mentre i piccoli proprietari indipendenti costituivano la stragrande maggioranza. La commercializzazione dell'agricoltura, con la coltivazione in questa parte dell'impero di prodotti labour-intensive destinati al mercato come il tabacco e il papavero, era un fattore che favoriva la piccola proprietà contadina. La terra era abbondante, e i salari si innalzavano, con una tendenza al rialzo in termini reali. Come Boratav, Ökçün e Pamuk hanno mostrato, "la differenza assoluta tra i salari del paese più industrializzato nel sistema capitalistico mondiale e quelli dell'economia periferica ottomana era significativamente inferiore ai comparabili livelli salariali dell'odierna economia-mondo". Attorno al 1908 i guadagni di un lavoratore agricolo gli permettevano di acquistare con due mesi di lavoro un ettaro di terra, anche nelle zone più care, come quelle utilizzate per la coltivazione del cotone ad Aydïn o Adana.
Tuttavia l'alto tasso di emigrazione del lavoro ('peãalbarstvo') sembra contraddire questa analisi. Ogni anno migliaia di lavoratori stagionali si spostavano, soprattutto dalle regioni montagnose della Macedonia occidentale, in direzione di Istanbul, dell'Anatolia occidentale, dell'Egitto e dei paesi balcanici vicini, Bulgaria e Romania, e ritornavano ai loro villaggi alla fine della stagione, nel tardo autunno. Non fu marginale neppure l'emigrazione per periodi più lunghi, soprattutto per il Nord America. In ogni grande città operavano agenzie delle compagnie estere di navi a vapore ed esistevano collegamenti per i lavoratori migranti anche per il Giappone, fin dal 1895. Secondo i rapporti consolari europei dalla Macedonia, circa 25.000 persone emigrarono oltremare tra il 1902 e il 1906.
Come si può spiegare questo alto tasso di mobilità del lavoro? Le spiegazioni convenzionali (il pesante sfruttamento dei contadini o la mancanza di occupazione domestica) non sono molto utili, perché contemporaneamente vi erano flussi di immigrazione in Macedonia. Negli anni '890, per esempio, per la costruzione delle ferrovie Tessalonicco-Bitola e Tessalonicco-Dedea¤ac-Istanbul fino al 30% della forza lavoro dovette essere importata dall'Italia, dal Belgio, dall'Austria e dalla Germania, mentre nello stesso periodo circa 30.000 persone lasciavano la Macedonia ogni anno per lavori stagionali. I salari offerti nella costruzione delle ferrovie non erano affatto poco attraenti. In realtà erano "sufficientemente sostanziosi anche per gli alti standard delle regioni costiere e molto attraenti per la forza lavoro non qualificata che viveva nell'interno". La situazione non cambiò molto dopo la rivoluzione dei Giovani Turchi. Una fonte archivistica ottomana indica che una squadra di diverse centinaia di lavoratori musulmani attraversò illegalmente la frontiera con la Grecia (senza passaporti) l'11 giugno 1909, con l'intenzione di ritornare dopo aver lavorato in Tessalia per soli 20 giorni. Un altro documento mostra che nello stesso anno una grande squadra kurda, impiegata nella costruzione di strade nel nord della Macedonia, aveva una forte posizione contrattuale rispetto al governo provinciale. Le autorità si lamentavano che questi kurdi facevano domande esorbitanti, come per esempio chiedere paga eguale per ogni membro della squadra, dal bambino di sei anni fino all'ultrasessantenne. Perché quei musulmani che attraversavano la frontiera con la Grecia non si indirizzavano invece al settore delle costruzioni pubbliche del vilâyet di Tessalonicco? Lo stato corrente della ricerca nella storia sociale della Turchia europea non ci permette di rispondere a queste domande.

I socialisti e il movimento di liberazione macedone
I primi socialisti macedoni erano lavoratori migranti che vivevano in Bulgaria. Per capire come vennero coinvolti nella lotta di liberazione nazionale, bisogna ripercorrere gli avvenimenti che portarono all'emergere della questione macedone.
L'emergere della Macedonia come entità nazionale è strettamente connesso all'emergere della Chiesa bulgara durante il periodo di riforme ottomane (Tanzimat, 1839-1873). La formazione di comunità scolastiche macedone-slave, in conseguenza della riorganizzazione del sistema del millet, comportò che l'istruzione venne impartita sempre più in lingua slava (per lo più in bulgaro) a scapito del greco, la tradizionale lingua di educazione nelle scuole delle comunità cristiane, preparando il terreno allo sviluppo di una specifica coscienza macedone-slava. Questo sviluppo portò allo scisma e alla creazione di una Chiesa bulgara indipendente, l'Esarcato, nel 1870, ma le diocesi macedoni furono lasciate fuori della giurisdizione dell'Esarcato: solo se due terzi dei credenti si dichiarava per la separazione da Patriarcato greco vi sarebbe stata l'incorporazione nell'Esarcato. Agenti bulgari, greci e serbi iniziarono l'agitazione nelle campagne a favore o contro questo separazione. Questo scisma nella chiesa assunse nuova importanza in seguito alla guerra russo­turca del 1877-78, con la vittoria russa e la promessa, contenuta nel Trattato preliminare di Santo Stefano, di assegnare tutta la Macedonia al futuro stato bulgaro. Sebbene il Congresso di Berlino (1878) ridusse in modo considerevole il territorio dell'entità bulgara e la Macedonia rimanesse sotto sovranità ottomana, nondimeno la popolazione slava credette che l'annessione della Macedonia da parte della Bulgaria fosse solo una questione di tempo. Quando la Bulgaria e la Rumelia orientale, contrariamente a quanto deciso con il Trattato di Berlino, dichiararono la loro unione sotto la corona bulgara nel 1885, la prospettiva della causa bulgara in Macedonia sembrava più che mai luminosa.

L'Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone (ORIM)
Quella che sarebbe diventata l' Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone fu fondata a Tessalonicco alla fine del 1893, sotto il nome "Comitati Rivoluzionari Bulgari di Macedonia ed Edirne" (CRBME). I suoi fondatori ­ quattro insegnanti, un fisico e un libraio ­ si consideravano come l'avanguardia del movimento nazionale bulgaro. Il loro scopo era di preparare il terreno per l'unione dei territori irredenti con la madrepatria bulgara. Comunque i fondatori mantennero una certa discrezione sul loro vero obiettivo. In accordo ai primi statuti dell'organizzazione, del 1896, "l'obiettivo dei CRBMA [CRBME] [è] il raggiungimento della piena autonomia politica per la Macedonia e la provincia di Adrianopoli [Edirne]" (Articolo 1). E' significativo, comunque, che questo documento si riferisca all'Articolo 2 solo alla "popolazione bulgara", che doveva essere preparata per una rivolta generale, e che nell'Articolo 3 è affermato chiaramente che solo un bulgaro può diventare membro dell'organizzazione.

La tentata rivolta del 1895 e i socialisti
I nazionalisti bulgari tentarono di provocare una rivolta generale in Macedonia nell'estate 1895. Alcune bande sotto il comando di ufficiali dell'esercito attraversarono la frontiera vicino a Melnik, ma l'operazione finì nel nulla a causa dell'indifferenza della popolazione.
E' interessante vedere come i socialisti bulgari interpretarono questa avventura nazionalista. Dimitar Blagoev, il fondatore del BSDOB nel 1891, già nel 1885 aveva avanzato la tesi che la liberazione della Macedonia era possibile solo nel quadro di una federazione balcanica e dopo il II congresso del BSDOB nel 1892 si battè per far adottare ai socialisti la linea di "nessuna coalizione con gruppi borghesi o piccolo borghesi". Tuttavia Blagoev era al tempo un attivo membro del "Comitato Supremo Bulgaro" (V_rhoven Makedonski Komitet) di Sofia negli anni '890 e in un articolo pubblicato nel 1895 plaudiva alla provocatoria azione dei nazionalisti vicino a Melnik riferendosi alla spietata oppressione del popolo macedone "da parte di una razza asiatica barbara e fanatica". A suo parere questo era sufficiente per appoggiare qualsiasi movimento insurrezionale nella Turchia europea.
Di pari interesse in questo contesto è il punto di vista di Vasil Glavinov, un pioniere del movimento socialista in Macedonia. Carpentiere del paese macedone di Veles (in turco: Köprülü), Glavinov era diventato un seguace di Blagoev dal 1893. Nel 1894 era tornato per un breve periodo di tempo nel suo paese per organizzarvi il primo circolo socialista e nel 1895 pubblicò a Sofia un settimanale sotto il titolo di Revoljucija. Ne uscirono dieci numeri, il primo (28 luglio 1895) e l'ultimo (30 agosto 1895) coincidenti con l'inizio e la fine dell'operazione a Melnik.
Un articolo programmatico pubblicato nel primo numero dichiarava che la Macedonia ­ uno sfortunato paese oppresso per cinque secoli da uno spietato dominio asiatico ­ era spremuta fino all'esaurimento da "albanesi, circassi e kurdi". Questa "culla della civilizzazione europea" era diventata il regno della brutalità, ma il macedone aveva ora rialzato il capo. Un fucile sulla spalla, una spada nella mano, si difendeva valorosamente contro l'oppressore albanese e il barbaro circasso. Il macedone era un eroe, il suo nome non sarebbe mai stato dimenticato. Glavinov era felice che il primo numero del suo giornale coincidesse con l'evento rivoluzionario. Fa appello al popolo perché prenda le armi, e vada in aiuto agli eroi che sulle montagne combattevano l'esercito turco. Verso la fine dell'articolo invoca il socialismo: la gioventù ispirata dai principi socialisti introdurrà nuovi elementi nella lotta di liberazione e potrà portare alla creazione di una repubblica macedone.

La polemica socialista sulla partecipazione nel movimento macedone
Alla svolta del secolo il partito bulgaro aveva significativamente modificato la propria posizione sulla questione nazionale, riflettendo gli sviluppi interni all'Internazionale Socialista. Seguendo la linea di Karl Kautsky, Blagoev inizia a vedere nazione e nazionalità come concetti borghesi effimeri destinati a scomparire con l'espansione del sistema capitalista. La classe operaia doveva astenersi da politiche nazionaliste. Nel 1901, il comitato centrale del BSDOB vietò ai suoi membri di aderire a organizzazioni macedoni. Un articolo di Gavril Georgiev, uno stretto collaboratore di Blagoev, intitolato "Il movimento macedone e il partito del proletariato", provocò una accesa polemica tra l'ala marxista ortodossa del socialismo e quella revisionista. Georgiev accusava quei membri del partito che si erano impegnati in faccende piccolo borghesi, quale la lotta macedone, di non aver assolto ai loro obblighi verso il proletariato. Questa critica fu sfidata in modo molto veemente da Dimo Had_i Dimov, un socialista bulgaro con stretti legami con il movimento rivoluzionario macedone, che sostenne la necessità che i socialisti entrassero nell'organizzazione rivoluzionaria macedone, proprio perché vi erano al suo interno elementi sciovinisti. I socialisti, secondo Had_i Dimov, dovevano avere sempre una particolare attenzione per i movimenti di liberazione.
Come è noto, la questione dell'alleanza con gruppi politici borghesi si risolse al decimo congresso del BSDOB, nel 1903, con una scissione. La questione macedone rimase al centro della disputa. Dopo il 1903, i socialisti "larghi" diretti da Yanko Sakazov parteciparono liberamente al lavoro dell'ORIM, e anche i socialisti "stretti", nonostante le risoluzioni, non se ne stettero in disparte.

Il gruppo socialista macedone
I socialisti rivoluzionari macedoni vicini a Vasil Glavinov rimasero affiliati agli Stretti di Dimitar Blagoev, pur continuando a partecipare attivamente al movimento di liberazione della Macedonia. Dal febbraio 1898 il gruppo aveva un nuovo organo, stampato a Sofia, Politiãeska svoboda (Libertà politica) ­ sottotitolato "Organ na makedonskite socijalisti revoljucioneri / Organ des socialistes révolutionnaires macédoniens". Il nuovo programma del gruppo, pubblicato nel primo numero del giornale, concepiva "la libertà politica di un popolo" ["narod"], come la "precondizione del suo sviluppo futuro". I macedoni appartenevano a quegli sfortunati popoli della penisola balcanica e dell'Asia minore che soffrivano sotto il giogo dei califfi turchi. "Guidati dalle idee più umane e progressiste, i socialisti rivoluzionari macedoni si prefiggono la completa liberazione economica e politica dei popoli della Macedonia e della regione di Adrianopoli [Edirne]". Per raggiungere questo obiettivo ­ insisteva il programma - non esiste metodo più radicale e più appropriato della rivoluzione, e per questo i socialisti concentrano i loro sforzi nell'inculcare coscienza morale e intellettuale nell'intera classe lavoratrice, nell'educarla agli ideali di indipendenza e civilizzazione. Per raggiungere il fine ­ la liberazione del popolo in Macedonia e nella regione di Edirne ­ i socialisti erano pronti a entrare in alleanza con tutte le nazionalità dell'Impero ottomano che aspiravano allo stesso obiettivo di liberazione. I socialisti ritenevano che dovesse essere data la possibilità ai macedoni di scegliere la propria nazionalità liberamente, senza essere forzati ad affiliarsi a questa o a quell'altra nazionalità sulla base di alcune dubbie tradizioni storiche o vittorie ultrapatriottiche. Inoltre i socialisti mai dimenticano che il raggiungimento della libertà sarà seguito dalla lotta per la rivoluzione socialista nel paese - l'autonomia politica era concepita solo come il primo passo di un ulteriore sviluppo economico e sociale della Macedonia.
Certamente questo programma era più democratico di quello che i socialisti macedoni avevano preparato nel 1895. Tuttavia alcuni punti meritano una considerazione attenta. Il primo obiettivo dei socialisti era la dissoluzione dell'Impero ottomano, per mezzo di una rivoluzione, il che avrebbe portato alla formazione di uno stato macedone autonomo. Questo era un obiettivo compreso e condiviso da tutti i nazionalisti bulgari: anch'essi chiedevano solo l'autonomia. Per quanto riguarda la disponibilità dei socialisti a stringere alleanze con altri fattori politici nell'Impero, questi fattori, in Macedonia, potevano essere i nazionalisti bulgari, i greci, i serbi o i valacchi. I gruppi musulmani non erano considerati possibili partner di una coalizione. Quindi, mentre ogni bulgaro poteva appoggiare il programma socialista e rimanere nazionalista, un musulmano doveva essere innanzi tutto un socialista per poterlo fare.
Influenzato dai socialisti, anche l'ORIM si dotò di un nuovo programma. La differenza tra il nuovo documento e lo statuto del 1896 è impressionante. In primo luogo la qualifica di "bulgaro" fu cancellata dal nome dell'organizzazione e in secondo luogo, il nuovo testo formulava gli obiettivi dell'organizzazione in questi termini: "unire tutti gli elementi insoddisfatti in Macedonia e nella provincia di Edirne, indipendentemente dalla nazionalità, per acquisire attraverso la rivoluzione la piena autonomia politica" (Articolo 1). Inoltre per realizzare questo obiettivo, era indispensabile che l'organizzazione lottasse "per eliminare la propaganda sciovinista e la discordia nazionale che divide e indebolisce" la popolazione. Da ultimo, ogni macedone e ogni abitante della provincia di Edirne poteva ora diventare membro dell'organizzazione.
Nonostante queste aperture democratiche ad altri gruppi nazionali, l'ORIM rimase sostanzialmente l'organizzazione politica dell'Esarcato bulgaro in Macedonia. La sua strategia e le sue tattiche erano finalizzate ad un intervento delle Grandi Potenze nella Turchia europea: secondo i suoi attivisti l'Europa non poteva tollerare una sanguinosa repressione di una rivolta popolare dei cristiani, e un intervento europeo poteva aprire la via, se non a uno stato macedone, almeno all'unione del paese con la Bulgaria. Il compito dell'ORIM era preparare politicamente e militarmente la popolazione ad una rivolta generale.

Gli anarchici nel movimento rivoluzionario macedone
Il governo ottomano seppe dell'esistenza dell'ORIM nel 1897, obbligando l'organizzazione rivoluzionaria a iniziare prematuramente un tipo di guerra di guerriglia nella tradizione degli hayduks e dei klephts balcanici. Ogni comitato di distretto mise in piedi una propria unità di combattimento ("ãeta"), e si considerava che con azioni appropriate contro le organizzazioni nazionali rivali e le istituzioni dello stato ottomano sarebbero cresciuti il morale e la disciplina nell'ORIM e che questo tipo di guerra avrebbe reso più efficace la propaganda delle idee e degli obiettivi tra la popolazione rurale.
Dal 1903 due forti tendenze si erano cristallizzate nel movimento macedone. La maggioranza nazionalista bulgara era convinta che se l'ORIM avesse scatenato una rivolta generale simultaneamente in Macedonia e nel vilâyet di Edirne, il potere ottomano sarebbe collassato. Invece l'ala sinistra rivoluzionaria diretta da Goce Delãev sottolineava i rischi di tale corso insurrezionalista, che, nell'eventualità di un fallimento, avrebbe messo a repentaglio l'intera organizzazione. Delãev propugnava in alternativa l'intensificazione del terrorismo contro obiettivi specifici ­ sabotaggio delle ferrovie, rapimento di stranieri, assassinio di esponenti eminenti della società.
La genesi di questo anarchismo va rintracciata in un gruppo di studenti bulgari e macedoni attivi nei circoli degli emigrati russi in Svizzera e che vennero in contatto con le idee di Bakunin. Nel 1898 fondarono il Comitato Rivoluzionario Segreto Macedone e iniziarono a pubblicare un periodico con il titolo Otm_stenie (Vendetta). Il gruppo domandava piena autonomia politica, ma rigettava l'idea di una rivolta contadina. Tutti i popoli in Macedonia dovevano unirsi nella lotta per la libertà: la passiva popolazione musulmana doveva essere integrata nel movimento di liberazione, che era diretto contro il regime del sultano e non contro la popolazione musulmana. Gli anarchici dichiararono virtualmente guerra al nazionalismo bulgaro, greco e serbo in Macedonia.
All'inizio del 1903 gli anarchici divennero attivi, e gli eventi presero una diverso corso. Un piccolo gruppo di giovani, conosciuto come i "gemidÏii", aveva preso contatti con Delãev, il leader dell'ala sinistra dell'ORIM, ma quando, nell'aprile 1903, effettuarono una serie di attacchi dinamitardi a Tessalonicco (un transatlantico francese fu affondato, e la Banca Ottomana Imperiale venne fatta saltare in aria), agirono per proprio conto. Come l'ORIM, anche gli anarchici speravano, con questo terrorismo, di indurre le Potenze a intervenire direttamente in Macedonia. Non fu questo il caso, ed anzi l'opinione pubblica europea voltò le spalle, sia pur brevemente, alla causa macedone. The Times scrisse il 4 maggio 1903:

Il calcolo dei Comitati è tanto stupido quanto scellerato. Il loro obiettivo esplicito è quello di portare l'Europa a intervenire e liberare la Macedonia dai Turchi. Prima cercano di arrivarci esasperando i Turchi perché arrivino a massacri generalizzati di quegli stessi cristiani che si ripropongono di salvare. Finora hanno fallito, nonostante i molti omicidi e gli altri crimini che hanno instigato contro i Musulmani, provocando rappresaglie che possono costituire solo note di colore a un'effettiva "campagna di atrocità" nella Stampa Europea. Perciò sono ricorsi ad altro un secondo metodo di far appello all'Europa, che ora stanno perseguendo simultaneamente con il piano originale. Hanno deciso di attaccare la vita e la proprietà Europea, e gli oltraggi dinamitardi a Salonicco hanno inaugurato i loro sforzi.

In realtà l'importanza delle bombe di Salonicco nella storia del movimento di liberazione macedone risiede nel fatto che l'ORIM fu forzata a reagire, anticipando la data per la rivolta generale al giorno di Sant'Elia (Ilinden), il 2 agosto 1903, anche se la preparazione era ancora incompleta.

I socialisti nella rivolta di Ilinden
Non c'è alcun dubbio che la rivolta del 1903 segni un culmine e un punto di svolta nella storia del movimento di liberazione macedone. Per quanto riguarda il ruolo dei socialisti macedoni in questo evento rivoluzionario, gli "Stretti" riuniti attorno a Vasil Glavinov giocarono un ruolo preminente. Nel 1900 Nikola Petrov Rusinski (in accordo con Glavinov) si era recato in Macedonia per una missione che gli era stata commissionata da Goce Delãev ("espropriare" un benestante cristiano di Veles). Nel giugno di quell'anno Rusinski si recò nel distretto di Kru_evo a tenere un incontro con due compagni socialisti provenienti da Sofia, Vele Markov e Petrus Karev, incontro successivamente gonfiato dalla storiografia fino a diventare la prima conferenza socialista in Macedonia. Il gruppo decise di entrare nell'ORIM, e dal gennaio 1901 Rusinski fu alla testa di una "ãeta ispettiva" della regione rivoluzionaria di Ohrid, a fare propaganda tra i contadini; mentre Vele Markov e Nikola Karev furono nominati dirigenti del distretto rivoluzionario di Kru_evo.
Al congresso dell'ORIM a Smilevo nel 1903, dove fu presa la decisione finale di scatenare la rivoluzione, risulta che Nikola Karev abbia sostenuto la necessità di un rinvio della rivolta generale, per le condizioni generali sfavorevoli e per la non preparazione del paese. Il congresso nominò comunque Karev alla direzione della rivolta nella sezione montagnosa del paese, e di conseguenza Karev divenne "presidente" dell'unico distretto liberato, la "Repubblica di Kru_evo". In questa funzione Karev rivolse un manifesto alla popolazione musulmana nell'area circostante, dichiarando che la rivolta non era diretta contro i vicini pacifici ma contro il regime feudale. Il testo si concludeva con un forte appello: "Fratelli musulmani, unitevi a noi! Spalla a spalla marciamo contro i vostri e i nostri nemici. Avanti, sotto la bandiera della Macedonia autonoma!".
Questo documento viene considerato la dimostrazione del carattere democratico e liberale del movimento macedone, del fatto che gli insorti non differenziavano sulla base delle affiliazioni religiose o etniche. Tuttavia si deve anche considerare in quali circostanze questo manifesto è stato pubblicato. La rivolta era iniziata con diversi villaggi musulmani messi a fuoco dagli insorti, o "ãetniks", che si consideravano gli apostoli della causa nazionale bulgara. Di conseguenza si trovarono contro non solo i turchi musulmani e gli albanesi, ma anche gli aderenti del Patriarcato Ortodosso greco, che nella Macedonia sudoccidentale sostennero apertamente le truppe ottomane. La popolazione civile musulmana aveva iniziato ad armarsi, e alcune colonne di irregolari stavano marciando su Kru_evo. L'appello degli insorti alla solidarietà dei loro vicini musulmani non fu quindi né tempestivo, né realmente opportuno.
La rivolta di Ilinden del 1903 non raggiunse un obiettivo essenziale: l'unità delle masse popolari contro il dominio ottomano. Ancor più importante: non vi fu l'atteso intervento da parte delle Grandi Potenze ­ o quantomeno da parte del Principato di Bulgaria. Verso la fine dell'agosto 1903 la rivolta era stata praticamente terminata. Molti villaggi slavi furono distrutti, e diverse migliaia di persone trovarono rifugio in Bulgaria.

Federalismo, socialismo e l'ORIM
Il fallimento della rivolta di Ilinden provocò numerose controversie all'interno dell'ORIM. Tutti i raggruppamenti di sinistra potevano, con ragione, dichiarare che avevano messo in guardia contro le conseguenze di una rivolta generale. I socialisti Stretti ­ che avevano dimostrato indifferenza verso i sanguinosi avvenimenti in Macedonia, salvo alcune eccezioni (Anton Antonov, Aleksandar Bujnov, âudomir KantardÏiev) ­ erano specialmente chiari nelle loro critiche. Un articolo, pubblicato nel settembre 1903 sull'organo di partito Rabotniãeski vestnik (Giornale dei lavoratori), affermava che la rivolta non era stata adeguatamente preparata, e che la rivoluzione futura sarebbe stata diretta dalla classe operaia, perché la liberazione della Macedonia poteva essere raggiunta solo attraverso una rivoluzione proletaria. Di conseguenza gli "Stretti" ordinarono nel 1905 ai loro seguaci di abbandonare l'ORIM e di organizzarsi in una "Organizzazione socialdemocratica di Macedonia ed Edirne".
I socialisti Larghi avevano sempre mostrato più interesse nella causa macedone, e dopo il 1903 la loro influenza aumentò. La situazione all'interno della Macedonia era terribile, con incessanti combattimenti tra bande bulgare, serbe e greche; ovunque l'ORIM era spinta sulla difensiva, e molti attivisti iniziarono a dubitare della bontà del corso nazionalista bulgaro dell'organizzazione. Questo disagio trovò un'espressione concreta quando il cosiddetto gruppo Seres, una frazione di sinistra sotto la leadership di Yana Sandanski, iniziò a sfidare apertamente le decisioni del comitato centrale dell'ORIM. Politicamente Sandanski era vicino ai "Larghi" di Yanko Sakasov, e nella politica macedone si lasciò guidare in particolare da Dimo Had_i Dimov, il maggior oppositore degli "Stretti" nel dibattito sulla Macedonia del 1903.
Con l'appoggio di Sandanski ­ e con lo sgomento della vecchia direzione ­ il congresso dell'ORIM del 1905 affidò a Had_i Dimov la responsabilità dell'organo di stampa ufficiale, il Revolucionen list, e la stesura (con Dimitar Stefanov) del documento sulla strategia sulla futura politica dell'organizzazione ­ per il leader nazionalista Christo Matov un vero "colpo di stato" dei socialisti. I "principi guida delle future attività dell'organizzazione" di Dimov miravano a una relativa democratizzazione delle strutture interne dell'ORIM: per esempio, i leader di distretto dovevano d'ora in poi essere eletti, anziché nominati dal comitato centrale, e a livello locale una attenzione particolare doveva essere riservata ai rapporti con le altre comunità nazionali. L'obiettivo a lungo termine era la creazione di una federazione balcanica, perché solo una federazione poteva creare le condizioni necessarie per la riconciliazione degli interessi nazionali in conflitto.
L'idea di federazione proposta da Dimov era diversa, sia nella forma che nella sostanza, da quella cara ai socialisti balcanici fin dai giorni di Svetozar Markoviç. Nel suo famoso pamphlet del 1872 Markoviç aveva assegnato alla "Serbia in Oriente" la missione di preparare una rivoluzione nella Turchia europea ­ una rivoluzione che avrebbe unificato i popoli liberati in una federazione di liberi ed eguali lavoratori. Stavrianos ha giustamente sottolineato che "l'agitazione [dei socialisti] contribuì alla decisione del [Principe] Milan di dichiarare guerra alla Turchia nel 1876". Anche l'idea di Federazione balcanica formulata dagli "Stretti" presupponeva la distruzione dello stato ottomano, mentre Dimo Had_i Dimov si convinse che l'autonomia politica per la Macedonia avrebbe portato alla divisione della provincia tra gli stati confinanti. Per questa ragione, considerava l'idea di federazione balcanica un obiettivo astratto e illusorio, inadeguato alla soluzione dei reali problemi della Macedonia. La Macedonia a cui pensava non era una Macedonia autonoma parte di una federazione socialista balcanica, ma una Macedonia di popoli federati che godevano di autonomia entro il quadro dello stato ottomano. In questa logica provò a ristrutturare l'ORIM su principi federalisti.

I Giovani Turchi, l'ORIM e i socialisti
E' noto che il movimento dei Giovani Turchi fu strettamente legato allo sviluppo della questione macedone. Tuttavia non sono state sufficientemente chiarite le relazioni tra l'ottomano "Comitato dell'Unione e del Progresso" (CUP) e le organizzazioni rivoluzionarie macedoni: la questione essenziale è sapere se i Giovani Turchi provarono sinceramente a raggiungere un modus vivendi con l'ORIM su una base federativa o se, come sempre più storici sostengono, furono fin da subito a favore di una rigorosa turchizzazione. La chiarificazione di questo elemento ha una importanza decisiva per determinare il grado in cui il nazionalismo balcanico influenzò il movimento operaio.
Sia i socialisti Stretti bulgaro-macedoni, sia i nazionalisti bulgaro-macedoni svilupparono abbastanza presto un'avversione per il movimento dei Giovani Turchi. Tipica della mentalità socialista del periodo è la critica di Glavinov nei confronti dei Giovani Turchi per la posizione che assunsero sulla questione cretese del 1897. Sull'organo di Ginevra dei Giovani Turchi, Osmanlï, era uscito un articolo che accusava i nazionalisti greci per l'espulsione dall'isola dei cretesi musulmani. Quanto avvenne a Creta dopo il Congresso di Berlino del 1878 ebbe un significato particolare per la questione macedone e per questa ragione necessita un approfondimento. Secondo fonti europee, nel 1881 Creta era abitata da circa 205.000 cristiani e 75.000 musulmani (prima del 1867 la percentuale di musulmani era ancora più alta). Nell'agosto 1896 all'isola fu garantita una sorta di autonomia: fu nominato un governatore-generale cristiano e venne convocata un'Assemblea Nazionale; le forze militari dovevano essere miste, con due terzi degli ufficiali cristiani, e il rimanente terzo musulmani. Nonostante questi regolamenti i greci lanciarono un'offensiva nel gennaio 1897 ed iniziarono ad espellere i cretesi musulmani dall'isola: questi musulmani erano per la maggior parte etnicamente greci, e non parlavano una sola parola di turco. Dietro l'intera operazione vi era un'organizzazione nazionalista che mirava non solo all'enosis di Creta con la Grecia, ma anche all'annessione della Macedonia, e praticamente nello stesso momento le truppe greche sbarcarono a Creta e passavano il confine in Macedonia (febbraio 1897). Il risultato fu la guerra greco-turca del 1897. Pur essendo perfettamente coscienti di questi sviluppi, i socialisti macedoni accusarono i Giovani Turchi di essere nemici del principio di autodeterminazione dei popoli e di volere preservare il loro impero. Ma chi erano oppressi a Creta, i musulmani o i cristiani?
Anche l'ala nazionalista dell'ORIM reagì sempre con freddezza alle aperture dei Giovani Turchi. Christo Matov, invitato sia da Ahmed Rïza, sia dal Partito armeno Dashnak, al congresso dei Giovani Turchi a Parigi nel dicembre 1907, non solo rifiutò l'invito, ma rifiutò anche che qualcuno potesse parteciparvi a nome dell'ORIM. Giustificò il suo atteggiamento dichiarando: "Noi vogliamo l'autonomia per la Macedonia. Noi non abbiamo alcun interesse a unirci a coloro che vogliono ringiovanire la Turchia. La nostra presenza a Parigi potrebbe indebolire la tendenza a portare alla sua logica conclusione l'azione riformatrice dell'Europa". Né prestò ascolto alle argomentazioni avanzate dagli armeni: "Con gli armeni e anche con i Giovani Turchi possiamo arrivare ad un accordo solo nel campo della sovversione: insieme possiamo intraprendere delle azioni per minare l'autorità dello stato turco".
Si può immaginare lo shock, sia per i nazionalisti che per i socialisti Stretti, causato dal successo della rivoluzione dei Giovani Turchi nel luglio 1908. Christo Matov fece del suo meglio per ostacolare il rientro delle bande bulgare nelle città, per paura che potessero fraternizzare con altri gruppi politici. Con il senno del poi, si vantò di esser riuscito a mantenere fuori dagli schemi federativi almeno l'ala destra dell'ORIM. Non desta meraviglia che abbia duramente attaccato Sandanski e âernopeev per esser corsi a raggiungere un accordo con i Giovani Turchi nel 1908.
Quale fu la reazione del BSDOB? Blagoev, una settimana esatta dopo la rivoluzione, scrisse un pamphlet che spiegava la posizione del partito sul movimento dei Giovani Turchi. Iniziò sottolineando che uno dei maggiori compiti della socialdemocrazia era di proteggere il proletariato da influenze borghesi e piccolo-borghesi: questo compito era più cruciale che mai, perché alcuni socialdemocratici bulgari, sia "Larghi" che "Stretti", eran corsi in Macedonia diventando strumenti della classe feudale della Turchia contro la rivoluzione. Domandava che questi nuovi "Ottomani, che indossavano [la maschera] socialista" fossero fermati prima che potessero danneggiare troppo la causa dei lavoratori.
Comunque Blagoev, consapevole dei rischi esistenti se il partito rimaneva isolato e se si lasciava il campo nella Turchia europea agli elementi borghesi, chiese ai suoi compagni di partecipare al movimento di sciopero, e fornì loro un elenco di richieste politiche che dovevano essere avanzate in qualsiasi occasione. Queste domande erano:
1. diritto all'autodeterminazione per le nazionalità nell'Impero ottomano;
2. suffragio universale, diretto, eguale e segreto;
3. abolizione del Senato;
4. piena autonomia per comuni e distretti;
5. pieni diritti di coalizione per i lavoratori;
6. piena libertà di coscienza e di credo;
7. una legislazione più vicina agli interessi della classe operaia;
8. educazione laica nelle scuole e istruzione nella lingua madre;
9. una milizia popolare al posto dell'esercito permanente;
10. abolizione di tutte le tasse in natura e introduzione di una tassa progressiva sul reddito.
In altre parole i socialisti avanzavano richieste che nessun governo a quel tempo era ­ né nessun paese socialista da allora è stato ­ in posizione di garantire. La richiesta del diritto all'autodeterminazione nazionale, avanzata in un paese appena uscito da una guerra civile, era una pura provocazione.
All'inizio del 1909 Blagoev ritornò alla questione nazionale, focalizzando la sua attenzione sul problema dell'unificazione nazionale. La classe operaia non doveva essere indifferente a questo problema. Secondo Marx il proletariato doveva diventare classe nazionale, ma perché lo diventasse, la nazione stessa doveva essere unificata. Non era possibile per il proletariato costituirsi come classe in una nazione divisa, in cui i suoi membri vivevano sotto condizioni diverse. Per il proletariato la questione dell'unificazione nazionale rivestiva una particolare importanza soprattutto quando il grosso della nazione aveva già raggiunto l'indipendenza, ma rimanevano altre sue parti sotto dominazione straniera.
Il Trattato di Berlino aveva diviso la Bulgaria in più unità: due di esse, il Principato di Bulgaria e la Rumelia orientale, erano riuscite ad unificarsi; delle parti rimanenti, una era ancora sotto dominio turco e l'altra apparteneva a Serbia e Romania. Per Blagoev questa divisione della nazione faceva della questione dell'unificazione nazionale una questione inaggirabile, ed infatti negli ultimi tre decenni della storia bulgara vi erano state moltissime lotte per superare questa divisione. Solo nel caso della Rumelia orientale questa lotta era stata coronata da successo.
Unire i bulgari di Turchia alla madrepatria, come era stato fatto con la Rumelia orientale, significava ­ nella situazione esistente nel 1908 - che la Bulgaria "camminasse sul cadavere della Turchia" ("Bulgarija da mine prez trupa na Turcija"), e questo per Blagoev era impossibile. Vi erano pretendenti ben più forti della Bulgaria: Gran Bretagna e Russia da un lato, Austria, Germania e Italia dall'altro, e tutte queste potenze consideravano la Turchia all'interno della propria sfera d'influenza e aspettavano il momento buono per spartirsene le spoglie. Era ovvio che queste potenze, per raggiungere i propri obiettivi, avrebbero facilmente camminato non solo sul cadavere della Turchia, ma anche dei piccoli stati balcanici. Quindi il solo modo per realizzare l'unificazione della nazione bulgara era con la creazione di una federazione balcanica di nazioni.
Dopo aver stabilito in questo modo la necessità di una federazione balcanica, Blagoev affermava che la borghesia bulgara non era in grado di realizzare questo grande compito. La borghesia bulgara aveva mostrato una tendenza cronica a sacrificare gli interessi nazionali ai propri interessi. Il vero rappresentante degli interessi nazionali in Bulgaria era la socialdemocrazia, il partito del proletariato dotato di coscienza di classe ed organizzato.
Questo approccio può essere meglio compreso considerando un altro articolo di Blagoev, sulla federazione balcanica. Blagoev affrontava il problema se fosse teoricamente corretto chiedere la creazione un grande mercato interno balcanico prima della creazione della federazione balcanica, perché ne costituiva una precondizione (come suggeriva Kautsky), o se un tale mercato potesse essere formato solo dopo lo stabilirsi della federazione. Era veramente necessario aspettare che il proletariato avesse conquistato il potere in ciascun paese dei Balcani prima di proporre una cooperazione internazionale regionale? Le dinastie erano ostacoli insuperabili sulla via della solidarietà balcanica? Alcuni critici avevano sottolineato il fatto che la Zollunion tedesca aveva preparato il terreno all'unificazione tedesca senza l'abbattimento preventivo delle dinastie.
Blagoev rispose come avrebbe fatto un nazionalista balcanico. I piccoli stati tedeschi erano tutti stati tedeschi, correlati gli uni agli altri dal punto di vista linguistico, culturale e nazionale: per questo le differenze dinastiche non giocarono un ruolo negativo. Ma nei Balcani la situazione era completamente diversa: una larga parte della penisola era dominata dall'Impero ottomano, uno stato vecchio, in cui una nazione dominava, radicalmente diversa per credo, lingua, letteratura e struttura sociale sia dalle nazioni soggette, che dalle nazioni balcaniche confinanti che erano riuscite liberarsi.
Ma Blagoev non considerava che Grecia e Romania erano molto diverse dal resto delle nazioni balcaniche, sia dal punto di vista nazionale che da quello culturale, e queste differenze avrebbero reso un'unificazione delle nazioni balcaniche molto difficile, anche senza considerare l'ipernazionalista borghesia balcanica sempre pronta a fare appello ai sentimenti nazionalisti. Come si poteva mettere insieme questi diversi elementi in una unione doganale? Tale unione non poteva esistere senza includere l'Impero ottomano, ma quest'ultimo non era interessato ad una federazione balcanica. Le classi dominanti ottomano-turche erano interessate a creare una nazione "ottomana", volevano ringiovanire l'impero e farlo diventare come una nuova grande potenza. Anche se le altre grandi potenze avessero permesso alla Turchia di raggiungere una federazione balcanica, la classe dominante turca non l'avrebbe comunque fatto.
Questa rassegna delle idee di Blagoev sulla prospettiva di una federazione balcanica porta alla conclusione che si socialisti stretti consideravano lo stato ottomano come l'ostacolo principale all'unità balcanica. Ma i Giovani Turchi del 1908 erano proprio così male? Un breve analisi del loro programma aiuterà a cogliere i termini reali del problema.

Il programma dei Giovani Turchi del 1908
I Giovani Turchi sono famosi per avere inaugurato il nazionalismo turco e quindi scavato la fossa all'Impero. Questa immagine storiografica corrisponde largamente alla realtà per il periodo successivo alla guerra balcanica del 1912, ma prima di questa data, e in particolare per gli sviluppi del 1908 e 1909, la situazione era diversa.
I Giovani Turchi avevano chiarito la loro posizione sulla questione nazionale fin dall'agosto 1908: la costituzione sarebbe stata basata sulla sovranità popolare, alle provincie sarebbe stata garantita una larga autonomia, l'istruzione elementare nelle scuole sarebbe stata impartita nella madrelingua del bambino, il servizio militare sarebbe stato reso universale, indipendentemente dall'affiliazione religiosa e veniva presa in considerazione anche una riforma agraria. Fu sulla base di questa piattaforma che i Giovani Turchi iniziarono una serie di negoziati con i vari partiti politici macedoni nei primi giorni del regime costituzionale (luglio 1908). Con i socialisti larghi di Seres fu abbastanza facile raggiungere un accordo, perché sia il CUP che gli uomini riuniti attorno a Sandanski volevano una soluzione federalista per la questione macedone, una soluzione che escludesse la possibilità di una divisione del paese. Sandanski e âernopeev furono piacevolmente stupiti nello scoprire che i Giovani Turchi accettavano l'OMRI quale era come organizzazione politica legale, e non chiedevano neanche lo scioglimento delle unità armate. Il console greco a Seles, Adonis Sathuris, si inquietò, non riuscendo a capire i veri motivi di questa politica così liberale da parte dei Giovani Turchi.
Questa atmosfera liberale attrasse molti socialisti bulgari a Tessalonicco. Dimo Had_i Dimov vi era già arrivato a luglio, e diversamente da Dimitar Blagoev riteneva che i socialisti dovessero appoggiare il nuovo regime in Turchia. Iniziarono ad apparire diversi gionali in bulgaro, facendo diventare Tessalonicco un vero centro multiculturale: questi giornali, pubblicati nei distretti di Seres e di Strumitsa, appoggiavano senza riserve i Giovani Turchi. Edinstvo (Unità) di Angel Tomov propugnava un'unificazione politica con il CUP. Dalla fine del luglio 1908 il gruppo di Sandanski iniziò a pubblicare Svoboda (Libertà), rimpiazzato l'8 agosto da Konstitucionna zarja (Alba costituzionale), che si presentava come l' "Organo dell'Organizzazione Rivoluzionaria di Macedonia ed Edirne". All'inizio del 1909 entrambi i giornali cessarono di apparire e al loro posto apparve Narodja Volja (La volontà del popolo), organo della "Sezione bulgara" del Partito Federativo del Popolo. Sempre all'inizio del 1909 il Gruppo Socialdemocratico di Macedonia ed Edirne (GSDM-E), affiliato al PSDOB e creato da un gruppo "anarco-liberale" diretto da Angel Tomov e dal Club dei Lavoratori Ebrei diretto da Abraham Benaroya, iniziò a pubblicare Rabotniãeski vestnik. Naturalmente anche l'ala destra filobulgara dell'OMRI pubblicò (a partire dal febbraio 1909) il proprio organo, Oteãestvo (Madrepatria), gestito da dirigenti quali T. Karajovov, M. Gerov, V. Rumenov e specialmente Christo Matov.
Dal punto di vista dei Giovani Turchi, il raggiungimento di un modus vivendi con il partito filobulgaro in Macedonia era di primaria importanza, perché vi era la convinzione che la Bulgaria tenesse le chiavi del successo o del fallimento del movimento dei Giovani Turchi. Nell'estate 1908 corse la voce in Macedonia che il sultano avesse chiesto al Principe Ferdinando di concentrare le truppe bulgare alla frontiera turca, in modo che i conservatori ottomani avessero la giustificazione per dichiarare lo stato di emergenza nazionale, e metter fine in questo modo al caos creato dai Giovani Turchi. Il governo bulgaro non fu in ogni caso amichevole nei confronti del nuovo governo: i giornali borghesi di Sofia commentarono gli avvenimenti macedoni in tono ostile fin dall'inizio. Per esempio, Vreme, l'organo del Partito Democratico al potere, il 26 luglio 1908 metteva in guardia i suoi lettori dicendo "di tenere la polvere da sparo asciutta e i loro occhi fissi a Costantinopoli" perché i Giovani Turchi puntavano a una denazionalizzazione dell'elemento bulgaro. Il 7 agosto 1908 il ministro della guerra, il generale Paprikov, sostenne che un normale sviluppo degli affari nella Turchia europea avrebbe minato i piani nazionali bulgari e che il consolidamento del regime costituzionale non era negli interessi del paese. Alcuni politici bulgari si lamentarono che i bulgari nell'Impero ottomano stavano diventando liberi cittadini: nessun bulgaro in prigione, ed un'Europa che simpatizzava con i Giovani Turchi ­ questo era davvero troppo!
In queste condizioni i negoziati dei dirigenti dei Giovani Turchi con il capo dell'OMRI Christo Matov nell'agosto 1908 difficilmente potevano avere successo. Christo Matov stesso, nelle sue memorie, ridicolizza la voglia e l'impazienza dei Giovani Turchi a raggiungere un accordo, o addirittura una fusione, con l'OMRI. Panão Dorev, un noto politico nazionalista bulgaro di Bitola che fu interprete di Matov in questi negoziati, criticò questo atteggiamento arrogante, perché a suo parere il partito dei Giovani Turchi stava sinceramente cercando una soluzione al problema nazionale.
La situazione politica nei Balcani all'indomani della rivoluzione dei Giovani Turchi fu decisiva anche per lo sviluppo di un movimento operaio. Il movimento di sciopero dei ferrovieri nel settembre 1908 fu utilizzato dal governo bulgaro per creare una crisi politica nell'Impero ottomano, e occupando le ferrovie nella Rumelia orientale con la forza militare per assicurare "legge ed ordine", forzò il governo ottomano a introdurre la famosa "legge preliminare sulle interruzioni di lavoro" (8 ottobre 1908).
Quanto il governo di Sofia volesse distruggere il nuovo regime in Turchia è illustrato da come venne gestita la proclamazione dell'indipendenza bulgara. Il gran visir Kâmil Pasha informò il governo bulgaro di voler essere presente a Sofia in occasione della dichiarazione di indipendenza, per dimostrare la volontà dei Giovani Turchi a favore dell'indipendenza bulgara e a favore di di relazioni amichevoli tra i due paesi. Ma il governo bulgaro preferì agire con l'Austria-Ungheria e usare la questione dell'indipendenza come arma contro il nuovo regime in Turchia: il 5, 6 e 7 ottobre 1908 vi furono in successione la dichiarazione di indipendenza bulgara, l'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria-Ungheria e l'enosis di Creta con la Grecia.

Naturalmente i socialisti erano contro la guerra. Naturalmente i Giovani Turchi fecero gravi errori politici nei confronti dei movimenti nazionali. Ma al centro di questo articolo vi è l'interrelazione tra questione nazionale e movimento socialista nella Macedonia ottomana. Affrontando la questione da questa visuale, possiamo stabilire uno stretto parallelismo tra la politica della borghesia nazionalista bulgara e quella dei socialdemocratici Stretti. Essi accettarono di buona volontà il rischio di una guerra balcanica che avrebbe portato a una spartizione della Macedonia. Non ci rammarichiamo della fine della Turchia europea, ma dell'atteggiamento dei socialisti, un atteggiamento che fin da allora non contribuì alla soluzione di nessun conflitto nazionale nei Balcani.