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IL BANDOLO DELLA MATASSA ALLINCROCIO FRA SAPERE E VITALa lotta in corso nelle università e nelle scuole italiane costituisce unoccasione impareggiabile per lintellettualità di massa, che vive e produce nelle metropoli. Per tutti noi -per coloro, cioè che sanno più di quanto non possano- si profila lopportunità di vincere la frammentazione e lisolamento, di lasciarsi alle spalle l "inverno del nostro scontento", di prendere la parola criticando il presente stato delle cose. Ma, prima di tutto, ha senso parlare di noi, e di quelli come noi, con il termine "intellettualità di massa"? Non si elude, così, la specificità di ruoli, funzioni, livelli di reddito, stili di vita? No. Crediamo ci siano più cose che uniscono in unidentica condizione coloro che operano produttivamente col sapere e la comunicazione, di quante non siano le distinzioni e le divisioni. Il termine apparentemente generico è, forse, il più preciso e concreto. Intellettualità di massa è chi lavora negli uffici o nelle cooperative, nella scuola o nei media, nella pubblicità o nella ricerca. E poi: chi sa più cose di quelle che utilizza durante il lavoro. Chi vede mortificata, o espropriata, la propria capacità comunicativa, la propria socialità. Intellettualità di massa è il tecnico di computer, che conosce a menadito la logica simbolica di Piaget e Chomsky. Chi provvisoriamente vende vino, ma in passato ha riabilitato "devianti" o si è occupato di letteratura. Chi ha fatto lo sceneggiatore di fumetti, ma è pratico di Habermas e Warhol. La dimafonista che negli intervalli del lavoro chiosa la Irigaray. E ancora: quelli che in passato sono stati attraversati dai movimenti, apprendendo lì a destreggiarsi entro relazioni sociali informali (dote, spesso valorizzata poi sul lavoro). Questa diffusa intellettualità, talvolta integrata in reti produttive avanzate, talatra precaria e "dai piedi scalzi" è il bandolo di tutte le matasse. Niente affatto marginale, essa sta al centro dellaccumulazione capitalistica, è il nervo scoperto di un modo di produzione in cui il sapere figura come il principale ingrediente. Chiunque guardi allassetto sociale degli anni 80, si imbatte necessariamente in questo stato sociale. Lintellettualità di massa materializza in se stessa le trasformazioni dellultimo decennio, lincastro indissolubile tra sapere e vita, i nuovi modi di lavorare e comunicare, i sentimenti oggi prevalenti. E difficile, al suo riguardo, tracciare una netta linea di confine tra lavoro e tempo libero, cultura e condizione materiale, il pane e le rose, "struttura" e sovrastruttura; i modi di vivere, le biografie, i gusti estetici, le emozioni sono tuttuno con la prassi lavorativa. Lintellettualità di massa è lespressione immediata di una situazione in cui si ha piena identità tra produzione materiale e comunicazione linguistica. Il punto decisivo non sta nella crescita smisurata dellindustria della comunicazione, bensì nel fatto che l "agire comunicativo" è preponderate in tutti i settori industriali. Alle tecniche e alle procedure dei media bisogna guardare, dunque, non tanto come a ciò che contraddistingue uno specifico comparto produttivo: quanto piuttosto come a un modello di valore universale, imprescindibile anche quando si considerino le lavorazioni tradizionali. Lindustria della comunicazione svolge, semmai, un ruolo analogo a quello assolto in passato dallindustria dei mezzi di produzione; è cioè un settore particolare, che però determina i moduli operativi dellintera società. Che il lavoro coincida con la comunicazione linguistica, ciò non attenua, ma radicalizza le contraddizioni della società capitalistica. Infatti, poiché nella produzione entra tutta la nostra vita, grande è lespropriazione, ma altrettanto grande è la possibilità di trasformare radicalmente il presente. Gli studenti che occupano luniversità sono la parte dellintellettualità di massa smottata su posizioni critiche, resasi visibile con il conflitto. Gli studenti, oggi, rappresentano il controveleno da opporre ai tanti veleni (rassegnazione, competitività, arrivismo, adeguazione supina alle gerarchie) che sono circolati tra noi in questi anni. La loro lotta contro la privatizzazione non costituisce affatto una difesa della leggendaria "neutralità" della cultura: piuttosto è una presa datto del ruolo centrale che il sapere assolve nel processo produttivo, è laltra faccia, quella buona, di questa medesima centralità. Gli studenti in lotta presagiscono il loro domani -il nostro oggi- e lo rifiutano. La "parte" parla al tutto, gli studenti sollecitano lintera intellettualità diffusa affinché esca dalla dispersione, dal cinismo, dallopportunismo, che hanno contrassegnato gli anni appena trascorsi. Dovunque -negli uffici, nel precariato, nei media, nella ricerca- abbiamo innumerevoli questioni da sollevare circa le condizioni di lavoro, i diritti, le garanzie. Ma non si tratta solo di un cumulo di rivendicazioni. Laspetto più importante -loccasione vera- è dare una forma autonoma alla nostra socialità, un impiego sensato alla nostra cultura, uno sviluppo ricco e appagante alla nostra capacità di comunicazione. Dalluniversità allintellettualità di massa. E viceversa. Per tramutare la nostra consuetudine con i saperi, linformazione, il consumo culturale in una pratica autodeterminata. Libertà di linguaggio -questa espressione, per lintellettualità di massa, significa, niente di meno che lotta contro il lavoro "coatto" (o, tout court, salariato). Le università occupate hanno per emblema il fax: messaggi lanciati in una moderna bottiglia alla volta della città. Nei prossimi mesi, ci proponiamo di rispondere a questi fax, con altri messaggi, provenienti da tutti i luoghi di lavoro dellintellettualità di massa. Messaggi di conflitto. Oggi le università in lotta rappresentano un luogo di comunicazione alternativa. Comunicazione artigianale, certo, fatta di piccoli segnali: ma segnali liberi. E essenziale che questo libero brusio sappia e possa attirare nella propria orbita spezzoni di intellettualità di massa, schegge di comunicazione tecnicamente più sofisticata. Un simile impasto sarebbe carico di sviluppi duraturi, e soprattutto, darebbe di che sperare. La prima cosa che ci proponiamo è una sorta di censimento: fornire nomi, profili biografici, sociali, economici culturali allarcipelago dove noi stessi dimoriamo. Subito dopo si tratta di stabilire momenti di incontro, di dialogo, di proposta. Marco Bascetta, Piero Bernocchi, Enzo Modugno; |
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