INTERVISTA FANTASTICA A CARLO LUCARELLI
E’ stato facile contattare Carlo Lucarelli. Sono bastate un paio di telefonate. L’ho chiamato nella sua casa di Mordano, vicino Imola, e mi sono scusato per averlo distolto dai pressanti impegni del suo lavoro. "L’importante è farsi vedere dalle persone giuste e nei momenti giusti. Io sono una persona giusta", così mi ha risposto lo scrittore noir fissando un appuntamento alla Feltrinelli di piazza Ravegnana, proprio sotto le due torri, nei pressi della stessa libreria che ha esposto ed espone i suoi libri.
Ma è successo qualcosa, alcuni mesi fa, all’inizio della cittadella universitaria, qualcosa che lo stesso Lucarelli dimostra di conoscere bene, avendone parlato dettagliatamente nel suo ultimo libro Almost blue. E’ successo qualcosa che la rapida confusione della cronaca non mi consente di ricordare. Ma non dev’essere importante, rileggerò il libro.
Arrivo sotto le torri risalendo via Zamboni a passo svelto, guardando con sicura insistenza il mio riflesso che scompare e riappare sulle vetrine dei negozi vicini. Lucarelli è in anticipo, lo riconosco immediatamente e, dopo un cordiale saluto, ci spostiamo in un bistrot non lontano da dove siamo, ma sufficientemente lontano dalle vetrine e dai riflessi.
Ora siamo noi in vetrina, al primo tavolo sulla destra dopo l’ingresso, e sembriamo merci per i passanti che ci guardano dalla strada, merci non molto differenti dalla bottiglia che si è materializzata tra noi per gentile richiesta del mio interlocutore.
La prima domanda non può che riguardare il serial killer che da un po' di tempo terrorizza il mondo universitario uccidendo studenti e prendendone l’aspetto.
Il tuo ultimo libro ha avuto indubbiamente molto successo. Tra i tuoi lettori c’è l’assassino che da qualche tempo si aggira per Bologna massacrando gli studenti. L’iguana, da te ideata, è apparsa realmente per le strade della città. Che ne pensi di quest’omicida seriale che uccide esattamente come tu hai scritto in Almost blue?
Sta accadendo, a Bologna, quanto è successo negli Stati Uniti per Natural Born Killers, o Pulp Fiction. Un buon regista, e quindi uno scrittore noir di talento, si misura per quanti omicidi riesce a provocare. Per ora sono solo a Bologna, ma se di Almost blue si realizzasse un film, tutta l’Italia potrebbe ricoprirsi di iguana. Ci sarebbero più killers di studenti che studenti.
Passando sul piano della prosa: occorre scrivere come realmente si vive? cioè, il realismo resta la migliore scelta stilistica applicabile?
Ma no, non hai ancora capito. Non è importante scrivere come si vive, è importante che si viva come scrivo io. E’ il ribaltamento del realismo, ottenuto grazie alla cultura ed al consumo di massa. Pensa un po' a questo mio lettore che si diverte uccidendo gli studenti: un gruppo di idioti può anche rubare qualcosa, ed è uno sfondo divertente, un particolare gustoso, ma un lettore che uccide come io ho scritto è fondamentale, per il mercato.
Ma come fai a rendere così precisamente i personaggi dei tuoi romanzi? e cosa lega l’ iguana di Almost blue al lupo mannaro di Guernica?
La logica cooperativa è insostituibile. E’ stato grazie ai corsi da me tenuti al Teatro delle Moline, nel carcere di Padova ed all’Università Holden di Baricco, che ho risolto un terzo dei problemi di Almost blue. La prigionia del corpo, la noia di un corso sulla scrittura, il tutto condito con l’aria farsesca di un teatro: non ti sembra un bel miscuglio da cui poter tirare su centinaia di serial killers?
Scorriamo la tua produzione. Guernica è ambientato al tempo della rivoluzione spagnola. Filippo Stella, il protagonista del romanzo, vive commerciando in uomini: vende i franchisti agli anarchici e viceversa. Come ti è venuta l’idea di caratterizzare il protagonista di un tuo romanzo, forse di uno dei tuoi più riusciti, come doppiogiochista senza rimorsi e senza scrupoli?
Filippo Stella è il simbolo del vendere. Ed è questo l’importante: vendere. Nella guerra civile spagnola si potevano vendere uomini, io mi accontento di pubblicare e vendere con Einaudi. Ti assicuro che è più redditizio ed assai meno rischioso.
E che cos’è che ti spinge ad ambientare buona parte dei tuoi libri in Emilia e a Bologna in particolare?
Bologna è una città che ha due metà ben distinte: una chiara e l’altra oscura. E’ questo che la rende un’ambientazione ideale per i romanzi noir. Ad esempio, pensa all’ampia diffusione dello spaccio nel cuore dello spazio urbano, nei pressi del teatro comunale. Il degrado, il lusso delle serate di lirica, il tutto con un ghiotto contorno di studenti. Che magnifica contraddizione! Non trovi che questo tipo assurdo ed inspiegabile di dicotomie faccia di Bologna un contesto magnificamente esotico?
Rifletto sul problema postomi da Lucarelli e confesso a me stesso di non riuscire a controbattere plausibilmente. Decido, per il momento, di rimandare la riflessione per concentrarmi sull’ultima domanda.
Soddisfa la mia ultima curiosità: perchè l’iguana prende l’aspetto delle sue vittime?
E’ una metafora. L’iguana non fa altro che esplicitare e sottintendere allo stesso tempo una omologazione consolidata e diffusa che sta prima e dopo l’atto formale di assunzione delle sembianze. Oltre le diversità esteriori, una medesima condizione di malessere e sofferenza ci accomuna indistintamente. Esaspera questo stato sul piano visivo ed otterrai Almost blue.
La bottiglia si è vuotata per metà e lo scrittore, dopo essersi scusato cortesemente, si dirige alla toilette. E’ da quando ho letto Almost blue che ho nelle orecchie il suono incessante di quelle campane. L’iguana...non sono riuscito a liberarmi di quel peso. Non so che ho fatto in queste ultime settimane, so solo di aver cambiato aspetto molte volte. Il suono delle campane si fa sempre più intenso, infilo rapidamente il Walkman, ma la musica non è sufficiente e le campane suonano più forte.
Mi alzo di scatto, percorro rapidamente il locale, mi chiudo dietro la prima porta, e quando Lucarelli esce dalla seconda sono lesto a colpirlo con le forbici che da qualche tempo porto con me.
Lo sguardo sorpreso dello scrittore è la prima espressione che assumo dopo aver usato quelle stesse forbici per curare la mia barba troppo folta ed accorciare i miei capelli troppo lunghi.
Ora Lucarelli sono io. Ed esco tranquillo dal locale.
N.d.R. Questa intervista, naturalmente, non è mai stata realizzata per l’irreperibilità di Lucarelli. Ma non ci riesce difficile immeginare che sarebbe andata più o meno così...