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PROGETTI |
Non è facile aprire il primo numero di una rivista. Nello scrivere le parole di "esordio" si avverte tutta la responsabilità degli errori di cui sarà necessariamente disseminato un percorso che ci piace immaginare politico, di crescita, ma anche teorico, critico, di riflessione; sentiamo già il peso delle critiche per ciò che diremo, o prima ancora avremo pensato male, e soprattutto per ciò che non diremo o non saremo stati in grado di pensare. Ma fare una rivista significa principalmente non riconoscersi nella massima secondo cui di ciò di cui non si può parlare si deve tacere: siamo convinti che oggi di tutto si possa e si debba tornare a parlare, sperando che possa volgere finalmente al termine un lungo periodo caratterizzato, in particolare nel nostro territorio, da un silenzio opprimente, consumato prima di tutto tra le diverse soggettività sociali e politiche che vi agiscono conflittualmente, e rotto solo sporadicamente, senza capacità di avviare dinamiche di effettiva trasformazione dei rapporti, dei contesti materiali e simbolici, senza progettualità di medio o lungo termine. Ecco: il primo progetto di questo collettivo redazionale è proprio quello di riprendere a far progetti, di provare ad andare al di là delle scadenze dettate dalla ristrutturazione, dalla repressione, da questa o quella contingenza. Costruire un laboratorio politico, costruirlo come spazio pubblico, dove spazio pubblico non è più o non più solo uno spazio fisico, ma come in questo caso uno spazio comunicativo, di analisi, di progetto, rispetto al quale la rivista è solo un veicolo come altri. Tanta urgenza di analisi, di elaborazione teorica, ma anche di costruzione di una critica a 360 gradi delle diverse manifestazioni del potere economico, sociale, culturale, non si radica nel desiderio di puri esercizi di gratificazione intellettuale, ma anzi trova fondamento nella convinzione che sia necessario rivedere completamente paradigmi sedimentati dellagire politico che si rivelano sempre più inadeguati al livello del conflitto imposto dal capitalismo postfordista, sempre più poveri di simboli e di codici comunicativi a fronte di un sistema che è ormai essenzialmente produzione di linguaggio, di immaginario, di rapporti sociali, di soggettività. Si rende indispensabile, a nostro avviso, elaborare strumenti di analisi che siano al contempo strumenti di comunicazione, di materializzazione della miseria del vivere sociale e culturale quotidiano, strumenti che ci permettano di raggiungere le soggettività e le singolarità disperse, atomizzate che i nuovi sistemi di produzione, di comunicazione, di trasmissione dei saperi continuamente riproducono. Storicamente, le riviste "di movimento" hanno giocato un ruolo fondamentale nella continua ridefinizione del complesso rapporto tra teoria e prassi della trasformazione. In quelle riviste era possibile leggere la prassi rivoluzionaria della classe operaia di fabbrica, su quelle pagine loperaio-massa scriveva il suo assalto al cielo, loperaio sociale scriveva il suo rifiuto del lavoro salariato, lintellettualità di massa dovrà scrivere il suo sapere sociale. E su quelle riviste si ridisegna anche continuamente il rapporto tra intellettualità e soggettività come rapporto tra analisi, lettura, interpretazione delle tendenze e pratica sovversiva. La progressiva dissoluzione dei luoghi che avevano visto nascere e crescere esperienze di socializzazione del conflitto, di costruzione dellimmaginario, di espressione del desiderio, la dislocazione del momento produttivo in modo molecolare sui territori, le trasformazioni che hanno coinvolto gli apparati di riproduzione ideologica della società, la totale soppressione dei vincoli di comunità e di socialità a favore di vincoli identitari, localistici, produttivistici, competitivi, tutto questo ed altro ancora, ha prodotto lesplosione della crisi definitiva del rapporto teoria-prassi; una vera e propria destrutturazione delle coordinate dellazione politica, unazione politica che si gioca tra gli estremi di una prassi muta ed una teoria cieca. Ciò su cui tentiamo di lavorare è proprio la ricostruzione di frammenti di questo rapporto. Frammenti, non percorsi lineari perché la realtà non è un percorso lineare, ma una continua sovrapposizione di piani, nessuno dei quali è autosufficiente, piani che si integrano nella complessiva conservazione dellesistente. Non intendiamo soffermarci, in questa introduzione che è essenzialmente una professione di metodo, sulle diverse ipotesi, opzioni, questioni che animano il dibattito allinterno del movimento, non sentiamo di avventurarci in prese di posizione comuni, che peraltro non ci sono e non devono esserci su tutto. Ma alcune coordinate le abbiamo tracciate anche noi, nei mesi che sono passati tra i nostri primi incontri e luscita di questo primo numero. E condivisa la riflessione relativa alla centralità dei processi comunicativi allinterno delle dinamiche di valorizzazione attivate nel tempo presente dal sistema capitalistico. Centralità della comunicazione significa centralità del linguaggio come veicolo continuamente trasformato-trasformante, che incide sulle diverse dimensioni del vivere quotidiano, caricandole di significati precostituiti alla logica del pensiero unico, nel contesto di una produzione capitalistica che sempre più si caratterizza come produzione di soggettività, nel senso della produzione di valori, visioni del mondo, fenomeni culturali, universi di discorso funzionali alla riproduzione capitalistica stessa. E in questo senso che diciamo che i termini classici di struttura materiale e sovrastruttura ideologica e culturale non sono più in grado di descrivere il reale. Sempre più è la sfera "sovrastrutturale" della società ad essere messa al lavoro, da una parte attraverso limpiego produttivo del tempo di non lavoro (diversa articolazione della giornata lavorativa sociale), dallaltra attraverso la sussunzione del tempo di non lavoro entro un processo di riproduzione ideologica e politica di soggettività funzionalmente adeguate a supportare lattuale sistema di produzione. Tutto questo, evidentemente, ci conduce a dover riconsiderare gli statuti del sapere, di un sapere che sta diventando "produttivo" e che perciò non riesce più a costituirsi come "autonomo": nessuno spazio per "lautonomia del politico", "lautonomia del sociale", "lautonomia della cultura". Sulla base di queste premesse, le ipotesi di lavoro che intendiamo praticare non possono che essere caratterizzate, da una parte dalla coscienza della trasversalità dei fenomeni, il che impone di articolare la rivista lungo un filo conduttore che dia consequenzialità alle analisi, in vista di un progetto politico in grado di incidere su determinate dinamiche reali; dallaltra, dallassunzione, intanto metodologica, ma per quanto possibile anche pratica, dellinchiesta come strumento di analisi-internità-trasformazione delloggetto stesso della ricerca. "Io direi che il metodo dellinchiesta da questo punto di vista è un riferimento politico permanente per noi, a parte che si deve poi esprimere in un fatto specifico, in questa o in quella inchiesta;esso significa il rifiuto di trarre dallanalisi del livello del capitale lanalisi del livello della classe operaia" (Raniero Panzieri, 1965). Assumeremo dunque, per quanto possibile nei limiti delle nostre capacità, il metodo dellinchiesta, coscienti dellimproponibilità di questo strumento esattamente nei termini in cui era stato pensato trentanni fa, ma anche consapevoli dellindispensabilità di un mezzo che consenta oggi di realizzare contestualmente due obiettivi: da una parte una conoscenza diretta di alcuni fenomeni sociali, economici, culturali, e degli effetti che questi producono al livello delle diverse soggettività dallaltro, un intervento diretto sulle e con le soggettività stesse, coinvolgendole in percorsi di costruzione di coscienza e di conflittualità rispetto alle condizioni di vita, di pensiero, di cultura che il sistema impone. Riprendere il lavoro dinchiesta si rivela fondamentale per diversi motivi, legati prevalentemente alle difficoltà che qualsiasi soggetto politico, sociale o sindacale incontra ogniqualvolta elabori un progetto tendente alla ricomposizione di frammenti di soggettività sempre più diffuse, disperse e atomizzate. Linchiesta come trait-dunion tra lelaborazione di ipotesi teoriche relative alle soggettività emergenti specialmente sul piano produttivo, e la verifica, la conoscenza diretta, la costruzione di percorsi politici su queste soggettività stesse. Ma anche linchiesta come veicolo di conoscenze già acquisite, e dunque strumento di trasmissione delle stesse entro determinate situazioni. Questi i nostri progetti. "E buona fortuna a tutti noi. Poiché quando le masse pensano lintellettuale muore" (Toni Negri, 1996).
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