EDITORIALE |
PRONTO -BOLOGNA 422- DESIDERA? |
Il testo che segue è una illustrazione in forma narrativa del risultato di un inchiesta condotta con alcuni studenti-lavoratori impiegati nel marketing operativo dell’azienda TIM di Bologna. Lo squillo, prolungato ed assordante, mi fa sobbalzare e di colpo la penna mi sfugge dalla mano. In questa asettica stanza che un centralissimo hotel della città ha messo a disposizione dell’Orga Selezioni per il vaglio preliminare del nuovo personale del servizio d’assistenza telefonica della TIM, ci ritroviamo davanti ad un test attitudinale scritto. Qual è il concetto che non c’entra in questa serie? Probabilmente questo e cerco di selezionare la scelta appena fatta, ma un altro squillo lungo ed assordante mi distoglie bruscamente. Sollevo lo sguardo e scorgo un vivo disappunto dipinto sul viso della ragazza seduta accanto a me: l’azienda cerca di riprodurre, già in questa selezione preliminare, le condizioni in cui noi, futuri operatori TIM, dovremo lavorare. Lo psicologo a cui è affidata la direzione di questa prima prova lascia di tanto in tanto la stanza per chiamare il telefono collocato sulla scrivania davanti a noi, vagliando, fin da adesso, la capacità di resistenza allo stress. Stress? Sorrido al pensiero che se quello psicologo avesse un cellulare TIM, potrebbe fare a meno di alzarsi per chiamare dall’esterno, ma probabilmente per lui sarebbe troppo stressante... Finisco appena in tempo la prima serie di test ed esco per fumare una sigaretta approfittando della pausa di quindici minuti che ci è stata preventivamente accordata. Rivolto tutte le tasche, ma dove diavolo avrò messo quel cazzo di accendino giallo...? lo trovo nel pacchetto. Accendo nervosamente ed assaporo, piano, la prima boccata, per poi soffocare, a stento, un’imprecazione: siamo stati richiamati dentro dopo appena cinque minuti. Butto la sigaretta appena accesa e rientro nella stanza per trovarmi davanti all’ennesima serie di associazioni-esclusioni. "Trova l’idea da associare alla serie X", "Individua il concetto da escludere in questo gruppo". Non è difficile rendersi conto che è praticamente impossibile terminare il test e che ad essere misurata, oltre alla capacità di relazionare ed escludere rapidamente dei concetti, è la nostra resistenza. Concetto 1 in relazione alla serie Y, uno squillo, idea X rispetto al gruppo 3, altri due squilli, concetto 2 da escludere nel gruppo D e forse sono gli ultimi squilli. Per fortuna che è finita, mi dico davanti ad un caffè caldo, accendendo un’altra sigaretta con quella che non ho ancora finito. Ho superato la prima prova ed ora mi preparo a sostenere la seconda selezione che, al contrario della precedente, non è esternalizzata ma direttamente gestita dall’ufficio del personale della TIM. E così eccomi pronto a partecipare ad una seduta di gruppo all’incrocio tra autocoscienza e mercato: io ben disposto a offrire qualsiasi cazzata nel miglior modo possibile, loro perfettamente consapevoli che l’importante è il modo con cui si offrono anche le cazzate più clamorose. Infatti, di gran lunga meno agonistica della prima, quest’altra prova valuta la capacità con cui si riescono ad apprendere, impiegare ed inevitabilmente comunicare dei saperi sempre variabili. "Cosa pensi di questo lavoro?" lo psicologo si è rivolto alla ragazza bionda che durante la prima selezione era seduta accanto a me. "Non so, vorrei provare...". Dal tono e dal contenuto della risposta intuisco che qualcosa non va: qui non è ammessa alcuna esitazione; prontezza, presenza di spirito, vaga genialità, ecco quello che serve per questo lavoro. A conferma delle mie silenziose riflessioni arriva, puntuale, la censura dello psicologo: "questo è proprio quello che non serve". Se c’è una cosa che l’azienda non può assolutamente permettersi questa è la scarsa motivazione dei suoi operatori. E’ su questa motivazione, su questo pieno coinvolgimento nel lavoro che si costruiscono le relazioni fondamentali: tra operatore e cliente, tra operatore ed azienda, tra gli stessi operatori. Che peccato, penso nel vedere andar via la bionda, ma mi sento immediatamente rincuorato nel vedere che di donne ce ne sono ancora un sacco e peraltro, tutte molto giovani. Del resto non credo si tratti di un caso. All’inizio delle prove di idoneità il numero di uomini e di donne sottoposte alla selezione si equivaleva. Se lo psicologo non è un idiota è probabile che le donne siano più indicate per un lavoro di questo tipo. La cosa che più mi colpisce di queste selezioni è che di preliminare hanno veramente poco. Non a caso si basano sulla diretta ed immediata simulazione delle condizioni di lavoro: le stesse domande, il modo con cui sono poste, l’atteggiamento che richiedono nella risposta, in qualsiasi tipo di risposta, tendono a ricreare l’on-line. La prima selezione misurava la capacità di relazionare o escludere rapidamente dei concetti, delle informazioni, mentre la seconda valuta la relazionabilità di un candidato, il modo con cui riesce ad offrire le informazioni precedentemente associate. Quest’intreccio di rapidità intuitiva, prontezza nel superare difficoltà improvvise, capacità di offrirsi nel modo giusto, mi fa pensare al teatro, alla rapidità di quei primi attori della commedia dell’arte, al loro gusto dell’improvvisazione, al loro recitare sempre senza un copione. Ed è col teatro nella testa che espongo il monologo di me allo psicologo il quale, dopo avermi fissato per un istante pretende una descrizione. In questa strana disposizione d’animo mi accingo a rispondergli, misurando i gesti e la voce, dosando l’ironia con l’autoironia, cercando di non irrigidirmi quando il mio solerte interlocutore cerca di farmi cadere in contraddizione. Pensando ancora a quelle maschere della commedia dell’arte ed all’arte dell’improvvisare, apprendo di aver superato anche questa seconda prova. "Buongiorno, io ho un Motorola 8700...": Appena due settimane fa avevamo cominciato il periodo di formazione, peraltro pagato in straordinario, e già adesso mi trovo impegnato ad evadere, come dicono qui, le mie prime telefonate. Avevano cominciato a fornirci, tramite un assistente di gruppo, delle nozioni basilari sui contratti, sui servizi offerti da TIM e sul funzionamento delle comunicazioni cellulari. Nozioni tecniche che servono poco o niente rispetto ai servizi informativi. Cristo, pensavo durante quelle prime lezioni, come fanno ad avere un servizio d’assistenza efficiente se non forniscono le opportune competenze? Sto cominciando a capirlo adesso, durante questi primi giorni di lavoro, ed il metodo di cui l’azienda si serve non mi piace affatto... "Sì? Il servizio di segreteria telefonica? Le spiego subito come fare...". Durante la seconda settimana, abbiamo affiancato, come nuovi operatori, un operatore esperto che, a seconda dell’intasamento della linea, ci passava alcune telefonate e ci illustrava il funzionamento dei sistemi. "Esattamente. Grazie a lei". 95 secondi... e considero che per una telefonata di segreteria posso impiegare meno tempo di quanto non mi sia richiesto. Del resto, tutto il sistema d’assistenza telefonica si fonda su una singolare coincidenza di interessi: l’obiettivo dell’azienda è che i suoi operatori evadano il maggior numero di telefonate nel più breve tempo possibile e gli operatori, a meno di non essere masochisti cronici, sono interessati a risolvere rapidamente e con efficienza i problemi dei clienti. Non piace a nessuno avere un cliente in linea impegnato per 20 minuti a variare con una fantasia che non ci si immagina gli insulti che ti sta vomitando addosso. Così, la vera formazione è quella che ti fai per conto tuo, studio personale e volontario dei sistemi informativi. E’ inutile specificare che il percorso di autoformazione, benché basilare per la sopravvivenza stessa del servizio d’assistenza telefonica, non è riconosciuto dall’azienda e quindi non è retribuito. E’ possibile che tra una telefonata e l’altra debba studiare il funzionamento di questi sette sottoschermi indipendenti tra loro ma interfacciabili per la ricerca di informazioni? Perché l’azienda non insegna il funzionamento dei suoi sistemi? La risposta, pur restando muta, affiora spontanea: perché per TIM sarebbe troppo dispendioso accollarsi i costi di formazione. Inoltre, la concorrenza tra TIM ed Omnitel produce continue variazioni dei contratti e l’azienda dovrebbe istituire corsi di formazione praticamente permanenti per stare dietro alle sue innovazioni. Eurobasic 0: piano tariffario senza nessun costo fisso, Eurobasic Città? Eurobasic Città...? Eurobasic Città: 280£ al minuto più IVA, mentre le tariffe locali sulle prepagate...: 195£ al minuto. Dopo attenta riflessione arrivo alla convincente conclusione che questa coincidenza tra i miei interessi e quelli dell’azienda è una vera stronzata tutta a vantaggio della TIM che usufruisce di un’autoformazione continua senza spendere una lira. La cosa più divertente o amara, a seconda dei punti di vista, è che TIM mette ampiamente in conto che per avere un operatore efficiente ci vogliono dai cinque agli otto mesi. Ci si forma lavorando: non con le tre settimane di formazione! Non si pensa bene tra una telefonata e l’altra, tra uno squillo e l’altro, in questo ergonomico ambiente di lavoro favorevole, a quanto dicono, all’integrazione del gruppo. Tra una telefonata e lo studio di un sistema informativo, in questo cazzo di Luglio umido da fare schifo, col condizionatore in riparazione, mi vengono in mente le prime righe di quel vecchio libro. "Sul piano della scrivania stava camminando lentamente una mosca" Pronto- Bologna 422- desidera? Maledetta mosca che mi rende nervoso. "No guardi che questo servizio non è stato ancora attivato". Continua a ronzarmi intorno. "Lo sappiamo che è stato pubblicizzato, ma non abbiamo ricevuto nessuna indicazione a riguardo". La mosca insiste ed il cliente continua a ronzarmi nell’orecchio. "Mi dispiace, ma non posso farci niente". Lo stronzo finale, gridato con passione, non mi lusinga. "Allungai un braccio, abbattei il palmo aperto della mano e la spedii all’altro mondo. Mentre mi pulivo la mano sulla gamba destra dei pantaloni squillò il telefono". Pronto- Bologna 422- desidera? E’ passato un mese e mezzo da quando ho cominciato ad evadere le prime telefonate ed ora sono impegnato in un breve corso di formazione sui contratti e sulla comunicazione. Il direttore a cui è affidato questo corso ci spiega cos’è l’azienda e quali sono i suoi numeri fondamentali. Ma l’aspetto più interessante di questo corso è costituito dai tre giorni sulla comunicazione tenuti da una psicologa, appositamente assunta. Rifletto sul fatto che non ho mai conosciuto tanti psicologi come qui alla TIM e che probabilmente ho risparmiato sui costi di una possibile terapia d’analisi. Imparo a conoscere il mio potenziale comunicativo e a prevedere le esigenze del cliente, grazie all’azienda incomincio ad amministrare la mia carica emotiva ed a gestire proficuamente quella dell’interlocutore di turno. La conversazione telefonica è un gioco in cui anticipare mentalmente la richiesta del cliente è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale lasciargli il tempo di esprimere la sua richiesta. Sottili giochi della comunicazione sulle tracce di copioni già conosciuti, ma soltanto dall’operatore. Sottili giochi della comunicazione, in cui ogni volta varia qualcosa, una piccola differenza di tono o parole, una piccola differenza da considerare nell’immediato della conversazione. "Buongiorno io ho un Motorola 8700...". Ho capito che desideri una segreteria telefonica, ma non posso certo interromperti, finisci, per favore...non lo sai che la produttività richiesta è di soli tre minuti a chiamata? In questo tipo di lavoro bisogna saperci fare, si dice savoir faire: gli operatori sono la frontiera più avanzata tra l’azienda ed i suoi clienti. E’ indispensabile chiudere la telefonata conservando un buon rapporto con il cliente. Infatti, agli operatori è severamente proibito troncare una telefonata, ci sono dei tasti per farlo, ma adoperarli significa essere segnalati in tempo reale direttamente a Roma. Non so se questa cosa sia vera o si tratti soltanto di cazzate terroristiche. Del resto non posso rischiare il posto e, nel dubbio, preferisco astenermi. Al colmo dello stress, chiederò a qualcuno un cambio di turno: questo per l’azienda non costituisce un problema... tutt’altro. La cooperazione fra colleghi viene anzi favorita ed incoraggiata. Credo sia la volontà di creare coesione e spirito di gruppo, più che buon cuore, quello che spinge ad organizzare addirittura uscite serali e cene collettive. Non a caso questi bastardi volevano dare il premio di produttività per gruppi invece che per città, ma almeno su questa "trovata" il sindacato è riuscito a tenere. Il sindacato te lo trovi anche sulla questione dello straordinario, ma quello che nessun sindacato capirà mai è che qui, le cose che non ti pa |