EDITORIALE

Reprint parziale di "Chi ha assassinato Los Angeles? La sentenza è pronunciata" in "Aut Aut" 275, settembre-ottobre, 1996

Chi ha assassinato Los Angeles?
La sentenza è pronunciata

Di Mike Davis

Gli angeli di Los Angeles sono stanchi per aver sorriso troppo.
B. Brecht


Il film Grand Canyon del 1992 comincia con il peggiore incubo che uno yuppie bianco possa avere su Los Angeles. Un ricco avvocato (Kevin Kline), tornando a casa da una partita di basket dei Laker al Forum si perde in un labirinto di vicoli oscuri (in realtà la città satellite razzialmente mista di Inglewood). Quando alla fine la sua macchina resta senza benzina, viene circondato (ne siete sorpresi?) da grugnenti picchiatori di una gang che gli chiedono il rolex o la vita. Stanno per somministrargli il definitivo "bum-rush", quando un vecchio camionista nero (Danny Glover) lo aiuta a fuggire brandendo un cric e producendosi in un eroico sermone ("non è questo il modo in cui le cose dovrebbero andare"). John L. Daniels jr. è la controfigura reale del buon Samaritano impersonato da Glover. Come leader dell'associazione dei camionisti afro-americani, Daniels ha salvato centinaia di automobilisti dai supposti pericoli di Southcentral Los Angeles. Come altri conducenti neri di camion ha anche fatto fronte alle continue provocazioni del Dipartimento di polizia di Los Angeles in combutta con il più potente monopolio dei camion, dominato dai bianchi. Suo padre infatti, John Sr., è stato ucciso in un discusso scontro con la polizia nel 1985. Nel pomeriggio del primo luglio 1992 Daniels si è fermato con il suo Tir in una stazione di servizio della Chevron all'angolo tra Florence e Crenshaw, non lontano dalla scena di Grand Canyon. Mentre stava facendo rifornimento si sono fermati due poliziotti bianchi in motocicletta. Daniels ha scritto rapidamente un messaggio con il nome e il telefono del suo socio d'affari e lo ha dato a uno dei ragazzi coreani della stazione di servizio, dicendo: "se mi succede qualcosa, per favore chiama questo numero". I due agenti gli hanno chiesto il libretto del suo veicolo. Dopo una lunga discussione un esasperato Daniels è stato sentito dichiarare "che era stufo di questa merda e che se ne sarebbe semplicemente andato". "Che cosa avete intenzione di fare?", ha detto alle sue spalle salendo nella cabina del camion. "Mi sparerete?". L'agente Douglas Iversen, un veterano del Dipartimento di polizia di Los Angeles con quindici anni di servizio, ha risposto spianando la pistola e spappolando il cervello di Daniels. "Perché lo hai fatto?", urla sconvolto il compagno di pattuglia di Iversen. In pochi minuti centinaia di abitanti inferociti avevano circondato la stazione di servizio urlando ai poliziotti "Ku Klux Klan" e "porci". Quando il cadavere di Daniels fu sigillato nella borsa del coroner molte pietre rimbalzarono sul motto "proteggi e servi" sulla fiancata di una macchina della polizia.

[...] La stupidità ufficiale riguardo alla minaccia sociale costituita dalle gang nere è andata di pari passo con una benevola indifferenza verso il deteriorarsi delle condizioni di vita dell'enorme proletariato di lingua spagnola di Los Angeles. Tanto nel discorso politico quanto nei reportage dei media, la povertà dei latinos è la consistente variabile scomparsa da molte spiegazioni della rivolta dell'anno passato. Per quanto riguarda l'attenzione prestata ai loro problemi, la maggior parte degli immigrati messicani o centroamericani potrebbe tranquillamente vivere dall'altra parte della luna. Solo pochissimi politici o bonzi televisivi, per esempio, si sono presi la briga di esaminare le statistiche ufficiali del riot, annesse al rapporto Webster. E' rivelatore, per esempio, il dato che solo il 38% degli arrestati dal Dipartimento di polizia di Los Angeles erano neri o che i latinos, oltre a essere il 51 % degli arrestati totali, costituivano anche la maggioranza degli imputati per incendio doloso. Per di più la maggior densità di "incidenti" collegati al riot avvenne a Nord della Santa Monica Freeway, all'interno delle aree Wilshire e Rampart del Dipartimento di polizia di Los Angeles, e non in Southcentral L.A. In effetti, il numero di denunciati dalla sola stazione di polizia di Rampart - a Ovest della Downtown - equivale quasi a quello dei denunciati da tutte le quattro stazioni incluse all'interno dell'Ufficio Sud del Dipartimento. Perfino la stazione di polizia di Hollywood ha operato il doppio di arresti che la stazione della settantasettesima strada, che pattugliava il supposto epicentro del riot a Florence e Normandie. I dati sugli arresti e sugli incidenti implicano, in altri termini, che ci sono state in realtà due rivolte parallele a Los Angeles 1'anno scorso. La prima, che ha riscosso l'attenzione del mondo, è avvenuta in South Los Angeles e nelle zone adiacenti della Contea, ed è stata guidata dalla rabbia nera, benché abbia registrato una significativa partecipazione di immigrati messicani poveri nel saccheggio di negozi e di mini supermercati. La seconda, largamente invisibile, è avvenuta nella Mid-city, area in maniera preponderante ispanica: un super slum emergente - o, per evocare il paesaggio di Wild Pabns, una nuova "zona selvaggia" - composto dal sommarsi della piana di Hollywood, del distretto del Wilshire (che include Korea-town) e della comunità di Westlake (o Ramparts). Nel corso dell'ultimo decennio, 225.000 messicani e immigrati centroamericani hanno lottato per trovar posto negli appartamenti della Mid-city, nelle sue affollate scuole e nei suoi sweatshops. L'impatto della recessione - forse più selvaggio qui che in qualunque altra parte della città - ha esacerbato le tensioni con le minoranze economicamente dinamiche della comunità, la coreana, la cinese e l'armena. Un vecchio insegnante della zona fornisce il seguente resoconto di prima mano sull'altra rivolta dello scorso anno:


Insegno in una scuola che è un isolato a ovest di Olympic e Hoover. I miei studenti ed io stavamo guardando dalla finestra della nostra classe quando un negozio di video ha preso fuoco, con fumo e fiamme chiaramente visibili. Più tardi io e mia moglie, che insegna nella scuola di Hoover Street, stavamo guardando alla televisione come i negozi vicino alla nostra scuola venivano saccheggiati da genitori e studenti che conoscevamo bene. La maggioranza dei saccheggi nelle aree di Pico-Union e Wilshire è opera di centroamericani, non di neri o messicani. A loro in realtà non importava nulla di Rodney King o neppure sapevano chi fosse. In centro America, ogni volta che c'è un grande cambiamento violento di regime o la caduta di un potere, la gente reagisce prendendo quello di cui ha bisogno e "servendosi" finche può. Se i ribelli per esempio si impadroniscono di una grande città, gli abitanti vedono la faccenda come una possibilità anche per loro. Dal momento che la maggior parte dei magazzini di alcolici e dei supermercati in questa area - prevalentemente di proprietà coreana - fanno pagare ai clienti prezzi incredibilmente ricaricati per merci di qualità scadente, c'è un grande risentimento. I miei studenti mi hanno raccontato che quando hanno visto il Viva Market saccheggiato in televisione, i loro genitori hanno immediatamente lasciato 1'appartamento per rientrare un'ora più tardi con cibo e altre merci. Non lo consideravano un riot, ma solo come un'opportunità per fare i conti con gli "sfruttatori". Non c'era coordinamento o pianificazione tra la gente a nord della Santa Monica Freeway se non quella fornita dalla mappa stradale mostrata alla tv locale. La maggior parte dei miei studenti ha fatto semplicemente spallucce e ha detto: "tutti lo stavano facendo, perché non dovevamo farlo anche noi?". Nella zona dove lavoro il Dipartimento di polizia di Los Angeles è un sadico esercito di occupazione. Io credo che uno dei motivi per cui la gente si è precipitata così rapidamente a saccheggiare e a violare la legge è stato il fatto che essi non avevano che un minimo o nessun rispetto per la polizia. Non penso che i negozi coreani siano stati attaccati esclusivamente per motivi etnici. Se negozi di liquori di proprietà coreana sono stati bruciati, agenzie di viaggio coreane e saloni di bellezza non sono stati toccati. La rivolta era diretta contro la polizia e i negozianti profittatori in generale. E' stata provocata dalla disperazione economica e dall'odio di classe, non di razza.


Come suggerisce questo resoconto, la comunità della classe operaia immigrata è prigioniera nelle spire di una vasta, implacabile rete di meschino sfruttamento. Per guadagnarsi l'accesso alla terra promessa, prima di tutto, la maggior parte degli immigrati devono pagare alte tariffe ai coyotes (contrabbandieri).Molti di loro finiscono vittime di una forma postmoderna di servitù a contratto, vendendo arance sulle rampe d'accesso alle Freeway di Los Angeles o recuperando lattine di alluminio per saldare il loro debito con i coyotes. In passato molti immigrati avrebbero lavorato come domestici nelle ricche case bianche del Westside, come operadoras nei negozi d'abbigliamento della Downtow o forse come portieri nei grattacieli del Wilshire Boulevard. Ma da quando è cominciata la recessione tre anni fa, 1'unica risorsa economica per i nuovi arrivati è stata la fiorente economia informale. Mentre donne messicane e centroamericane guadagnavano pochi dollari al giorno vendendo come ambulanti frutta o abiti a buon mercato sui marciapiedi, migliaia di uomini latinos competevano disperatamente per lavori giornalieri nel sempre più sovraffollato "mercato degli schiavi" situato a ogni angolo di strada in città. Benché Los Angeles abbia ora molti dei vizi di una città del terzo mondo, ha poche delle sue virtù. A differenza, ad esempio di Tijuana, dove 1'occupazione di case e la vendita di strada sono modi di vita accettati, qui l'economia di sopravvivenza dei poveri è sistematicamente criminalizzata e repressa. Gli immigrati sono prigionieri tra la retata, il raid poliziesco, e l'assalto, 1'attacco criminale. Con crudeltà quasi meccanica, il Dipartimento di polizia di Los Angeles spazza via i venditori dalle strade, confiscando o distruggendo la loro patetica mercanzia, mentre la Migra deporta lavoratori giornalieri o lavoratori nei sweatshops (con una speciale preferenza per scioperanti e affiliati ai sindacati). Quelli che sfuggono alle reti ufficiali devono ancora pagare la "quota per la protezione" ai cinque-ottomila membri dei oatos della "diciottesima strada", la più grande gang di strada del mondo, che controlla un'ampia area della zona satura di crack a ovest della Downtown. Cinquantanove altre gang latinos e asiatiche combattono per spartirsi gli scarti della potente Diez-y-ocho. Il risultato di tutto ciò è che 1'area del Dipartimento di polizia di Los Angeles di Ramparts 1'anno passato ha registrato il tasso di omicidi più alto del paese: trentaquattro omicidi solo in MacArthur Park.
La Mid-city è anche un'immensa "piantagione della rendita" - il più grande distretto di appartamenti a ovest del Mississipi. In particolare, nell'area di Westlake-Rampart la densità di popolazione (quasi centomila persone nel raggio di un miglio intorno a MacArthur Park) è superiore a quello di New York City e il 95% del patrimonio abitativo è detenuto da proprietari immobiliari che non risiedono nell'area. Un'analisi dettagliata dell'economia della rendita in un quartiere rappresentativo ha mostrato che la proprietà dello slum, in cui sono ammassati immigrati latinos che vivono in minuscole e miserabili unità abitative, è altamente redditizia. Per esempio, una struttura con sessanta abitazioni, che ricorda così da vicino un classico condominio della costa orientale da venir spesso usata da Hollywood per girare scene esterne ambientate nel South Bronx, ammortizza il proprio valore stimato ogni dieci mesi. Anche se i proprietari immobiliari coreani sono stati spesso messi in ridicolo in stereotipi popolari, la ricerca rivela che la maggioranza dei proprietari sono ricchi bianchi. E' ben possibile in altre parole che le migliaia di donne di servizio latinos che ogni giorno si recano in autobus dai loro appartamenti della Mid-city a Heverly Hills o a Hancock Park stiano pulendo residenze finanziate con gli esosi affitti che esse stesse pagano. Infine i piccoli bottegai completano il circolo dello sfruttamento che comincia con i coyotes e include imprenditori, poliziotti, membri delle gang e proprietari immobiliari - per non menzionare gli avvocati che si occupano di immigrazione, dentisti a credito, ditte che incassano assegni e altri ordinari vampiri della povertà. Dal momento che il Raj bianco1 è fuori portata e che i poliziotti e i membri delle gang sono armati e letali, la comunità dei commercianti asiatici ha rappresentato un utile parafulmine per le molteplici rimostranze dei poveri latinos, o neri. All'interno della più ampia area della Midcity, Korea-town e Little Central America si intrecciano letteralmente l'una con 1'altra, e Vermont Avenue è punteggiata per miglia di luci al neon e di mini-market a due piani che fanno pubblicità al Banco Agricola di El Salvador e, poco più in là, alle Korean Airlines. Con quasi la metà della popolazione dell'area dal cognome ispanico che vive al di sotto della soglia ufficiale di povertà, il contrasto virtualmente fianco a fianco dello squallore dei latinos e della prosperità coreana ha finito lo scorso anno per diventare un materiale incandescente. Il risultato è che, come rivelano tutte le inchieste, circa la metà della comunità coreana vuole trasferirsi al di fuori dell'area al più presto possibile. I tradizionali quartier generali del business e delle corporations stanno trasmigrando verso rifugi più sicuri, lasciandosi alle spalle terra bruciata. Il saccheggio dello scorso anno di Bullocks Wilshire, i magazzini Harrods art decò di Los Angeles, ha segnato la fine di un'epoca. Con la fretta di un'evacuazione che fa seguito a una calamità naturale i più importanti studi legali e le compagnie di assicurazione hanno abbandonato quello che un tempo era l'elegante corridoio del Mid-Wilshire per posizioni più difendibili nella Century City e nel Westside. Hollywood, nel frattempo, sta diventando una città fantasma virtuale, dato che le più importanti compagnie di intrattenimento spostano le loro attività nelle città enclave di West-Hollywood e Burbank. Ironicamente, mentre è cresciuto il grande battage pubblicitario intorno alla "ricostruzione di Southcentral Los Angeles", la fuga delle corporations e il disinvestimento ne stanno inesorabilmente riproducendo un'immagine speculare nella martoriata Mid-city.
Come mostra 1'esempio precedente, la geografia dei quartieri di Los Angeles ha ridisegnato la mappa del mondo, mettendo El Salvador vicino alla Corea, 1'Armenia vicino alla Tailandia, Samoa vicino al Belize, e la Louisiana vicino a Jalisco. Le potenzialità per un felice interculturalismo coesistono con le tendenze verso una violenta micro-balcanizzazione. In passato le tensioni di strada sono state parzialmente sublimate nell'emergere di una cultura giovanile fuori legge, che ha reso più acuta la consapevolezza di una comune alienazione. I rappers chicano come Kid Frost e Atzlan Underground, per esempio, sono stati tra i primi sostenitori pubblici della rivolta nera dello scorso anno, mentre il gruppo samoano Boo-Yah Tribe (chiamato cosi dal suono di un colpo di pistola - boo-yah! - in samoano) ha rivaleggiato con Ice-T e NWA nella coraggiosa denuncia della brutalità poliziesca. Da parte loro i Crips e i Bloods si sono seriamente impegnati nel tentativo di ricomprendere il numero crescente di gang messicane di South Central nel loro movimento per l'unita. Di fronte a un'economia e a un settore pubblico sull'orlo del collasso, la Hip-Hop Nation e 1'accordo tra le gang potrebbero essere una barriera troppo fragile contro il conflitto urbano. Negli ultimi diciotto mesi una curva crescente di violenza interetnica ha cominciato a oscurare le speranze di una coalizione arcobaleno. "Una piccola silenziosa guerra", nelle parole di un leader studentesco, si è andata estendendo da un istituto superiore all'altro nei quartieri etnicamente misti di Los Angeles e nei vecchi suburbi. Nelle città della South Bay (Gardena, Inglewood e Hawthorne), così come nella San Fernando Valley (North Hollywood, Canoga Park e Chatsworth), le tensioni dei neri contro i latinos sono esplose in mischie furibonde che hanno coinvolto centinaia di ragazzi. Nel frattempo, nel mosaico etnico di San Gabriel Valley, gli scontri tra studenti chicano e cinesi hanno provocato un'espulsione di massa e un intervento della polizia senza precedenti nel campus.
Nel frattempo nei quartieri di edilizia popolare sono recentemente apparsi sinistri accenni di pulizia etnica. Le morti per incendio doloso di una famiglia ispanica nel Jordan Downs Housing Project, a predominanza nera, sono state contraccambiate con un lancio di bottiglie incendiarie contro famiglie nere nei Ramona Gardens, un complesso edilizio nell'East Side controllato dalla cosiddetta "mafia messicana". Se la televisione locale ha dato risalto al pestaggio di numerosi automobilisti latinos durante i disordini dello scorso anno, le famiglie nere nella piccola città governata dai latinos di Hawaiian Gardens (incuneata e semi nascosta tra Long Beach e il confine di Orange County) si sono recentemente lamentate di "vivere in un regime di terrore [...], di minacce di morte e di incendio". E a Long Beach - un tempo il tranquillo "porto di mare dello Iowa" - più di una dozzina di persone sono morte in una grande guerra di gang tra chicano locali e giovani duri figli dei profughi cambogiani. Come parziale vendetta, trentacinque negozi cambogiani sono stati completamente bruciati lo scorso maggio. L'epicentro della persistente violenza etnica, tuttavia, è stato il sistema carcerario della Contea, amministrato dal Dipartimento dello Sceriffo. Contemporaneamente, più di 22.000 prigionieri maschi sono stati confinati in tre immense sovraffollate prigioni situate nella Downtown e nel Nord della Contea di Los Angeles (infatti le torri gemelle di questa nuova Bastiglia, massiccia aggiunta alla prigione centrale maschile, sono l'unica nuova costruzione visibile sul depresso skyline della Downtown). Dal 1990 le prigioni sono state scosse da scontri quasi mensili tra neri e latinos. Un migliaio di prigionieri è stato gravemente ferito, e il sistema carcerario e divenuto una fabbrica di odio, producendo animosità che sono state invariabilmente scaricate sui quartieri. Lo sceriffo Sherman Block ha mostrato una così stupefacente letargia nel cercare una mediazione per questa faida di massa in crescita vertiginosa, che molti attivisti ora sospettano che la promozione della violenza tra neri e latinos sia diventata la sua strategia non ufficiale di gestione. Un influente paladino dei diritti dei prigionieri, Jitu Sacliki - che ha lavorato alla costruzione di un'unita tra neri e latinos nel sistema penitenziario dello Stato -, avverte che "un conflitto incontrollato all'interno delle carceri condurrà inevitabilmente a uno stato di guerra su larga scala nelle strade: il peggior tipo di scenario per una politica progressista". Questa escalation, sotto molti punti di vista, della violenza etnica ha provocato almeno un'autorevole revisione dell'idea che la rivolta dell'anno passato fosse nei suoi tratti essenziali una ripetizione della ribellione del '65 ("Watts").In un influente articolo pubblicato lo scorso anno sull'"Atlantic Monthly" 1'editorialista del "Los Angeles Times" Jack Miles (modestamente descritto come "attualmente al lavoro su una biografia di Dio") sostiene la necessita di un "nuovo paradigma" che riconosca che "dietro la rivolta di Los Angeles vi e una aspra competizione economica tra latinos e afro-americani. La quasi totale assenza di giardinieri, di domestiche, baby-sitter, aiuto camerieri neri [...] in una città con un numero notoriamente alto di neri disoccupati e privi di qualifiche salta agli occhi", e testimonia secondo Miles la sostituzione della "quindicesima generazione di afro-americani da parte della prima generazione di latino-americani". L'immigrazione, e non il razzismo bianco, ha creato una sottoclasse nera, e la chiave della ricostruzione di Los Angeles è un controllo più efficace della frontiera tra USA e Messico. Miles cita positivamente le posizioni nativiste espresse dagli affiliati alla Federazione per la riforma dell'immigrazione americana, e fa proprie le loro proposte per la chiusura delle scuole pubbliche ai non cittadini. Nella costernazione di alcuni dei suoi ammiratori, Wanda Coleman - tra i principali scrittori neri della West Coast e corrispondente da Los Angeles di "The Nation" - ha recentemente fatto eco alla tesi di Miles secondo cui gli immigrati stanno "buttando fuori i neri dal mercato del lavoro". La Coleman racconta "tre litigi particolarmente aspri con commercianti coreani", e una disputa meno accesa ma egualmente snervante con un gruppo di uomini latinos ("il messaggio era chiaro: Levatevi di torno"). Enfatizzando il fatto che "i conflitti tra neri e latinos sono costantemente andati peggiorando", la Coleman rafforza l'opinione di Miles secondo cui gli immigrati messicani si avvantaggerebbero di un atteggiamento di benevolo paternalisrno da parte dei bianchi. "I latinos, anche se stranieri, sembrano nativi e affidabili, mentre i neri, che sono nativi, sembrano stranieri e pericolosi". Questi aneddoti, che producono stereotipi sospetti, infamanti per i latinos, costituiscono la dubbia impalcatura dello spostamento di paradigma proposto da Miles e dalla Coleman. L'idea di una guerra senza quartiere sul mercato del lavoro tra neri e "marroni", per quanto superficialmente plausibile alla luce delle recenti tensioni etniche, perde gran parte della sua credibilità se esaminata più da vicino. In primo luogo è curioso, se non grottesco, che Miles fissi la sua attenzione così unilateralmente sull'assenza di lavoro servile dei neri ("aiuto camerieri, domestiche, baby sitter..."), quando la questione più pertinente è ovviamente quella dell'accesso dei neri alle nuove concentrazioni di lavoro ad alta retribuzione nelle nuove agglomerazioni urbane della regione. Come ho sostenuto altrove, il persistere della discriminazione razziale nelle aree suburbane ricche di occasioni di lavoro - e non la competizione dei latinos nel centro città - è il motivo principale della riproduzione della povertà nera. In secondo luogo 1'evidenza locale suggerisce che i lavoratori neri sono stati soppiantati da immigrati soltanto in un numero relativo di casi (principalmente nella manutenzione degli edifici e nei grandi magazzini non sindacalizzati), e solo nella stessa misura dei Chicano (immigrati messicani dalla seconda alla quinta generazione). Contrariamente a quanto affermano sia Miles sia la Coleman la "preferenza" accordata dai datori di lavoro agli immigrati latinos ha poco a che fare con fattori di "docilità" o di "comodità" e molto con la mancanza di diritti sostanziali dei lavoratori non cittadini. Il perverso "privilegio della pelle marrone" di cui goderebbero i lavoratori immigrati latinos nell'economia dei sweatshops è semplicemente il frutto della loro vulnerabilità alla coercizione extraeconomica (in special modo alla minaccia della deportazione) e al supersfruttamento. In terzo luogo le attuali tensioni "nero contro marrone" a Los Angeles derivano più dalla marginalizzazione politica dei latinos che dal soppiantamento economico dei neri. Tanto Miles quanto la Coleman sembrano dimenticare 1'influenza politica dei neri e la loro presenza negli impieghi pubblici. Non è cosa da poco che in una città in cui i latinos sopravanzano ora per numero i neri almeno di quattro a uno, il sindaco, il capo della polizia, il sovrintendente scolastico e il direttore dell'autorità regionale di transito siano afroamericani, o che la comunità nera benefici di una quota significativamente più alta di posti di lavoro di livello intermedio del settore pubblico (cinquantamila posti di lavoro nel settore pubblico, la maggior parte dei quali ottenuti a partire dall'elezione nel 1973 di Tom Bradley, costituiscono la base economica della Los Angeles nera). Per di più, la coalizione elettorale attorno al sindaco Bradley, includendo neri e bianchi liberal (in specie ebrei), non ha mai allo stesso modo ricompreso al proprio interno gli interessi dei Chicano, meno che mai quelli dei nuovi immigrati messicani e centroamericani. Dal '73 all''85, durante il periodo in cui la popolazione con cognome ispanico stava diventando la maggioranza relativa in città, si è assistito alla connivenza del sindaco nella manomissione dei collegi elettorali che privava i latinos di qua1unque voce nel Consiglio dei quindici. Allo stesso tempo i quartieri ispanici dell'Eastside - tradizionalmente deputati all'installazione di carceri e alla costruzione di freeways - sono stati ampiamente estromessi dal bilancio di sviluppo della comunità cittadina. I tragici risultati sono stati 1'erosione della vecchia alleanza per i diritti civili tra neri e messicani, creatasi negli anni Quaranta, e la tendenza, da parte dei politici dell'Eastside, a lamentarsi della sotto rappresentanza dei latinos nel governo a fronte della "sovrarappresentanza" dei neri. I latinos, in altri termini, sono arrivati a vedersi come "nullatenenti" politici, e i neri come politicamente "abbienti". Ciò ha prodotto accesi scontri sul ridisegno dei collegi elettorali e scolastici, così come per la nomina del nuovo capo della polizia e del sovrintendente scolastico. Ma, infine, ciò che rende questi conflitti di potere cosi infiammabili è la decadenza finanziaria del governo locale. Come Raphael Sonenshein sottolinea in un recente studio sull'era Bradley, il "tallone d'Achille" della politica liberal interrazziale a Los Angeles e sempre stato rappresentato dai vincoli fiscali sulla spesa pubblica imposti dagli elettori conservatori dei sobborghi. Da quando è passata la "Proposition 13" nel '78', questa stretta fiscale è divenuta la forca caudina per le politiche di coalizione multietnica. Come attivisti della comunità sottolineano ripetutamente, i tagli dell'estate scorsa al bilancio dello Stato ("la rivolta dei gatti grassi" nel linguaggio popolare) hanno fatto di gran lunga più danni ai quartieri poveri di Los Angeles che gli incendi della primavera scorsa. In un sol colpo quasi un miliardo di dollari in servizi pubblici e reddito è stato sottratto all'economia del centro città. A partire dall'anno prossimo, inoltre, la Contea di Los Angeles dovrà affrontare il "giorno del giudizio" di una riduzione del 25% dei servizi che chiuderà tutti gli ospedali pubblici a eccezione di uno e lascerà morire nei parchi i malati di Aids. Quasi quattromila malati di mente gravi saranno buttati fuori, senza casa, nelle strade e i servizi della Contea per orfani e bambini sottoposti a maltrattamenti saranno chiusi. "Siamo nel pieno di una crisi che va al di là di ogni comprensione", avverte il senatore dello Stato Art Torres. Nel frattempo il governo municipale di Los Angeles, messo di fronte al personale incubo del "doppio deficit", potrebbe cominciare a licenziare impiegati e a mettere all'asta beni pubblici. Con il suo bilancio ridotto di un terzo dopo cinque anni di tagli selvaggi, il sistema scolastico sovraffollato e demoralizzato di Los Angeles versa in condizioni perfino peggiori. Secondo la Federazione americana degli insegnanti "le due lettere L.A. stanno diventando un eufemismo per dire tragedia in campo educativo. La situazione di Los Angeles è la più esasperata e la più disperata in tutto il paese". Sull'orlo del collasso fiscale, il preponderante distretto non bianco (15% di neri, 65% di latinos) è a un passo da una dichiarazione di insolvenza e da un automatico commissariamento statale. Nel frattempo 50.000 teenagers marginali disoccupati pronunciano la loro sentenza sulla bancarotta del sistema. Messi di fronte a questo virtuale sfaldamento del governo locale, i latinos si chiedono, e non deve sorprendere, da dove potranno provenire le risorse per il loro futuro. Nel periodo tra il 1940 e il 1970 la lotta per ottenere eguale accesso ai servizi pubblici in espansione controllati dai bianchi aveva unito neri e latinos. Ora il declino del settore pubblico li sta polarizzando in una competizione a somma zero sui fondi di sviluppo della comunità e sugli impieghi pubblici. Dal 1990 ci sono state aspre contese tra le due comunità sugli impieghi nell'amministrazione della Contea, sulla composizione dello staff degli ospedali pubblici, sulla leadership dei sindacati del settore pubblico, sulla distribuzione dei fondi per finanziare l'istruzione bilingue, sulle preferenze negli appalti per la composizione delle squadre nella ricostruzione dopo il riot, e più recentemente sulla trascurabile influenza dei latinos all'interno del progetto "Ricostruire L.A." (denunciato come una sorta di alleanza esclusiva di politici neri e capitalisti bianchi). Di fronte a un'economia del settore pubblico morente, e con un potere e una ricchezza bianca fortificati in enclave apparentemente inespugnabili, la ricerca di eguaglianza da parte della nuova maggioranza minaccia di deragliare e frammentarsi in un conflitto etnico permanente.


[...]Dal punto di vista dei suoi principali attori economici dunque, la regione di Los Angeles sta scivolando dall'era dell'high-tech del Pentagono a un preistoria di plastica neo-disneyana. L'immaginario cyber-noir di Wild Palm (Los Angeles 2007) può addirittura diventare un esempio di efficace realismo sociale. I pianificatori regionali dello Stato, ad esempio, stanno cominciando a tracciare un ritratto drammaticamente pessimistico di una nuova California del Sud in cui la disoccupazione strutturale continuerà a rimanere a due cifre per decenni, la homelessness crescerà in modo esponenziale e la "generazione x+1" competerà per posti di lavoro temporanei come lavoratori di fast-food, impiegati nei parchi di divertimenti, portinai, polizia privata - o forse semplicemente come saccheggiatori.

[...] A causa della ribellione dello scorso anno, le attuali elezioni a sindaco di Los Angeles sono state universalmente definite "le più importanti negli ultimi cinquant'anni, [...] uno spartiacque nella storia della città". Non meno di ventiquattro candidati - undici dei quali considerati "concorrenti seri" - hanno congestionato il ballottaggio nelle primarie di aprile. Anche qui non c'è stato un solo tribuno della spesa pubblica, non c'è stata nemmeno una voce solitaria che abbia difeso un potenziamento delle scuole, i servizi sociali e i programmi di welfare. Ogni considerazione sui temi fondamentali della disoccupazione, della povertà e delle diseguaglianze di reddito è stata sommersa da uno stridulo coro che chiedeva più unità di fuoco di polizia nelle strade. Nonostante i sondaggi indichino che il declino dell'economia di Los Angeles costituisce la principale preoccupazione della "gente", entrambe le elezioni - tanto le primarie quanto il ballottaggio - sono state quasi esclusivamente un plebiscito su schemi competitivi di aumento dell'impiego del Dipartimento di polizia di Los Angeles. Questa povertà del dibattito è un diretto riflesso del sistema politico anacronistico ed esclusivo della città. Non è un segreto che Los Angeles è la meno democratica delle grandi città nordamericane. La sua vita politica è regolamentata da uno statuto cittadino adottato ai tempi dell'Open Shop, quando il sindaco era un simpatizzante del Ku Klux Klan e scioperi e discorsi di dissenso erano proibiti per decreto. Vasti collegi elettorali di tipo feudale per 1'elezione dei consiglieri comunali di più di duecentocinquantamila abitanti ognuno - i più estesi della nazione - garantiscono una rappresentanza solo minima degli interessi della base o della differenza etnica. Vi sono quartieri che mancano virtualmente di anche una sola voce nel governo della città. Inoltre 1'ultima ondata di riforma municipale ha completamente ignorato Los Angeles. Mentre New York riscriveva il suo statuto per ampliare considerevolmente il consiglio comunale e altre città creavano nuovi livelli di rappresentanza di quartiere, la seconda città del Paese continuava semplicemente a trastullarsi nella sua antica corruzione. Ma il più disonorevole segno distintivo di Los Angeles è la straordinaria discrepanza tra chi vive nella città e chi vota. Un milione di latinos adulti - cifra che include probabilmente meta della classe operaia manuale della città - non sono naturalizzati e sono privi di diritti civili. Tutto questo, se combinato con la giovane età media dei latinos e con gli ostacoli che vengono frapposti alla registrazione per il voto, produce il fatto che il più ampio gruppo etnico della città - il 41%, o 1.600.000 persone - esprime tipicamente meno di 50.000 voti (7-9% del totale).
In realtà, quindi, l'insegna fuori della City Hall recita: "ragazzi e latinos non sono benvenuti". Questo è stato evidenziato vividamente durante le attuali elezioni dalla maniera prevalentemente negativa in cui si è parlato dei bisogni di questi gruppi. La "agenda giovani", per esempio, è consistita nella proposta di smembrare il distretto scolastico per permettere la secessione di San Fernando Valley - una misura appassionatamente denunciata dai leader neri come "un ritorno alla segregazione" -, di pianificare la creazione di un corpo ausiliario di cittadini per aiutare la polizia a sopprimere le bande di teenagers graffitari. I latinos, per parte loro, sono stati obbligati ad ascoltare un candidato dopo l'altro che faceva degli "immigrati illegali" il capro espiatorio per il problema del crimine a Los Angeles. I termini del dibattito, ovviamente, sono stati determinati dal tipo di pubblico a cui ci si rivolgeva. A giudicare dal target cui era diretta la parte principale della campagna di propaganda, la città e stata ridotta a una circonferenza di cui la parte maggiore era costituita dal Westside bianco e dalla West Valley. I quartieri di Eastside, Mid-City, Southcentral, East Valley e Harbor - che contengono la stragrande maggioranza della popolazione - sono stati ignorati o trattati rigorosamente come politicamente di second'ordine.

1 Raj era definito il governo coloniale britannico in India prima del 1947 (N.d.T.)

 

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