Gli angeli di Los Angeles sono stanchi per aver sorriso
troppo.
B. Brecht
Il film Grand Canyon del 1992 comincia con il peggiore incubo che uno
yuppie bianco possa avere su Los Angeles. Un ricco avvocato (Kevin Kline),
tornando a casa da una partita di basket dei Laker al Forum si perde in
un labirinto di vicoli oscuri (in realtà la città satellite razzialmente
mista di Inglewood). Quando alla fine la sua macchina resta senza benzina,
viene circondato (ne siete sorpresi?) da grugnenti picchiatori di una
gang che gli chiedono il rolex o la vita. Stanno per somministrargli il
definitivo "bum-rush", quando un vecchio camionista nero (Danny Glover)
lo aiuta a fuggire brandendo un cric e producendosi in un eroico sermone
("non è questo il modo in cui le cose dovrebbero andare"). John L. Daniels
jr. è la controfigura reale del buon Samaritano impersonato da Glover.
Come leader dell'associazione dei camionisti afro-americani, Daniels ha
salvato centinaia di automobilisti dai supposti pericoli di Southcentral
Los Angeles. Come altri conducenti neri di camion ha anche fatto fronte
alle continue provocazioni del Dipartimento di polizia di Los Angeles
in combutta con il più potente monopolio dei camion, dominato dai bianchi.
Suo padre infatti, John Sr., è stato ucciso in un discusso scontro con
la polizia nel 1985. Nel pomeriggio del primo luglio 1992 Daniels si è
fermato con il suo Tir in una stazione di servizio della Chevron all'angolo
tra Florence e Crenshaw, non lontano dalla scena di Grand Canyon. Mentre
stava facendo rifornimento si sono fermati due poliziotti bianchi in motocicletta.
Daniels ha scritto rapidamente un messaggio con il nome e il telefono
del suo socio d'affari e lo ha dato a uno dei ragazzi coreani della stazione
di servizio, dicendo: "se mi succede qualcosa, per favore chiama questo
numero". I due agenti gli hanno chiesto il libretto del suo veicolo. Dopo
una lunga discussione un esasperato Daniels è stato sentito dichiarare
"che era stufo di questa merda e che se ne sarebbe semplicemente andato".
"Che cosa avete intenzione di fare?", ha detto alle sue spalle salendo
nella cabina del camion. "Mi sparerete?". L'agente Douglas Iversen, un
veterano del Dipartimento di polizia di Los Angeles con quindici anni
di servizio, ha risposto spianando la pistola e spappolando il cervello
di Daniels. "Perché lo hai fatto?", urla sconvolto il compagno di pattuglia
di Iversen. In pochi minuti centinaia di abitanti inferociti avevano circondato
la stazione di servizio urlando ai poliziotti "Ku Klux Klan" e "porci".
Quando il cadavere di Daniels fu sigillato nella borsa del coroner molte
pietre rimbalzarono sul motto "proteggi e servi" sulla fiancata di una
macchina della polizia.
[...] La stupidità ufficiale riguardo alla minaccia sociale costituita
dalle gang nere è andata di pari passo con una benevola indifferenza verso
il deteriorarsi delle condizioni di vita dell'enorme proletariato di lingua
spagnola di Los Angeles. Tanto nel discorso politico quanto nei reportage
dei media, la povertà dei latinos è la consistente variabile scomparsa
da molte spiegazioni della rivolta dell'anno passato. Per quanto riguarda
l'attenzione prestata ai loro problemi, la maggior parte degli immigrati
messicani o centroamericani potrebbe tranquillamente vivere dall'altra
parte della luna. Solo pochissimi politici o bonzi televisivi, per esempio,
si sono presi la briga di esaminare le statistiche ufficiali del riot,
annesse al rapporto Webster. E' rivelatore, per esempio, il dato che solo
il 38% degli arrestati dal Dipartimento di polizia di Los Angeles erano
neri o che i latinos, oltre a essere il 51 % degli arrestati totali, costituivano
anche la maggioranza degli imputati per incendio doloso. Per di più la
maggior densità di "incidenti" collegati al riot avvenne a Nord della
Santa Monica Freeway, all'interno delle aree Wilshire e Rampart del Dipartimento
di polizia di Los Angeles, e non in Southcentral L.A. In effetti, il numero
di denunciati dalla sola stazione di polizia di Rampart - a Ovest della
Downtown - equivale quasi a quello dei denunciati da tutte le quattro
stazioni incluse all'interno dell'Ufficio Sud del Dipartimento. Perfino
la stazione di polizia di Hollywood ha operato il doppio di arresti che
la stazione della settantasettesima strada, che pattugliava il supposto
epicentro del riot a Florence e Normandie. I dati sugli arresti e sugli
incidenti implicano, in altri termini, che ci sono state in realtà due
rivolte parallele a Los Angeles 1'anno scorso. La prima, che ha riscosso
l'attenzione del mondo, è avvenuta in South Los Angeles e nelle zone adiacenti
della Contea, ed è stata guidata dalla rabbia nera, benché abbia registrato
una significativa partecipazione di immigrati messicani poveri nel saccheggio
di negozi e di mini supermercati. La seconda, largamente invisibile, è
avvenuta nella Mid-city, area in maniera preponderante ispanica: un super
slum emergente - o, per evocare il paesaggio di Wild Pabns, una nuova
"zona selvaggia" - composto dal sommarsi della piana di Hollywood, del
distretto del Wilshire (che include Korea-town) e della comunità di Westlake
(o Ramparts). Nel corso dell'ultimo decennio, 225.000 messicani e immigrati
centroamericani hanno lottato per trovar posto negli appartamenti della
Mid-city, nelle sue affollate scuole e nei suoi sweatshops. L'impatto
della recessione - forse più selvaggio qui che in qualunque altra parte
della città - ha esacerbato le tensioni con le minoranze economicamente
dinamiche della comunità, la coreana, la cinese e l'armena. Un vecchio
insegnante della zona fornisce il seguente resoconto di prima mano sull'altra
rivolta dello scorso anno:
Insegno in una scuola che è un isolato a ovest di Olympic e Hoover.
I miei studenti ed io stavamo guardando dalla finestra della nostra classe
quando un negozio di video ha preso fuoco, con fumo e fiamme chiaramente
visibili. Più tardi io e mia moglie, che insegna nella scuola di Hoover
Street, stavamo guardando alla televisione come i negozi vicino alla nostra
scuola venivano saccheggiati da genitori e studenti che conoscevamo bene.
La maggioranza dei saccheggi nelle aree di Pico-Union e Wilshire è opera
di centroamericani, non di neri o messicani. A loro in realtà non importava
nulla di Rodney King o neppure sapevano chi fosse. In centro America,
ogni volta che c'è un grande cambiamento violento di regime o la caduta
di un potere, la gente reagisce prendendo quello di cui ha bisogno e "servendosi"
finche può. Se i ribelli per esempio si impadroniscono di una grande città,
gli abitanti vedono la faccenda come una possibilità anche per loro. Dal
momento che la maggior parte dei magazzini di alcolici e dei supermercati
in questa area - prevalentemente di proprietà coreana - fanno pagare ai
clienti prezzi incredibilmente ricaricati per merci di qualità scadente,
c'è un grande risentimento. I miei studenti mi hanno raccontato che quando
hanno visto il Viva Market saccheggiato in televisione, i loro genitori
hanno immediatamente lasciato 1'appartamento per rientrare un'ora più
tardi con cibo e altre merci. Non lo consideravano un riot, ma solo come
un'opportunità per fare i conti con gli "sfruttatori". Non c'era coordinamento
o pianificazione tra la gente a nord della Santa Monica Freeway se non
quella fornita dalla mappa stradale mostrata alla tv locale. La maggior
parte dei miei studenti ha fatto semplicemente spallucce e ha detto: "tutti
lo stavano facendo, perché non dovevamo farlo anche noi?". Nella zona
dove lavoro il Dipartimento di polizia di Los Angeles è un sadico esercito
di occupazione. Io credo che uno dei motivi per cui la gente si è precipitata
così rapidamente a saccheggiare e a violare la legge è stato il fatto
che essi non avevano che un minimo o nessun rispetto per la polizia. Non
penso che i negozi coreani siano stati attaccati esclusivamente per motivi
etnici. Se negozi di liquori di proprietà coreana sono stati bruciati,
agenzie di viaggio coreane e saloni di bellezza non sono stati toccati.
La rivolta era diretta contro la polizia e i negozianti profittatori in
generale. E' stata provocata dalla disperazione economica e dall'odio
di classe, non di razza.
Come suggerisce questo resoconto, la comunità della classe operaia immigrata
è prigioniera nelle spire di una vasta, implacabile rete di meschino sfruttamento.
Per guadagnarsi l'accesso alla terra promessa, prima di tutto, la maggior
parte degli immigrati devono pagare alte tariffe ai coyotes (contrabbandieri).Molti
di loro finiscono vittime di una forma postmoderna di servitù a contratto,
vendendo arance sulle rampe d'accesso alle Freeway di Los Angeles o recuperando
lattine di alluminio per saldare il loro debito con i coyotes. In passato
molti immigrati avrebbero lavorato come domestici nelle ricche case bianche
del Westside, come operadoras nei negozi d'abbigliamento della Downtow
o forse come portieri nei grattacieli del Wilshire Boulevard. Ma da quando
è cominciata la recessione tre anni fa, 1'unica risorsa economica per
i nuovi arrivati è stata la fiorente economia informale. Mentre donne
messicane e centroamericane guadagnavano pochi dollari al giorno vendendo
come ambulanti frutta o abiti a buon mercato sui marciapiedi, migliaia
di uomini latinos competevano disperatamente per lavori giornalieri nel
sempre più sovraffollato "mercato degli schiavi" situato a ogni angolo
di strada in città. Benché Los Angeles abbia ora molti dei vizi di una
città del terzo mondo, ha poche delle sue virtù. A differenza, ad esempio
di Tijuana, dove 1'occupazione di case e la vendita di strada sono modi
di vita accettati, qui l'economia di sopravvivenza dei poveri è sistematicamente
criminalizzata e repressa. Gli immigrati sono prigionieri tra la retata,
il raid poliziesco, e l'assalto, 1'attacco criminale. Con crudeltà quasi
meccanica, il Dipartimento di polizia di Los Angeles spazza via i venditori
dalle strade, confiscando o distruggendo la loro patetica mercanzia, mentre
la Migra deporta lavoratori giornalieri o lavoratori nei sweatshops (con
una speciale preferenza per scioperanti e affiliati ai sindacati). Quelli
che sfuggono alle reti ufficiali devono ancora pagare la "quota per la
protezione" ai cinque-ottomila membri dei oatos della "diciottesima strada",
la più grande gang di strada del mondo, che controlla un'ampia area della
zona satura di crack a ovest della Downtown. Cinquantanove altre gang
latinos e asiatiche combattono per spartirsi gli scarti della potente
Diez-y-ocho. Il risultato di tutto ciò è che 1'area del Dipartimento di
polizia di Los Angeles di Ramparts 1'anno passato ha registrato il tasso
di omicidi più alto del paese: trentaquattro omicidi solo in MacArthur
Park.
La Mid-city è anche un'immensa "piantagione della rendita" - il più grande
distretto di appartamenti a ovest del Mississipi. In particolare, nell'area
di Westlake-Rampart la densità di popolazione (quasi centomila persone
nel raggio di un miglio intorno a MacArthur Park) è superiore a quello
di New York City e il 95% del patrimonio abitativo è detenuto da proprietari
immobiliari che non risiedono nell'area. Un'analisi dettagliata dell'economia
della rendita in un quartiere rappresentativo ha mostrato che la proprietà
dello slum, in cui sono ammassati immigrati latinos che vivono in minuscole
e miserabili unità abitative, è altamente redditizia. Per esempio, una
struttura con sessanta abitazioni, che ricorda così da vicino un classico
condominio della costa orientale da venir spesso usata da Hollywood per
girare scene esterne ambientate nel South Bronx, ammortizza il proprio
valore stimato ogni dieci mesi. Anche se i proprietari immobiliari coreani
sono stati spesso messi in ridicolo in stereotipi popolari, la ricerca
rivela che la maggioranza dei proprietari sono ricchi bianchi. E' ben
possibile in altre parole che le migliaia di donne di servizio latinos
che ogni giorno si recano in autobus dai loro appartamenti della Mid-city
a Heverly Hills o a Hancock Park stiano pulendo residenze finanziate con
gli esosi affitti che esse stesse pagano. Infine i piccoli bottegai completano
il circolo dello sfruttamento che comincia con i coyotes e include imprenditori,
poliziotti, membri delle gang e proprietari immobiliari - per non menzionare
gli avvocati che si occupano di immigrazione, dentisti a credito, ditte
che incassano assegni e altri ordinari vampiri della povertà. Dal momento
che il Raj bianco1 è fuori portata e che i poliziotti e i membri delle
gang sono armati e letali, la comunità dei commercianti asiatici ha rappresentato
un utile parafulmine per le molteplici rimostranze dei poveri latinos,
o neri. All'interno della più ampia area della Midcity, Korea-town e Little
Central America si intrecciano letteralmente l'una con 1'altra, e Vermont
Avenue è punteggiata per miglia di luci al neon e di mini-market a due
piani che fanno pubblicità al Banco Agricola di El Salvador e, poco più
in là, alle Korean Airlines. Con quasi la metà della popolazione dell'area
dal cognome ispanico che vive al di sotto della soglia ufficiale di povertà,
il contrasto virtualmente fianco a fianco dello squallore dei latinos
e della prosperità coreana ha finito lo scorso anno per diventare un materiale
incandescente. Il risultato è che, come rivelano tutte le inchieste, circa
la metà della comunità coreana vuole trasferirsi al di fuori dell'area
al più presto possibile. I tradizionali quartier generali del business
e delle corporations stanno trasmigrando verso rifugi più sicuri, lasciandosi
alle spalle terra bruciata. Il saccheggio dello scorso anno di Bullocks
Wilshire, i magazzini Harrods art decò di Los Angeles, ha segnato la fine
di un'epoca. Con la fretta di un'evacuazione che fa seguito a una calamità
naturale i più importanti studi legali e le compagnie di assicurazione
hanno abbandonato quello che un tempo era l'elegante corridoio del Mid-Wilshire
per posizioni più difendibili nella Century City e nel Westside. Hollywood,
nel frattempo, sta diventando una città fantasma virtuale, dato che le
più importanti compagnie di intrattenimento spostano le loro attività
nelle città enclave di West-Hollywood e Burbank. Ironicamente, mentre
è cresciuto il grande battage pubblicitario intorno alla "ricostruzione
di Southcentral Los Angeles", la fuga delle corporations e il disinvestimento
ne stanno inesorabilmente riproducendo un'immagine speculare nella martoriata
Mid-city.
Come mostra 1'esempio precedente, la geografia dei quartieri di Los Angeles
ha ridisegnato la mappa del mondo, mettendo El Salvador vicino alla Corea,
1'Armenia vicino alla Tailandia, Samoa vicino al Belize, e la Louisiana
vicino a Jalisco. Le potenzialità per un felice interculturalismo coesistono
con le tendenze verso una violenta micro-balcanizzazione. In passato le
tensioni di strada sono state parzialmente sublimate nell'emergere di
una cultura giovanile fuori legge, che ha reso più acuta la consapevolezza
di una comune alienazione. I rappers chicano come Kid Frost e Atzlan Underground,
per esempio, sono stati tra i primi sostenitori pubblici della rivolta
nera dello scorso anno, mentre il gruppo samoano Boo-Yah Tribe (chiamato
cosi dal suono di un colpo di pistola - boo-yah! - in samoano) ha rivaleggiato
con Ice-T e NWA nella coraggiosa denuncia della brutalità poliziesca.
Da parte loro i Crips e i Bloods si sono seriamente impegnati nel tentativo
di ricomprendere il numero crescente di gang messicane di South Central
nel loro movimento per l'unita. Di fronte a un'economia e a un settore
pubblico sull'orlo del collasso, la Hip-Hop Nation e 1'accordo tra le
gang potrebbero essere una barriera troppo fragile contro il conflitto
urbano. Negli ultimi diciotto mesi una curva crescente di violenza interetnica
ha cominciato a oscurare le speranze di una coalizione arcobaleno. "Una
piccola silenziosa guerra", nelle parole di un leader studentesco, si
è andata estendendo da un istituto superiore all'altro nei quartieri etnicamente
misti di Los Angeles e nei vecchi suburbi. Nelle città della South Bay
(Gardena, Inglewood e Hawthorne), così come nella San Fernando Valley
(North Hollywood, Canoga Park e Chatsworth), le tensioni dei neri contro
i latinos sono esplose in mischie furibonde che hanno coinvolto centinaia
di ragazzi. Nel frattempo, nel mosaico etnico di San Gabriel Valley, gli
scontri tra studenti chicano e cinesi hanno provocato un'espulsione di
massa e un intervento della polizia senza precedenti nel campus.
Nel frattempo nei quartieri di edilizia popolare sono recentemente apparsi
sinistri accenni di pulizia etnica. Le morti per incendio doloso di una
famiglia ispanica nel Jordan Downs Housing Project, a predominanza nera,
sono state contraccambiate con un lancio di bottiglie incendiarie contro
famiglie nere nei Ramona Gardens, un complesso edilizio nell'East Side
controllato dalla cosiddetta "mafia messicana". Se la televisione locale
ha dato risalto al pestaggio di numerosi automobilisti latinos durante
i disordini dello scorso anno, le famiglie nere nella piccola città governata
dai latinos di Hawaiian Gardens (incuneata e semi nascosta tra Long Beach
e il confine di Orange County) si sono recentemente lamentate di "vivere
in un regime di terrore [...], di minacce di morte e di incendio". E a
Long Beach - un tempo il tranquillo "porto di mare dello Iowa" - più di
una dozzina di persone sono morte in una grande guerra di gang tra chicano
locali e giovani duri figli dei profughi cambogiani. Come parziale vendetta,
trentacinque negozi cambogiani sono stati completamente bruciati lo scorso
maggio. L'epicentro della persistente violenza etnica, tuttavia, è stato
il sistema carcerario della Contea, amministrato dal Dipartimento dello
Sceriffo. Contemporaneamente, più di 22.000 prigionieri maschi sono stati
confinati in tre immense sovraffollate prigioni situate nella Downtown
e nel Nord della Contea di Los Angeles (infatti le torri gemelle di questa
nuova Bastiglia, massiccia aggiunta alla prigione centrale maschile, sono
l'unica nuova costruzione visibile sul depresso skyline della Downtown).
Dal 1990 le prigioni sono state scosse da scontri quasi mensili tra neri
e latinos. Un migliaio di prigionieri è stato gravemente ferito, e il
sistema carcerario e divenuto una fabbrica di odio, producendo animosità
che sono state invariabilmente scaricate sui quartieri. Lo sceriffo Sherman
Block ha mostrato una così stupefacente letargia nel cercare una mediazione
per questa faida di massa in crescita vertiginosa, che molti attivisti
ora sospettano che la promozione della violenza tra neri e latinos sia
diventata la sua strategia non ufficiale di gestione. Un influente paladino
dei diritti dei prigionieri, Jitu Sacliki - che ha lavorato alla costruzione
di un'unita tra neri e latinos nel sistema penitenziario dello Stato -,
avverte che "un conflitto incontrollato all'interno delle carceri condurrà
inevitabilmente a uno stato di guerra su larga scala nelle strade: il
peggior tipo di scenario per una politica progressista". Questa escalation,
sotto molti punti di vista, della violenza etnica ha provocato almeno
un'autorevole revisione dell'idea che la rivolta dell'anno passato fosse
nei suoi tratti essenziali una ripetizione della ribellione del '65 ("Watts").In
un influente articolo pubblicato lo scorso anno sull'"Atlantic Monthly"
1'editorialista del "Los Angeles Times" Jack Miles (modestamente descritto
come "attualmente al lavoro su una biografia di Dio") sostiene la necessita
di un "nuovo paradigma" che riconosca che "dietro la rivolta di Los Angeles
vi e una aspra competizione economica tra latinos e afro-americani. La
quasi totale assenza di giardinieri, di domestiche, baby-sitter, aiuto
camerieri neri [...] in una città con un numero notoriamente alto di neri
disoccupati e privi di qualifiche salta agli occhi", e testimonia secondo
Miles la sostituzione della "quindicesima generazione di afro-americani
da parte della prima generazione di latino-americani". L'immigrazione,
e non il razzismo bianco, ha creato una sottoclasse nera, e la chiave
della ricostruzione di Los Angeles è un controllo più efficace della frontiera
tra USA e Messico. Miles cita positivamente le posizioni nativiste espresse
dagli affiliati alla Federazione per la riforma dell'immigrazione americana,
e fa proprie le loro proposte per la chiusura delle scuole pubbliche ai
non cittadini. Nella costernazione di alcuni dei suoi ammiratori, Wanda
Coleman - tra i principali scrittori neri della West Coast e corrispondente
da Los Angeles di "The Nation" - ha recentemente fatto eco alla tesi di
Miles secondo cui gli immigrati stanno "buttando fuori i neri dal mercato
del lavoro". La Coleman racconta "tre litigi particolarmente aspri con
commercianti coreani", e una disputa meno accesa ma egualmente snervante
con un gruppo di uomini latinos ("il messaggio era chiaro: Levatevi di
torno"). Enfatizzando il fatto che "i conflitti tra neri e latinos sono
costantemente andati peggiorando", la Coleman rafforza l'opinione di Miles
secondo cui gli immigrati messicani si avvantaggerebbero di un atteggiamento
di benevolo paternalisrno da parte dei bianchi. "I latinos, anche se stranieri,
sembrano nativi e affidabili, mentre i neri, che sono nativi, sembrano
stranieri e pericolosi". Questi aneddoti, che producono stereotipi sospetti,
infamanti per i latinos, costituiscono la dubbia impalcatura dello spostamento
di paradigma proposto da Miles e dalla Coleman. L'idea di una guerra senza
quartiere sul mercato del lavoro tra neri e "marroni", per quanto superficialmente
plausibile alla luce delle recenti tensioni etniche, perde gran parte
della sua credibilità se esaminata più da vicino. In primo luogo è curioso,
se non grottesco, che Miles fissi la sua attenzione così unilateralmente
sull'assenza di lavoro servile dei neri ("aiuto camerieri, domestiche,
baby sitter..."), quando la questione più pertinente è ovviamente quella
dell'accesso dei neri alle nuove concentrazioni di lavoro ad alta retribuzione
nelle nuove agglomerazioni urbane della regione. Come ho sostenuto altrove,
il persistere della discriminazione razziale nelle aree suburbane ricche
di occasioni di lavoro - e non la competizione dei latinos nel centro
città - è il motivo principale della riproduzione della povertà nera.
In secondo luogo 1'evidenza locale suggerisce che i lavoratori neri sono
stati soppiantati da immigrati soltanto in un numero relativo di casi
(principalmente nella manutenzione degli edifici e nei grandi magazzini
non sindacalizzati), e solo nella stessa misura dei Chicano (immigrati
messicani dalla seconda alla quinta generazione). Contrariamente a quanto
affermano sia Miles sia la Coleman la "preferenza" accordata dai datori
di lavoro agli immigrati latinos ha poco a che fare con fattori di "docilità"
o di "comodità" e molto con la mancanza di diritti sostanziali dei lavoratori
non cittadini. Il perverso "privilegio della pelle marrone" di cui goderebbero
i lavoratori immigrati latinos nell'economia dei sweatshops è semplicemente
il frutto della loro vulnerabilità alla coercizione extraeconomica (in
special modo alla minaccia della deportazione) e al supersfruttamento.
In terzo luogo le attuali tensioni "nero contro marrone" a Los Angeles
derivano più dalla marginalizzazione politica dei latinos che dal soppiantamento
economico dei neri. Tanto Miles quanto la Coleman sembrano dimenticare
1'influenza politica dei neri e la loro presenza negli impieghi pubblici.
Non è cosa da poco che in una città in cui i latinos sopravanzano ora
per numero i neri almeno di quattro a uno, il sindaco, il capo della polizia,
il sovrintendente scolastico e il direttore dell'autorità regionale di
transito siano afroamericani, o che la comunità nera benefici di una quota
significativamente più alta di posti di lavoro di livello intermedio del
settore pubblico (cinquantamila posti di lavoro nel settore pubblico,
la maggior parte dei quali ottenuti a partire dall'elezione nel 1973 di
Tom Bradley, costituiscono la base economica della Los Angeles nera).
Per di più, la coalizione elettorale attorno al sindaco Bradley, includendo
neri e bianchi liberal (in specie ebrei), non ha mai allo stesso modo
ricompreso al proprio interno gli interessi dei Chicano, meno che mai
quelli dei nuovi immigrati messicani e centroamericani. Dal '73 all''85,
durante il periodo in cui la popolazione con cognome ispanico stava diventando
la maggioranza relativa in città, si è assistito alla connivenza del sindaco
nella manomissione dei collegi elettorali che privava i latinos di qua1unque
voce nel Consiglio dei quindici. Allo stesso tempo i quartieri ispanici
dell'Eastside - tradizionalmente deputati all'installazione di carceri
e alla costruzione di freeways - sono stati ampiamente estromessi dal
bilancio di sviluppo della comunità cittadina. I tragici risultati sono
stati 1'erosione della vecchia alleanza per i diritti civili tra neri
e messicani, creatasi negli anni Quaranta, e la tendenza, da parte dei
politici dell'Eastside, a lamentarsi della sotto rappresentanza dei latinos
nel governo a fronte della "sovrarappresentanza" dei neri. I latinos,
in altri termini, sono arrivati a vedersi come "nullatenenti" politici,
e i neri come politicamente "abbienti". Ciò ha prodotto accesi scontri
sul ridisegno dei collegi elettorali e scolastici, così come per la nomina
del nuovo capo della polizia e del sovrintendente scolastico. Ma, infine,
ciò che rende questi conflitti di potere cosi infiammabili è la decadenza
finanziaria del governo locale. Come Raphael Sonenshein sottolinea in
un recente studio sull'era Bradley, il "tallone d'Achille" della politica
liberal interrazziale a Los Angeles e sempre stato rappresentato dai vincoli
fiscali sulla spesa pubblica imposti dagli elettori conservatori dei sobborghi.
Da quando è passata la "Proposition 13" nel '78', questa stretta fiscale
è divenuta la forca caudina per le politiche di coalizione multietnica.
Come attivisti della comunità sottolineano ripetutamente, i tagli dell'estate
scorsa al bilancio dello Stato ("la rivolta dei gatti grassi" nel linguaggio
popolare) hanno fatto di gran lunga più danni ai quartieri poveri di Los
Angeles che gli incendi della primavera scorsa. In un sol colpo quasi
un miliardo di dollari in servizi pubblici e reddito è stato sottratto
all'economia del centro città. A partire dall'anno prossimo, inoltre,
la Contea di Los Angeles dovrà affrontare il "giorno del giudizio" di
una riduzione del 25% dei servizi che chiuderà tutti gli ospedali pubblici
a eccezione di uno e lascerà morire nei parchi i malati di Aids. Quasi
quattromila malati di mente gravi saranno buttati fuori, senza casa, nelle
strade e i servizi della Contea per orfani e bambini sottoposti a maltrattamenti
saranno chiusi. "Siamo nel pieno di una crisi che va al di là di ogni
comprensione", avverte il senatore dello Stato Art Torres. Nel frattempo
il governo municipale di Los Angeles, messo di fronte al personale incubo
del "doppio deficit", potrebbe cominciare a licenziare impiegati e a mettere
all'asta beni pubblici. Con il suo bilancio ridotto di un terzo dopo cinque
anni di tagli selvaggi, il sistema scolastico sovraffollato e demoralizzato
di Los Angeles versa in condizioni perfino peggiori. Secondo la Federazione
americana degli insegnanti "le due lettere L.A. stanno diventando un eufemismo
per dire tragedia in campo educativo. La situazione di Los Angeles è la
più esasperata e la più disperata in tutto il paese". Sull'orlo del collasso
fiscale, il preponderante distretto non bianco (15% di neri, 65% di latinos)
è a un passo da una dichiarazione di insolvenza e da un automatico commissariamento
statale. Nel frattempo 50.000 teenagers marginali disoccupati pronunciano
la loro sentenza sulla bancarotta del sistema. Messi di fronte a questo
virtuale sfaldamento del governo locale, i latinos si chiedono, e non
deve sorprendere, da dove potranno provenire le risorse per il loro futuro.
Nel periodo tra il 1940 e il 1970 la lotta per ottenere eguale accesso
ai servizi pubblici in espansione controllati dai bianchi aveva unito
neri e latinos. Ora il declino del settore pubblico li sta polarizzando
in una competizione a somma zero sui fondi di sviluppo della comunità
e sugli impieghi pubblici. Dal 1990 ci sono state aspre contese tra le
due comunità sugli impieghi nell'amministrazione della Contea, sulla composizione
dello staff degli ospedali pubblici, sulla leadership dei sindacati del
settore pubblico, sulla distribuzione dei fondi per finanziare l'istruzione
bilingue, sulle preferenze negli appalti per la composizione delle squadre
nella ricostruzione dopo il riot, e più recentemente sulla trascurabile
influenza dei latinos all'interno del progetto "Ricostruire L.A." (denunciato
come una sorta di alleanza esclusiva di politici neri e capitalisti bianchi).
Di fronte a un'economia del settore pubblico morente, e con un potere
e una ricchezza bianca fortificati in enclave apparentemente inespugnabili,
la ricerca di eguaglianza da parte della nuova maggioranza minaccia di
deragliare e frammentarsi in un conflitto etnico permanente.
[...]Dal punto di vista dei suoi principali attori economici dunque, la regione di Los Angeles sta scivolando dall'era dell'high-tech del Pentagono a un preistoria di plastica neo-disneyana. L'immaginario cyber-noir di Wild Palm (Los Angeles 2007) può addirittura diventare un esempio di efficace realismo sociale. I pianificatori regionali dello Stato, ad esempio, stanno cominciando a tracciare un ritratto drammaticamente pessimistico di una nuova California del Sud in cui la disoccupazione strutturale continuerà a rimanere a due cifre per decenni, la homelessness crescerà in modo esponenziale e la "generazione x+1" competerà per posti di lavoro temporanei come lavoratori di fast-food, impiegati nei parchi di divertimenti, portinai, polizia privata - o forse semplicemente come saccheggiatori.
[...] A causa della ribellione dello scorso anno, le attuali elezioni a sindaco di Los Angeles sono state universalmente definite "le più importanti negli ultimi cinquant'anni, [...] uno spartiacque nella storia della città". Non meno di ventiquattro candidati - undici dei quali considerati "concorrenti seri" - hanno congestionato il ballottaggio nelle primarie di aprile. Anche qui non c'è stato un solo tribuno della spesa pubblica, non c'è stata nemmeno una voce solitaria che abbia difeso un potenziamento delle scuole, i servizi sociali e i programmi di welfare. Ogni considerazione sui temi fondamentali della disoccupazione, della povertà e delle diseguaglianze di reddito è stata sommersa da uno stridulo coro che chiedeva più unità di fuoco di polizia nelle strade. Nonostante i sondaggi indichino che il declino dell'economia di Los Angeles costituisce la principale preoccupazione della "gente", entrambe le elezioni - tanto le primarie quanto il ballottaggio - sono state quasi esclusivamente un plebiscito su schemi competitivi di aumento dell'impiego del Dipartimento di polizia di Los Angeles. Questa povertà del dibattito è un diretto riflesso del sistema politico anacronistico ed esclusivo della città. Non è un segreto che Los Angeles è la meno democratica delle grandi città nordamericane. La sua vita politica è regolamentata da uno statuto cittadino adottato ai tempi dell'Open Shop, quando il sindaco era un simpatizzante del Ku Klux Klan e scioperi e discorsi di dissenso erano proibiti per decreto. Vasti collegi elettorali di tipo feudale per 1'elezione dei consiglieri comunali di più di duecentocinquantamila abitanti ognuno - i più estesi della nazione - garantiscono una rappresentanza solo minima degli interessi della base o della differenza etnica. Vi sono quartieri che mancano virtualmente di anche una sola voce nel governo della città. Inoltre 1'ultima ondata di riforma municipale ha completamente ignorato Los Angeles. Mentre New York riscriveva il suo statuto per ampliare considerevolmente il consiglio comunale e altre città creavano nuovi livelli di rappresentanza di quartiere, la seconda città del Paese continuava semplicemente a trastullarsi nella sua antica corruzione. Ma il più disonorevole segno distintivo di Los Angeles è la straordinaria discrepanza tra chi vive nella città e chi vota. Un milione di latinos adulti - cifra che include probabilmente meta della classe operaia manuale della città - non sono naturalizzati e sono privi di diritti civili. Tutto questo, se combinato con la giovane età media dei latinos e con gli ostacoli che vengono frapposti alla registrazione per il voto, produce il fatto che il più ampio gruppo etnico della città - il 41%, o 1.600.000 persone - esprime tipicamente meno di 50.000 voti (7-9% del totale).
In realtà, quindi, l'insegna fuori della City Hall recita: "ragazzi e latinos non sono benvenuti". Questo è stato evidenziato vividamente durante le attuali elezioni dalla maniera prevalentemente negativa in cui si è parlato dei bisogni di questi gruppi. La "agenda giovani", per esempio, è consistita nella proposta di smembrare il distretto scolastico per permettere la secessione di San Fernando Valley - una misura appassionatamente denunciata dai leader neri come "un ritorno alla segregazione" -, di pianificare la creazione di un corpo ausiliario di cittadini per aiutare la polizia a sopprimere le bande di teenagers graffitari. I latinos, per parte loro, sono stati obbligati ad ascoltare un candidato dopo l'altro che faceva degli "immigrati illegali" il capro espiatorio per il problema del crimine a Los Angeles. I termini del dibattito, ovviamente, sono stati determinati dal tipo di pubblico a cui ci si rivolgeva. A giudicare dal target cui era diretta la parte principale della campagna di propaganda, la città e stata ridotta a una circonferenza di cui la parte maggiore era costituita dal Westside bianco e dalla West Valley. I quartieri di Eastside, Mid-City, Southcentral, East Valley e Harbor - che contengono la stragrande maggioranza della popolazione - sono stati ignorati o trattati rigorosamente come politicamente di second'ordine.
1 Raj era definito il governo coloniale britannico in
India prima del 1947 (N.d.T.)
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