speculazioni
sulla storia
della proprieta' intellettuale
di Doug Brent
tratto da No copyright, nuovi diritti nel 2000, 1994, Shake
Edizioni Underground
1. Per un uso della teoria della trasformazione
E' stato spesso osservato che i computer stanno rivoluzionando
il concetto della proprieta' del sapere. Le vecchie norme di
copyright e di possesso della proprieta' intellettuale semplicemente
non possono essere estese all'universo della conoscenza nello
spazio cybernetico. In questo articolo estendo esaminare piu'
da vicino i modi in cui stanno cambiando i concetti di proprieta'
intellettuale nella misura in cui il computer cambia il nostro
rapporto con la conoscenza.
Il principale strumento che intendo utilizzare in quest'indagine
e' quell'insieme di teorie che Micheal Heim ha definito "teoria
della trasformazione" (Electric Language, 1987). In questo
libro egli afferma che non possiamo apprendere nulla di importante
circa un medium guardando soltanto al suo contenuto:
"La nostra reazione convenzionale a tutti i media,
secondo la quale cio' che conta e' come essi sono usati, e'
l'opaca posizione dell'idiota tecnologico. Perche' il contenuto
di un medium e' paragonabile ad un allettante pezzo di carne
con cui il ladro cerchi di distrarre il cane da guardia dello
spirito" (p. 18).
Per evitare tale opacita' dobbiamo focalizzare al nostra attenzione
sui modi in cui le caratteristiche tecnologiche del medium stesso
rifoggiano le nostre vite, non solo fornendoci nuovi strumenti
da usare, ma modificando la nostra coscienza ad un livello profondo
e subliminale. In Oralita' e scrittura (1982), Walter
Ong si basa sulla filosofia generale di McLuhan e sulla ricerca
antropologica avente per oggetto lo sviluppo delle societa'
orali, per spiegare i drammatici cambiamenti sociali originati
dall'avvento dell'alfabetizzazione.
Ong dimostra che il passaggio dalla cultura orale a quella
letterata all'incirca nel V secolo a.c., fece di piu' che modificare
i modelli artistici, politici e commerciali. Esso produsse un
profondo cambiamento nella coscienza umana determinando le forme
lineari ed astratte della logica occidentale che noi oggi accettiamo
come vere, ma che erano semplicemente impensabili senza la scrittura
come mezzo per conservare un pensiero originale e complesso.
Cio' che rende la teoria della trasformazione uno strumento
particolarmente efficace per riflettere sull'impatto del computer,
e' che la rivoluzione dell'informazione viene avvertita
intuitivamente come la terza tappa in questo processo e cioe'
come una rivoluzione tanto grande quanto il passaggio dall'oralita'
alla scrittura.
Certo, Heim mette in guardia severamente contro un estensione
indebita della teoria della trasformazione, sorta per trattare
una prima rivoluzione, e contro il facile uso di essa per predire
il conseguente avvento della seconda:
"Poiche' e' ancorata alla differenza tra oralita'
e scrittura la teoria della trasformazione non e' idonea all'indagine
del word processing. Il costante riferimento all'apparizione
della scrittura deforma il pensiero riducendo la nascita del
word processing ad un nuovo tipo di scrittura. L'uso
della metafora da parte della cultura della stampa e' comprensibile
quando ci troviamo di fronte alla profonda novita' della scrittura
digitale. Ma se perdiamo di vista la debolezza della metafora
finiremo col trascurare il fenomeno nella nostra preoccupazione
di trattarlo secondo moduli convenzionali e consueti."
(p. 113).
Il monito di Heim e' ben accetto; il secondo passaggio non
e' semplicemente un'estensione o l'inverso del primo (a dispetto
di cio' che io sto per dimostrare). Se gli studi storici hanno
ancora una giustificazione ed un fondamento al di la' della
futile curiosita', questi consistono sicuramente nel fatto che
possiamo apprendere qualcosa del futuro attingendo dal passato.
E' importante pero' ricordare che non dobbiamo pero' dipendere
unicamente da una metafora. Nella misura in cui avvertiamo echi
della prima rivoluzione delle comunicazioni nella seconda, dobbiamo
stare attenti a usare la metafora della prima trasformazione
solo come mezzo per generare suggestive possibilita'. Prima
di basarci su queste suggestioni anche solo provvisoriamente,
dobbiamo confermarle con un attento esame dei cambiamenti nel
comportamento sociale e personale che sono gia' sufficentemente
lontani nel tempo per essere suscettibili d'indagine.
2. Proprieta' del sapere nelle societa' orali
Ong afferma che nella cultura orale primaria, cioe' in una
cultura che non ha mai conosciuto la scrittura, il sapere non
e' posseduto privatamente ma interpretato. Senza la stampa,
il sapere dev'essere accumulato non come un insieme di idee
astratte o di isolati tasselli di informazione, ma come insieme
di concetti profondamente sedimentati nella lingua e nella cultura
del popolo. Il sapere strettamente tecnico come costruire una
barca o combattere una guerra, e' trasmesso direttamente da
artigiano ad artigiano tramite il processo dell'apprendistato.
Nondimeno, il sapere piu' astratto della tribu' - non solo
la sua storia, ma anche i suoi valori, i suoi concetti di giustizia
e di ordine sociale - e' contenuto nelle formule epiche, nei
temi tradizionali e nei modelli, intrecci e stereotipi del mito
dai quali il cantastorie della tribu' attinge il tessuto delle
sue narrazioni. L'esistenza di questo sapere poggia su una rete
di conoscenze interrelate secondo modi straordinariamente complessi
e non lineari, possedute perlomeno a grandi linee dal pubblico
del narratore prima che egli cominci (vedi Bolter, Writing
Space, 1991). Il lavoro di Lord sui moderni poeti illetterati
sottolinea le implicazioni che comporta questo modo di trasmettere
conoscenza (The singer tales, 1960). Benche' i cantastorie
ribadiscono abitualmente di ripetere le loro storie ogni volta
nello stesso modo, le trascrizioni di storie recitate da moderni
narratori orali rivelano significative variazioni. Piuttosto
che imparare ogni volta a memoria un "testo" parola
per parola, come presumevano gli osservatori letterati, i cantastorie
adattano un blocco di elementi ad un modello ritmico e a un
ben noto intreccio per riprodurre la storia in modo diverso
ogni volta che essa e' raccontata. Semplicemente quindi non
esiste un "testo" indipendentemente da ogni interpretazione
letterale di ogni racconto.
Ne derivano implicazioni per come e' visto l'atto creativo.
Se gli esecutori orali si limitassero a memorizzare e recitare
un lavoro "composto" in un dato tempo da un singolo
individuo, l'operazione non sarebbe niente piu' di una versione
orale di una composizione scritta, per cui un testo e' composto
una volta e riprodotto meccanicamente molte altre. Ma la ricerca
di Lord rivela che l'interprete di un racconto unisce all'atto
della trasmissione anche l'atto della creazione. Il suo primo
compito e' quello di trasmettere la cultura della tribu' e in
quest'opera di trasmissione deve essere conservatore. Le variazioni
nel sapere orale non possono essere indebite, poiche' non vi
sono vecchie copie a cui risalire. I narratori devono percio'
essere capaci di riprodurre le forme e le trame in cui e' cntenuto
il sapere della loro tribu' il piu' fedelmente possibile. Eppure
c'e' anche un'evoluzione graduale nelle storie. In un processo
che Ong chiama "omeostasi", le storie cambiano
impercettibilmente col tempo per adattarsi ai bisogni ed ai
valori di una cultura nella misura in cui essa stessa cambia.
Se i valori che sono tenuti in grande considerazione da una
data cultura cambiano per adattarsi a nuove circostanze, gli
eroi dei racconti acquisteranno nuove caratteristiche o adirittura
cesseranno di essere eroi. La creativita' individuale e' profondamente
retorica: e' la sottile interazione fra narratore e pubblico
a portare i racconti ad accordarsi con i valori del pubblico
stesso. Essa e' dunque ancora in larga misura invisibile. (Ong
1982)
Questa inseparabilita' di creativita' ed esecuzione significa
che non esisteva qualcosa come la proprieta' del sapere o, per
meglio dire, non esisteva qualcosa come la proprieta' privata
del sapere. Il sapere era di tutti e veniva affidato ai narratori
mantenuti dalle tribu' non per il loro contributo individuale
allo sviluppo delle idee, ma per la funzione da essi espletata
di mantenere viva la conoscenza con le loro prestazioni.
3. Proprieta' del sapere nelle societa' della
scrittura
Con l'introduzione della scrittura tutto questo cambio'. Secondo
Ong e la sua scuola antropologica di storia delle comunicazioni,
la scrittura determino' una serie di profonde conseguenze, fra
cui lo sviluppo dell'autocoscenza, del se' razionale, del potere
dell'astrazione e quindi dell'intero sistema della logica occidentale.
Comunque per i fini che qui mi propongo, il piu' importante
risultato dell'invenzione della scrittura fu la separazione
di testo ed esecuzione, di conoscenza e di soggetto conoscente.
Come segnala Havelock in Origins of western Literacy
(1976), la scrittura separa "il soggetto conoscente dall'oggetto
conosciuto" creando un testo fossilizzato che acquista
una propria esistenza a prescindere da qualsiasi soggetto. Il
sapere rappresentato da un racconto orale e' cosi' intimamente
compenetrato dalla memoria e dall'azione che non puo' essere
contemplato come un'entita' a se stante; un tale sapere permea
l'interpretazione a livello quasi subliminale, cosicche' l'interprete
non pensa neppure di trasmettere un insieme di conoscenze, ma
piuttosto un semplice insieme di azioni. Un manoscritto, al
contrario, puo' essere maneggiato, conservato, recuperato da
una cantina e riproposto mille anni dopo che i suoi lettori
sono morti. Percio', con la scrittura il sapere diventa qualcosa
di reificato, che esiste al di fuori di se stesso. Se il sapere
puo' essere separato dal soggetto conoscente, esso puo' essere
posseduto da individui differenti.
Nella cultura orale il plagio e' impensabile semplicemente
perche' la sopravvivenza della cultura dipende dal plagio, cioe'
da come ogni esecutore apprende cio' che la ha preceduto e da
come lo fa suo. Con l'avvento della societa' della scrittura
divenne piu' comune riportare i racconti scritti alle loro fonti
in testi anteriori. Tuttavia, come sapra' qualsiasi studente
della prima poesia scritta (Chaucer ne e' un ben noto esempio),
i testi piu' antichi erano spesso cosi' strettamente mescolati
con nuovo materiale, che generazioni di studiosi sono state
felicemente impiegate nell'opera di selezione. Nell'epoca degli
amanuensi il diligente lavoro di ricopiatura e di illustrazione
di un manoscritto costituiva per molti aspetti un'interpretazione
personale del sapere analoga a quella del poema epico e del
racconto popolare.
Fu la stampa che rese la proprieta' privata del sapere una
necessita' in quanto fu essa a spezzare finalmente il legame
fra creazione e trasmissione del sapere. Infatti la trasmissione
era diventata un atto meccanico eseguibile da una macchina.
L'originalita', un tempo un pericolo mortale per una societa'
che lottava per mantenere il suo equilbrio, pote' essere ora
apprezzata piu' dell'esecuzione. La rivendicazione dell'originalita'
subentrata alla semplice riesecuzione determino' una seria frattura
con i valori della societa'. L'appropriarsi delle idee di un
altro, un tempo un mezzo essenziale per tenerle vive, divenne
l'atto di un plagiario, di un criminale, di un predone,
di un oppressore: "La tipografia aveva trasformato la parola
in merce: l'antico mondo orale, comunitario, si era diviso in
tante proprieta' private. Il mutamento della coscienza umana
in senso individualista era stato promosso dalla stampa"
(Ong 1982, p. 131). Le leggi sul copyright furono ben presto
create come mezzo per difendere la proprieta' intellettuale.
Come sottolinea Patterson (Copyright in historical prospective,
1968) il copyright originariamente fu creato come mezzo per
rompere il monopolio degli editori (stationers) sui
testi, che come mezzo per proteggere il diritto degli autori.
Tuttavia l'opinione comune che le parole di un autore rivestissero
un valore monetizzabile spinse la legge sul copyright a riconoscere
sempre di piu' i diritti degli autori contro quelli degli stationers,
che si limitavano a riprodurre materialmente il testo.
Nel XVIII secolo il copyright fu saldamente stabilito non solo
come mezzo per garantire ad un autore di essere pagato per le
sue idee, ma anche come garanzia dell'integrita' delle stesse
in quanto solo a lui veniva riconosciuto il diritto di apportare
correzioni al testo e di rivederlo. Nella sentenza Miller contro
Taylor del 1767 deliberazione di vitale importanza per la nascita
della legge inglese sul copyright nella sua forma moderna, il
giudice Aston commento' "non conosco ne' posso concepire
una proprieta' che appartenga all'uomo in modo piu' stretto
e che sia piu' inconfondibilmente sua dell'opera letteraria"
(Patterson, p. 170).
L'attuale avversione per il plagio, certo non ha mai sigificato
che non si possano usare le idee altrui. La pratica di portare
avanti delle idee e di integrarle in lavori successivi e' fondamentale
per l'attuale credenza che il sapere e' cumulativo e perfezionabile.
Ma la differenza cruciale fra la diffusione orale del sapere
e quella scritta e' che il sapere diffuso attraverso una rete
di moderne discipline di ricerca, si lascia dietro le traccie
del suo passaggio nella forma di testi anteriori e collegati
da una trama di citazioni. Fra le altre funzioni, queste citazioni
assicurano che a un autore particolarmente fecondo ed originale
sia tributato il dovuto merito per il suo lavoro, proprio quando
quel lavoro e' stato corretto, emendato, esteso ed in definitiva
sommerso dal nuovo sapere che e' stato costruito sopra di esso.
Mentre il bardo poteva dimostrate di guadagnarsi da vivere semplicemente
continuando a reinterpretare il sapere di cui era guardiano,
il ricercatore moderno deve dimostrare che e' degno di essere
mantenuto dalla sua tribu' creando un'opera che merita di essere
esplicitamente citata da altri. Cosi' la proprieta' delle idee
e' assicurata nello stesso tempo in cui sono lasciate libere
di circolare nel mondo per adempiere al loro compito, quasi
concesse in prestito piu' che trasferite ad altri. Di conseguenza
gli effetti del testo scritto sono alquanto paradossali. Da
una parte gli espliciti riferimenti a testi anteriori rafforzano
la convinzione che il sapere venga costruito collettivamente,
attraverso le interazioni di migliaia di individui. Dall'altra
il fatto che ogni idea puo' essere etichettata con il nome del
suo autore ha fatto nascere il mito romantico del genio creatore
individuale. Questo mito si manifesta in campo artistico nella
figura dell'artista meditabondo e solitario e in quello scientifico
del tipo inventore geniale che conquista il Nobel perche' vede
cio' che nessuno ha visto prima.
4. Proprieta' del sapere nel cyberspazio
In questo contesto, allora, come potrebbe incidere il passaggio
dall'universo stampato a quello elettronico, prodotto dal word
processing,computer conferencing, e ipertesto, sul nostro
senso di proprieta' del sapere? Una delle piu' importanti caratteristiche
della tipografia, se crediamo a McLuhan e ai auoi seguaci, e'
quella metaforica. Qui non stiamo parlando dell'uso investigativo
della metafora, come chiave di lettura del futuro alla luce
del passato, che Heim e' cosi' riluttante ad accettare. Stiamo
parlando del trasferimento metaforico di caratteristiche del
medium di comunicazione di una cultura ad altri aspetti
della stessa cultura.
Mc Luhan suggerisce, per esempio, che la riproduzione di testi
mediante serie ordinate di unita' tipologiche esattamente ripetibili
ed individualmente insignificanti, presenta sorprendenti e strette
analogie e forse fornisce il modello della societa' industriale
avanzata, in cui un'intera economia e' costituita da piccoli
pezzi di proprieta' individuale, inclusa quella intellettuale.
Questo tipo di speculazioni puo' spingersi al livello di asserzioni
indimostrabili, per le quali McLuahn e' stato giustamente criticato.
Tuttavia, se non accettiamo che il medium puo' talvolta essere
la metafora, possiamo imparare qualcosa circa gli effetti della
seconda trasformazione osservando le vie metaforiche in cui
essa ci consente di concettualizzare il sapere.
Uno dei modi piu' importanti in cui opera la metafora elettronica
non e' tanto di cambiare le procedure attraverso cui gli scrittori
producono sapere, quanto quello di rendere tale processo piu'
immediatamente visibile attraverso i tipi di operazioni
che lo consentono e le tappe concrete percorse dagli scrittori.
Dopotutto e' stato osservato che il mito della scoperta individuale
e' esattamente questo mito. Questa posizione e' riassunta in
modo egregio in Invention as a social act (1987) di
Karen Burke Le Fevre, un opera che riporta resoconti di invenzione
collettiva dalla teoria della letteratura postmoderna, dalla
filosofia del linguaggio e dalla psicologia sociale per dimostrare
la nuova importanza assunta dalla collaborazione fra gli scrittori.
Fra questa fonti una delle piu' importanti e' Focault:
"(Focault) descrive l'inizio del discorso come una
riapparizione all'interno di un processo continuo e senza fine:
"Nel momento del parlare e' come se avessi percepito una
voce anonima che mi precedeva da lungo tempo e che mi irretiva...
Non ci devono essere stati inizi: al contrario il discorso proveniva
da me finche' io stavo sul suo cammino - un lieve distacco -
ed esso sarebbe sparito". Sviluppando questa prospettiva
si puo' giungere a considerare il discorso non come un evento
isolato, ma piuttosto come una costante potenzialita' che si
evidenzia occasionalmente nel parlare o nello scrivere... Tale
prospettiva suggerisce che le vedute tradizionali su un evento
o un atto si sono rivelate ingannevoli quando hanno preteso
che l'unita' individuale - un discorso o un testo scritto, un
singolo eroe, una battaglia o una scoperta particolare - sia
chiaramente separabile da una piu' grande forza o corrente continua
di eventi di cui essa fa parte. Per ragioni analoghe Jacques
Derrida ha criticato le teorie letterarie che cercano di spiegare
il significato di un testo a prescindere dagli altri testi che
lo precedono e lo seguono" (pp. 41-42).
I sociologi della scienza condividono questa concezione del
sapere come prodotto collettivo anziche' individuale. Lo studio
di Diana Crane Invisible Colleges (1972), per esempio
documenta l'ampiezza con cui le idee vengono alimentate e sviluppate
attraverso reti di interazioni tra scienziati, che possono anche
provenire da tante diverse discipline "ufficiali",
ma che formano un gruppo sociale potente intorno ad un problema
comune. Tuttavia la tecnologia della stampa attraverso cui questo
sapere prodotto in comune viene trasmesso e quindi staccato,
fossilizzato, astratto dalla rete di interconnessioni intellettuali
che lo ha creato - fa valere continuamente il messaggio opposto.
Il significato metaforico della tecnologia della stampa e' isolamento
e non comunita'. In particolare la facolta' di rivendicare il
contributo personale in una rete intertestuale e di stamparlo
con il proprio nome - una facolta' resa possibile dalla stessa
stampa che permise il grande accumulo di sapere - fa nascere
l'idea che il sapere sia posseduto individualmente.
Io credo che la comunicazione mediata dal computer fornisca
un messaggio metaforico totalmente differente, tale da poter
estrarre le teorie del sapere collaborativo dal regno della
filosofia del linguaggio e da stamparle indelebilmente nella
coscienza dell'intera societa'. Cominciamo col considerare quello
che e' oggi l'aspetto piu' universale della comunicazione mediata
da computer, il word processing. Ricordiamo che uno
degli effetti psicologici della scrittura in generale e della
stampa in particolare e' la fossilizzazione di un testo in un
oggetto esteriore. Ora, la composizione di un word processor
divide la produzione di un testo in due stadi distinti. Alla
fine il testo esce in uno stadio di chiusura piu' o meno completa,
una volta che la stesura finale e' pubblicata in hard codex.
Ma il word processor rende molto piu' fluido il testo
abolendo le bozze e le pagine e trasformandolo in un lungo documento
continuo, un rotolo di carta esaminato attraverso una finestra
scorrevole di 25 linee.
Benche' questa piccola finestra possa essere un problema per
gli studenti che non riescono sempre a visalizzare l'intero
testo come unita' (si veda per esempio Richard Collier, The
word Processor and revision strategies, 1983) gli scrittori
esperti generalmente perdono la loro dipendenza da cio' che
possono vedere sullo schermo ed interiorizzano il senso di un
testo che esiste in uno stato infinitamente mutevole. Anche
la stampa, apparentemente fissa e immutabile, puo' essere vista
come puramente provvisoria, poiche' ne puo' essere prodotta
a piacimento una nuova che incorpori cambiamenti.
Un aspetto fondamentale di questo tipo di testo e' che esso
puo' essere facilmente ricombinato con altri. Gli scrittori
esperti che usano il word processor sono ben consci
di quanto spesso essi incorporino i loro testi passati per citazioni,
paragrafi ben formulati, idee tagliate dalle bozze e conservate
per opere future in cui sarebbero state piu' appropriate. Ma
questo aspetto non diventa veramente significativo finche' il
testo proprio dello scrittore non comincia ad interagire con
altre fonti testuali disponibili on line. Il word
processor e' spesso visto come uno scambio preliminare
di scambio elettronico di opinioni poiche' il testo "postato"
e' spesso preparato inizialmente su qualche tipo di word
processor (o Pc o mainframe editor). Comunque
questa metafora puo' essere rovesciata: il word processor
viene a essere alimentato di informazione on line tanto
quanto il contrario. Nella misura in cui altre fonti testuali
sono disponibili in formato macchina - testi ricevuti tramite
conferenze elettroniche, pubblicazioni on line, testi
scartati da database, ecc.-la consapevolezza dell'intertestualita',
di cui parla Le Fevre, diventa sempre piu' un dato oggettivo
e le sue implicazioni sempre piu' inequivocabili. Lo scorrere
insieme di testi nello spazio della scrittura elettronica, testi
non piu' disponibili come unita' discrete, ma come campi continui
di idee ed informazioni risulta nello spazio elettronico tanto
piu' facile - e non solo fisicamente piu' facile ma psicologicamente
piu' naturale - di quanto non sia mantenere separata la proprieta'
delle idee.
Intertestualita', una volta un concetto filosofico, sta
diventando uno stile di vita.
Quando l'informazione viene diffusa elettronicamente nel testo
cominciano a scorrere scritti antecedenti e posteriori nella
misura in cui l'autore integra i commenti degli altri nel documento
che si aggiorna. Come Hiltz e Turoff osservano in The Network
Nation (1978) la distinzione fra bozze, preprint,
pubblicazione o ristampa viene ora meno, in quanto vi e' lo
stesso "foglio" o insieme di informazioni, semplicemente
modificato dall'autore quando questi lo rielabora sulla base
delle critiche dei lettori (p. 276).
Infine le distinzioni tra autori e documenti vengono a cadere
completamente. Hiltz e Turoff inseriscono fra le sezioni del
loro libro The Network Nation delle fantasiose citazioni
tratte da un futuro "Boshwash Time"; una di queste
profetizza proprio la fine della paternita' individuale del
libro a causa del sistema collaborativo promosso dal computer:
"Un gruppo di 57 scienziati locali e esperti dell'informazione
si sono divisi oggi il Nobel per l'economia mentre 43 fisici
e studiosi di altri discipline hanno ottenuto il premio per
la fisica... Quando per la prima volta otto anni fa fu annunciato
un tale premio collettivo, il comitato tento' di convincere
il gruppo interessato a indicare fra i suoi membri quei due
o tre che erano maggiormente responsabili della teoria sviluppata.
Ma il gruppo insistette che cio' era impossibile. Il Dr. Andrea
Turoff, portavoce del gruppo spiego': "noi siamo impeganti
in cio' che chiamiamo un sinologio, un processo in cui la sintesi
del dialogo stimolata dal processo collaborativo crea qualcosa
che non sarebbe stato possibile altrimenti" (pp. 464-65).
In breve, con la comunicazione elettronica la nozione del testo
statico posseduto individualmente si dissolve di nuovo nella
fluidita' dell'espressione collettiva tipica della cultura orale.
Se il materiale di cui esso e' fatto e' disponibile attraverso
il computer, l'assemblaggio dei documenti (document assembly)
- neologismo molto efficace - diventa l'analogo del poet orale
che rifonde espressioni idiomatiche ed epiteti in trame familiari,
pervenendo a creare nella preesistente rete di sapere epico,
una riattualizzazione di conoscenze che sono state di pubblico
dominio da prima della sua nascita (vedi Bolter, Writing
Spaces 1991). Nel mondo elettronico come in quello orale
la latente intertestualita' della stampa e' consapevolmente
riconosciuta: appare piu' ovvio che l'originalita' stia non
tanto nella creazione individuale di elementi singoli quanto
nella realizzazione dell'intera composizione.
Ma naturalmente c'e' fusione e fusione. Quando costruisce le
sue storie, il cantastorie e' profondamente inserito in un contesto
storico e culturale. Il suo pubblico e' fisicamente davanti
a lui ed egli mette insieme le sue storie in uno stretto sodalizio
sia con il pubblico che con i suoi personaggi, lo sfondo tribale
di cui e' espressione la sua figura. "La reazione dell'individuo
non e' espressa semplicemente a livello individuale o soggetivo,
ma e' piuttosto incorporata nella reazione della comunita',
nell'anima collettiva" (Ong, 1982, p.46). Invece,
certi tipi di rielaboratori elettronici, potenziati con aiuti
mnemonici quali il CD Rom contenente migliaia di lettere tipo
e di programmi di diffusione attraverso cui puo' distribuirle
automaticamente, possono separarsi cosi' totalmente dall'occasione
retorica, da cessare di avere la minima connessione con qualsiasi
sapere umano (Cragg, The Technologizing of Rethoric,
1991). Ma un processo e' definito al meglio non dai suoi estremi
patologici, bensi' dai principali usi a cui lo destina la societa'.
Se usato da scrittori esperti che stanno componendo in un contesto
retorico e non solo ricopiando formule nel vuoto, il relativamente
facile taglia ed incolla di brani letterari tratti da diverse
fonti puo' diventare un'importante metafora operazionale di
connessioni intertestuali.
5. Vivere miticamente nel cyberspazio
Il termine di Mc Luhan per esprimere gli effetti della comunicazione
elettronica e' "ritribalizzazione". Egli afferma che
sotto gli effetti della partecipazione ai media elettronici,
l'uomo lineare tipografico, impara di nuovo a "vivere miticamente".
Il concetto di vivere miticamente suggerisce assai di piu' del
semplice vivere all'interno di una rete di connessioni, l'essere
in grado di inviare messaggi a chiunque piu' velocemente e facilmente
di quanto si potesse fare in passato. Significa vivere nella
consapevolezza che il sapere non esiste all'infuori del soggetto
conoscente, incorporato in un testo materiale, ma al contrario
e' vissuto drammaticamente ed eseguito collettivamente cosi'
come lo erano i miti dell'uomo orale. Io sostengo che questo
sara' - ed in parte gia' lo e' - uno degli effetti dell'interiorizzazione
dello spazio della scrittuta elettronica.
Questi effetti sono visibili in sommo grado nell'ipertesto,
indubbiamente l'esempio piu' spinto di un testo che e' al contempo
non lineare e partecipato. Il processo costruttivo eseguito
da qualsiasi lettore di qualsiasi testo trova un vero e proprio
analogo fisico nell'ipertesto, allorche' ogni lettore sceglie
una diversa pista materiale, da nodo a nodo riscrivendo cosi'
metaforicamente il testo mentre lo legge. I documenti dell'ipertesto
possono essere costruiti anche come sistemi piu' aperti in cui
ogni lettore e' invitato a diventare coautore aggiungendo nuovi
nodi o nuova informazione all'interno dei nodi (Slatin 1990).
Come si esprime Moulthrop. "Alla base del concetto
di ipertesto stanno le idee di affiliazione, corrispondenza
e risonanza. Quindi...l'ipertesto non e' niente di piu' che
un'estensione di cio' che e' sempre stata la letteratura, una
rete temporalmente estesa di relazioni che viene fatta e disfatta
eternamente da successive generazioni di lettori e scrittori"
(1991, par. 19).
L'ipertesto e' ancora troppo nuovo e relativamente poco diffuso
per essere oggetto di uno studio piu' attento, tuttavia esso
ha creato intorno a se molte interessanti ed autorevoli riflessioni
(vedi Bolter 1991). Puo' essere visto come fa Slatin, come un
tipo di testo del tutto diverso, l'unica forma di comunicazone
tramite computer che e' interamente solo per il computer e non
puo' essere paragonata a nessuna comunicazione stampata. Per
i fini che mi propongo con questo intervento, comunque, non
ritengo necessario separare l'ipertesto da altre forme di comunicazione
tramite computer. Piuttosto io lo vedo come la piu' estrema
manifestazione di un cambiamento nei mezzi di comunicazione
che penetra in tutti gli aspetti dello spazio della scrittura
elettronica.
6. Il copyright nella tribu' cybernetica
Uno dei segni piu' palesi della trasformazione della coscienza
fu, come sopra osservato, lo sviluppo delle leggi sul copyright
per salvaguardare la proprieta' intellettuale. Non e' difficile
immaginare che cosa potrebbe accadere a queste leggi se il computer
dovesse davvero cambiare il nostro atteggiamento verso il sapere.
Possiamo capire questa trasformazione non tanto ipotizzando
un semplice ribaltamento, ma facendo riferimento ad un concetto
piu' complesso: la "soglia di rottura" (break
boundary) di McLuahn, il punto in cui qualcosa spinta fino
ai suoi limiti, assume una nuova forma che e', per molti aspetti,
il suo opposto. La riproduzione meccanica che un tempo separo'
cosi' facilmente l'opera dal suo autore e porto' al copyright
per proteggere quest'ultimo e' diventata oggi ancora piu' facile,
cosicche' il copyright, nel senso del divieto di copia non autorizzata,
ha perso virtualmente significato. Piccole aziende di software
distribusicono i loro prodotti come shareware; quelle un po'
piu' grandi sperano di guadagnare abbastanza concedendo licenze
localizzate alle grandi aziende in modo da compensare la rampante
pirateria dei singoli. Il senso di un originale, - una bozza
d'autore, un frammento di una serie di nastri, una copia master
- diventa sempre piu' difficile da sostenere in un ambito in
cui ogni copia puo' generarne un' altra senza perdita di qualita'
del materiale. Nel "codice magnetico" - fa notare
Micheal Heim - non ci sono originali (1987, p. 162).
In particolare sul mercato intellettuale il copyright come divieto
di riproduzione non autorizzata sta diventando inutile, di qui
il coraggioso avviso pubblicato da "EJournal", il
giornale degli studiosi di elettronica, che "e' accordato
il permesso di disfarsene".
Anche il possesso di un documento per proteggerne l'identita'
e' sempre piu' difficile da mantenere quando i documenti perdono
i segni fisici che finora fissavano i loro limiti nel tempo
e nello spazio. In merito al possesso di un documento Hiltz
e Turoff (1978) osservano: "Un autore deve essere in
grado di possedere un item che puo' apparire in molti luoghi
diversi, che puo' cambiare dinamicamente nel tempo e che potrebbe
quindi essere corretto quando e' gia nel sistema. Consegnare
copie dell'item al copyright ogni volta che viene cambiato,
oppure una copia di ogni sua pubblicazione porterebbe al caos"
(p. 456).
Cosi' il copyright, inteso come garanzia di diritti su un'entita'
fissa e' verosimilmente destinato a sparire. L'unico senso che
il copyright puo' continuare a mantenere nello spazio elettronico
e' quello di riconoscere l'esistenza di un creatore originale
di un'idea. I documenti elettronici non possono prescindere
dalla rete delle citazioni e persino nell'ipertesto in divenire
i nodi creati piu' di recente sono tipicamente stampati con
data ed autore (Slatin, Reading Hypertext, 1991). Ma
questi atti consueti cominciano ad avere un nuovo significato
nello spazio elettronico. Riconoscere una genitura non e' lo
stesso che pretendere un diritto di proprieta'. Una volta smarrito
il senso dell'originale e del duplicato, imposto dalla stampa,
non ha nessun fondamento razionale l'attuale tentativo di rafforzare
le leggi sul copyright allo scopo di proteggere la "proprieta'
intellettuale". Sarebbe come tentare di arginare l'acqua
di una diga ormai rotta. Quando il sapere dimora nello spazio
stampato appare naturale il volerlo possedere. Quando esso entra
nello spazio elettronico, appare altrattanto naturale la rinuncia
a tale pretesa.
7. Avvertenze e conclusioni
Prima di annunciare il completo superamento della "coscienza
tipografica" voglio esplicitare alcune avvertenze lasciate
intravedere precedentemente. In primo luogo bisogna capire che
il ragionamento per analogia e' un terreno particolarmente sdrucciolevole.
Guardare alla storia come a un processo puramente circolare
senza riconoscervi delle differenze sostanziali puo' essere
allettante ma riduttivo. Per media elettronici McLuhan inende
mass media come cinema, radio e, il piu' importante, la televisione,
che sono in larga misura privi di testo alfabetico. Non e' del
tutto chiaro se la comunicazione mediata dal computer avra'
gli stessi effetti che McLuhan rivendica per altre forme di
media elettronici. La rivoluzione elettronica a dispetto dei
suoi spesso citati rapporti con l'oralita', non puo' ridursi
ad una forma secondaria di quella, ne' tantomeno ad una forma
scondaria di scrittura, dalla quale ha cominciato a distaccarci
con i suoi primi mezzi audiovisivi. Stuart Moulthrop sottolinea
che per quanto un testo elettronico possa essere liberato, in
quanto tale, dai molti impacci del testo scritto, e', tuttavia,
ancora un testo, un testo visuale, segmentato sequenzialmente
nelle sue piu' piccole unita' se non nella sua piu' ampia struttura
(You say you want a revolution? Hypertext and the law of
Media, 1991). Che la scrittura secondaria sia diversa dalla
prima non significa che essa sia equiparabile all'oralita' primaria.
Come mette in rilievo Ong l'oralita' primaria e' caratterizzata
non da un differente concetto di testo ma dalla mancanza del
vero e proprio concetto di testo.
In particolare le strutture del pensiero nell'oralita' primaria
sono condizionate dall'irresistibile bisogno di preservare il
sapere dalla minaccia del suo annichilimento dovuto alla progressiva
perdita del suono della parola. I riaggiustamenti del testo
eseguiti dal bardo erano sottili, sollecitati dai bisogni del
suo pubblico, ma abbastanza contenuti da conservare l'illusione
che, a ogni ripetizione, la storia fosse sempre la stessa. Se
il testo elettronico rompe la fissita' della stampa, non per
questo il sapere ritornera' a quell'eterna riproposta di espressioni
formulaiche attinenti ad un modello dove gli elementi di un
testo sono mantenuti in una forma che, per quanto infinitamente
malleabile, non necessita mai di essere cambiata. Non minacciato
dalle forze del decadimento che guidavano i simbolisti tribali,
il simbolizzatore elettronico e' libero di rifare testi creando
a suo piacimento. "Gli elementi nello spazio della scrittura
elettronica non sono caotici; sono invece in un continuo stato
di riorganizzazione. Essi realizzano modelli, costellazioni
che possono sempre comporsi e ricomporsi in nuovi modelli"
(Bolter, 1991, p. 9).
Qui possiamo riconoscere la socialita' del sapere orale, la
stretta unione tra il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto,
ma nonstante cio' non possiamo riconoscervi l'oralita' primaria.
Non potremo mai tornare indietro fino a quella.
Inoltre, data la struttura economica che abbiamo diligentemente
costruito sullo sfondo della linearita' e della specializzazione
indotte dalla stampa, sara' necessario assai di piu' di un nuovo
atteggiamento nei confronti dei testi a farci rinunciare al
pagamento del sapere. Infatti la stessa tecnologia che ha cosi'
facilitato certi aspetti della riproduzione da rendere inapplicabile
l'antiquato copyright, ha al contempo creato nuove possibilita'
di far pagare l'uso dell'informazione attraverso i byte, un
processo che Moulthrop chiama "capitalismo dell'informazione"
( 1991, par. 16 ). A ogni mossa del gioco economico corrisponde
e il sapere e' stato cosi' a lungo strettamente legato all'economia
che non ne potrebbe mai essere staccato. Piuttosto il rapporto
fra economia e sapere sara' riorganizzato in nuove forme, alcune
forse piu' sinistre di quanto non abbia suggerito il mio piuttosto
ottimistico ritratto del sapere sociale.
Infatti non voglio esagerare il grado di rapidita' con cui
i cambiamenti che ho delineato potranno penetrare nell'intera
societa'. Eisenstein e' attenta a sottolineare che gli effetti
della stampa non solo impiegarono molto tempo a manifestarsi
in Europa, ma inizialmente riguardarono solo un'elite molto
ristretta che essa definisce "il nuovo pubblico di lettori"
(The printing press as an agent of change, 1979). Gli
effetti su un piu' grande pubblico furono piuttosto secondari,
ma tuttavia non meno profondi. Noi accademici tendiamo talvolta
a dimenticare che ci sono attualmente nel mondo persone che
non hanno una scrivania coperta di libri, carte, progetti mezzo
realizzati, dischetti di computer e... bucce di banana. I computer
sono penetrati nel mondo di tutti nella misura in cui quasi
ogni famiglia occidentale ha dozzine di apparecchi che contengono
un chip di silicio e quasi ogni transazione di affari e' in
un modo o nell'altro collegata al computer. Ma cio' non significa
affermare che tutti abbiano esperito o stiano per esperire direttamente
la nuova consapevolezza del testo che ho sopra descritto.
Come per la stampa, cosi' per il computer, gli effetti al di
fuori del regno degli specialisti del sapere possono essere
del tutto secondari. Ma questa secondarieta' non significa banalita'.
Voglio poi definire attentamente i limiti della tesi che sto
qui sostenendo. Non sto affermando che il testo elettronico
annullera' unilateralmente quasi tre millenni di pratica della
scrittura. Suggerisco comunque che alcuni suoi effetti psicologici
possono essere in parte compresi facendo riferimento alla mentalita'
che esisteva prima della scrittura in generale e che la stampa
in particolare permise di separare il conoscente dal conosciuto,
di vedere il sapere come una merce che puo' essere posseduta,
venduta, affittata e accumulata. La nuova consapevolezza della
natura "polilogica" del nostro sapere (per usare il
termine di Micheal Joyce), una consapevolezza che e' penetrata
in diverse discipline come la critica letteraria, la retorica,
la filosofia del linguaggio e la scienza cognitiva, puo' ben
avere una base tecnologica. Quella sorta di rinuncia alla proprieta'
suggerita' da Lindsay puo' essere piu' immaginabile in una forma
elettronica che in una forma stampata, non tanto perche' i media
elettronici accentuano il dialogo, ma perche' essi rendono l'aspetto
dialogico del linguaggio chiaro e ineludibile. Il processo in
corso da lungo tempo di commercio dei testi si e' trasformato
in un processo di assorbimento dei testi in nuove entita' complesse
che sono inseparabili dai loro autori. Il ricercatore moderno
non sara' mai trasformato nel bardo omerico, ma forse almeno
alcune delle sue attivita' possono essere ora avvicinate a quelle
rapsodiche piu' di quanto non lo potessero sotto le metafore
lineari imposte dalla stampa.
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