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speculazioni sulla storia
della proprieta' intellettuale

di Doug Brent
tratto da No copyright, nuovi diritti nel 2000, 1994, Shake Edizioni Underground

1. Per un uso della teoria della trasformazione

E' stato spesso osservato che i computer stanno rivoluzionando il concetto della proprieta' del sapere. Le vecchie norme di copyright e di possesso della proprieta' intellettuale semplicemente non possono essere estese all'universo della conoscenza nello spazio cybernetico. In questo articolo estendo esaminare piu' da vicino i modi in cui stanno cambiando i concetti di proprieta' intellettuale nella misura in cui il computer cambia il nostro rapporto con la conoscenza.

Il principale strumento che intendo utilizzare in quest'indagine e' quell'insieme di teorie che Micheal Heim ha definito "teoria della trasformazione" (Electric Language, 1987). In questo libro egli afferma che non possiamo apprendere nulla di importante circa un medium guardando soltanto al suo contenuto:

"La nostra reazione convenzionale a tutti i media, secondo la quale cio' che conta e' come essi sono usati, e' l'opaca posizione dell'idiota tecnologico. Perche' il contenuto di un medium e' paragonabile ad un allettante pezzo di carne con cui il ladro cerchi di distrarre il cane da guardia dello spirito" (p. 18).

Per evitare tale opacita' dobbiamo focalizzare al nostra attenzione sui modi in cui le caratteristiche tecnologiche del medium stesso rifoggiano le nostre vite, non solo fornendoci nuovi strumenti da usare, ma modificando la nostra coscienza ad un livello profondo e subliminale. In Oralita' e scrittura (1982), Walter Ong si basa sulla filosofia generale di McLuhan e sulla ricerca antropologica avente per oggetto lo sviluppo delle societa' orali, per spiegare i drammatici cambiamenti sociali originati dall'avvento dell'alfabetizzazione.

Ong dimostra che il passaggio dalla cultura orale a quella letterata all'incirca nel V secolo a.c., fece di piu' che modificare i modelli artistici, politici e commerciali. Esso produsse un profondo cambiamento nella coscienza umana determinando le forme lineari ed astratte della logica occidentale che noi oggi accettiamo come vere, ma che erano semplicemente impensabili senza la scrittura come mezzo per conservare un pensiero originale e complesso.

Cio' che rende la teoria della trasformazione uno strumento particolarmente efficace per riflettere sull'impatto del computer, e' che la rivoluzione dell'informazione viene avvertita intuitivamente come la terza tappa in questo processo e cioe' come una rivoluzione tanto grande quanto il passaggio dall'oralita' alla scrittura.

Certo, Heim mette in guardia severamente contro un estensione indebita della teoria della trasformazione, sorta per trattare una prima rivoluzione, e contro il facile uso di essa per predire il conseguente avvento della seconda:

"Poiche' e' ancorata alla differenza tra oralita' e scrittura la teoria della trasformazione non e' idonea all'indagine del word processing. Il costante riferimento all'apparizione della scrittura deforma il pensiero riducendo la nascita del word processing ad un nuovo tipo di scrittura. L'uso della metafora da parte della cultura della stampa e' comprensibile quando ci troviamo di fronte alla profonda novita' della scrittura digitale. Ma se perdiamo di vista la debolezza della metafora finiremo col trascurare il fenomeno nella nostra preoccupazione di trattarlo secondo moduli convenzionali e consueti." (p. 113).

Il monito di Heim e' ben accetto; il secondo passaggio non e' semplicemente un'estensione o l'inverso del primo (a dispetto di cio' che io sto per dimostrare). Se gli studi storici hanno ancora una giustificazione ed un fondamento al di la' della futile curiosita', questi consistono sicuramente nel fatto che possiamo apprendere qualcosa del futuro attingendo dal passato. E' importante pero' ricordare che non dobbiamo pero' dipendere unicamente da una metafora. Nella misura in cui avvertiamo echi della prima rivoluzione delle comunicazioni nella seconda, dobbiamo stare attenti a usare la metafora della prima trasformazione solo come mezzo per generare suggestive possibilita'. Prima di basarci su queste suggestioni anche solo provvisoriamente, dobbiamo confermarle con un attento esame dei cambiamenti nel comportamento sociale e personale che sono gia' sufficentemente lontani nel tempo per essere suscettibili d'indagine.

2. Proprieta' del sapere nelle societa' orali

Ong afferma che nella cultura orale primaria, cioe' in una cultura che non ha mai conosciuto la scrittura, il sapere non e' posseduto privatamente ma interpretato. Senza la stampa, il sapere dev'essere accumulato non come un insieme di idee astratte o di isolati tasselli di informazione, ma come insieme di concetti profondamente sedimentati nella lingua e nella cultura del popolo. Il sapere strettamente tecnico come costruire una barca o combattere una guerra, e' trasmesso direttamente da artigiano ad artigiano tramite il processo dell'apprendistato.

Nondimeno, il sapere piu' astratto della tribu' - non solo la sua storia, ma anche i suoi valori, i suoi concetti di giustizia e di ordine sociale - e' contenuto nelle formule epiche, nei temi tradizionali e nei modelli, intrecci e stereotipi del mito dai quali il cantastorie della tribu' attinge il tessuto delle sue narrazioni. L'esistenza di questo sapere poggia su una rete di conoscenze interrelate secondo modi straordinariamente complessi e non lineari, possedute perlomeno a grandi linee dal pubblico del narratore prima che egli cominci (vedi Bolter, Writing Space, 1991). Il lavoro di Lord sui moderni poeti illetterati sottolinea le implicazioni che comporta questo modo di trasmettere conoscenza (The singer tales, 1960). Benche' i cantastorie ribadiscono abitualmente di ripetere le loro storie ogni volta nello stesso modo, le trascrizioni di storie recitate da moderni narratori orali rivelano significative variazioni. Piuttosto che imparare ogni volta a memoria un "testo" parola per parola, come presumevano gli osservatori letterati, i cantastorie adattano un blocco di elementi ad un modello ritmico e a un ben noto intreccio per riprodurre la storia in modo diverso ogni volta che essa e' raccontata. Semplicemente quindi non esiste un "testo" indipendentemente da ogni interpretazione letterale di ogni racconto.

Ne derivano implicazioni per come e' visto l'atto creativo. Se gli esecutori orali si limitassero a memorizzare e recitare un lavoro "composto" in un dato tempo da un singolo individuo, l'operazione non sarebbe niente piu' di una versione orale di una composizione scritta, per cui un testo e' composto una volta e riprodotto meccanicamente molte altre. Ma la ricerca di Lord rivela che l'interprete di un racconto unisce all'atto della trasmissione anche l'atto della creazione. Il suo primo compito e' quello di trasmettere la cultura della tribu' e in quest'opera di trasmissione deve essere conservatore. Le variazioni nel sapere orale non possono essere indebite, poiche' non vi sono vecchie copie a cui risalire. I narratori devono percio' essere capaci di riprodurre le forme e le trame in cui e' cntenuto il sapere della loro tribu' il piu' fedelmente possibile. Eppure c'e' anche un'evoluzione graduale nelle storie. In un processo che Ong chiama "omeostasi", le storie cambiano impercettibilmente col tempo per adattarsi ai bisogni ed ai valori di una cultura nella misura in cui essa stessa cambia. Se i valori che sono tenuti in grande considerazione da una data cultura cambiano per adattarsi a nuove circostanze, gli eroi dei racconti acquisteranno nuove caratteristiche o adirittura cesseranno di essere eroi. La creativita' individuale e' profondamente retorica: e' la sottile interazione fra narratore e pubblico a portare i racconti ad accordarsi con i valori del pubblico stesso. Essa e' dunque ancora in larga misura invisibile. (Ong 1982)

Questa inseparabilita' di creativita' ed esecuzione significa che non esisteva qualcosa come la proprieta' del sapere o, per meglio dire, non esisteva qualcosa come la proprieta' privata del sapere. Il sapere era di tutti e veniva affidato ai narratori mantenuti dalle tribu' non per il loro contributo individuale allo sviluppo delle idee, ma per la funzione da essi espletata di mantenere viva la conoscenza con le loro prestazioni.

3. Proprieta' del sapere nelle societa' della scrittura

Con l'introduzione della scrittura tutto questo cambio'. Secondo Ong e la sua scuola antropologica di storia delle comunicazioni, la scrittura determino' una serie di profonde conseguenze, fra cui lo sviluppo dell'autocoscenza, del se' razionale, del potere dell'astrazione e quindi dell'intero sistema della logica occidentale. Comunque per i fini che qui mi propongo, il piu' importante risultato dell'invenzione della scrittura fu la separazione di testo ed esecuzione, di conoscenza e di soggetto conoscente. Come segnala Havelock in Origins of western Literacy (1976), la scrittura separa "il soggetto conoscente dall'oggetto conosciuto" creando un testo fossilizzato che acquista una propria esistenza a prescindere da qualsiasi soggetto. Il sapere rappresentato da un racconto orale e' cosi' intimamente compenetrato dalla memoria e dall'azione che non puo' essere contemplato come un'entita' a se stante; un tale sapere permea l'interpretazione a livello quasi subliminale, cosicche' l'interprete non pensa neppure di trasmettere un insieme di conoscenze, ma piuttosto un semplice insieme di azioni. Un manoscritto, al contrario, puo' essere maneggiato, conservato, recuperato da una cantina e riproposto mille anni dopo che i suoi lettori sono morti. Percio', con la scrittura il sapere diventa qualcosa di reificato, che esiste al di fuori di se stesso. Se il sapere puo' essere separato dal soggetto conoscente, esso puo' essere posseduto da individui differenti.

Nella cultura orale il plagio e' impensabile semplicemente perche' la sopravvivenza della cultura dipende dal plagio, cioe' da come ogni esecutore apprende cio' che la ha preceduto e da come lo fa suo. Con l'avvento della societa' della scrittura divenne piu' comune riportare i racconti scritti alle loro fonti in testi anteriori. Tuttavia, come sapra' qualsiasi studente della prima poesia scritta (Chaucer ne e' un ben noto esempio), i testi piu' antichi erano spesso cosi' strettamente mescolati con nuovo materiale, che generazioni di studiosi sono state felicemente impiegate nell'opera di selezione. Nell'epoca degli amanuensi il diligente lavoro di ricopiatura e di illustrazione di un manoscritto costituiva per molti aspetti un'interpretazione personale del sapere analoga a quella del poema epico e del racconto popolare.

Fu la stampa che rese la proprieta' privata del sapere una necessita' in quanto fu essa a spezzare finalmente il legame fra creazione e trasmissione del sapere. Infatti la trasmissione era diventata un atto meccanico eseguibile da una macchina. L'originalita', un tempo un pericolo mortale per una societa' che lottava per mantenere il suo equilbrio, pote' essere ora apprezzata piu' dell'esecuzione. La rivendicazione dell'originalita' subentrata alla semplice riesecuzione determino' una seria frattura con i valori della societa'. L'appropriarsi delle idee di un altro, un tempo un mezzo essenziale per tenerle vive, divenne l'atto di un plagiario, di un criminale, di un predone, di un oppressore: "La tipografia aveva trasformato la parola in merce: l'antico mondo orale, comunitario, si era diviso in tante proprieta' private. Il mutamento della coscienza umana in senso individualista era stato promosso dalla stampa" (Ong 1982, p. 131). Le leggi sul copyright furono ben presto create come mezzo per difendere la proprieta' intellettuale. Come sottolinea Patterson (Copyright in historical prospective, 1968) il copyright originariamente fu creato come mezzo per rompere il monopolio degli editori (stationers) sui testi, che come mezzo per proteggere il diritto degli autori. Tuttavia l'opinione comune che le parole di un autore rivestissero un valore monetizzabile spinse la legge sul copyright a riconoscere sempre di piu' i diritti degli autori contro quelli degli stationers, che si limitavano a riprodurre materialmente il testo.

Nel XVIII secolo il copyright fu saldamente stabilito non solo come mezzo per garantire ad un autore di essere pagato per le sue idee, ma anche come garanzia dell'integrita' delle stesse in quanto solo a lui veniva riconosciuto il diritto di apportare correzioni al testo e di rivederlo. Nella sentenza Miller contro Taylor del 1767 deliberazione di vitale importanza per la nascita della legge inglese sul copyright nella sua forma moderna, il giudice Aston commento' "non conosco ne' posso concepire una proprieta' che appartenga all'uomo in modo piu' stretto e che sia piu' inconfondibilmente sua dell'opera letteraria" (Patterson, p. 170).

L'attuale avversione per il plagio, certo non ha mai sigificato che non si possano usare le idee altrui. La pratica di portare avanti delle idee e di integrarle in lavori successivi e' fondamentale per l'attuale credenza che il sapere e' cumulativo e perfezionabile. Ma la differenza cruciale fra la diffusione orale del sapere e quella scritta e' che il sapere diffuso attraverso una rete di moderne discipline di ricerca, si lascia dietro le traccie del suo passaggio nella forma di testi anteriori e collegati da una trama di citazioni. Fra le altre funzioni, queste citazioni assicurano che a un autore particolarmente fecondo ed originale sia tributato il dovuto merito per il suo lavoro, proprio quando quel lavoro e' stato corretto, emendato, esteso ed in definitiva sommerso dal nuovo sapere che e' stato costruito sopra di esso. Mentre il bardo poteva dimostrate di guadagnarsi da vivere semplicemente continuando a reinterpretare il sapere di cui era guardiano, il ricercatore moderno deve dimostrare che e' degno di essere mantenuto dalla sua tribu' creando un'opera che merita di essere esplicitamente citata da altri. Cosi' la proprieta' delle idee e' assicurata nello stesso tempo in cui sono lasciate libere di circolare nel mondo per adempiere al loro compito, quasi concesse in prestito piu' che trasferite ad altri. Di conseguenza gli effetti del testo scritto sono alquanto paradossali. Da una parte gli espliciti riferimenti a testi anteriori rafforzano la convinzione che il sapere venga costruito collettivamente, attraverso le interazioni di migliaia di individui. Dall'altra il fatto che ogni idea puo' essere etichettata con il nome del suo autore ha fatto nascere il mito romantico del genio creatore individuale. Questo mito si manifesta in campo artistico nella figura dell'artista meditabondo e solitario e in quello scientifico del tipo inventore geniale che conquista il Nobel perche' vede cio' che nessuno ha visto prima.

4. Proprieta' del sapere nel cyberspazio

In questo contesto, allora, come potrebbe incidere il passaggio dall'universo stampato a quello elettronico, prodotto dal word processing,computer conferencing, e ipertesto, sul nostro senso di proprieta' del sapere? Una delle piu' importanti caratteristiche della tipografia, se crediamo a McLuhan e ai auoi seguaci, e' quella metaforica. Qui non stiamo parlando dell'uso investigativo della metafora, come chiave di lettura del futuro alla luce del passato, che Heim e' cosi' riluttante ad accettare. Stiamo parlando del trasferimento metaforico di caratteristiche del medium di comunicazione di una cultura ad altri aspetti della stessa cultura.

Mc Luhan suggerisce, per esempio, che la riproduzione di testi mediante serie ordinate di unita' tipologiche esattamente ripetibili ed individualmente insignificanti, presenta sorprendenti e strette analogie e forse fornisce il modello della societa' industriale avanzata, in cui un'intera economia e' costituita da piccoli pezzi di proprieta' individuale, inclusa quella intellettuale. Questo tipo di speculazioni puo' spingersi al livello di asserzioni indimostrabili, per le quali McLuahn e' stato giustamente criticato. Tuttavia, se non accettiamo che il medium puo' talvolta essere la metafora, possiamo imparare qualcosa circa gli effetti della seconda trasformazione osservando le vie metaforiche in cui essa ci consente di concettualizzare il sapere.

Uno dei modi piu' importanti in cui opera la metafora elettronica non e' tanto di cambiare le procedure attraverso cui gli scrittori producono sapere, quanto quello di rendere tale processo piu' immediatamente visibile attraverso i tipi di operazioni che lo consentono e le tappe concrete percorse dagli scrittori. Dopotutto e' stato osservato che il mito della scoperta individuale e' esattamente questo mito. Questa posizione e' riassunta in modo egregio in Invention as a social act (1987) di Karen Burke Le Fevre, un opera che riporta resoconti di invenzione collettiva dalla teoria della letteratura postmoderna, dalla filosofia del linguaggio e dalla psicologia sociale per dimostrare la nuova importanza assunta dalla collaborazione fra gli scrittori. Fra questa fonti una delle piu' importanti e' Focault:

"(Focault) descrive l'inizio del discorso come una riapparizione all'interno di un processo continuo e senza fine: "Nel momento del parlare e' come se avessi percepito una voce anonima che mi precedeva da lungo tempo e che mi irretiva... Non ci devono essere stati inizi: al contrario il discorso proveniva da me finche' io stavo sul suo cammino - un lieve distacco - ed esso sarebbe sparito". Sviluppando questa prospettiva si puo' giungere a considerare il discorso non come un evento isolato, ma piuttosto come una costante potenzialita' che si evidenzia occasionalmente nel parlare o nello scrivere... Tale prospettiva suggerisce che le vedute tradizionali su un evento o un atto si sono rivelate ingannevoli quando hanno preteso che l'unita' individuale - un discorso o un testo scritto, un singolo eroe, una battaglia o una scoperta particolare - sia chiaramente separabile da una piu' grande forza o corrente continua di eventi di cui essa fa parte. Per ragioni analoghe Jacques Derrida ha criticato le teorie letterarie che cercano di spiegare il significato di un testo a prescindere dagli altri testi che lo precedono e lo seguono" (pp. 41-42).

I sociologi della scienza condividono questa concezione del sapere come prodotto collettivo anziche' individuale. Lo studio di Diana Crane Invisible Colleges (1972), per esempio documenta l'ampiezza con cui le idee vengono alimentate e sviluppate attraverso reti di interazioni tra scienziati, che possono anche provenire da tante diverse discipline "ufficiali", ma che formano un gruppo sociale potente intorno ad un problema comune. Tuttavia la tecnologia della stampa attraverso cui questo sapere prodotto in comune viene trasmesso e quindi staccato, fossilizzato, astratto dalla rete di interconnessioni intellettuali che lo ha creato - fa valere continuamente il messaggio opposto. Il significato metaforico della tecnologia della stampa e' isolamento e non comunita'. In particolare la facolta' di rivendicare il contributo personale in una rete intertestuale e di stamparlo con il proprio nome - una facolta' resa possibile dalla stessa stampa che permise il grande accumulo di sapere - fa nascere l'idea che il sapere sia posseduto individualmente.

Io credo che la comunicazione mediata dal computer fornisca un messaggio metaforico totalmente differente, tale da poter estrarre le teorie del sapere collaborativo dal regno della filosofia del linguaggio e da stamparle indelebilmente nella coscienza dell'intera societa'. Cominciamo col considerare quello che e' oggi l'aspetto piu' universale della comunicazione mediata da computer, il word processing. Ricordiamo che uno degli effetti psicologici della scrittura in generale e della stampa in particolare e' la fossilizzazione di un testo in un oggetto esteriore. Ora, la composizione di un word processor divide la produzione di un testo in due stadi distinti. Alla fine il testo esce in uno stadio di chiusura piu' o meno completa, una volta che la stesura finale e' pubblicata in hard codex. Ma il word processor rende molto piu' fluido il testo abolendo le bozze e le pagine e trasformandolo in un lungo documento continuo, un rotolo di carta esaminato attraverso una finestra scorrevole di 25 linee.

Benche' questa piccola finestra possa essere un problema per gli studenti che non riescono sempre a visalizzare l'intero testo come unita' (si veda per esempio Richard Collier, The word Processor and revision strategies, 1983) gli scrittori esperti generalmente perdono la loro dipendenza da cio' che possono vedere sullo schermo ed interiorizzano il senso di un testo che esiste in uno stato infinitamente mutevole. Anche la stampa, apparentemente fissa e immutabile, puo' essere vista come puramente provvisoria, poiche' ne puo' essere prodotta a piacimento una nuova che incorpori cambiamenti.

Un aspetto fondamentale di questo tipo di testo e' che esso puo' essere facilmente ricombinato con altri. Gli scrittori esperti che usano il word processor sono ben consci di quanto spesso essi incorporino i loro testi passati per citazioni, paragrafi ben formulati, idee tagliate dalle bozze e conservate per opere future in cui sarebbero state piu' appropriate. Ma questo aspetto non diventa veramente significativo finche' il testo proprio dello scrittore non comincia ad interagire con altre fonti testuali disponibili on line. Il word processor e' spesso visto come uno scambio preliminare di scambio elettronico di opinioni poiche' il testo "postato" e' spesso preparato inizialmente su qualche tipo di word processor (o Pc o mainframe editor). Comunque questa metafora puo' essere rovesciata: il word processor viene a essere alimentato di informazione on line tanto quanto il contrario. Nella misura in cui altre fonti testuali sono disponibili in formato macchina - testi ricevuti tramite conferenze elettroniche, pubblicazioni on line, testi scartati da database, ecc.-la consapevolezza dell'intertestualita', di cui parla Le Fevre, diventa sempre piu' un dato oggettivo e le sue implicazioni sempre piu' inequivocabili. Lo scorrere insieme di testi nello spazio della scrittura elettronica, testi non piu' disponibili come unita' discrete, ma come campi continui di idee ed informazioni risulta nello spazio elettronico tanto piu' facile - e non solo fisicamente piu' facile ma psicologicamente piu' naturale - di quanto non sia mantenere separata la proprieta' delle idee.

Intertestualita', una volta un concetto filosofico, sta diventando uno stile di vita.

Quando l'informazione viene diffusa elettronicamente nel testo cominciano a scorrere scritti antecedenti e posteriori nella misura in cui l'autore integra i commenti degli altri nel documento che si aggiorna. Come Hiltz e Turoff osservano in The Network Nation (1978) la distinzione fra bozze, preprint, pubblicazione o ristampa viene ora meno, in quanto vi e' lo stesso "foglio" o insieme di informazioni, semplicemente modificato dall'autore quando questi lo rielabora sulla base delle critiche dei lettori (p. 276).

Infine le distinzioni tra autori e documenti vengono a cadere completamente. Hiltz e Turoff inseriscono fra le sezioni del loro libro The Network Nation delle fantasiose citazioni tratte da un futuro "Boshwash Time"; una di queste profetizza proprio la fine della paternita' individuale del libro a causa del sistema collaborativo promosso dal computer: "Un gruppo di 57 scienziati locali e esperti dell'informazione si sono divisi oggi il Nobel per l'economia mentre 43 fisici e studiosi di altri discipline hanno ottenuto il premio per la fisica... Quando per la prima volta otto anni fa fu annunciato un tale premio collettivo, il comitato tento' di convincere il gruppo interessato a indicare fra i suoi membri quei due o tre che erano maggiormente responsabili della teoria sviluppata. Ma il gruppo insistette che cio' era impossibile. Il Dr. Andrea Turoff, portavoce del gruppo spiego': "noi siamo impeganti in cio' che chiamiamo un sinologio, un processo in cui la sintesi del dialogo stimolata dal processo collaborativo crea qualcosa che non sarebbe stato possibile altrimenti" (pp. 464-65).

In breve, con la comunicazione elettronica la nozione del testo statico posseduto individualmente si dissolve di nuovo nella fluidita' dell'espressione collettiva tipica della cultura orale. Se il materiale di cui esso e' fatto e' disponibile attraverso il computer, l'assemblaggio dei documenti (document assembly) - neologismo molto efficace - diventa l'analogo del poet orale che rifonde espressioni idiomatiche ed epiteti in trame familiari, pervenendo a creare nella preesistente rete di sapere epico, una riattualizzazione di conoscenze che sono state di pubblico dominio da prima della sua nascita (vedi Bolter, Writing Spaces 1991). Nel mondo elettronico come in quello orale la latente intertestualita' della stampa e' consapevolmente riconosciuta: appare piu' ovvio che l'originalita' stia non tanto nella creazione individuale di elementi singoli quanto nella realizzazione dell'intera composizione.

Ma naturalmente c'e' fusione e fusione. Quando costruisce le sue storie, il cantastorie e' profondamente inserito in un contesto storico e culturale. Il suo pubblico e' fisicamente davanti a lui ed egli mette insieme le sue storie in uno stretto sodalizio sia con il pubblico che con i suoi personaggi, lo sfondo tribale di cui e' espressione la sua figura. "La reazione dell'individuo non e' espressa semplicemente a livello individuale o soggetivo, ma e' piuttosto incorporata nella reazione della comunita', nell'anima collettiva" (Ong, 1982, p.46). Invece, certi tipi di rielaboratori elettronici, potenziati con aiuti mnemonici quali il CD Rom contenente migliaia di lettere tipo e di programmi di diffusione attraverso cui puo' distribuirle automaticamente, possono separarsi cosi' totalmente dall'occasione retorica, da cessare di avere la minima connessione con qualsiasi sapere umano (Cragg, The Technologizing of Rethoric, 1991). Ma un processo e' definito al meglio non dai suoi estremi patologici, bensi' dai principali usi a cui lo destina la societa'. Se usato da scrittori esperti che stanno componendo in un contesto retorico e non solo ricopiando formule nel vuoto, il relativamente facile taglia ed incolla di brani letterari tratti da diverse fonti puo' diventare un'importante metafora operazionale di connessioni intertestuali.

5. Vivere miticamente nel cyberspazio

Il termine di Mc Luhan per esprimere gli effetti della comunicazione elettronica e' "ritribalizzazione". Egli afferma che sotto gli effetti della partecipazione ai media elettronici, l'uomo lineare tipografico, impara di nuovo a "vivere miticamente". Il concetto di vivere miticamente suggerisce assai di piu' del semplice vivere all'interno di una rete di connessioni, l'essere in grado di inviare messaggi a chiunque piu' velocemente e facilmente di quanto si potesse fare in passato. Significa vivere nella consapevolezza che il sapere non esiste all'infuori del soggetto conoscente, incorporato in un testo materiale, ma al contrario e' vissuto drammaticamente ed eseguito collettivamente cosi' come lo erano i miti dell'uomo orale. Io sostengo che questo sara' - ed in parte gia' lo e' - uno degli effetti dell'interiorizzazione dello spazio della scrittuta elettronica.

Questi effetti sono visibili in sommo grado nell'ipertesto, indubbiamente l'esempio piu' spinto di un testo che e' al contempo non lineare e partecipato. Il processo costruttivo eseguito da qualsiasi lettore di qualsiasi testo trova un vero e proprio analogo fisico nell'ipertesto, allorche' ogni lettore sceglie una diversa pista materiale, da nodo a nodo riscrivendo cosi' metaforicamente il testo mentre lo legge. I documenti dell'ipertesto possono essere costruiti anche come sistemi piu' aperti in cui ogni lettore e' invitato a diventare coautore aggiungendo nuovi nodi o nuova informazione all'interno dei nodi (Slatin 1990). Come si esprime Moulthrop. "Alla base del concetto di ipertesto stanno le idee di affiliazione, corrispondenza e risonanza. Quindi...l'ipertesto non e' niente di piu' che un'estensione di cio' che e' sempre stata la letteratura, una rete temporalmente estesa di relazioni che viene fatta e disfatta eternamente da successive generazioni di lettori e scrittori" (1991, par. 19).

L'ipertesto e' ancora troppo nuovo e relativamente poco diffuso per essere oggetto di uno studio piu' attento, tuttavia esso ha creato intorno a se molte interessanti ed autorevoli riflessioni (vedi Bolter 1991). Puo' essere visto come fa Slatin, come un tipo di testo del tutto diverso, l'unica forma di comunicazone tramite computer che e' interamente solo per il computer e non puo' essere paragonata a nessuna comunicazione stampata. Per i fini che mi propongo con questo intervento, comunque, non ritengo necessario separare l'ipertesto da altre forme di comunicazione tramite computer. Piuttosto io lo vedo come la piu' estrema manifestazione di un cambiamento nei mezzi di comunicazione che penetra in tutti gli aspetti dello spazio della scrittura elettronica.

6. Il copyright nella tribu' cybernetica

Uno dei segni piu' palesi della trasformazione della coscienza fu, come sopra osservato, lo sviluppo delle leggi sul copyright per salvaguardare la proprieta' intellettuale. Non e' difficile immaginare che cosa potrebbe accadere a queste leggi se il computer dovesse davvero cambiare il nostro atteggiamento verso il sapere. Possiamo capire questa trasformazione non tanto ipotizzando un semplice ribaltamento, ma facendo riferimento ad un concetto piu' complesso: la "soglia di rottura" (break boundary) di McLuahn, il punto in cui qualcosa spinta fino ai suoi limiti, assume una nuova forma che e', per molti aspetti, il suo opposto. La riproduzione meccanica che un tempo separo' cosi' facilmente l'opera dal suo autore e porto' al copyright per proteggere quest'ultimo e' diventata oggi ancora piu' facile, cosicche' il copyright, nel senso del divieto di copia non autorizzata, ha perso virtualmente significato. Piccole aziende di software distribusicono i loro prodotti come shareware; quelle un po' piu' grandi sperano di guadagnare abbastanza concedendo licenze localizzate alle grandi aziende in modo da compensare la rampante pirateria dei singoli. Il senso di un originale, - una bozza d'autore, un frammento di una serie di nastri, una copia master - diventa sempre piu' difficile da sostenere in un ambito in cui ogni copia puo' generarne un' altra senza perdita di qualita' del materiale. Nel "codice magnetico" - fa notare Micheal Heim - non ci sono originali (1987, p. 162). In particolare sul mercato intellettuale il copyright come divieto di riproduzione non autorizzata sta diventando inutile, di qui il coraggioso avviso pubblicato da "EJournal", il giornale degli studiosi di elettronica, che "e' accordato il permesso di disfarsene".

Anche il possesso di un documento per proteggerne l'identita' e' sempre piu' difficile da mantenere quando i documenti perdono i segni fisici che finora fissavano i loro limiti nel tempo e nello spazio. In merito al possesso di un documento Hiltz e Turoff (1978) osservano: "Un autore deve essere in grado di possedere un item che puo' apparire in molti luoghi diversi, che puo' cambiare dinamicamente nel tempo e che potrebbe quindi essere corretto quando e' gia nel sistema. Consegnare copie dell'item al copyright ogni volta che viene cambiato, oppure una copia di ogni sua pubblicazione porterebbe al caos" (p. 456).

Cosi' il copyright, inteso come garanzia di diritti su un'entita' fissa e' verosimilmente destinato a sparire. L'unico senso che il copyright puo' continuare a mantenere nello spazio elettronico e' quello di riconoscere l'esistenza di un creatore originale di un'idea. I documenti elettronici non possono prescindere dalla rete delle citazioni e persino nell'ipertesto in divenire i nodi creati piu' di recente sono tipicamente stampati con data ed autore (Slatin, Reading Hypertext, 1991). Ma questi atti consueti cominciano ad avere un nuovo significato nello spazio elettronico. Riconoscere una genitura non e' lo stesso che pretendere un diritto di proprieta'. Una volta smarrito il senso dell'originale e del duplicato, imposto dalla stampa, non ha nessun fondamento razionale l'attuale tentativo di rafforzare le leggi sul copyright allo scopo di proteggere la "proprieta' intellettuale". Sarebbe come tentare di arginare l'acqua di una diga ormai rotta. Quando il sapere dimora nello spazio stampato appare naturale il volerlo possedere. Quando esso entra nello spazio elettronico, appare altrattanto naturale la rinuncia a tale pretesa.

7. Avvertenze e conclusioni

Prima di annunciare il completo superamento della "coscienza tipografica" voglio esplicitare alcune avvertenze lasciate intravedere precedentemente. In primo luogo bisogna capire che il ragionamento per analogia e' un terreno particolarmente sdrucciolevole. Guardare alla storia come a un processo puramente circolare senza riconoscervi delle differenze sostanziali puo' essere allettante ma riduttivo. Per media elettronici McLuhan inende mass media come cinema, radio e, il piu' importante, la televisione, che sono in larga misura privi di testo alfabetico. Non e' del tutto chiaro se la comunicazione mediata dal computer avra' gli stessi effetti che McLuhan rivendica per altre forme di media elettronici. La rivoluzione elettronica a dispetto dei suoi spesso citati rapporti con l'oralita', non puo' ridursi ad una forma secondaria di quella, ne' tantomeno ad una forma scondaria di scrittura, dalla quale ha cominciato a distaccarci con i suoi primi mezzi audiovisivi. Stuart Moulthrop sottolinea che per quanto un testo elettronico possa essere liberato, in quanto tale, dai molti impacci del testo scritto, e', tuttavia, ancora un testo, un testo visuale, segmentato sequenzialmente nelle sue piu' piccole unita' se non nella sua piu' ampia struttura (You say you want a revolution? Hypertext and the law of Media, 1991). Che la scrittura secondaria sia diversa dalla prima non significa che essa sia equiparabile all'oralita' primaria. Come mette in rilievo Ong l'oralita' primaria e' caratterizzata non da un differente concetto di testo ma dalla mancanza del vero e proprio concetto di testo.

In particolare le strutture del pensiero nell'oralita' primaria sono condizionate dall'irresistibile bisogno di preservare il sapere dalla minaccia del suo annichilimento dovuto alla progressiva perdita del suono della parola. I riaggiustamenti del testo eseguiti dal bardo erano sottili, sollecitati dai bisogni del suo pubblico, ma abbastanza contenuti da conservare l'illusione che, a ogni ripetizione, la storia fosse sempre la stessa. Se il testo elettronico rompe la fissita' della stampa, non per questo il sapere ritornera' a quell'eterna riproposta di espressioni formulaiche attinenti ad un modello dove gli elementi di un testo sono mantenuti in una forma che, per quanto infinitamente malleabile, non necessita mai di essere cambiata. Non minacciato dalle forze del decadimento che guidavano i simbolisti tribali, il simbolizzatore elettronico e' libero di rifare testi creando a suo piacimento. "Gli elementi nello spazio della scrittura elettronica non sono caotici; sono invece in un continuo stato di riorganizzazione. Essi realizzano modelli, costellazioni che possono sempre comporsi e ricomporsi in nuovi modelli" (Bolter, 1991, p. 9).

Qui possiamo riconoscere la socialita' del sapere orale, la stretta unione tra il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto, ma nonstante cio' non possiamo riconoscervi l'oralita' primaria. Non potremo mai tornare indietro fino a quella.

Inoltre, data la struttura economica che abbiamo diligentemente costruito sullo sfondo della linearita' e della specializzazione indotte dalla stampa, sara' necessario assai di piu' di un nuovo atteggiamento nei confronti dei testi a farci rinunciare al pagamento del sapere. Infatti la stessa tecnologia che ha cosi' facilitato certi aspetti della riproduzione da rendere inapplicabile l'antiquato copyright, ha al contempo creato nuove possibilita' di far pagare l'uso dell'informazione attraverso i byte, un processo che Moulthrop chiama "capitalismo dell'informazione" ( 1991, par. 16 ). A ogni mossa del gioco economico corrisponde e il sapere e' stato cosi' a lungo strettamente legato all'economia che non ne potrebbe mai essere staccato. Piuttosto il rapporto fra economia e sapere sara' riorganizzato in nuove forme, alcune forse piu' sinistre di quanto non abbia suggerito il mio piuttosto ottimistico ritratto del sapere sociale.

Infatti non voglio esagerare il grado di rapidita' con cui i cambiamenti che ho delineato potranno penetrare nell'intera societa'. Eisenstein e' attenta a sottolineare che gli effetti della stampa non solo impiegarono molto tempo a manifestarsi in Europa, ma inizialmente riguardarono solo un'elite molto ristretta che essa definisce "il nuovo pubblico di lettori" (The printing press as an agent of change, 1979). Gli effetti su un piu' grande pubblico furono piuttosto secondari, ma tuttavia non meno profondi. Noi accademici tendiamo talvolta a dimenticare che ci sono attualmente nel mondo persone che non hanno una scrivania coperta di libri, carte, progetti mezzo realizzati, dischetti di computer e... bucce di banana. I computer sono penetrati nel mondo di tutti nella misura in cui quasi ogni famiglia occidentale ha dozzine di apparecchi che contengono un chip di silicio e quasi ogni transazione di affari e' in un modo o nell'altro collegata al computer. Ma cio' non significa affermare che tutti abbiano esperito o stiano per esperire direttamente la nuova consapevolezza del testo che ho sopra descritto.

Come per la stampa, cosi' per il computer, gli effetti al di fuori del regno degli specialisti del sapere possono essere del tutto secondari. Ma questa secondarieta' non significa banalita'. Voglio poi definire attentamente i limiti della tesi che sto qui sostenendo. Non sto affermando che il testo elettronico annullera' unilateralmente quasi tre millenni di pratica della scrittura. Suggerisco comunque che alcuni suoi effetti psicologici possono essere in parte compresi facendo riferimento alla mentalita' che esisteva prima della scrittura in generale e che la stampa in particolare permise di separare il conoscente dal conosciuto, di vedere il sapere come una merce che puo' essere posseduta, venduta, affittata e accumulata. La nuova consapevolezza della natura "polilogica" del nostro sapere (per usare il termine di Micheal Joyce), una consapevolezza che e' penetrata in diverse discipline come la critica letteraria, la retorica, la filosofia del linguaggio e la scienza cognitiva, puo' ben avere una base tecnologica. Quella sorta di rinuncia alla proprieta' suggerita' da Lindsay puo' essere piu' immaginabile in una forma elettronica che in una forma stampata, non tanto perche' i media elettronici accentuano il dialogo, ma perche' essi rendono l'aspetto dialogico del linguaggio chiaro e ineludibile. Il processo in corso da lungo tempo di commercio dei testi si e' trasformato in un processo di assorbimento dei testi in nuove entita' complesse che sono inseparabili dai loro autori. Il ricercatore moderno non sara' mai trasformato nel bardo omerico, ma forse almeno alcune delle sue attivita' possono essere ora avvicinate a quelle rapsodiche piu' di quanto non lo potessero sotto le metafore lineari imposte dalla stampa.

 

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